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Autore: Iaiasdream    28/04/2016    8 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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47° Capitolo: RITROVATO AMORE
 
 
Dopo qualche istante di silenzio, passato a pensare a ciò che ha rivelato Castiel sulla scomparsa di Melody, la prima persona a romperlo è Kim, che sbuffando nervosamente, esclama:
<< Ok, non pensate anche voi che questa sia solo un’emerita cazzata? >>. La guardiamo tutti aspettando che continui. << Andiamo, non credo di esserci arrivata solo io. Ragionate: Armin ha detto di aver sentito due persone litigare nel bel mezzo dell’incendio; contemporaneamente a questo, scopriamo che Melody –che a quest’ora dovrebbe essere a stretto contatto con la natura e con quattro bulletti da strapazzo, alle prese con la loro precoce erezione- è scomparsa proprio il giorno in cui si è sputtanata, e questa, io, la chiamerei fottuta coincidenza. Ma, non vi sembra di esagerare? Se fosse stata in casa di Rea a litigare con Ginevra, i vigili del fuoco avrebbero trovato anche lei carbonizzata! Che cazzo! Non si conoscevano neppure! >>
Nathaniel è l’unico di noi a rimanere a bocca aperta per la maniera trasgressiva con la quale Kim ha esposto la sua.
<< Kim ha ragione! >> soggiungo sentendomi sollevata dal suo ragionamento. << Non possiamo pensare subito al peggio. Dobbiamo anche ammettere che Armin, in quel momento, stava per perdere i sensi. Può anche essere che lo abbia immaginato. >>
E dopo questo mio piccolo sfogo, ripiomba il silenzio di prima, poi Castiel si alza dal divano tira due lembi della sua giacca verso il basso e passandosi una mano fra i capelli, mormora: << Sapete, io ne ho piene le tasche di questa faccenda. L’antagonista di questa storia è morta e sepolta. L’unica cosa che adesso voglio fare, è vivere la mia vita con la persona che amo e rendere felice mio figlio. Se la madre di Melody vuole denunciare la sua scomparsa, faccia pure. Noi non abbiamo nessuna responsabilità, perciò, scusate il disturbo… >> mentre si volta per uscire dalla stanza, si blocca fissando esterrefatto la porta.
Con indosso una maglia e mezzamanica, lunga fino ai piedi, troppo grande per lui, prestatagli da Nathaniel, il mio piccolo Etienne se ne sta fermo sulla soglia a guardarci con due occhioni ancora assonnati.
Guardo prima lui, poi di scatto volgo lo sguardo verso Castiel: sembra impietrito.
<< Mamma… >> dice il bambino con voce impastata, e dopo uno sbadiglio e uno stropiccio agli occhi, aggiunge << sei tornata? >>
Mi avvicino prendendolo in braccio e stringendolo forte a me, do le spalle a Castiel.
<< Mamma… come sta papà? >> chiede a un tratto il piccolo lasciandomi impietrita. Lentamente mi giro, preoccupata di vedere la reazione del suo vero padre.
Castiel lo guarda, e lo fa con occhi malinconici, poi dopo qualche istante di esitazione, ci sorpassa ed esce da casa.
<< Castiel, aspetta… >> provo a fermarlo inutilmente.
<< Perché è andato via senza salutarmi? >> domanda il bambino imbronciato.
<< Io… >> provo a rispondere, ma non ce la faccio. Sento un mucchio di chiodi conficcarsi nella gola, tali da farmi sentire un forte dolore. Smarrita, guardo la stanza e i miei occhi si poggiano istintivamente su Kim, che a sua volta mi guarda con rimprovero, poi si avvicina lentamente, e posandomi una mano sulla spalla, sussurra: << Non pensi che sia giunto il momento di dire anche a lui la verità? >>
Già. Come il solito, stavo aspettando la sua parola per essere spronata in ciò che dovrei fare. Quando la finirò di dipendere da lei? Mi sono talmente abituata a ricevere consigli dalla mia migliore amica che senza, sento di avere paura; di sapere che non potrei mai farcela senza di lei.
<< Prima o poi, dovrò finirla. >> sibilo con voce fioca.
Non pensavo che un giorno avrei dovuto raccontare tutto a mio figlio. In questi anni ho sempre vissuto con la convinzione che sarebbe sempre andata in questo modo: io che esco dal mio lavoro, prendo Etienne dall’asilo, ritorno a casa per preparare la cena e osservo con dolcezza lui e Armin che si sfidano con i loro videogiochi preferiti. Questo perché, fino a qualche tempo fa, mi ero categoricamente vietata di pensare che –come ha anche ammesso Armin- un giorno o l’altro il mio vero grande amore avesse potuto far ritorno.
Naturalmente, non avrei potuto nascondere all’infinito la verità. Alle volte pensavo: se da grande Etienne scoprisse tutto, come reagirebbe? E non voglio nemmeno descrivere il mio stato d’animo che subito mi ha colpita, non appena ho formulato nella mia mente quella domanda.
Mio figlio è un bambino molto intelligente per la sua età, forse, parlandogli con estrema calma, potrei fargli capire ogni cosa, senza però segnare la sua infanzia.
<< Nathaniel? >> mormoro ritornando alla realtà.
<< Dimmi, Rea. >>
<< Potrei usare la tua camera, per vestire mio figlio? >> chiedo tutto d’un fiato.
<< Ma certo, fa come se stessi a casa tua! >> risponde il biondino sorridendo.
Ringrazio e mi dileguo.
 
***
 
<< Mamma… >> si lamenta << …non hai ancora risposto alla domanda che ti ho fatto! >>
<< Etienne, sono stata in ospedale, da pa… Armin. >>
Il bambino mi guarda sottocchio, aspettando che continui.
Non voglio dirgli ciò che è successo ad Armin.
Chiudo gli occhi per qualche istante, poi, presa più aria possibile nei polmoni e rigettatala con un sospiro, mi preparo a parlare e dirgli tutto.
<< Ascoltami, piccolino… devo dirti qualcosa d’importante, ma ho paura a farlo… >>
<< Perché? >> chiede lui alzando le braccia per permettere che gli sfili la maglia prestatagli da Nath.
<< P-perché è un po’ difficile… >> rispondo denudandolo.
<< E tu spiegamelo! >>
Sorrido per il suo modo di essere così schietto. Prima di parlare, gli infilo la canottiera e i jeans, poi afferro la maglia con la stampa dei Minions e cerco di farla passare dalla testa.
<< Aspetta mamma… faccio io… tu intanto racconta >>
Mollo la presa e indietreggio di qualche passo. Non so davvero come iniziare. Vorrei tanto cambiare discorso, ma non posso più rimandare, ne vale dei sentimenti che Castiel prova per me e per lui.
Mi volto verso la finestra che si affaccia su una strada deserta, la quale divide due palazzi grigi. << Se ti dicessi che tuo padre non è Armin… >>, solo adesso mi accorgo di aver espresso quel pensiero ad alta voce. Trasalisco nel sentire l’eco delle mie parole e di scatto mi volto verso Etienne.
È riuscito a liberare il viso dalla stoffa dal collo stretto. Mi guarda. Stranamente per le mie aspettative, non c’è nessuna sorpresa disegnata sulla sua espressione, bensì, è dubbioso. Ha le sopracciglia corrugate e le labbra increspate.
<< Mhm… >> mormora incrociando le braccia al petto.
Bene. Adesso cosa faccio? Perché sento che la parte peggiore non era quella di rivelarle la verità?
Provo ad avvicinarmi con cautela, come se stessi a contatto con una tigre appisolata pronta a svegliarsi da un momento all’altro per potermi aggredire.
<< C-cosa c’è? >> balbetto deglutendo a fatica.
<< Mi chiedevo per quale motivo, se Armin non è mio padre, lo chiamo papà? >>
Ecco. Sono praticamente spiazzata dal suo ragionamento. Che gli dico adesso?
<< Beh, vedi Etienne… Armin ti è sempre stato vicino, e mi ha aiutato a crescerti… >>
<< Ah! Allora è come Vivien! >> esclama illuminandosi in viso.
<< Vivien? C-chi è Vivien? >> chiedo scettica.
<< E’ la mia amica d’asilo. I suoi genitori sono morti in un incidente stradale e lei vive con i nonni. A suo nonno lo chiama papà! >>
<< Oh… >>
<< Sai mamma, gli altri la prendono in giro perché non ha i genitori, ma se domani le dicessi che anch’io non ho un papà, lei non soffrirebbe più… >>
Quelle parole mi fanno trasalire, è davvero una sensazione indescrivibile sentirle da un bambino di soli quattro anni.
Mi avvicino più a lui, e lo abbraccio forte. << No, Etienne. Non dire una cosa del genere. Tu ce l’hai un padre, e se non l’hai conosciuto prima, è perché… >> sbuffo iniziando a piangere << …la colpa è stata solo mia. >>
<< Perché non mi ha cresciuto lui? Non mi voleva? >> chiede appoggiando la testa sulla mia spalla.
<< No, non è così. >> soggiungo velocemente. << lui… lui è stato costretto a stare lontano da noi perché aveva molto da fare, ma quando ha saputo di te, non ha resistito alla voglia di conoscerti. >>
Per il momento so che dirgli questa versione è la cosa migliore da fare, non voglio che sappia mai la dura verità. I suoi occhi da bambino sono la cosa più innocente che esista in questo mondo pieno di male e ipocrisia. No, non voglio che sappia ciò che suo padre ed io abbiamo passato fino a questo momento.
<< Mamma… >> mormora dopo un po’ riportandomi dolcemente alla realtà. << … il mio vero papà è Castiel, è così? >>
Lo distacco da me fissandolo sbigottita in volto. I suoi occhi grigi brillano come pietre preziose e il suo caldo sorriso riesce a scaldare il mio cuore congelato dall’ansia.
<< Ma, come fai… >>
<< Quella sera che cenammo a casa sua, io salii in camera con Erich, e mentre giocavamo, vidi su un mobile, una fotografia: ero io da piccolino, ma Erich, mi disse che quel bambino era Castiel quando aveva se… mhm… non ricordo. Mi somigliava tanto che pensai che Erich mi avesse detto una bugia… >>
Le mie braccia cadono penzoloni lungo i fianchi. Erich lo sapeva. Mi dico sedendomi sul letto. L’ha sempre saputo, ecco perché il giorno del nostro primo incontro mi disse che aveva capito.
Lo ricordo come se fosse ieri, per via dei rumori delle vetture, non riuscii a sentirlo, ma il labiale lo capii comunque. Lui disse: “E’ suo figlio!”. Vedendo il mio Etienne, lui aveva riscontrato una certa somiglianza con Castiel.
<< Mamma, però, perché Castiel non mi ha mai detto che è mio padre, se non vedeva l’ora di conoscermi? >>
<< C-credo che volesse farti una sorpresa… >> spiego confusa.
<< Ma se n’è andato senza salutarmi, prima! >>
<< Ti sei offeso? >> chiedo carezzandogli i capelli. Lui annuisce imbronciato. << E allora che ne diresti se fossi tu a fargli una sorpresa? >>
I suoi occhi s’illuminano ancora una volta, annuisce scendendo dal letto e incitandomi a raggiungerlo in fretta.
Usciti dalla stanza da letto di Nathaniel, sento delle voci provenire dalla cucina: Kim e il padrone di casa stanno discutendo di qualcosa. Mi fermo, pregando mio figlio di imitarmi, lui ubbidisce sorridendo e tirandomi un lembo della maglia, m’invita ad ascoltarlo, così mi abbasso alla sua altezza curiosa di quello che vuole dirmi.
<< Zia Kim e Nathaniel, si sono baciati stanotte. >> rivela con un sibilo.
Mi alzo di scatto sentendomi il cuore in subbuglio. Che significa? Cos’hanno fatto quei due avanti a mio figlio? Ma soprattutto… si sono baciati?!
E da ciò che posso costatare lo stanno facendo ancora.
Imbarazzata e curiosa, entro nella stanza tossicchiando per catturare la loro attenzione.
Nathaniel è seduto sulla poltrona, e Kim si trova cavalcioni su di lui. Non appena sentono la nostra presenza, la bruna balza in piedi aggiustandosi nel miglior modo possibile, la maglia e i capelli, mentre il delegato si copre la parte bassa –fortunatamente ancora coperta dai pantaloni- con un cuscino.
<< A-avete finito? >> chiede Kim indifferente.
Etienne trattiene a stento una risata, tappandosi la bocca con una mano.
<< Poi dovrai spiegarmi cosa fai vedere a mio figlio… >> mormoro linciandola con gli occhi. Dal canto suo, Kim non capisce le mie parole e guarda complice il biondino che mantenendo il cuscino sul suo ventre, si alza tossendo. << Non è come credi… >> spiega completamente rosso in volto. << … vedi, ho appena ricevuto un messaggio da Melody, e ci diceva che è solo andata da una sua cugina per cercare di dimenticare il torto che ti ha fatto… >>
<< Bel modo di leggere un messaggio… >> sorrido strafottente, poi, però, ripenso alle sue parole. Se Melody ha mandato quel messaggio, significa che sta bene e che quindi non abbiamo più motivo di preoccuparci. Sospiro sollevata, poi spronata da Etienne per raggiungere Castiel, mi affretto a salutarli.
<< Aspetta… >> mi ferma Kim. Ci guardiamo per un attimo e come se l’avessi letta nel pensiero, rispondo con un sorriso: << è stato facile, grazie. >>, infine usciamo.
Castiel non si trova nei paraggi, per nostra sfortuna non c’è nemmeno la sua auto.
Etienne inizia a chiedersi, dove potrebbe essere andato, e per un momento pensa che non voglia vederlo.
Lo consolo senza perdere tempo, dicendogli che lo troveremo di sicuro. Dobbiamo solo scoprire in che posto potrebbe essersi rifugiato.
<< Aspetta mamma, forse ho capito! >> esclama dopo un po’.
<< Pensi di sapere, dove si trovi? >> gli chiedo, stando al suo gioco.
<< Un giorno, lui portò Demon al lago, mi trovò lì e mi promise che non mi avrebbe mai lasciato… sai, fu lì che mi accorsi di conoscere il suo battito del cuore; gli dissi che era come il mio. Anche il tuo, mamma, è come il mio. >>
Sorrido felice delle sue parole << Allora… >> sussurro abbassandomi << Hai capito dov’è? >>
Lui annuisce e afferrandomi per mano, esclama: << Il lago! >>
 
***
 
Protagonista di uno sconosciuto quadro d’autore, la figura di Castiel, troneggia l’intero paesaggio.
Fermo, con lo sguardo rivolto verso il lago, sembra in attesa.
Etienne ed io lo guardiamo a qualche metro di distanza. Non sembra averci sentito; forse per il rumoreggiare delle onde o del vento. Tutto intorno a sé sembra un meraviglioso poema. Il nostro poema.
Abbiamo lottato a lungo, e fra incomprensioni e ostacoli, alla fine abbiamo vinto. Se fino a qualche tempo fa, credevo che la mia vita avesse raggiunto un punto fermo, che ciò che avevo perduto non lo avrei mai più ritrovato, la persona che è a pochi passi da me, è la conferma che mi sbagliavo.
Castiel è qui ed è finalmente mio.
Durante il tragitto, Etienne mi ha detto che vorrebbe ringraziare Armin per avermi aiutato a crescerlo. Conosco mio figlio e so che nonostante tutto, non lo dimenticherà mai.
A un tratto mi lascia la mano, spazientito dalla mia esitazione. Lo vedo correre verso suo padre e chiamarlo a gran voce: << Papà! >>
Castiel trasalisce, si gira lentamente e quando vede la piccola figura di nostro figlio, avvicinarglisi velocemente, s’inginocchia aprendo le braccia per accoglierlo.
I due si stringono forte, e il vento che li accarezza, sembra voler sigillare il loro gesto.
Rimango a guardare quella scena con il cuore finalmente libero da ogni ansia, pensiero, ma soprattutto rimorso.
Dentro di me sento che il sogno più grande che avevo in cuore, si è finalmente realizzato.
Ed è proprio vero che i sogni possono diventare realtà. Con quest’ultimo pensiero nella mente, accenno qualche passo in avanti, per poi ritrovarmi a correre fra le braccia del mio ritrovato amore.
 
***
 
Il vetro oscuro di un’auto nera, si chiude. Il mezzo, parcheggiato a qualche metro di distanza dal lago riparte, portando via con sé, il sorriso amaro di una donna.
 
Continua…
  
 
 
 
BAKA TIME: Eccomi qui. Sono arrivata alla fine di questa serie, ciò significa che non è andata poi così male.
Ringrazio davvero tanto tutte le persone che hanno seguito, preferito e recensito questa mia storia.
Come avrete potuto capire (anche se lo accennai) ci sarà una terza serie. Penso che questa macchina nera dai vetri oscurati, faccia la sua parte nel rendere la fine piena di suspance.
Non so dirvi quando inizierò la terza serie, ma posso dirvi il titolo, naturalmente per chi è ancora interessato a seguire le vicende di Rea e Castiel: COME PROFUMO SULLA MIA PELLE.
È un azzardo che andrò per fare, ciò non toglie che vi consiglierei di aspettarvi qualunque cosa la mia mente bakata progetterà.
Vi ringrazio ancora,
un abbraccio,
Iaiasdream
 
PS: non appena avrò tempo, e pazienza, revisionerò le due storie, perché a causa della mia pigrizia, ho tralasciato molti errori grammaticali.
Per questo me ne scuso.
   
 
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