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Autore: InstantDayDream    07/04/2009    1 recensioni
Il pomeriggio stava sconfinando nella sera ed una leggera ombra cominciava ad aleggiare nelle stanze del grande palazzo reale di Pella.
Aselenes sedeva inquieta davanti a Filippo, chiedendosi il motivo del suo essere convocata. Che avesse saputo dei suoi preparativi per raggiungere Alessandro in esilio? Impossibile. Mentre questi pensieri turbinavano nella sua mente, il suo volto si manteneva immobile come una maschera di cera, non permettendo a nessun sentimento di oltrepassare la sua coltre di finta tranquillità.
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Alexandre

La seguente storia è liberamente tratta dalle opere di Arriano e Curzio Rufo. La prima scela per l precisione nel narrare le imprese, la seconda per i suoi elementi fantastici. Per il carattere dei personaggi storicamente esistiti la fonte è Plutarco

Il pomeriggio stava sconfinando nella sera ed una leggera ombra cominciava ad aleggiare nelle stanze del grande palazzo reale di Pella.
Aselenes sedeva inquieta davanti a Filippo, chiedendosi il motivo del suo essere convocata. Che avesse saputo dei suoi preparativi per raggiungere Alessandro in esilio? Impossibile. Mentre questi pensieri turbinavano nella sua mente, il suo volto si manteneva immobile come una maschera di cera, non permettendo a nessun sentimento di oltrepassare la sua coltre di finta tranquillità.
«Immagino che saprai perché ti ho fatto venire qui, Aselenes» Esordì Filippo, massaggiandosi stancamente gli occhi con la mancina, non guardando la ragazza, per ora.
«Al contrario, re, non riesco a comprenderlo» Rispose lei, innocentemente.
Filippo la guardò per un lungo istante, con un sorriso quasi paterno in volto. Nonostante ci fosse abituato, era sempre strano vedere quella ragazza, nel fiore degli anni, dell’età di suo figlio, indossare il corto chitone militare e portare i capelli neri sciolti sulle spalle, in tutta la loro magnifica lunghezza, come un soldato.
«Hai cercato di raggiungere Alessandro, in esilio»
La ragazza fece indugiare a lungo i suoi occhi grigi in quelli del sovrano, anche se di uno non restava che una brutta cicatrice di guerra. Quindi, con decisione, scosse la testa.
«No, re. Stavo ancora allestendo tutti i preparativi» rispose con una certa fierezza, non peccando di insincerità, adesso che era stata scoperta. Se non poteva raggiungere Alessandro in esilio, sarebbe morta a Pella. Sempre fedele al proprio comandante, come un vero soldato. Dentro di lei, però, qualcosa protestava. I ricordi fastidiosi le saltavano alla mente, facendosi strada prepotentemente, nonostante lei cercasse di ricacciarli indietro. Davvero sarebbe finita così? Davvero non avrebbe rivisto Alessandro un’ultima volta? Doveva fuggire dal suo destino di morte: aveva delle promesse da mantenere, doveva essere al suo fianco, con tutti gli altri, quando sarebbe diventato re.
Filippo si schiarì la voce e lei tornò a prestargli la sua attenzione, facendo finta che non fosse cambiato nulla rispetto a pochi minuti fa.
«Devo ricordarti, ancora una volta, di essere paziente? Tornerà»
Aselenes sbuffò. «È più di un anno, Filippo! Mi dici di aspettare ma hai mandato via Alessandro e con lui la Torma, tutta, tranne me! I miei amici e compagni, come pretendi che sia paziente?»
Aveva perso, oramai, la calma che si era forzatamente imposta, dimenticandosi persino di rivolgersi a lui come sovrano. Se Filippo non fosse stato così ben disposto nei suoi confronti probabilmente stavolta non avrebbe cercato di mettere da parte la sua indole negativa, come invece, era evidente, si stava sforzando di fare. Aselenes lo guardò, a lungo, con aria di sfida. Il re scosse il capo, osservandola. Sembrava stare per dire qualcosa, quando, ad un tratto, qualcuno bussò alla porta.
«Avanti!» Esclamò il re, non riuscendo a trattenere una nota dura dal suo tono di voce. La porta di legno intarsiato si aprì, lasciando entrare l’esile figura del tesoriere reale: Eumene di Cardia. Eumene non era un soldato, ed era facilmente intuibile dal suo aspetto gracile, impossibile da trovare nei membri dell’esercito, e sul volto, sebbene giovane, portava i segni del troppo studio e del lavoro al chiuso. Tuttavia nel complesso la sua espressione appariva gioviale.
«Re» Esordì «sono spiacente di interromperla ma sono appena rientrati gli esuli»
La sua voce, dal pesante accento greco, lasciava trasparire l’entusiasmo del giovane. Aselenes lo fissò sbigottita, come se non credesse alle sue parole. Tuttavia ci mise poco a ricordarsi che i Principi ed Alessandro non erano gli unici ad essere mai stati in esilio. L’entusiasmo nei suoi occhi si spense immediatamente. Si alzò dalla sedia offertale in precedenza dal re e, mormorando parole di scusa, uscì dalla stanza, diretta ai suoi alloggi. La sua mente vorticava pericolosamente, creandole una tale confusione che più di una volta si dovette fermare, cercando l’appoggio di una parete, per non cadere a terra. E così non erano tornati e lei non poteva andare, indubbiamente Filippo avrebbe aumentato il controllo su di lei. Anche le provocazioni che, di giorno in giorno, aveva cercato di recargli per farsi mandare via con gli altri, non le erano valse niente. Era questo quello a cui era destinata? Chiusa nella reggia di Pella, da sola, protetta da Filippo finchè fosse stato in vita e uccisa dal suo primo successore? Non aveva avuto paura a lanciarsi in battaglia contro migliaia di uomini a Cheronea, ma aveva paura di questo adesso. Si accasciò in un corridoio deserto, socchiudendo gli occhi e cercando un appoggio nella parete dietro di lei. Sospirò, tornando, ancora una volta, a vivere nel passato.

«Alexandre, Alexandre!» urlò, mentre correva verso di lui nei lunghi stanzoni del palazzo reale.
«Aselenes! Non dovresti essere qui…credevo presenziassi con la tua famiglia al matrimonio» All’ultima parola la bocca del giovane ebbe un fremito di disgusto: era evidente che quel matrimonio non era di suo gradimento. Del resto difficilmente sarebbe potuto piacere a qualcuno che il proprio padre prendesse una quinta moglie, dell’alta nobiltà Macedone, mentre tutti vociferavano che quell’unione avrebbe diseredato il figlio e ripudiato l’attuale regina.
«Presenzierò, con la Torma» rispose lei semplicemente, sorridendogli. Portò una mano sulla spalla di lui, guardandolo intensamente. «Coraggio!» gli disse in un sussurro, prima di voltare le spalle e sparire. Percepiva su di lei lo sguardo di Alessandro, avrebbe voluto voltarsi e andargli incontro, passare del tempo con lui per rasserenarlo, ma non era opportuno alla corte. Non era mai stato opportuno da quando avevano finito la loro istruzione a Mieza. Un rumore di passi alle sue spalle la costrinse a girarsi, speranzosa. Le sue speranze non furono deluse, Alessandro la stava raggiungendo. Si fermò, guardandolo con aria interrogativa.
«Accompagnami, ho bisogno di una cavalcata» disse, semplicemente. Le parole dure di un ordine col tono di una richiesta, questo era Alessandro.
***

Si erano spinti lontano dalla città, in un boschetto ombroso facilmente raggiungibile con mezz’ora di cammino, ad un galoppo veloce.
«Non devi avere paura, tuo padre ti adora, tutti vorrebbero un figlio come te. Le tue imprese riecheggeranno per secoli su questa terra…è da folli non accorgersene. E tuo padre lo sa. Muore di orgoglio ogni volta che ti vede»
«Ma la corte è piena di serpi, Aselenes! Serpi che odiano mia madre perché dicono che è barbara e chiamano me bastardo! Non è forse evidente che io sono figlio di Filippo? Ma sarebbero disposti a cavare gli occhi e non vedere pur di liberarsi di me!»
Aselenes lo osservò in silenzio per qualche istante, capiva quando era di pessimo umore perché il suo occhio sinistro si faceva più scuro, lasciando il limpido colore dell’acqua dell’oceano per assumere quello del cielo di notte.
«Che si cavino gli occhi allora, che non ti vedano! Di certo per tuo padre tu sei la stella più brillante a cui gli dei hanno concesso di esistere»
«Vorrei che tu avessi ragione» sospirò Alessandro. Indugiando lo sguardo su di lei per un attimo. Aselenes allontanò lo sguardo dal suo, lasciandolo posare sui cavalli accanto a loro. Sembrava irreale quella situazione, normalmente non sarebbe dovuto essere così. Chissà, magari se suo padre non l’avesse mandata a fare il soldato avrebbe addirittura potuto sposare Alessandro, ma preferiva stargli accanto così, in ogni momento della sua vita, come ognuno della Torma.
«Mia madre stava pensando di farmi sposare tua sorella minore» disse all’improvviso il giovane principe, guadagnandosi subito l’attenzione di Aselenes
«Diventeremo parenti, quindi?» domandò, accennando un sorriso.
«Ammetto che tua sorella ha tutte le caratteristiche della moglie ideale per un principe, ma continuo a pensare che la migliore abbia fatto il soldato» le sorrise, con quel suo sorriso spontaneo che in futuro gli sarebbe valso l’assoggettazione di tanti nemici con un semplice discorso fatto da lui. Non potè non ricambiare il sorriso e mostrare il suo sollievo nell’udire quella notizia.
«È tardi. Non abbiamo tempo, dobbiamo tornare per il matrimonio» disse alzandosi, e dirigendosi verso il cavallo
«Non c’è mai stato tempo» le rispose Alessandro, raggiungendola e prendendole la mano.


Per i corridoi del palazzo risuonava un forte vociare, a volte si sentivano addirittura urla. Erano passati solo pochi minuti da quando si era rintanata in quel corridoio, cosa poteva essere successo? Fece qualche passo verso la porta che lo separava dalla stanze del re e si mise ad ascoltare. Il brusio era tale che non si capiva, le voci si sovrapponevano, rendendo impossibile distinguere ciò che ciascuna aveva da dire. Sentiva le urla della donne e se ne chiedeva il perché. Scuotendo il capo si indirizzò di nuovo verso la sua direzione, tornando sui suoi passi. Sciocca era stata a fermarsi, a lasciare altro posto alla speranza.
Ad un tratto una voce risuonò chiara, una voce da uomo, con un forte accento greco: Eumene.
«Alexandre» gridava «Alexandre!»
Aselenes si fermò. Attendendo di riudire quel grida ancora tra le mura del palazzo, accertandosi che non fosse solo Eumene ma che tutti pronunciassero quel nome.
«Alexandre» sussurrò a sua volta.
Restò immobile qualche minuto, incapace di realizzare cosa stava succedendo, quindi, voltandosi di scatto come se fosse stata attraversata da un fulmine, spalancò la porta e corsa verso il luogo da cui provenivano le grida. Rapida e veloce, come era sempre stata, giunse subito all’ingresso delle camere reali. C’era un gruppo di viaggiatori evidentemente arrivati da poco. Guardò incredula i loro volti, ad uno ad uno, riconoscendoli. Per ognuno che vedeva era un nuovo tuffo al cuore: Tolomeo, Efestione, Perdicca, Seleuco, Leonnato, Lisimaco: la torma era tornata. Finalmente lo sguardo si posò su una figura bionda, quella che stava aspettando da un anno a questa parte. Le sorrise.
«Sei tornato, Alexandre».
  
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