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Autore: Marty Andry    28/04/2016    0 recensioni
Anna bello sguardo, sguardo che ogni giorno perde qualcosa.
Marco cuore in allarme, con sua madre e una sorella, poca vita, sempre quella.
Anna con le amiche, Anna che vorrebbe andar via.
Marco col branco, Marco che vorrebbe andar via.
Anna avrebbe voluto morire, Marco voleva andarsene lontano; qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aveva guardato per tutto il tempo solo il professore e la lavagna. Il docente di matematica e fisica riusciva ad esercitare su di lei un fascino come pochi, ovviamente fatta eccezione per Marco. Marco, col suo giubbino di jeans che sembrava averne passate di tutti i colori e che cozzava con le camicie linde del professore e le giacche di un blu intenso. La presenza dell'insegnante, anche durante le verifiche, non la metteva così a disagio come faceva Marco. Marco, sempre e solo lui nell'ultima settimana. Quel nome le ronzava in testa qualunque cosa facesse, dovunque si trovasse, con chiunque fosse. E quella storia del panino, che idiota era stata. Chissà cosa aveva pensato di lei, forse credeva di farle pietà.
 
<< Annina! >> 
Anna sentì pronunciare il suo nome appena uscita da scuola, mentre finalmente stava riprendendo aria. Era Carmen che si era persa tra le mille dimostrazioni di teoremi.
<< Per favore, >> la supplicò << non capisco un accidente di tutta quella roba, sono arrivata al limite! Posso venire da te? >> 
<< Okay, va bene. Ho bisogno anche io di fare un po' di ordine. >> asserì l'altra.
Carmen la prese per mano e la trascinò correndo per arrivare a casa il prima possibile. 
Per i primi venti metri, finché non si allontanarono dall'edificio, Anna non fece altro che voltarsi per incontrare gli occhi neri di Marco, ma riusciva solo a distinguere la sua figura in lontananza. Era stato così strano sentire il fugace contatto con la sua mano. Quella di lui era almeno il doppio della sua. Però pensò che le sarebbe piaciuto. Le sarebbe piaciuto essere accarezzata da quelle mani. 
Adesso se ne stava lì con i pugni serrati in tasca ad aspettare chissà cosa. Da lontano lo vedeva rivolto alla sua direzione, ma si chiedeva se stesse guardando lei o le generose forme dell'amica.
 
Suo padre non era ancora tornato, almeno c'era Carmen a farle compagnia. Studiarono senza interruzione per tre ore e mezza, quando Anna uscì dalla sua camera vide il padre seduto sulla poltrona che leggeva il quotidiano, non si era neanche accorta del suo arrivo. Tornata in camera, con la stanchezza che iniziava a farsi sentire, qualcosa urtò il vetro della porta del balcone. Era così stanca da non rendersi conto che sarebbe potuto essere di nuovo Marco. Le palpebre erano pesanti, ma non voleva dormire. Si distese sul letto, osservando il soffitto nella penombra, le stelline brillavano appena.
<< Per favore, vai tu. Sono a pezzi. >>  si lamentò.
Carmen uscì ed urlò il nome del suo ragazzo, come era solita fare con tutti. Anna scattò in piedi e corse a controllare se oltre a Giulio vi fosse qualcun altro. Anche quella sera le avevano lanciato il pallone sulla terrazza. Caso o no, era già la seconda volta che accadeva. Ma dal secondo piano, stavolta, non riusciva a vedere nessun ragazzo che somigliasse a Marco. Nonostante tirò un sospiro di sollievo per non avere nessun pensiero che non fosse fatto di numeri, anche se una piccola parte del suo cuore si dispiacque per quel mancato incontro.
Carmen si catapultò giù per salutare Giulio e Anna la seguì. Non sapeva perché, forse le andava semplicemente di sgranchirsi un po' le gambe. Nonostante fossero i primi di maggio, l'aria della sera era abbastanza fresca, ma non se ne curarono. Carmen raggiunse subito il fidanzato, mentre gli altri continuavano a giocare. Anna scrutava i volti di ognuno, alla luce debole dei lampioni, speranzosa di essersi sbagliata. 
<< Oh, eccolo che arriva! >> gridò qualcuno dei ragazzi puntando il palmo della mano a sinistra di Anna. Lei, confusa, si girò e vide una sagoma con una borsa a tracolla. Man mano che avanzava, i lineamenti di Marco si facevano sempre più distinti.
 
Appena aveva saputo che Giulio e gli altri stavano giocando vicino a quel palazzo, aveva messo Pirandello nella borsa e si era catapultato lì. Forse si erano sincronizzati, poche ore prima l'aveva vista allontanarsi con Carmen e l'aveva seguita con lo sguardo finché non aveva girato l'angolo. Lei si era voltata ogni tre secondi, cercando chissà cosa. Ed ora se la ritrovava davanti, con uno sguardo indecifrabile. 
Subito Anna si sedette sugli scalini del suo condominio, sfregandosi le braccia con le mani per non sentire freddo. Marco non sapeva cosa fare, se avvicinarsi o meno. Rammentò che, probabilmente, non l'avrebbe più vista dopo gli esami e non sapeva cosa fare, come fare. Le sarebbero mancate le sue dosi giornaliere di Anna. 
Mentre gli altri continuavano a giocare, si sedette a qualche spanna di distanza. Lei se ne accorse e si strinse ancora di più tra le braccia come se volesse sparire. Marco captò il suo disagio e la osservò nella penombra. I capelli color cioccolato le ricadevano morbidi sulla schiena ed il nasino dritto stava appena sotto quegli specchi d'acqua che si ritrovava. 
Dato che lei sembrava non avere nessuna intenzione di rivolgergli la parola, ripescò il libro di Pirandello dalla borsa e riprese a leggere da dove aveva lasciato. 
Lei lo scrutò ed era curiosa di sapere cosa avesse tra le mani. Si avvicinò, non molto.
<< Cosa leggi? >> 
Marco alzò gli occhi e le sorrise. << Il fu Mattia Pascal. L'hai letto? >> 
<< Dovrei. >> rispose con una smorfia, << ma mi piace di più perdermi tra le righe dei teoremi che dei romanzi. >> 
<< Sei una scienziata in erba? >> scherzò.
<< Non proprio, >> rise << ma tra le formule mi sento al sicuro. >> 
Marco chiuse il libro di scatto facendo rumore e le rivolse uno sguardo scioccato. 
<< Vuoi dire che riesci a districarti in quella selva della perdizione?! >> 
Anna rise, seguita da lui. Marco capì di essere spacciato, ora che la conosceva era anche schiavo della sua risata. 
<< Comunque, se vuoi appena lo finisco posso passartelo. >> 
<< Mi faresti un favore enorme, non riesco a assolutamente a distinguere un pazzoide dall'altro. >> rispose esasperata. 
<< Pazzoide? È più anormale chi studia mele che cadono dagli alberi. >> commentò.
<< Ma dietro c'è una grande legge. >> ribattè lei, << Altrimenti non avresti i piedi piantati a terra. >> 
<< Colpito e affondato! >> disse a voce più alta Marco.
Risero di nuovo e poi si ammutolirono. Anna si alzò in silenzio per rientrare nell'appartamento. Prima di salire le scale si girò per salutare Marco, mentre il cuore sembrava volerle romperle qualche ossa. Agitò la mano e poi scomparve. 
Marco premette una mano sullo stomaco, sentiva qualcosa che gli si agitava nella pancia. Tutto il resto attorno a loro aveva perso consistenza.
 
<< Anna, dici che Fumagalli ti è simpatico? >> 
Carmen era entrata nella stanza dell'amica per prendere le sue cose e l'aveva trovava di nuovo china sui libri. La ragazza alzò la testa, in un misto di stanchezza, confusione, imbarazzo e Marco.
<< Chi, scusa? >> domandò. Aveva capito di chi stesse parlando, ma sperava che l'udito le stesse giocando un brutto scherzo.
<< Marco Fumagalli, Annina. >> chiarì lei buttandosi sul letto a pancia in giù.
<< Ah. >> sospirò. << Ma su, cosa dici... >> 
Doveva prendere aria. << Abbiamo solo parlato un po'. Non c'è nulla di strano. >> 
Voleva che l'amica sparisse di lì al più presto, o che almeno la smettesse con quelle domande. In fondo, non le aveva chiesto nulla di osceno, le aveva fatto solo ammettere che non poteva più a fare a meno di lui.
  
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