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Autore: poison spring    29/04/2016    18 recensioni
Prendete la figlia del Salvatore del Mondo Magico, appioppatele una cuginetta a cui fare da baby sitter e mettetela sulla strada di una folle impresa suicida alla ricerca di fortuna e gloria. Datele una migliore amica con l'intelligenza della madre, l'astuzia del padre e il carattere della nonna paterna. Datele un ex ragazzo inopportuno, un mistero o due da risolvere e un paio di fratelli da schiantare.
Agitate, non mescolate e spruzzate tutto con un bel po' di Malfoy, Lucas Malfoy.
NG Post Bellezza del Demonio. [Lucas Malfoy/Lily Luna Potter]
[I personaggi di Lucas Altair Malfoy, Lyra Joanne Narcissa Malfoy non sono presenti nella Saga della Rowling per motivi più che ovvi e sono da considerarsi di proprietà dell'autrice]
Lyra sorrise. «Sei stata grande, li hai zittiti tutti».
«Non mi si avvicinerà nessuno per il resto dell’anno, ma ne è valsa la pena. Non credo di essermi mai sentita tanto bene».
Lyra le strizzò l’occhio e la prese sottobraccio. «È genetico. Non puoi farci niente».
«Stai ancora parlando del fattore Potter?»
«E di che altro?» rise Lyra, trascinandola su per le scale.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo della Bellezza'
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XIV


Nodi gordiani e pettini di corno


Why you want to take me to this party and breathe

I'm dying to leave

Every time we grind you know we sever lines

Where have all those flowers gone

Long time passing.

- Massive attack, Risingson
-



La settimana prima del Ballo il professor Vitious aveva convocato i suoi studenti più anziani per una lezione speciale, tutti tranne Mary Ann che era stata esclusa dai festeggiamenti per colpa di quello che aveva combinato ai capelli di Chalista Appleseed. Lei si proclamava innocente, neppure a dirlo, e strepitava la sua estraneità a quel fatto increscioso dalla sala dei Trofei, dove era stata confinata per tutti i pomeriggi da lì fino a Natale. L’onda indiscreta dei pettegolezzi dipingeva una Chalista tronfia e soddisfatta per quel risultato, ma Lily, guardandola sospirare mentre cercava di sistemare la parrucca speciale che le era arrivata direttamente da Diagon Alley, la trovava piuttosto contrariata; le cure di Madama Chips non avrebbero avuto effetto prima di un mese: questo significava che avrebbe dovuto presentarsi al ballo con una pettinatura fin troppo appariscente o non presentarsi affatto. Tutto questo non giovava per nulla al suo umore: quella mattina, in preda a uno sfogo rabbioso, aveva messo in fuga un paio di ragazzine del primo anno che avevano dovuto saltare la colazione per non incorrere nelle sue ire. 

Mentre il Professor Vitious spiegava come ballare un valzer - con la sua statura la dimostrazione diventava piuttosto buffa, ma nessuno quel pomeriggio sembrava in vena di ridere - lo sguardo di Lily saettava da una parte all’altra dell’aula, da Chalista e la sua parrucca al professore e viceversa. Andò avanti così per cinque minuti, prima che la Appleseed si accorgesse di essere osservata e riprendesse il suo abituale cipiglio pieno di spocchia. Lyra, che le sedeva esattamente di fronte, scosse il capo.

«Non lo ammetterà mai, ma non è stata Mary Ann a farle quella fattura» bisbigliò, attenta a non sovrastare la musica.

Lily corrugò la fronte. «E allora chi è stato?» domandò. A tutti era parso ovvio che la rivalità fra le due fosse riaffiorata in un’occasione così importante come un ballo. 

«Non lo so. Ma il suo cavaliere ha un sacco di pretendenti». 

«Pensi che si tratti di questo?»

«Chi lo sa». Lo sguardo di Lyra era perso oltre le teste delle compagne. «Mary Ann la detesta, questo è certo, ma credo che le avrebbe strappato i capelli uno per uno piuttosto che stregarle la spazzola o avvelenarle lo shampoo. Non è il tipo da usare dei trucchetti come questi».

Vitious, nel frattempo, aveva chiamato una delle allieve in prima fila perché ballasse con lui. Mormorii divertiti si diffusero per l’aula: Addie era una delle ragazze più basse del dormitorio, ma doveva sforzarsi per tenere le ginocchia piegate. Qualcuna delle più alte tirava lunghi sospiri di sollievo, altre, meno ben disposte, ammiccavano in direzione della Appleseed dandosi di gomito: tutti sapevano che era l’unica che avrebbe potuto ballare con Vitious senza contorcersi.

«Persino il professore dev’essersi accorto che non è giornata» bisbigliò Coleen Davies, prima che un’occhiataccia di Chalista la mettesse a tacere.

Devonne si sporse verso di lei ridacchiando; sembrava aver riposto i propositi di vendetta nei confronti del suo ragazzo, da quando lui aveva smesso di girare attorno a Lily un’altra volta. I suoi grandi occhi color fiordaliso erano pieni di maligno divertimento. Si mise una mano davanti alla bocca e borbottò qualcosa di incomprensibile.

Lyra roteò gli occhi verso il soffitto. «Galline».

«Da quando ti piace la Appleseed?» chiese Lily, perplessa.

«Non mi piace» fu la risposta concisa. «Ma non mi piacciono neanche loro. Sono tutte fatte della stessa pasta, in fondo, sprecano energia sparlandosi dietro le spalle a vicenda. La differenza fra loro e Chalista è che lei è sola e non fa neppure uno sforzo per trovare compagnia. In questo senso e solo in questo, un po’ mi somiglia: se non ci fossi tu, non avrei neanche un’amica in questa classe».

Lily scosse la testa, chiudendo gli occhi mentre Vitious con un colpo di bacchetta rimetteva la musica da capo. «Non dire sciocchezze. Avresti trovato qualcuno, prima o poi».

«Non lo so». Lyra si strinse nelle spalle. «A volte penso di no. È un nido di vipere peggio che a Slytherin in un certo senso: le fatture alle spalle sono mal considerate persino lì». Rise a bassa voce e Lily si unì a lei, mentre lentamente, ad un cenno del professore, tutti si alzavano e raggiungevano il centro della stanza per formare le coppie. 

«Pensi che sia stata una di loro?» chiese, muovendosi impacciata per seguire gli altri.

Lyra mosse il capo in un cenno di diniego. «Non ne sono sicura. Chalista potrebbe aver lasciato la spazzola in giro e qualcuno potrebbe averne approfittato. Non per forza una di Ravenclaw». Trattenne il respiro per un attimo, gonfiando il petto. «Potrebbe persino essere stato un ragazzo, no? Anche se non è propriamente una cosa a cui un maschio penserebbe, credo. Ma la gelosia gioca brutti scherzi a tutti».

Lily avvampò, incespicando. Cercò di impedirsi di pensare a Cassandra, ai suoi occhi tersi come pozze di cielo e ai suoi capelli biondi sempre perfetti. Inutile: il cedimento di un attimo le aveva già gonfiato il cuore di una tristezza che pesava come un drappo di velluto bagnato che le avvolgesse il petto, facendola sentire come se avesse dimenticato il semplice meccanismo del respiro. Scrollò la testa e la drizzò in tempo per incontrare lo sguardo serio e composto di Rex Van Houtem, un ragazzo del settimo, che le tendeva educatamente la mano. 

«Tutto bene, Potter?»

Lily annuì e lasciò che lui la conducesse nel valzer, guardando oltre la sua spalla come la posizione imponeva. Era un bravo ballerino, e lei, intimidita, cercò di stargli dietro: si aspettava di vederlo sbuffare, ma Rex le rivolse un sorriso educato, e Lily accennò una smorfia di scuse. «Non credo di aver mai ballato un valzer negli ultimi cinque anni» borbottò, cercando una giustificazione.

Lo seguì nella giravolta, mentre le coppie attorno a loro sembravano scivolare leggiadre sul pavimento tirato a lucido. Rex sorrise ancora. «Non è difficile, non preoccuparti» bisbigliò rafforzando la presa sulla sua vita. «Segui la musica».

Lily sospirò. Morbida, lasciò che lui la trascinasse in un secondo giro e poi un terzo. L’aula che Vitious aveva scelto per quella particolare lezione era al piano terra e dava sull’ampia anticamera che portava alla sala dei trofei. Appena il volume della musica accennò a salire la soglia si riempì di curiosi. 

Van Houtem fece una risatina, subito seguita da altre in contrappunto. «Abbiamo un pubblico» disse a voce così bassa che Lily dovette leggerglielo sulle labbra e quando lui la sollevò per cambiare passo, lei si accorse che oltre i ragazzi più giovani che si accalcavano per rubare qualche frammento dell’arcano mistero del Ballo d’Inverno, c’era Lucas, che osservava lo spettacolo, in penombra. Lo colse nell’atto forse inconsapevole di seguirla con lo sguardo sottile come una lama di coltello e posò una mano sulla spalla di Rex, che le lasciò la vita, permettendole di piroettare verso l’esterno e incrociare la propria traiettoria con le altre ragazze che come lei si disponevano in fila per la riverenza. 

Un rapido sguardo verso la porta fu sufficiente.

Io.

Al di là di una massa di ricordi confusi, frotte di immagini sbiadite le affollarono la mente. Il suo primo valzer, frutto di una delle tante feste comandate vissute a stretto contatto, quasi come un’unica famiglia: era un bambina e come una bambina si era lasciata cullare da braccia che scopriva ogni volta più forti di quanto avrebbe potuto immaginare.

Lui, quasi distratto, che l’aveva sollevata non come nella figura tradizionale, ma prendendola dalle ginocchia per spezzare tutta la solennità ufficiale di quel momento e riportarlo in una dimensione che non la intimidisse, che ora la guardava inchinarsi ad un altro con l’espressione dura di un volto di marmo.

Come se nessuno dei due sapesse trattenere il proprio ascendente sull’altro, adesso ancor più di quando il confine fra l’infanzia e l’adolescenza aveva preso a somigliare ad una pietraia scoscesa. Sentire il suo sguardo addosso e desiderare di corrergli incontro facendo a brandelli i sogni di rivalsa erano due emozioni fuse insieme così a fondo da non poter distinguere la fine di una e l’inizio dell’altra.

Ti. 

Alla fine quell’inutile castello di ipocrisie sarebbe volato via al primo soffio di vento, pensò, mentre la musica finiva e veniva rimpiazzata dagli applausi. Quello annoiato e forzato di Chalista le risuonò nelle orecchie come un molle avvertimento. Lily si voltò di nuovo verso la porta: le ragazzine del primo e del secondo anno fischiavano e battevano le mani a ritmo, nonostante le occhiatacce di Vitious. Lucas, dietro di loro, non si era mosso di un passo.

Rex le prese la mano. «Un altro giro?» chiese. Le coppie sembravano indecise se riprendere o mano. Vitious alzò la bacchetta e la puntò verso il grammofono, che sparì.

«Penso che per oggi abbiamo finito». Corse a prendere la sua borsa mentre il suo cavaliere improvvisato la guardava smarrito. «Scusa, sono in ritardo».

«La prossima volta, allora». Rex accennò a un inchino e lei gli sorrise, incamminandosi. Non avrebbe mai potuto essere così sfrontata da dirgli che sperava che una prossima volta non arrivasse mai. 

Non così, sotto gli occhi di Lucas che contemplavano il mondo come se volessero darlo alle fiamme. 

Odio.

Qualche tempo prima, con tutta la sicumera che può avere solo un’adolescente, Lily Luna Potter aveva avuto l’esatta cognizione di chi fra loro conducesse il gioco. In quel preciso istante, osservando la linea diritta della sua mandibola contrarsi, si rese conto di non saperlo più.


I seen you go down to a cold mirror

It was never clearer in my error

So you lick a shine upon your forehead or

Check it by the signs in the corridor


***


Gli aveva dedicato un’unica lunga occhiata prima di oltrepassarlo facendosi largo fra i gridolini  delle studentesse del primo e del secondo anno. I loro sguardi si erano congelati spegnendo l’eccitazione che li circondava, imprigionando le voci e i respiri attorno a loro in un limbo di silenzi e attese. 

Chiari e affilati, quegli occhi l’avevano costretta a rallentare il passo e la furia di cui erano colmi le aveva annodato lo stomaco in un groviglio di rimorsi e trionfo. 

Segni scuri di stanchezza come ombre sinistre sul suo volto cesellato, soffiati via in poco più di un istante da un accenno di sorriso nel momento in cui l’aveva vista arrossire prima di allontanarsi.

Si era concessa appena la debolezza di scrutarlo di sottecchi prima di incamminarsi per il corridoio con il sottofondo del vociare che riprendeva. Passi concitati sul punto di sorpassarla si interruppero bruscamente e la voce di Lyra dal fondo del corridoio riecheggiò in un rimprovero ovattato.

«Mi stai evitando?»

Alta e imponente l’ombra di lui si allungava stagliandosi contro l’arco di luce dorata sul pavimento sotto la finestra. Senza voltarsi, Lily smise di camminare, improvvisamente conscia del calore della sua mano sulla spalla.

Sospirò e si girò a guardarlo; lui accolse la sua occhiata di biasimo con un sorriso beffardo, la finzione quasi perfetta di una calma che tuttavia non traspariva dalla mobilità nervosa dei suoi occhi. Quelli che passavano si fermavano a guardarli per qualche istante e riprendevano la loro strada, senza che né lui né lei vi badassero, come se una parete invisibile li separasse dal resto del mondo.

«Dovrei?»

La mano sulla sua spalla ebbe un lieve tremito, subito placato. «Dimmelo tu».

Lily scosse la testa. «Come posso evitarti se non ti vedo da settimane?» Fece un passo indietro per guadagnare spazio, poggiandosi al muro, e lui protese entrambe le braccia ai lati del suo corpo, imprigionandola. Il suo respiro le sfiorò la fronte, caldo, ma lei sapeva che, quando lui avesse risposto, la sua voce sarebbe stata fredda come il vento che spazzava la brughiera fuori dalla finestra.

«Tuo padre mi ha fatto rapporto». Lucas sollevò il mento continuando a scrutarla da sotto le palpebre socchiuse. «E tu non mi hai cercato» aggiunse distogliendo da lei lo sguardo indurito per lasciarlo vagare alle sue spalle. La linea ferma del suo labbro superiore si arricciò per pochi secondi in un sorriso tirato. Lily abbassò gli occhi, nervosa.

«Ho avuto delle cose da fare».

Una risata secca gli scaturì dal petto. «Sì» ribatté, «me ne sono accorto». Lucas lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi quasi volesse offrirle una via di fuga che lei, tuttavia, non imboccò. Avrebbe voluto invece che lui desse voce all’eco di furia che gli rombava nella voce dandole la conferma dell’idea che la tormentava da quando l’aveva scorto ad osservarla danzare. 

«Sei arrabbiato» sussurrò Lily, cercando di cogliere una risposta nel suo sguardo.

Lucas reagì a quel sussurro sommesso con un’occhiata sardonica. «Dovrei?»

«Non lo so» ribatté lei, avvampando. Le guance avevano preso a scottarle e il cuore aveva cominciato a batterle al ritmo forsennato di un tamburo, colpi secchi e dolorosi che le si propagavano nel petto infrangendosi contro le costole. «Voglio dire, questa tua entrata in scena per farmi sapere che ti infastidisce che io balli con qualcuno è davvero pretenziosa. Stavamo solo provando, faceva parte della coreografia». Gli posò una mano sul petto per farsi spazio: lui era talmente vicino da confonderla un’altra volta, ma quando lei accennò a spingerlo via si fece da parte, quasi smarrito. 

«L’hai fatto apposta» ribatté dopo qualche istante, la voce ammorbidita da una sfumatura indefinibile. Nel rialzare finalmente lo sguardo colpevole per incrociare il suo, Lily si accorse che Lucas stava sorridendo. «Perché?» le domandò; il riverbero di quella domanda le vibrò sotto le dita, ancora poggiate sul suo sterno.

Lily confezionò un sorriso altrettanto dolce. «Probabilmente perché sono una ragazzina sciocca. Dovresti chiederlo a Cassie, sono sicura che lei ha la risposta a questa domanda». Sgusciò di lato lasciandoselo alle spalle, sfregandosi il palmo contro la gonna per scacciare il ricordo del calore del suo corpo. 

Lucas rise, un suono limpido e cristallino come la pioggia scrosciante. «Sei gelosa». 

«Sciocchezze» lo liquidò, lanciandogli un’occhiata fuggevole da sopra la spalla. Prima che potesse illudersi di essere creduta, lui la raggiunse sbarrandole la strada. La presa delle sue mani sulla vita era solida e gentile, appena venata di un’imposizione sottesa.

«Rispondi».

«Non ti devo spiegazioni» ribatté Lily. «Lasciami, devo prendere dei libri in Biblioteca». Aveva usato un tono che avrebbe voluto essere perentorio ma alle sue orecchie era suonato pericolosamente incerto. Anche lui doveva essersene accorto, perché le rialzò il mento con le nocche, osservandola con attenzione; il suo sguardo era affilato come la tempra di una spada piantata nell’anima, e sembrava capace di leggere i suoi respiri mandando in frantumi il gioco di specchi con cui lei si proteggeva dal mondo esterno.

Le sue dita le scivolarono lungo la mandibola fin dietro la nuca, tuffandosi fra i suoi capelli. «Pensi che mi sfuggirai così ogni volta che qualcosa ti fa arrabbiare?» Quella domanda gli era scaturita dalle labbra in un soffio leggero come il tocco della sua mano.

«Nemmeno tu mi devi spiegazioni». Un respiro tremulo le gonfiò il petto; Lucas le sfiorò il labbro con il pollice, curvandosi su di lei. Il suo fiato le sfiorò i capelli e lei chiuse gli occhi cercando nel buio una tregua dall’emozione che la stordiva.

«Qualunque cosa tu pensi di Cassandra e me, ti stai sbagliando». Il suo tono stavolta era più distaccato, ma lui non accennò ad allontanarsi né a lasciarla andare. «Avresti potuto chiedermelo. Ma naturalmente è molto più comodo così, non è vero? Ti permette di sentirti comunque dalla parte della ragione».

Piccata, Lily spalancò le palpebre e si divincolò dal suo abbraccio. «Sei così arrogante» sibilò a denti stretti. «Non sono venuta a cercarti perché ti stava già cercando lei. Disperatamente. Ha chiesto a tua sorella dove fossi. Doveva parlarti del ballo, ma immagino che ti abbia trovato a giudicare da come ti accarezzava la spalla quando siamo rientrate da Hogsmeade». 

Lucas sollevò il mento sprezzante, gli occhi ricolmi di un’allegria amara e beffarda.

«Era una ripicca, quella?» domandò restando a qualche passo da lei. «Mi hai rifilato il tuo stesso boccone amaro, non è così?»

Disarmata da quell’ammissione così esplicita, Lily trattenne il fiato. «Stavo solo ballando». Quelle poche sillabe le avevano fatto tremare la voce costringendola a chiudere la bocca di scatto

«Lo so» rispose lui, greve, e poi entrambi tacquero. 

Sarebbe stato così facile muovere un passo nella sua direzione e finire fra le sue braccia, pensò mentre raccoglieva da terra la borsa con i compiti e guardava il resto della sua classe passare senza degnarli di uno sguardo. Il tempo attorno a loro aveva ricominciato a fluire lento e vischioso come la melassa: Devonne Pierce, a braccetto con la Davies, si voltò spalancando la bocca non appena la vide e soffocò un gridolino scandalizzato. 

Non erano più soli.

«Non verrò al ballo». Lucas le voltò la schiena; si era irrigidito per qualche motivo e osservava la processione di studenti che popolavano pigramente il corridoio. «Il mio turno finisce alle dieci e grazie al rapporto disciplinare dai piani alti è ben lontano dalla Sala Grande».

«Capisco».

«E se ci andassi, non inviterei Cass né nessun’altra». La sua chiosa tranquilla sembrava voler  sottintendere qualcosa di ovvio. Si ficcò le mani in tasca e gettò il capo all’indietro, tornando a guardarla.

Lily si strinse nelle spalle. «Immagino che ci vedremo a Natale allora». 

«Se è quello che desideri». C’era una punta di freddezza in quella voce e una nota di impazienza che in qualche modo sembrava divertita, come se all’ombra delle sue ciglia folte e scure si annidasse un segreto, qualcosa che lei aveva dimenticato. Lucas le rivolse un sorriso fugace e accennò un inchino. «Spero almeno che tu ti diverta a rendermi le cose difficili. Questo renderebbe la cosa più interessante».

Il suo sguardo cupo indugiò su di lei ancora per qualche istante prima di scivolare lungo le pietre del pavimento, uno specchio d’argento scuro ricolmo di certezze improvvisamente rinnegate.

Giuramenti fatti al vento e lunghi silenzi dove smarrirsi alla ricerca di una risposta da dargli, parole mozzate dall’impietosa mannaia dell’orgoglio.

«Lucas…»

Lui scrollò le spalle. «Ci vediamo, Lilou».


I sink myself in hair upon my lover

I don't know her from another miss

I don't know you from another


See me run now you're gone, dream on


***


«Hai la divisa in disordine».

Lily afferrò i lembi della camicia e li tirò verso il basso, osservando le pieghe mal disposte che increspavano il cotone bianco. Suo fratello si grattò la testa: la sua osservazione non aveva niente di malevolo, tuttavia lei si sentì arrossire, come se lui avesse voluto alludere alla causa dei suoi indumenti stropicciati. Eppure avrebbe dovuto saperlo: Al era così concentrato sul proprio ruolo di Caposcuola che l’unica natura possibile di quel rimprovero poteva essere quella disciplinare.

Lo vide sospirare e sfilarsi gli occhiali per pulirli sulla camicia perfettamente stirata. Pareva che si fosse ricordato in quel momento di avere davanti sua sorella: sulla sua fronte era apparsa un’unica ruga che sottolineava la luce preoccupata ora accesa nei suoi occhi. «Che cosa ti succede? Sei tutta strana in faccia».

Le fece cenno di sedersi accanto a lui e Lily annuì: il cortile della scuola era deserto, il blu del cielo al crepuscolo un manto cupo e infinito che tingeva il paesaggio di sfumature livide; sporadici mulinelli d’aria trascinavano con sé le ultime foglie staccandole dai rami degli alberi e il profumo della sera era quello freddo e pulito dell’inverno.  

Al si sfregava le mani: era uno dei pochi gesti che avevano in comune, qualcosa che li identificava come fratelli più degli occhi dello stesso colore. Lily gli afferrò la destra e lui si voltò a guardarla, sorpreso.

«Ti farai venire le piaghe» lo rimproverò. «Fa freddo, ormai».

Lui scalciò la polvere con i tacchi delle scarpe. «Sì, lo so» disse, abbassando gli occhi. «Sono nervoso. Ho trovato la Skeeter che parlava fitto fitto con Tessa Harrington. Immagino che farà uscire un’esclusiva sulla mia turbolenta vita sentimentale».

«Tessa Harrington? Quella che hai scaricato per uscire con Katia?»

Albus incrociò le braccia sul petto, scoccandole un’occhiataccia. «Non è andata così. Tessa l’ha raccontata a modo suo, ovviamente, ma non è stato per quello che ho rotto con lei».

«D’accordo». Un sospiro uscì quasi all’unisono dalle labbra di entrambi, come se si fossero resi conto al contempo di aver imboccato una delle tante strade cieche dei loro dialoghi stentati. Lily si sfiorò il naso con la nocca dell’indice: era ghiacciato, si accorse, affondando il volto nella sciarpa.

«Perché sei qui?»

«Ti ho visto seduto».

«Ma dai» fu la risposta, con una risata di gola in sottofondo. «Che coincidenza». Lo sguardo sagace di Albus saettò sul suo volto. «Avanti» la esortò nascondendo le mani arrossate sotto il mantello, «che cosa vuoi?»

Lily si strinse nelle spalle. «Cosa ne sai della faccenda della Appleseed?»

«Sei venuta a chiedermi questo?» 

«Sì». Non era neppure del tutto una bugia, in fondo. Al sembrò soppesare la sua sincerità e forse si convinse, perché si sfregò la fronte e cominciò a parlare.

«Non molto. Quello che mi ha detto lei è che Mary Ann Buttercup le ha stregato la spazzola. Ho fatto quello che potevo: ho chiesto in giro e tutti mi hanno confermato che quelle due non si sopportano. Ovviamente Mary Ann giura e spergiura di non essere stata lei» aggiunse, strizzando gli occhi. «D’altra parte, chi non negherebbe?»

Lily si leccò le labbra secche. «Io non penso che sia stata lei».

«Nemmeno io, ma non posso farci niente. Ho dovuto fare rapporto, chiunque sia stato ha fatto una cosa molto grave. La Buttercup condivide con la Appleseed il bagno e il dormitorio, era abbastanza ovvio che la colpa ricadesse su di lei, visto che si odiano».

 «Se le sono date di santa ragione al quarto anno» confermò Lily, sollevando lo sguardo sulle prime stelle che bucavano il velo scuro del crepuscolo. «Mary Ann le ha praticamente fatto lo scalpo, immagino che Chalista abbia pensato che volesse finire l’opera».

Albus fece una smorfia. «Brutta storia» commentò a denti stretti. «Perché ti interessa tanto, comunque? Non mi sembra che siano amiche tue».

«No». Quell’ammissione le uscì naturale: non aveva mai fatto mistero dei pochi legami che era riuscita a instaurare all’interno della Torre di Ravenclaw. «Sinceramente, non saprei dire quale delle due mi stia più antipatica, se la Presidentessa del Club del Tè o lo Yorkshire. Ma stanno succedendo troppe cose insolite quest’anno, ho come l’impressione che ci stia sfuggendo tutto di mano».

«Sì, so come ti senti. Ci mancava solo la Skeeter da queste parti». Un breve cenno del capo, poi suo fratello parve richiudersi in una sorta di mutismo. Fissava lo sterrato di fronte a loro con lo sguardo assorto, tanto che Lily pensò che non volesse più parlarne. Invece aggiunse qualcosa , una domanda scandita a voce bassissima. «Lyra cosa ne pensa?»

«È d’accordo con te» rispose Lily omettendo di fare commenti. «Su tutto quanto».

Un sorriso fugace gli increspò le labbra. «Non proprio tutto».

«Beh, sulla Skeeter sì» ribatté lei in tono leggero. «Da qualcosa bisogna pur cominciare».

Un’altra risata, questa volta libera e quasi spensierata, gli sgorgò dal petto. Al sollevò entrambe le braccia come per sgranchirsi: per un attimo sembrò che fosse sul punto di passarle il destro attorno alle spalle, poi lo abbandonò lungo il fianco come l’altro e si raccolse le ginocchia contro il petto.

«Sputa il rospo» disse, intrecciando le dita le une con le altre. «Non sei venuta solo per il mistero della spazzola stregata, giusto?»

Riluttante, Lily scosse la testa. Aveva avuto in mente di chiedergli a cosa alludesse quando avevano parlato di Lucas, ma sentiva la gola ostruita. 

«È per lui, vero?» Una nota aspra era comparsa nella sua voce. In imbarazzo, Lily abbassò gli occhi al suolo, stringendo fra le dita un lembo del mantello.

«L’ho incontrato in corridoio». Si sfregò il volto, nascondendolo nei palmi a coppa. «E sono sempre più confusa».

«Vuoi sapere cosa stavo per dire quando Chalista Appleseed ci ha interrotti». Al la studiava con un sorriso bizzarro stampato sulle labbra, come se volesse suggerirle una certa ovvietà nelle sue richieste. Lily abbassò le braccia, appoggiando la schiena contro il muro gelido: il sorriso di suo fratello si ampliò, trovando forse una risposta persino nel suo silenzio tenace. «Non so niente di quello che vorresti chiedermi. Malfoy non è esattamente un mistero facile da sciogliere».

«Immagino di no».

«Se ne stava sempre per i fatti suoi, quando veniva a scuola. Non è che non avesse amici». Al strizzò le palpebre un’altra volta, come cercando di vedere un senso nell’insieme dei suoi ricordi. «Però non penso che qualcuno a Hogwarts l’abbia mai visto per due volte con la stessa ragazza».

«Rassicurante».

«Non voleva esserlo» ribatté Albus, spensierato. «Però…»

«Però?» Lily si morse la lingua: non avrebbe voluto suonare così ansiosa. La luce divertita negli occhi di suo fratello le suggerì che lui stesse tergiversando con tutta l’intenzione di indurla ad esporsi. 

Al fece spallucce. «Non lo so, forse è una cosa stupida, ma sai… Se non ha mai voluto una ragazza, forse, è perché una ragazza ce l’ha». 

Lily deglutì, sentendo il sangue che le defluiva dalle guance. 

Al fece una smorfia, scuotendo la testa. «No» si affrettò ad aggiungere, «non parlo di una fidanzata segreta. Pensavo a qualcosa di più complicato» sbuffò, grattandosi la nuca. «Non corrisposto, lontano, proibito».

«Di’ la verità, rubi i romanzetti di Lyra quando viene a trovarci» lo punzecchiò Lily, strappandogli un gemito di protesta. «Non ti facevo così romantico» aggiunse, mentre lui distoglieva lo sguardo puntandolo sull’orlo della siepe che limitava il cortile. All’improvviso aveva preso a tormentarsi di nuovo le dita, covando un qualche pensiero tortuoso dietro la fronte corrugata e le labbra strette. 

Lily chiuse gli occhi: quella giornata l’aveva talmente spossata che si sarebbe addormentata così, con la spalla che toccava quella di suo fratello, come faceva quando erano entrambi troppo piccoli per i crucci sentimentali. Le possibilità che lui aveva voluto sottintendere con le sue ultime parole le  facevano girare la testa, le pulsavano nelle tempie in modo pressante e doloroso. 

Lontano, forse proibito.

Qualcosa che avrebbe osservato con l’ardore immutato di un amante devoto o di un nemico giurato, che lo schianto violento del suo sguardo avrebbe alla fine inchiodato con una domanda che non ammetteva di restare senza risposta.

Rialzò la testa: qualcuno camminava attraverso le siepi. Lily diede di gomito al fratello, sul cui volto l’espressione vaga e pensierosa era stata rimpiazzata da una ben più presente. 

«Chiunque sia, ha un bel problema. Non si può girare a quest’ora fuori dal recinto delle siepi, la nebbia non c’è più, ma non è un buon motivo per andarsene a zonzo nella Foresta».

«Aspetta». Gli posò una mano sul braccio, facendogli segno di fare piano. Albus increspò un sopracciglio, ma le diede retta e la seguì in silenzio all’ombra di una colonna dell’atrio. «Voglio vedere chi è» bisbigliò Lily, ritagliandosi un po’ di spazio nel nascondiglio improvvisato. 

Suo fratello appoggiò la testa contro il muro, fissando il soffitto. «Mi sembra una cosa stupida, chiunque sia merita una bella lavata di capo». 

«Non parlare così forte, ti sentirà». 

Al roteò gli occhi verso l’alto. «Si può sapere cosa diavolo ti sei messa in testa?». Aveva abbassato la voce e Lily la considerò una mezza vittoria, rinunciando ai rimbrotti che avrebbe voluto rivolgergli per la sua mancanza di fiducia.

«Aspetta» ripeté invece, sporgendosi appena per controllare. Una figura minuta stava salendo le scale a piccoli passi svelti, ritagliando nella luce sbiadita della sera un’ombra innaturalmente lunga. Quando ebbe oltrepassato la soglia, si guardò intorno circospetta e voltandosi dalla loro parte permise loro di scorgere, sotto il cappuccio del mantello ben calato sulla testa, un visetto arrossato e pieno di lentiggini. 

Lily udì il respiro di suo fratello che rallentava. «Guarda guarda». La sua voce era ridotta a un soffio che le sfiorò l’orecchio. «Non è l’amichetta di Margaret?»

«Sì, è Wendy. Ma non credo siano più così amiche, dopo quella scenata nei sotterranei».

Albus si tirò indietro. «Adesso possiamo smetterla di giocare a guardie e ladri?» chiese, appena più forte. 

Indecisa, Lily scosse la testa. Wendy stringeva contro il petto un fagotto, come una pezza di stoffa chiara, e si affannava per raggiungere l’imbocco del corridoio che portava al suo dormitorio. «Quella ragazzina è così strana».

«Cos’ha in mano?»

Aveva parlato troppo forte. Lily si voltò per rimproverarlo e con la coda dell’occhio vide Wendy che sussultava. Un ticchettio sinistro riecheggiò nell’ampia sala, poco prima che il chiasso prodotto dei suoi passi spazzasse via tutti gli altri rumori. 

«Aveva un bel po’ di fretta» commentò Al, seguendola fuori dall’ombra. «Pensi che nasconda qualcosa?»

«Ben più di qualcosa» ribatté lei. «Guarda questo». Si era chinata a raccogliere quello che Wendy aveva lasciato cadere. Lo porse ad Albus, che sgranò gli occhi in una smorfia di autentico stupore.

«Ma non ha senso!»

Lily si strinse nelle spalle, rigirandosi in mano il proprio bottino. «È solo un pettine. Non vuol dire niente, magari è suo» obiettò, suonando poco convincente persino alle proprie orecchie. 

«Perché una ragazzina dovrebbe andare in giro per la Foresta con un pettine di corno?»

«Questo» rispose lei, infilandolo in tasca, «è quello che vorrei scoprire anch'io».


Now you're lost and you're lethal

And now's about the time you gotta leave all

These good people...dream on.




E non riesco a scrivere le note neanche stavolta.

Ma vale sempre la solita storia: se non vi è chiaro qualcosa, dite.

Grazie a tutti per il feedback, anche se non sputerei sopra qualche recensione in più, ma con i ritmi con i quali aggiorno non ho diritto a lamentarmi.

Purtroppo, il lavoro viene prima, ma come vedete non vi abbandono.

Un grande abbraccio,

il demonio, impegnatissimo a fare pentole senza coperchi.

   
 
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