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Autore: LadyLigeia07    29/04/2016    3 recensioni
Una storia d'amore e un mistero nella Londra vittoriana ai tempi del processo ad Oscar Wilde. Che cosa si nasconde nel passato del visconte Asami Ryuichi?
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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III Parte

 

Io camminavo, con altre anime in pena,

entro un diverso raggio,

e mi chiedevo se l’uomo avesse commesso

una grave o piccola colpa,

quando dietro di me una voce disse in un sussurro:

“Quel tipo sta per dondolare”

(Da: “La Ballata del carcere di Reading”)

 

I walked, with other souls in pain,

Within another ring,

And was wondering if the man had done

A great or little thing,

When a voice behind me whispered low,

“That fellow’s got to swing.”

(From: “The Ballad of Reading Gaol”)

 

Erano passati molti mesi da allora, Feilong continuava a fare la stessa vita di tutti i giorni, si alzava tardi verso il pomeriggio, eseguiva diligentemente gli ordini di suo fratello che ormai lo teneva sotto il suo potere. Era come un corpo senz’anima in quelle lunghe notti di lavoro. Nessuno dei loro clienti era in grado di leggere attraverso quelle oscure pupille il dolore mortale che si nascondeva dietro la facciata di sorrisi amabili e formule di cortesia trite e ritrite. Egli vagava nel mondo come un’ombra, la sua vita, dopo che il visconte era scomparso da essa, non era altro che quello, la vita di un essere senza anima, non aveva null’altro per cui vivere.

Il visconte non si era più fatto vivo da quella volta. Feilong non era sicuro di cosa fosse successo il giorno in cui era stato ferito e il più delle volte cercava di non pensarci. Era profondo e amaro il suo dolore e non conosceva requie. Nei suoi sogni continuava a vedere il nobiluomo, il suo corpo sognava le sue dolci carezze e qualsiasi suo ricordo si era trasformato in un’ossessione. Ormai la notte e il giorno non facevano differenza per il giovane…da quando aveva cominciato ad assumere oppio compulsivamente, come se questo avesse il potere di attutire la sua sofferenza, annientarla. Anche se l’unico potere che aveva quella sostanza era quello di anestetizzare temporaneamente il dolore di quelle ferite che egli avrebbe voluto non sentire mai più.

Il suo corpo desiderava così ardentemente sentire anche per un solo secondo quelle carezze che l’avevano fatto impazzire, che aveva finito per concedere il suo corpo ad altri clienti del locale. La maggior parte delle volte non era nel pieno delle sue facoltà mentali quando compiva quegli atti e da suo fratello non avrebbe potuto aspettarsi granché. Da lontano egli lo guardava con un sorriso beffardo, alla fine il fratello minore era quello che lui sempre si era aspettato che fosse. Almeno non faceva tanto il difficile, e questo era un bene.

Una notte uno dei clienti, un vecchio barone, gli aveva fatto delle proposte. Il giovane quel giorno non era proprio dell’umore adatto. Aveva per caso letto, mentre si trovava in un parco della zona, la copia di un giornale abbandonato su una panchina. Si trattava del Golden Herald, un giornale che si occupava di articoli mondani. C’era un articolo che parlava del visconte Asami e di uno dei ricevimenti al quale aveva partecipato. Il giovane aveva sentito un’improvvisa fitta al cuore, a volte avrebbe voluto andare a trovare il suo ex amante per chiedergli delle spiegazioni, ma poi si rendeva conto di quanto fossero disparate le sue aspettative.

Il barone gli aveva accarezzato le ginocchia e gli aveva sorriso. Feilong in quel momento era distratto pensando al visconte, e l’improvviso approccio dell’altro uomo l’aveva disturbato. Senza pensarci due volte lo aveva respinto in maniera brusca. Vide la sorpresa dipingersi negli occhi del barone, il quale, aggrottando le sopracciglia disse qualcosa di poco gradevole al giovane, prima di allontanarsi per andare a prendere il suo cappello all’entrata. Proprio in quel momento suo fratello era entrato nella grande sala dove c’erano solo quattro clienti a quell’ora della notte. Aveva capito pressappoco cos’era successo, ma non disse nulla. Voleva aspettare che gli altri ospiti se ne fossero andati.

Verso le tre del mattino il posto era vuoto, Yan Tsui stava mettendo in ordine il denaro che aveva in cassa. Nel momento in cui vide il giovane fratello allontanarsi per andare nella sua camera, gli chiese di aspettare. Feilong ubbidì malvolentieri alla sua richiesta. Senza preamboli il fratello maggiore gli chiese cos’era successo con il barone. Feilong gli rispose:

“Non ho più intenzione di fare altre cose contro la mia volontà, e non voglio essere toccato dagli altri come se fossi una merce in esposizione. Tutto qui. Ti sembra strana come richiesta?”

“Di tutte le persone che ho conosciuto, tu sei la persona più esigente con cui io abbia avuto a che fare. Perché fai così tanto il prezioso adesso, eh? Ti sembra normale fare così dopo tutto quello che hai già combinato? Te l’ho già detto una volta: cerca di comportarti in maniera più furba perché altrimenti ti renderò la vita molto difficile!”

“E se mi rifiuto di fare quello che mi chiedi, che mi farai?”

In quel momento Yan Tsui, che avrebbe voluto rispondergli a tono, si girò verso di lui e lo prese dai capelli strattonandolo. Lo minacciò, gli disse che se non si piegava al suo volere e si ribellava un'altra volta l’avrebbe buttato fuori in strada e avrebbe dovuto vendersi a chiunque per evitare di morire di fame. Ad un certo punto gli disse:

“Vuoi che ti provi che non sei altro che una volgarissima prostituta?”

Di seguito lo prese dal braccio e lo trascinò nella sua camera. La stanza di Yan Tsui era in disordine come al solito, e il letto era disfatto. Il fratello maggiore coprì la bocca del più giovane e l’avvertì che se avesse urlato per chiedere aiuto l’avrebbe pagata molto cara. In quel momento, con uno strattone, gli strappò la camicia che aveva addosso. Il fratello minore sentì come l’altro uomo accarezzava la sua pelle e gli sussurrava all’orecchio: “Da tanto tempo che avrei voluto fare questo con te. Lo sai? Fa’ il bravo e dimostrami tutto l’affetto che provi per il tuo fratello più grande.” Aprendo le labbra infilò la lingua nel suo orecchio. La sensazione era ripugnante. Feilong non poteva più sopportare quello sfoggio di attenzioni non richieste, le umiliazioni continue dei mesi scorsi ancora gli bruciavano… ed infine la cruda violenza di quella notte. Con una forte spinta si liberò dalle braccia che lo cingevano e raggiunse il cassetto del comodino che si trovava alla sinistra del letto. In un attimo estrasse la pistola che era dentro e che lui sapeva essere carica. Suo fratello non fece in tempo a reagire, e solo ebbe il tempo di guardare con improvviso orrore la pistola puntata contro di lui, prima che Feilong premesse il grilletto e sorridesse con ferocia, per la prima volta nella sua vita.

***

Akihito si era inoltrato nella notte alla ricerca di quelle informazioni che gli avrebbero consentito di scovare il giovane uomo di cui gli aveva parlato il visconte nel suo appartamento. Egli gli aveva confidato ogni cosa, ed il giovane giornalista si fidava delle sue parole, e non avrebbe potuto fare altrimenti perché provava un profondo affetto per quell’uomo e gli voleva credere, doveva credergli. Anche se adesso stava facendo qualcosa che andava contro il codice etico della sua professione. Asami gli aveva chiesto, come favore personale, di scovare il suo ex amante prima che venisse catturato dalla polizia, e di metterlo in salvo. Aveva raccontato la storia della sua relazione con quel giovane cinese che gestiva con suo fratello una fumeria d’oppio dalle parti di Soho. L’aveva guardato negli occhi e gli aveva domandato: “Tu mi credi, non è vero?”

Si ricordava ancora bene delle parole del visconte:

“Quella volta ero andato di domenica a trovare quel ragazzo. Era da solo quando sono entrato, dalla mancanza di luce nei suoi occhi capii che aveva esagerato con l’oppio. Già in passato avevo cercato di fargli capire che quella sostanza poteva essere molto pericolosa. ‘Un giorno di questi quella cosa ti toglierà la voglia di vivere’, gli avevo detto in passato e quel giorno glielo ripetei. Lui mi guardò con quei suoi occhi malinconici che mi avevano sempre fatto una profonda pietà e mi rispose: ‘E allora? Non dirmi che ti importa qualcosa!’ In seguito aveva riso, io mi sono detto che era un effetto della droga e gli dissi, come le altre volte, che avrei trovato il modo di tirarlo fuori di lì per portarlo a vivere da un'altra parte.

‘E poi?’ mi chiese, ‘Mi prenderai qualche bell’appartamento e mi verrai a trovare solo quando ti farà comodo? Non è vero?’

Era vero, purtroppo. Io avevo solo l’intenzione di proteggerlo come gli avevo promesso che avrei fatto, ma più avanti avevo l’intenzione di lasciargli avviata un’attività che gli desse da vivere e dopo, probabilmente, me ne sarei andato. Ti può sembrare indegno quello che ti sto raccontando, ma è la verità.”

Ricordandosi di quelle parole, Akihito si chiese se un giorno il visconte avrebbe fatto lo stesso con lui. Se un giorno, non molto lontano, il visconte avrebbe cercato di scomparire dalla sua vita con eleganza, fornendogli qualche piccolo contentino ed un sorriso. Egli allontanò quel pensiero subito perché lo faceva soffrire e preferiva pensare che il visconte era sincero con lui e che gli aveva raccontato assolutamente la verità. Le parole del nobiluomo continuavano a riecheggiare nella sua memoria:

“Io non l’ho mai amato, ma non volevo che continuasse a soffrire. Abbiamo discusso quella volta. Egli aveva alzato la voce e aveva iniziato a coprirmi d’insulti. Per un attimo scomparve nei suoi appartamenti privati. Io lo seguii e vidi che, poco dopo, usciva dalla stanza di suo fratello con una pistola in mano. Le mani gli tremavano, mi disse che si sarebbe sparato un colpo in testa se mi azzardavo a dirgli che lo volevo lasciare. Si era messo a piangere ed io ebbi paura che stesse per fare una cosa sconsiderata. Così mi sono avvicinato per strappargli l’arma di mano. Abbiamo lottato per un po’ed infine l’ho colpito sul braccio per fargli cadere la pistola. Non ci sono riuscito, purtroppo, e con immenso orrore vidi che si stava portando l’arma alla tempia. Con un gesto disperato cercai di strappargliela di nuovo e incidentalmente partì uno sparo che gli provocò una ferita profonda al braccio sinistro. Cercai di curarlo, anche se non avevo mai fatto nulla del genere in tutta la mia vita. Il ragazzo era incosciente. Avevo paura che avessimo dei problemi per via delle armi comprate al mercato nero che su fratello teneva in casa. In quel momento mi venne in mente un uomo che avrebbe potuto darci una mano e così lo mandai a chiamare.”

Si trattava del commissario di polizia di Scotland Yard: James Briggs.

In cambio del suo aiuto e del suo silenzio quell’uomo aveva preteso dal visconte una quantità spropositata di denaro, una parte del denaro era finita nelle tasche del fratello del giovane a patto che non parlasse e s’inventasse una storia qualsiasi una volta che il giovane avesse ripreso conoscenza in ospedale.

“Era quella la verità?” si chiese Akihito mentre si inoltrava dalle parti del porto, una calda notte di luglio, per chiedere informazioni ad alcuni strani personaggi che si trovavano da quelle parti. Erano spacciatori di droghe, persone che gestivano fumerie d’oppio di infima qualità. Quel poco di dialetto cantonese che sapeva gli stava risultando molto utile.

“E dopo cosa successe?” gli aveva chiesto Akihito quella volta.

“Il commissario mi disse che non mi sarei mai dovuto avvicinare di nuovo al ragazzo perché non voleva rischiare altri guai, già di rischi ne aveva corsi abbastanza ‘proteggendomi’. In quel momento Asami aveva sorriso con sarcasmo: ‘Protezione? Si era trattato di un vero e proprio ricatto.’ ”

“Era un ricatto, quindi?” si chiese il giovane giornalista.

Uno degli uomini che aveva incontrato quella notte gli diede delle informazioni utili dopo che il giovane gli aveva allungato alcune banconote di grosso taglio. Forse era vicino alla soluzione di quel caso. Quel tizio gli aveva spiegato che un giovane uomo, che corrispondeva alla descrizione fornita dal giornalista, era arrivato da quelle parti più di due settimane prima. A quanto pare, aveva chiesto di essere aiutato da qualcuno dei vecchi spacciatori che vivevano da quelle parti, sicuramente gli offrì molto denaro in cambio.

Con il favore della notte, Akihito s’inoltrò nella direzione indicata da quell’uomo a cui aveva dovuto pagare una consistente somma di denaro.

Egli arrivò in un luogo d’incubo dalle strade strette e maleodoranti, un luogo che veniva conosciuto come gli “slums” della zona del porto. Le abitazioni erano misere e di solito albergavano numerose persone. Arrivò nell’indirizzo indicato sul biglietto e cercò di spiegare all’uomo che gli aprì la porta il motivo per cui si trovava lì, ad un certo punto fece il nome del visconte. Quell’uomo, un tizio cinese molto anziano, lo fece entrare e dopo lo condusse nello scantinato della sua casa. All’interno era stata allestita una fumeria d’oppio di infimo ordine.  Akihito, con la sua aria perbene ed il suo cappello in mano, aveva attirato l’attenzione di alcuni degli ospiti che erano parzialmente coscienti in quel momento. Lo portarono di fronte ad uno stretto cubicolo dove egli poté vedere un giovane uomo con i capelli lunghi ridotto in uno stato pietoso. Quel ragazzo gli fece un’infinita compassione. Era così giovane, di sicuro aveva pressappoco la sua stessa età. In quel momento gli tornarono alla mente le parole del visconte riguardo a quello che era successo alcuni giorni prima.

“Ti posso assicurare che il fratello di quel ragazzo era un individuo della peggiore specie, sono convinto che gli abbia fatto qualcosa, non credo che quel ragazzo l’abbia aggredito senza essere stato provocato. Sono convinto che si sia trattato di legittima difesa, ma non c’erano testimoni al momento dei fatti. Sai cosa gli succederà se viene catturato dalla polizia e portato davanti alla corte?”

Akihito lo sapeva bene. Se il giovane veniva giudicato senza avere alcun modo di provare la sua innocenza, sarebbe stato condannato all’impiccagione.

Alcuni dei giornali che si erano occupati del caso, avevano parlato di un corpo insanguinato trovato in una delle camere da letto, esso aveva una profonda ferita alla testa. Non c’era un soldo in cassa ed il fratello minore era letteralmente scomparso dalla circolazione. Ovviamente era stato il primo ad essere sospettato dell’omicidio.

Davanti a quel corpo pallido ed emaciato, Akihito si chiese per l’ultima volta se stava facendo la cosa giusta. E se quel ragazzo avesse ucciso a sangue freddo il fratello per poter scappare con il denaro?

Forse non sarebbe mai riuscito a trovare una risposta soddisfacente a questa e ad altre domande, molte delle quali avevano a che fare con la posizione del visconte e la natura dei sui affari oltremare. Oscuri traffici?

Akihito si morse le labbra per non sentire il richiamo della sua coscienza e chiuse gli occhi per trovare la forza di adempiere al desiderio del visconte:

“Quando lo troverai, fatti aiutare da qualcuno, spendi tutto il denaro necessario, io ti farò avere tutto il denaro che mi posso procurare; e appena puoi fa’ salire quel ragazzo sulla prima nave a disposizione per farlo arrivare nel continente. In Francia ho alcuni amici che lo possono aiutare.”

***

Il giovane si svegliò nella vasca di ghisa smaltata, stava tremando. L’acqua era del tutto fredda. Da quanto tempo era lì? Sentiva le palpebre pesanti e le sue membra erano intorpidite. Egli si alzò con cautela e avvolse il suo corpo bagnato in un asciugamano. Dopo essersi asciugato con cura, egli si rimise la sua vestaglia di seta. Una volta uscito dal bagno si recò nella sua camera da letto e accese la luce. Era ormai buio, chissà da quanto tempo era calato il sole?

Dopo essersi rivestito, il giovane andò nel salotto del suo appartamento e, una volta che accese la luce anche lì, si diresse verso un mobiletto basso munito di ante e due cassetti che si trovava vicino alla finestra. In esso teneva alcuni documenti personali, carta, inchiostro e penne. Sopra di esso c’era un pacco che aveva ricevuto quella mattina con la posta, anche se non l’aveva ancora aperto. Si trattava di qualcosa che gli era stato spedito dal visconte. Il giovane non poté evitare che un sorriso malinconico gli si dipingesse sul viso. Un insieme di fulgidi ricordi si affacciavano alla sua memoria nel momento in cui qualche evento gli portava alla mente l’immagine del visconte. Egli l’aveva sempre amato, anche se non l’aveva più rivisto da quella volta in cui era rimasto ferito.

Ormai erano passati due anni dal giorno in cui, con l’aiuto di un giovane giornalista, egli aveva preso una nave al porto di Londra che l’aveva condotto al porto di Le Havre, dove c’erano delle persone che avevano il compito di portarlo a Parigi e di fargli avere un alloggio confortevole in una zona rispettabile della città. Alcune lacrime spuntarono dai suoi occhi scuri quando ricordò il momento in cui si era reso conto che non avrebbe rivisto il visconte mai più. Il nobiluomo voleva adempiere alla promessa che gli aveva fatto, forse voleva solo mettere a posto la propria coscienza. Ormai non aveva più alcuna importanza. L’aveva perso, per sempre.

Prese un tagliacarte dal cassetto di quel mobile e aprì il pacchetto di cartone facendo attenzione a non tagliarsi. Dentro c’era un libro: si trattava dell’ultima edizione di una raccolta di poesie scritta da un autore francese, la stessa opera che il visconte aveva usato per fargli imparare le lingue. Era un bel volume, foderato in pelle. C’era anche una lettera del nobiluomo: in essa chiedeva al giovane notizie sulla sua salute e alcune informazioni riguardo alle persone che avevano ricevuto l’incarico di passargli una rendita. Egli era stato così generoso con lui, gentile e disponibile... e non sarebbe mai stato nulla di più di questo.

Durante i suoi primi mesi a Parigi il giovane era stato seguito da un medico, il quale aveva l’incarico di aiutarlo nel lungo processo di disintossicazione. Era stata una cosa lunga e dolorosa, e nonostante il giovane non avesse più nulla da temere, qualche volta si concedeva qualche breve ricaduta nel suo vecchio vizio, proprio com’era successo quel giorno.

Sulla lettera c’era anche scritto che Akihito stava bene e che appena libero da alcuni impegni, gli avrebbe senz’altro scritto. Akihito…

In quel momento Feilong ricordò il giovane che era venuto a cercarlo nel posto dove egli si stava nascondendo. Sentì una dolorosa fitta al cuore ricordandosi di quei giorni. Egli era angosciato ed impaurito ed era andato a nascondersi da qualcuno dei suoi conoscenti che vivevano dalle parti del porto. Aveva subito scartato la possibilità di andare a nascondersi da quei pochi parenti che aveva in città e che se la passavano molto male. Era sicuro che la polizia sarebbe andata subito da loro nel momento in cui avrebbe incominciato a fare ricerche.

All’inizio i suoi conoscenti furono riluttanti all’idea di porgergli aiuto, ma la cosa cambiò radicalmente quando offrì loro del denaro. Comunque, non poteva aspettarsi che tollerassero la sua presenza per molto tempo e l’unica possibilità che aveva di salvarsi, fuggire a Hong Kong, era impraticabile al momento perché era da poco finita la guerra sino-giapponese e le rotte di viaggio non potevano ancora considerarsi sicure.

Si ricordò che Akihito gli aveva sorriso quando l’aveva visto, anche se il suo aspetto sarebbe stato sufficiente per spaventare chiunque. Se lo ricordava ancora come egli era quella notte, una delle più difficili della sua vita. Era stato un momento veramente speciale per lui quando si era trovato davanti quel giovane dai capelli castani e occhi scuri dallo sguardo gentile. In quel momento Feilong si era chiesto se il giovane fosse “di sangue misto”. Sotto molti aspetti somigliava fisicamente a molti ragazzi inglesi che aveva visto, ma i suoi occhi tradivano parte delle sue origini.

Il giovane giornalista aveva pagato le persone che lo tenevano in custodia, aveva usato anche un fine orologio da taschino come mezzo di pagamento. Dopo l’aveva fatto trasportare in un appartamento in un’altra zona della città e aveva fatto venire un medico che gli aveva dato dei consigli sulla cura che Feilong doveva seguire per uscire dallo stato in cui si trovava. Akihito aveva dato delle false informazioni sull’identità del giovane cinese.

Feilong sorrise con affetto ricordandosi tutte le premure che quel ragazzo aveva avuto per una persona di cui sapeva molto poco. Aveva capito che conosceva il visconte da un punto di vista personale, ma non fece domande. Che importanza aveva ormai?

Una volta rimessosi in sesto, fu accompagnato su una nave che l’avrebbe condotto in Francia. Gli erano stati procurati dei documenti falsi. Egli usava con i suoi amici a Parigi il nome “Fabien” che somigliava al suo e che era facile da pronunciare per i parigini. Avrebbe tanto da ringraziare al visconte per la sua situazione e invece a volte pensava a lui con amarezza per il fatto che non avesse mai ricambiato i suoi sentimenti.

Quella mattina il giovane era uscito a fare una passeggiata vestito all’occidentale di tutto punto. In giro aveva trovato un’edicola dove si vendevano alcuni giornali stranieri. Fu stupito nel trovare la notizia che il commissario di polizia di Scotland Yard era stato trovato ucciso nella sua villetta con giardino nella quale viveva da solo. Casualmente, durante le indagini, era stata trovata una piccola agenda rivestita in pelle quasi nascosta in un angolo sotto a un divano del salotto. La polizia era riuscita a risalire al nome del proprietario: Si trattava del figlio di un barone austriaco- Wilhelm Franz. Il giovane era stato in seguito arrestato e la sua ambasciata era intervenuta per farlo rilasciare su cauzione. Non era stata trovata l’arma del delitto e la difesa del nobile era stata affidata ai migliori avvocati della città. Costoro, indagando nella vita di James Briggs, avevano trovato molte proprietà immobiliari intestate all’uomo, anche una casa di campagna in una bella zona. Tutti si chiedevano da dove fossero usciti i soldi. Non ci volle molto per capire che il defunto aveva racimolato del denaro tramite il ricatto di molti personaggi della nobiltà e della politica locale. Anche se risultava impossibile risalire ai nomi della maggior parte delle persone che erano state le vittime dell’uomo.

Feilong aveva pensato in quel momento al fatto che fosse scandaloso che un membro della polizia si riducesse in quella maniera per trarre un vantaggio personale. Meno male che lui non aveva mai avuto nulla a che fare con quell’individuo, anche se di persone losche ne aveva conosciute parecchie, a cominciare da suo fratello… e dal visconte. Chissà quali erano davvero le attività nelle quali il nobiluomo era coinvolto?

Feilong aveva più volte pensato che esse avessero a che fare con il traffico d’oppio e forse anche di armi (destinate ai paesi in guerra e che servivano per l’appoggio di certe fazioni). Aveva, però, sempre preferito non indagare.

Sulla lettera che aveva ricevuto dal visconte, in fondo alla pagina, c’era un messaggio scritto postdata. Feilong sorrise ampiamente nell’apprendere che il suo benefattore, forse era meglio chiamarlo così da quel momento in poi, era riuscito a trovare, tramite alcuni conoscenti al porto di Hong Kong, un suo vecchio amico d’infanzia: Yoh. Il giovane sarebbe arrivato a Parigi da lì a pochi giorni. Adesso Feilong era felice davvero, aveva tanto bisogno di vedere una faccia amica, qualcuno che gli ricordasse la sua terra natale.

In quel momento, chiudendo gli occhi, il giovane si ricordò della visione che aveva avuto mentre era in bagno sotto l’effetto dell’assenzio e del laudano. Aveva visto il giardino di Nan Lian a Kowloon, un luogo incantevole e suggestivo dove era andato spesso durante la sua infanzia. In quella visione delirante aveva immaginato di volare, di essersi trasformato in un piccolo usignolo che era capace di pensare e di soffrire come un essere umano. Adesso Feilong non voleva più soffrire per qualche vecchio ricordo. In quel momento sentì una piccola fitta allo stomaco. Erano molte ore che non mangiava. In quell’istante decise di lasciare la lettera ed il libro sul mobile per andare in cucina a prendersi qualcosa. Lasciò il segnalibro in mezzo alla pagina che poco prima l’aveva interessato di più…

 

Il gatto

Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato;
trattieni le unghie della zampa,
e lasciami sprofondare nei tuoi begli occhi striati
di metallo e d'agata.
Quando le dita indugiano ad accarezzare
la tua testa e il dorso elastico
e la mano s'inebria del piacere di palpare
il tuo corpo elettrico,
vedo la mia donna in spirito. Il suo sguardo
come il tuo, amabile bestia,
profondo e freddo, taglia e fende come un dardo,
e, dai piedi fino alla testa,
un'aria sottile, un minaccioso profumo
circolano attorno al suo corpo bruno.

“Il gatto” (I fiori del male) - Charles Baudelaire.

 

Le chat

Viens, mon beau chat, sur mon coeur amoureux;
Retiens les griffes de ta patte,
Et laisse-moi plonger dans tes beaux yeux,
Mêlés de métal et d'agate.
Lorsque mes doigts caressent à loisir
Ta tête et ton dos élastique,
Et que ma main s'enivre du plaisir
De palper ton corps électrique,
Je vois ma femme en esprit. Son regard,
Comme le tien, aimable bête
Profond et froid, coupe et fend comme un dard,
Et, des pieds jusques à la tête,
Un air subtil, un dangereux parfum
Nagent autour de son corps brun.

“Le chat” (Le fleurs du mal)- Charles Baudelaire.

 

***Fine***

 

Musica:

-‘Wilde’soundtrack- An age of silver- Debbie Wiseman

-‘Chéri’soundtrack- Rose Acacia- Alexandre Desplat

-‘The nightingale’- Julee Cruise

 

   
 
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