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Autore: Merkelig    30/04/2016    1 recensioni
Un problemino da risolvere... una nuova caccia e un aiuto in arrivo. Partecipa al contest “Sword and Soccery Fantasy Contest" indetto da grazianaarena sul forum di Efp.
Dal testo:
[...] Viaggio incontro alla mia prossima impresa con la solita audacia e l’usuale sprezzo del pericolo. Il mio unico timore è fallire e la mia unica ricompensa è una coscienza in pace, felice di aver fatto solo il proprio dovere.
La mia cavalcatura è di vetro e acciaio e la mia armatura è di cotone e poliestere, ma anch'io a mio modo sono un cavaliere senza macchia e senza paura. Anch'io viaggio per il mondo in cerca di imprese da portare a termine e di mostri da sconfiggere. La strada è lunga e polverosa, il silenzio domina irreale in ogni dove, e quando infine giungo in un luogo popolato le parole che odo, seppure siano le più slegate e altisonanti a questo mondo, sono un autentico balsamo. [...]
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Little mermaids - o quasi

Viaggio incontro alla mia prossima impresa con la solita audacia e l’usuale sprezzo del pericolo. Il mio unico timore è fallire e la mia sola ricompensa è una coscienza in pace, felice di aver fatto solo il proprio dovere.
La mia cavalcatura è di vetro e acciaio e la mia armatura è di cotone e poliestere, ma anch'io a mio modo sono un cavaliere senza macchia e senza paura. Anch'io viaggio per il mondo in cerca di imprese da portare a termine e di mostri da sconfiggere. La strada è lunga e polverosa, il silenzio domina irreale in ogni dove, e quando infine giungo in un luogo popolato le parole che odo, seppure siano le più slegate e altisonanti a questo mondo, sono un autentico balsamo.
Un richiamo materno.
Voci fanciullesche che si rincorrono.
Dialoghi casuali tra sconosciuti, come…


<< Brutta stronza! Che fai in mezzo all'incrocio?! Non vedi che il semaforo è verde?>>
Stizzita, pigio sulla frizione e ingrano la prima. Metto la freccia e svolto a destra.
<< Finalmente! >>  sento gridare il camionista dietro di me.
Abbasso il finestrino e gli mostro il pugno, con il dito medio elegantemente alzato.
L’eloquenza è un dono, che posso dire.
Viaggiando a passo d'uomo per leggere i nomi delle strade, mi ritrovo a ripercorrere mentalmente la conversazione telefonica che mi ha portato qui, a farmi insultare su una strada di Odessa, Texas.

<< Pronto?>>
<< Salve. Sono Sam Winchester, un amico di Bobby Singer. Mi ha dato lui il tuo numero, dice che sei una specie di esperto e che puoi aiutarmi. >>
<< Sam? Sam Winchester? Sam Winchester, fratello di Dean Winchester? I due cacciatori?>>
<< Cos… un momento. Talitha? >>
<< Sam! Che bello risentirti! >>
<< Anche per me è un piacere ma… perché Bobby mi ha dato il tuo numero? >>
<< Hai un problema con una sirena? >>
<< Sì, o meglio, questa è la mia teoria però… non ti sarai messa a cacciare, Talitha! >>
<< Sì invece. Ormai saranno tre anni. >>
<< Ma…>>
<< Senti Sam, a me sembra che tu abbia un problema, e anche piuttosto grosso se ritieni di avere bisogno di un aiuto esterno. Perciò posso raggiungerti e vedere se posso fare qualcosa per aiutarti. D'accordo? >>
<< Va bene. Sono a Odessa, in Texas. >>
<< Sarò lì domani, verso mezzogiorno. Come sta Dean? >>
<< È proprio questo il problema. Dean è sparito. >>


Dean sparito... Se fosse morto Sam avrebbe già ritrovato il suo cadavere, presumo. Quindi probabilmente è stato rapito. Perché un mostro dovrebbe rapire qualcuno quando può mangiarselo in pace lì dove sta?
Questa storia non mi piace per niente.
Rose hotel mi informa una scritta al neon, rosa acceso. Parcheggio di fronte e studio con una smorfia la facciata dell'edificio. L'intonaco giallo smorto cade a pezzi e qualche frammento giace ridotto in polvere sul marciapiede, sbriciolato dalle suole di un passante distratto.
Recupero un borsone dal sedile anteriore e scendo dall'auto, assicurandomi di averla chiusa subito dopo.
Alla reception chiedo del signor Willow, come da istruzioni.
<< Sam? >> chiamo bussando ad una camera del terzo piano.
La porta si apre e io entro in una stanza spaziosa, con la moquette marrone scuro. L'uomo che mi ha aperto la porta la richiude alle mie spalle e si fa avanti per salutarmi con un abbraccio.
<< Ciao Talitha. >>
<< Ciao Sam. >> gli rispondo sorridendo.
Lui si stacca per osservarmi da capo a piedi.
<< Sei… diversa. >>
<< Sono cresciuta. >> rido.
<< Che hai fatto in questi anni? >>
<< Non appena ho potuto ho comprato un auto e sono partita. Viaggio molto, lavoro ogni tanto, e caccio. Sto bene. >>
Sam non dice nulla, mi scruta soltanto. Ha una certa espressione sul viso... sembra turbato, come preso dai sensi di colpa.
Combattuto, come se dovesse scegliere tra il coinvolgermi, e quindi approvare indirettamente il fatto che caccio, e il rinunciare a farsi aiutare, in un inutile tentativo di allontanarmi dal pericolo.
Odio quando qualcun altro pensa di essere responsabile delle mie scelte.
<< Cosa è successo? >> gli chiedo per spezzare il silenzio.
Questo lo fa muovere.
<< Dean è sparito da ieri sera. >> dice, spostandosi verso un tavolo su cui sono appoggiati diversi fogli.
<< Raccontami. >> lo invito, osservando il ripiano da oltre il suo braccio. Il mio sguardo cade su una cartina della città, su cui una decina di case sono cerchiate di rosso.
<< Siamo in città da una settimana. Diverse donne si sono suicidate dopo aver compiuto orrendi massacri. Una studentessa ha ucciso i suoi compagni di corso, una segretaria ha sparato alla sorella, una ragazza stava per affogare il bambino di cui era la babysitter, prima che i poliziotti la fermassero. Si è impiccata nella sua cella con le lenzuola della branda, due ore più tardi. >>
<< Accidenti. >>
<< Già. E non sono le sole, ci sono altri sei casi come questi. Tutti avvenuti nell’arco di una settimana. >>
<< Ci sono collegamenti tra le vittime? >>
<< Nessuno. Case diverse, vite diverse. Tranne due cose: tutte le donne che sono impazzite avevano ricevuto una telefonata prima di morire. >>
<< E la seconda? >>
<< Qualcuno ha rapito i loro mariti, o fratelli, o fidanzati. Tutti uomini sui trent’anni. Qui ci sono le foto. >>
<< Carino. Anche questo. Wow, sembra un articolo di GQ. >>
<< Dean è stato l’ultimo a sparire. >>
<< Da quanto? >>
<< Circa… undici ore. >>
<< E pensi che sia stata una sirena? >>
<< Sì, cioè… no. Non lo so. Insomma, abbiamo già affrontato una sirena e di solito seduce la vittima e la convince a uccidere la fidanzata, la moglie o anche la madre. Ma deve agire fisicamente per diffondere il suo veleno. >>
<< Con la saliva. >>
<< Esatto. Ma nessuna delle vittime era stata vista in compagnia di qualcuno prima di morire. Ho pensato ad un caso di possessione demoniaca ma non ho trovato alcun collegamento. Per i fantasmi stessa cosa, non quadra. >>

Mi concedo un paio di minuti per riflettere. Do le spalle a Sam e faccio qualche passo in direzione della finestra. Fuori, su una tettoia d’ardesia, una piccola macchia arancione a forma di gatto si scalda al sole. Alcuni panni bianchi oscillano lievi, catturando appena un refolo di vento. Sembrano grandi ali di uccello, pronte a spiccare il volo.

Il mistero si infittisce. Quali forze sono all’opera? Quale mostruosa creatura impazza nella tranquilla cittadina di Odessa? L’ironia abbonda. Il cacciatore sembra essere diventato la preda ora.

<< Avete già parlato con i testimoni? >>
<< Dovevamo andarci oggi. >>

I due coraggiosi eroi uniranno le forze e staneranno il cattivo. Mentre gli innocenti abitanti di Odessa dormono sonni tranquilli, i cacciatori salveranno i dispersi e porteranno giustizia alle vittime cadute.

<< Allora Sam, da dove cominciamo? >>

***

<< Il signor Duncan Prempton. La sua vicina di casa, Paula Lindermann, si è uccisa dopo aver strangolato sua sorella maggiore con il caricabatterie del cellulare. Il fratello, ah… Steven Lindermann, è scomparso da nove giorni. È stato il primo a sparire. >>

Lancio un’occhiata corrucciata allo specchietto retrovisore dell’Impala, dove una giovane e professionale agente dell’ FBI mi restituisce lo sguardo. Detesto travestirmi da poliziotta.

Il cavaliere non nasconde chi egli è. Non se ne vergogna e non ha bisogno che gli altri gli riconoscano un titolo che sente già di possedere.
Al contrario, mentire sulla propria identità è l'unico suo rimorso, la dolorosa consapevolezza che è ignobile ma necessario alla sua missione.


<< Mi stai ascoltando? >>
<< Certo Sam, ho capito. Andiamo. >>

Busso delicatamente alla porta del signor Prempton chiamando il padrone di casa. Dopo pochi minuti questi apre la porta, senza togliere il catenaccio, e affaccia il viso per metà.
<< Sì? >>
<< Signor Prempton? >> chiedo con il tono di voce più gentile che possiedo  << Siamo gli agenti Rose e Bradeley, FBI. >> gli mostro il distintivo, naturalmente falso.
<< Io… ho già detto tutto alla polizia. >> farfuglia quello, facendo per chiudere la porta.
<< La prego, signor Prempton, >> dico con ferma gentilezza, spingendo cautamente sul legno per impedirgli di chiuderlo. << ci serve solo qualche altro particolare e dopo lei non ci vedrà più, glielo garantisco. >>
Il signor Prempton resta in silenzio, guardandomi come se da un momento all'altro dovessi tirare fuori la pistola e sparargli.
<< Allora signore… lei ha visto Paula aggredire sua sorella, la sera dell'incidente. >>
<< Sì, dalla mia finestra. >> conferma borbottando, stringendosi la vestaglia sdrucita attorno al ventre. << Quando sono arrivato era troppo tardi. Sia Paula che Linda erano morte. >>
<< Ha visto qualcuno con Paula prima dell'incidente? >>
<< No, nessuno. Ricordo di averla vista rincasare nel primo pomeriggio e restare in casa fino a sera. >>
<< Ha detto che ha visto Paula ricevere una telefonata poco prima dell'incidente. >>
<< Sì. Me lo ricordo bene perché lei era affacciata alla finestra della sua camera e mi ha salutato. Poi ha risposto al telefono ed è diventata strana… >>
<< Che vuol dire? >>
<< Sembrava sonnambula. Ha lasciato cadere il cellulare in giardino ed è rientrata, senza neanche chiudere la finestra. Poi ha attraversato la stanza e ha attaccato Linda. >>
<< Capisco. >>
<< È tutto. Posso andare? >>
<< Certo signor Prempton. Grazie del suo tempo. >>
Voltandomi sento la porta sbattere alle mie spalle. Scendo dal portico e mi avvicino a Sam. << Ci serve quel cellulare. >> gli dico.
<< Di sicuro l'avrà preso la polizia. >>
<< Non è detto. Magari erano troppo occupati dagli altri casi, in fondo il successivo è avvenuto solo quattro ore dopo, e quello dopo ancora alle prime luci. Io dico che vale la pena dare un'occhiata. Forse abbiamo fortuna. >>

***

La casa dei Lindermann è una graziosa villetta bifamiliare, dai mattoni rossi e i muri color crema. Eppure, fissandola attentamente, saltano all'occhio alcuni particolari stonati, come il nastro mezzo staccato della polizia, il vetro infranto del primo piano o l'erba appena un poco incolta, che messi assieme trasmettono un inquietante presentimento di qualcosa fuori posto.
<< Incredibile! >>
La voce di Sam giunge attutita da dentro al fosso sotto le finestre del piano terra, dove si è accovacciato per frugare tra l’erba alta. Compare il suo braccio con in mano un telefonino sporco di terra, con il vetro incrinato.
Mi sporgo per prenderlo e, nel farlo, lo vedo fissarmi sorpreso.
<< Com’è possibile che nessuno lo abbia trovato? >>
<< Non saprei. >> gli rispondo, ripulendo attentamente l’apparecchio con un fazzoletto << Probabilmente non l’hanno neanche cercato. Avranno pensato che non fosse rilevante. >>
<< E perché per noi lo è? >> mi chiede Sam, arrampicandosi su per la collinetta.
<< Devo verificare una teoria.>> concludo enigmaticamente. Ho fretta di andarmene da qui, questo posto mi mette addosso una certa malinconia… come se potessi sentire le persone morte urlarmi nelle orecchie.

Una volta tornati al motel, per prima cosa mi strappo di dosso la giacca e mi sciolgo i capelli sulle spalle. Rimuovo il trucco e mi sciacquo bene il viso, poi tiro un sospiro di sollievo. Mi sento molto meglio. Con la coda dell’occhio vedo Sam che osserva la mia frenesia con espressione stranita, mentre si toglie la giacca a sua volta e si arrotola le maniche della camicia fino ai gomiti. Per un momento valuto l’idea di fare una battuta sulla situazione, basandomi sugli stereotipi uomo\donna, poi lascio perdere.
La casa dei Lindermann mi ha lasciato una sensazione di amaro in bocca e una certa pesantezza nel cuore.
È sempre così, ogni tanto qualcuno mi resta in mente. Non i più giovani né i più vecchi,non quelli che erano i più felici o i più sfortunati, né, ancora, le morti più cruente o quelle apparentemente più civili. Non c’è alcun criterio. In maniera del tutto casuale un'immagine, un nome, un volto, si appuntano nella mente e restano lì, seguendomi fin nel dormiveglia.
Attraverso la stanza asciugandomi il mento con la manica, e mi siedo davanti al portatile. Tento di accendere il cellulare della ragazza che naturalmente resta muto. Batteria scarica.
Frugo nella tasca interna del borsone ed estraggo un mazzo di cavi. Ho comprato questa adorabile pacchianeria in un negozietto di elettronica di Chicago. Il commesso era un vecchietto tutto raggrinzito, triste perché il suo negozio stava fallendo. Così ho acquistato un articolo che non voleva nessuno, uno strano fascio di cavi tutti diversi fra loro che terminavano in un’ unica porta usb. Solo dopo ho scoperto che ogni cavo corrispondeva ad uno dei principali modelli di cellulari, e, siccome spesso acquisto i telefoni in negozi di seconda mano, mi è tornato utile tutte le volte che nella confezione mancava il cavo per il computer.
Perciò mi metto a spulciare i cavi finché non trovo quello giusto e collego il cellulare al pc. Dopo una manciata di secondi il telefonino si accende.
Scorro velocemente la rubrica, obbligandomi ad ignorare la curiosità che mi suggerisce di sbirciare la galleria di fotografie e video. Anche se Paula Lindermann è morta ha comunque diritto al rispetto della sua privacy.
Una volta recuperato il numero di Paula cerco il suo operatore telefonico e, spacciandomi per l’agente Asa Bradeley, riesco a farmi mandare un e-mail con la trascrizione delle ultime cinquanta telefonate di Paula.
Scorro il documento fino in fondo.
<< Ecco qui. >> commento ad alta voce.
<< Cosa hai trovato? >>
<< L’ultima telefonata della ragazza, quella che ha ricevuto prima di uccidere la sorella. >>
<< Sono solo due battute. “Pronto?” >>
<< “Uccidila. Uccidi Linda.” >>
<< Come, tutto qui? Quale mostro può convincere un essere umano ad uccidere solo ordinandoglielo? >>
Mi appoggio allo schienale incorciando le braccia. Non so se sentirmi sollevata per aver visto giusto o scoraggiata per averci preso fin troppo.
<< Una sirena, Sam. >>

***


<< Conosci la storia della Kitsune? >>
Sam è seduto su una sedia, le braccia incrociate sulla spalliera. Io cammino avanti e indietro mentre gli parlo, mi aiuta a concentrarmi.
<< Kitsune? >>
<< La volpe giapponese. Secondo una credenza nipponica, le volpi possono vivere centinaia di anni e ad ogni secolo che superano indenni acquisiscono nuovi poteri. >>
<< Questo cosa c’entra con le sirene? >>
<< Ci sto arrivando. >> lo rassicuro. << Omero nell’Odissea parla delle due sirene più antiche del mondo, Aglaophḗmē e Thelxiépeia. Sono le prime della loro specie, capisci? Sono nate in Grecia, qualcosa come cinquemila anni fa, e da loro hanno avuto origine tutte le sirene del mondo. Sant’Agostino nel suo De Creatures sostiene che queste due sirene, benché non siano immortali, possono teoricamente vivere in eterno, e più invecchiano più diventano potenti. >>
<< Come la Kitsune. >>
<< Esattamente. La loro forma originaria è quella di una donna con le ali e il corpo ricoperto di piume, ma già dopo cento anni possono assumere aspetto umano, dopo duecento sono in grado di irretire gli uomini con il loro canto promettendo loro la conoscenza, dopo trecento hanno imparato a tramutarsi in uccelli marini, e dopo quattrocento, contemporaneamente alla nascita delle prime civiltà in Scandinavia, assumono il potere di trasformarsi in donne con la coda di pesce. >>
<< Quindi le sirene esistono? cioè le sirene-sirene, come quella del cartone animato? >>
<< Sì Sam, ma non si sono fermate qui. Dopo seicento anni sono in grado di procreare, con umani e con pesci indifferentemente. >>
<< Con i pesci? >>
<< Meglio che non te lo spieghi, credimi. Quando raggiungono il millesimo anno d’età imparano a manipolare la volontà delle persone con una singola parola. >>
<< Perciò mi stai dicendo… >>
<< Esattamente. Credo che abbiamo a che fare con le prime sirene del mondo. >>
<< Fantastico! >> Sam si alza e comincia a camminare in circolo per la stanza. << E sappiamo come si uccidono? >>
<< Come le altre, secondo Agostino. Con il bronzo intinto nel sangue di una loro vittima. Ma… >>
<< Come ma? Ma cosa? >>
<< Secondo il De Creatures, serve un qualcosa di più… scenografico di un semplice coltello. >>
<< E cioè? >>
<< Beh… >>
Raggiungo il borsone che ho abbandonato ai piedi del letto e faccio scorrere la cerniera. Stando attenta a non ferirmi, frugo in mezzo a coltelli, pistole e un paio di fucili finché non estraggo un involto di stoffa lungo quanto il mio avambraccio.
<< Questa. >>
Una volta sciolti i legacci sollevo l'oggetto per mostrarglielo.
<< Ma… come hai… >>
<< Beh… >> spiego imbarazzata  << ho cacciato una sirena in Illinois l'anno scorso e ho salvato la vita ad un tizio, usando una spada di bronzo che teneva in biblioteca. È venuto fuori che era un professore di archeologia in pensione e mi ha lasciato la spada come ringraziamento. >>
<< Oh… è stato… >>
<< Imbarazzante? >>
<< Generoso. >>
<< Comunque, >> proseguo alzando la spada  << ora dobbiamo solo trovarle. >>
 

***


<< Sai cosa mi stavo chiedendo? >>
Stavo raccogliendo i miei libri e rimettendo via la spada, quando mi sono resa conto di avere lo sguardo perso nel vuoto. Qualcosa mi stava sfuggendo e avevo finalmente capito cosa fosse.
<< Come hanno fatto ad avere i numeri di tutte quelle donne. >>
<< Esatto Sam. Se si fossero semplicemente fatte dare il numero dalle ragazze dopo un po’ avrebbero attirato l'attenzione. Se tu volessi ottenere il numero di qualcuno in modo lecito o per lo meno discreto, come faresti? >>
<< Craccando il telefono. Oppure… >>
<< Oppure dai registri della compagnia telefonica. >>
<< Potrebbero aver ordinato a un operatore di procurargli i numeri. >>
<< È possibile. Ma perché disturbarsi? Nessuno sa cosa sono, possono rubare i numeri senza essere scoperte né destare sospetti. No Sam, io credo che agiscano da sole. >>
<< Quindi ora dobbiamo solo andare alla compagnia telefonica e chiedere di… >>
<< Diciamo due donne sospette? È ridicolo dai. >>
<< Dobbiamo provarci. >>
Lo guardo negli occhi per qualche secondo prima di rispondere.
<< Certo. Le troveremo. >>
<< Talitha… >> mi chiama Sam, raccogliendo le chiavi dell'auto e infilandosi la giacca.
<< Sì? >>
<< Perché credi che lo facciano? >>
<< Le sirene? >>
<< Sì. >>
Rifletto sulla domanda prima di rispondere.
<< Perché possono, credo. Sai Sam, le sirene sono gli unici mostri che io abbia mai incontrato che fanno del male alle persone non per uno scopo ma per il gusto di farlo. Voglio dire, i fantasmi uccidono per spingere la gente a far loro giustizia, gli strigoi per sopravvivere, i Wendigo per nutrirsi, come i Vetala, i Ghoul, i vampiri, i licantropi, i demoni ottengono l'anima delle persone, i mutaforma cose come denaro o affetto. Ma nessun mostro uccide esclusivamente per il proprio piacere. Tranne le sirene. >>
<< È per questo che le odi tanto? >> mi chiede aggrottando le sopracciglia con espressione turbata.
<< Anche per questo. >>

Il laccio attorno alla preda comincia a stringersi finalmente. La determinazione e l'impegno sono le prime armi di un cavaliere, e sue fedeli compagne nella lotta per la giustizia.
Inseguiremo le nostre prede, le braccheremo, le staneremo. Salveremo le loro vittime e cancelleremo questa minaccia. Proprio come Don Chisciotte e il suo fedele Sancho Panza combattiamo contro nemici temibili, e come loro saremmo derisi se raccontassimo la nostra verità alla gente. Ma sfortunatamente qui i mostri sono reali. I mulini a vento sono veri giganti, e i burattini sono autentici demoni pronti a staccarti la carne dalle ossa.
Per fortuna noi siamo cavalieri addestrati, e non temiamo né follia né oblio.
Pochi lo riconoscono, ma Don Chisciotte della Mancia possedeva una qualità essenziale ad ogni cavaliere: la fede nella sua missione. Fin tanto che era in viaggio per combattere contro l’Ingiustizia non ha mai abbandonato i suoi propositi cavallereschi; io mi ispiro a lui ogni giorno, per trovare la forza di proseguire nella mia missione.


<< Buongiorno signore. Stiamo cercando due donne che lavorano qui, sue colleghe magari. >>
<< Chi vuole saperlo? >>
<< Agenti Rose e Bradeley, FBI. >>
<< Fatemi vedere i vostri distintivi. >>
<< Certamente. >>
<< Ragazzi, non so chi siete, ma di certo non siete agenti dell’ FBI. >>
Osservo attentamente l’ometto grassottello con degli occhiali rettangolari tirati sulla fronte che tiene in mano il mio -falso- distintivo.
<< Come prego? >>
<< Dicevo, carina, che voi non siete agenti dell’ FBI. Mio fratello è dell’ FBI, e sul suo distintivo il numero di matricola ha solo due cifre, non tre come i vostri. >>
<< Mi stia a sentire, egregio signore. >> uso il tono di voce più grave che ho e lo guardo dritto negli occhi. In un altra vita sarei stata una brava attrice. << L’uso dell’ appellativo “carina” rivolto ad un pubblico ufficiale donna è passibile di almeno tre anni di reclusione in una prigione di stato. >>
<< Ma… >>
<< Pena che potrebbe aumentare considerevolmente se reputassi di essere stata offesa da lei in qualche altro modo. Un prezzo piuttosto alto da pagare per un suo lapsus, non trova? >>
<< Ecco, io… >>
<< Perciò se fossi in lei mi concentrerei più sul collaborare con gli uffici pubblici che sul voler andare contro al governo e dimostrare la propria arguzia a tutti i costi. Mi creda, i complotti governativi sono passati di moda da un pezzo ormai. >>
Il saccente impiegato della compagnia dei telefoni mi guarda basito, con una goccia di sudore che scivola lungo la tempia. È rimasto letteralmente senza parole.
<< Il mio collega le stava chiedendo se ha mai notato due impiegate che si comportavano in modo strano. >>
<< No, signora. >>  mugugna a mezza voce.
<< È sicuro? Nessuna arrivata da poco, che magari ha fatto qualcosa di sospetto o magari anche di… illecito? >>
<< Beh, veramente… ci sarebbe Thea. >>
<< Thea? >> chiede Sam.
<< Una nuova, è arrivata in città da un paio di settimane. È strana, sta sempre sulle sue… Mattew l’ha invitata ad uscire con noi dell’ufficio un paio di sere fa, e lei sembrava cercare una scusa qualunque pur di rifiutare. >>
<< Sa dove abita questa Thea? >>
<< Sì, l’ho vista rincasare una volta. Le do l’indirizzo. >>
<< Grazie della collaborazione. >>
<< Dica… >> l’impiegato piega la testa nella mia direzione, abbassando il tono della voce. << quella storia dei tre anni… non diceva sul serio vero? >>
<< Ci sto pensando. >>  gli rispondo freddamente.  << Allora, questo indirizzo? >>
 

***


L’orologio segna le quattro del mattino. Ormai siamo parcheggiati qui da ore, sul ciglio di un marciapiede, a fissare le finestre buie di una grande casa molto moderna in attesa che Thea ritorni. Sempre che sia davvero il suo indirizzo, e che il mio nuovo amico della compagnia telefonica non abbia voluto vendicarsi per lo scherzetto dell’oltraggio a pubblico ufficiale.
Forse avrei dovuto spaventarlo di più.
La via è deserta. Pochi metri più giù del marciapiede c’è un pub ancora aperto. Le luci al neon dell’insegna sfarfallano ogni tanto, dando alla scena una certa aria da film dell’orrore.
La casa è enorme, con buona parte della facciata anteriore composta da ampie vetrate. Nella penombra si distinguono diversi lampadari di vetro che pendono dal soffitto e il profilo di una scala a chiocciola che porta al piano superiore.
 
Il turno di guardia è il momento della battaglia che permette al cavaliere di raccogliere i propri pensieri. Mentre il resto del mondo riposa tranquillo egli veglia, concedendosi un momento per ripensare alle prove che ha superato e alle sfide che lo attendono.
Rinsalda dentro di sé i principi che lo sostengono ogni giorno, e…

<< Ehi. >>
Getto un’occhiata al sedile del passeggero, dove Sam si è appena risvegliato.
<< Quanto ho dormito? >>
<< Mezz’ora più o meno. Sta tranquillo, non è ancora arrivata. >>
<< Scusa. Di solito non ho problemi a stare sveglio. >>
<< Non c’è problema. >>
Sam sbadiglia, grattandosi il mento. Poi, dopo qualche istante di silenzio, mi chiede:
<< Posso farti una domanda personale? >>
<< Certo. >> affermo io, osservandolo sorpresa.
<< Perché hai iniziato a cacciare? >>
<< Sam… >>
<< Cioè, capisco che dopo quello che ti è successo nella casa famiglia tu abbia avuto voglia di vendicarti, però… >>
<< Ti sbagli. >> lo interrompo. << Ciò che faccio non ha nulla a che vedere con quello. Non fraintendermi, se quel bastardo fosse ancora vivo il mio primo pensiero sarebbe di scovarlo e fargli mangiare le sue budella. Ma non lo è, ci avete pensato voi due. Quindi, se lo facessi per la vendetta sarebbe una vita priva di senso la mia, non pensi? >>
Lui esita, poi annuisce con un cenno quasi impercettibile.
<< È un lavoro, Sam. Non sono capace di sapere e non fare nulla. E poi non ti sembra un tantino ipocrita detto da te? >>
<< Che vuoi dire? >>
<< Come hai cominciato tu? >>
<< Che c’entra? >>
<< Tu e tuo fratello avete iniziato perché vostra madre è stata uccisa da un demone, giusto? Ed è successa la stessa cosa alla tua ragazza, vero? >>
<< Come lo sai? >>
<< A furia di chiacchierare con Bobby. Ma il punto è, Sam, che tutti iniziano perché hanno subito una perdita. L’importante non è perché inizi, ma perché vai avanti; se è per la sete di vendetta sei già morto, perché ti porterà presto o tardi a commettere un errore fatale. Se invece lo fai perché senti che è giusto, allora non è diverso dal fare il poliziotto, o il vigile del fuoco o il soldato. >>
<< Tu avevi altre possibilità. >>
<< Per esempio? Cercare un appartamento, un lavoro, un bravo ragazzo, sposarmi e mettere su famiglia? >>
<< Sì! >>
<< Ma non fa per me. È la mia vita e scelgo questo. >>
Sam non replica, si limita a scuotere la testa. Lo osservo per un po’, poi chiedo, con voce raddolcita:
<< Non hai mai scelto da solo cosa fare nella tua vita? >>
<< Sì, certo. >> sospira. << Ho scelto di andare al college. Poi, alla morte di Jessica, ho deciso di tornare a cacciare e alla fine sono rimasto, per stare con mio fratello. >>
<< Tu hai fatto ciò che ti sentivi di fare. Perché per me dovrebbe essere diverso? >>
Sam sospira a bocca chiusa. Poi il suo sguardo viene catturato da qualcosa oltre la mia testa e vedo il suo viso rannuvolarsi, mentre lo segue con gli occhi.
<< Eccola. >>
Una ragazza. Giovane, non avrà più di venticinque anni. Un caschetto di capelli castani incornicia un viso sbarazzino, con il naso all’insù e grandi occhi scuri. La divisa da impiegata che indossa assume su di lei l’eleganza di un completo raffinato, e il rumore dei suoi tacchi riempie il silenzio della via. Ha un passo piuttosto frettoloso.
Cerco di non perderla di vista mentre apre la porta di casa e accende le luci, illuminando l’ampio ambiente a giorno. Sale le scale e sparisce in un’altra stanza, al piano di sopra.
<< Sembra proprio lei. >> bisbiglio. Sam non risponde, si limita ad annuire con lo sguardo fisso al riquadro scuro oltre il quale è sparita Thea.
Pochi minuti dopo la luce si spegne e vedo la ragazza uscire di casa. È quasi completamente nascosta da un’ampia incerata da uomo. I tacchi di poco fa sono stati sostituiti da un paio di alte galosce color vino, che, a parte un discreto squittio, sono senz’altro più silenziose.
Metto in moto il motore dell’auto e comincio a seguirla, guidando a passo d’uomo per non perderla di vista. Spero con tutto il cuore che un passante nottambulo non ci scambi per genuini serial killer in piena caccia.
Curiosamente, non sarebbe poi così lontano dalla verità.
Vedo Thea fermarsi ad un incrocio, esitare un solo istante e imboccare la strada alla sua sinistra. Aspetto una manciata di secondi prima di imitarla, pregando che al motore non sfugga un solo rumore. In fondo alla via, la sagoma della ragazza illuminata dalla luce di un lampione sparisce in un flash dentro ad un palazzo fatiscente.
Fermo l'auto in un angolo in ombra e spengo il motore. Poi scendo dalla macchina.
Silenzio di tomba.
Apro la portiera posteriore e frugo nella borsa, finché non tiro fuori la spada e un lungo coltello di bronzo.
<< Ricorda, >> dico a Sam lanciandoglielo.  << intinto nel sangue di una vittima. >>
Lui annuisce con aria concentrata e chiude la portiera con un tonfo sommesso.
Avanziamo circospetti, attenti ad ogni minimo rumore, ed entriamo nel palazzo.
 

***


L'interno è umido e ammuffito. Rabbrividisco mentre la temperatura ghiacciata mi morde la pelle, e osservo attentamente le pareti macchiate e l'acqua stagnante sul pavimento.
Percorriamo il più silenziosamente possibile il lungo corridoio, addentrandoci in quella che sembra una tomba marina per cacciatori incauti. Spingendo l'acqua con le scarpe smuoviamo serie infinite di onde concentriche, come i segnali sullo schermo di un sonar.
Seguiamo la parete tappezzata da chiazze di muffa e graffiti incomprensibili fino ad una diramazione, la cui sinistra è occupata da detriti e macerie.
Mi asciugo cauta una goccia di sudore dall'angolo dell'occhio e faccio a Sam un cenno d'intesa. Poi, in sincronia, svoltiamo a destra e seguiamo la tappezzeria fradicia e logora fino allo sbocco del corridoio.
Uno stanzone spazioso, illuminato a malapena dalla luce di un lampione che filtra dalle finestre annerite.
Diverse figure sono sedute contro i pilastri di ferro che puntellano il basso soffitto. Sono legate, e sembrano incoscienti.
Le due sirene stanno parlando tra loro, accostate alla parete a destra; riesco ad osservarle accucciandomi dietro alcune grosse casse di legno, ora irrimediabilmente divorate dal marciume.
Thea sta parlando alla compagna in modo concitato, il viso paonazzo per l'agitazione. L'altra, Aglaophḗmē, al suo confronto sembra una dea. I capelli lunghi e biondi, come una principessa delle fiabe, gli occhi glaciali, la postura simile ad una statua ma priva della pesantezza del marmo. Osserva Thea con sguardo indifferente, studiandosi le unghie perfette.
<< Cacciatori, Aggie. Te l'avevo detto di non esagerare, e ora ci hanno trovato. >>
<< Sta calma, Thea. Dio, sembri proprio una disgustosa, piagniucolosa ragazzina umana quando fai così! Dimentichi un po’ troppo spesso chi siamo. >>
<< E tu dimentichi che non siamo immortali. Tutto quel sangue ti ha dato alla testa! >>
<< Finiscila! Io sono un predatore, e come tale do la caccia alle mie prede. Mi procuro i mezzi di sostentamento per entrambe, mi sembra. >>
<< Sai benissimo che è una cosa innaturale quella che fai! Non è fame la tua, è ingordigia. >>
<< Non fare la stupida. >>
<< No? Allora perché sono tutti uomini? Perché li hai solo assaggiati, catturandone sempre altri senza ucciderne uno solo? E perché hai spinto tante donne al suicidio? >>
<< Perché no? >>
<< Te lo dico io il perché. A te piacciono. Sono solo uno sfizio, un passatempo, e tu vuoi piacere a loro, vuoi sostituirti alle donne della loro vita. Vuoi essere la loro fidanzata, la loro moglie, la loro sorellina, la loro cognata magari! >>
<< Piantala! >>
<< È da malati, Aglaophḗmē. >>
<< Non sai di cosa parli. >>
Guardo Sam, confusa. Quindi una delle due sirene è impazzita, e l'altra non è per niente d'accordo. Forse questo potrebbe essere un vantaggio per noi, anche se non possiamo dimenticare con che creature abbiamo a che fare.
Sposto indecisa il peso da un piede all'altro. Attaccarle senza dar loro il tempo di parlare è la nostra unica possibilità. Non possiamo riuscirci senza separarle.
Guardo Sam negli occhi, e sembra aver seguito il mio stesso ragionamento perché mi fa cenno di aspettare, mentre gattona verso l’ imboccatura del corridoio protetto dalle ombre.
Pochi secondi dopo averlo perso di vista nell'oscurità sento un tramestio confuso da dietro l'angolo.
<< Cos'era? >> chiede infatti Thea.
<< Vai a vedere. >>
Riluttante la sirena bruna obbedisce.
È il momento di agire.
Scivolo fuori dal riparo offerto dalle casse marcescenti, aggiro silenziosamente la donna bionda e mi preparo a colpirla alle spalle.
Molto poco galante ma incredibilmente efficace.
Esco dalle ombre, sollevando la spada. Penserò dopo alla parte “intinta nel sangue di una vittima”.
<< Ti sento sai? >> dice lei senza voltarsi.
E in un secondo mi ritrovo a sbattere violentemente la schiena contro uno dei piloni di ferro della stanza e a scivolare seduta sul pavimento lercio.
 

***


La nausea mi ottenebra momentaneamente tutti i sensi. Sento le orecchie ronzare ed ho la vista appannata. Porto la mano libera dietro la testa e la ritiro macchiata di sangue.
<< Tu devi essere la cacciatrice. >>  mi dice Aglaophḗmē nell’avvicinarsi, ondeggiando sui tacchi vertiginosi. << Che begli occhi hai. >> mi sorride con fare predatorio. << Come ti chiami? >>
Per tutta risposta affondo la spada, mirando alle sue gambe. Un ginocchio intercetta il mio polso a metà strada, e l'altro mi assesta un duro colpo allo zigomo, mandando la mia nuca a sbattere nuovamente contro il ferro.
<< No, no, no. >> mi riprende lei con fare bonario.  << Mettiamola così: io non voglio che tu mi faccia del male.>>
Ad un tratto il braccio che regge la spada diventa pesante come un macigno. Non riesco neanche a pensare di rivolgere l'arma contro questa creatura celestiale. Come ho potuto provarci?
<< Mi dici come ti chiami? >>
<< Sono Talitha. >>
<< Talitha! >> trilla deliziata, battendo le mani. << Che nome stupendo! In aramaico vuol dire “ragazzina”, lo sapevi? È adatto a te, che hai un aspetto così delicato... >>
Annuisco, stordita. Che voce incredibilmente bella che ha.
<< Dimmi Talitha… per chi sei qui? Aspetta, dev'essere il mio nuovo amico. Che birichino, non mi ha detto di avere una ragazza così carina nella sua vita. >>
<< Dean… >>  mi sforzo di pronunciare.
<< Esatto! Quel fustacchione tanto bello, con gli occhi verdi. È qui sai? Quello laggiù, vicino alla finestra. È vivo per ora ma dev'essere svenuto, povero caro. >>
Con la coda dell'occhio riesco a cogliere una silhouette maschile, appoggiata al muro. Non riesco a distinguere i tratti del viso, ma perché dovrebbe essere una bugia?
<< Stavo pensando, cara… c'è nessun altro che lo sta cercando oltre te? >>
Inizio a tremare vistosamente.
<< Coraggio, dimmelo… sarà un segreto fra di noi. Una cosa tra donne. >> incalza lei.
<< S-suo fratello S-sam. >>
<< Dev'essere stato lui a fare quel rumore prima. E dimmi… è bello come suo fratello? >>
<< S-sì. >>
<< Bene! >> la sirena si apre in un sorriso, pregustando il suo prossimo pasto. << Thelxiépeia non avrà problemi con lui. Sarà delizioso avere i due fratelli a cena. E di te cosa me ne faccio? >>
Sento il sudore imperlarmi la fronte, mentre le membra diventano sempre più pesanti, sotto il suo sguardo.
<< Pensavo a qualcosa di teatrale, un affogamento magari. Mi renderebbe così felice! Però… anche averti intorno come colf, o come ragazza au pair. >> ridacchia, parlando piano fra sé << Una cacciatrice… perché no? >>
<< Aglaophḗmē… >> è la prima volta che la chiamo per nome ma lei non sembra accorgersene.
<< Sì? >>
<< Non ti farei mai del male… >>
<< Lo so, cara. >> tuba, arricciando le labbra a forma di cuore.
<< Ma questo non significa… che non ho intenzione… di ferire qualcun altro. >>
Prima che possa capire le mie intenzioni sollevo il braccio e mi trapasso la gamba con la punta della spada. Un colpo decisamente fortunato, ho intaccato una parte della coscia troppo esterna per contenere arterie e il dolore mi ha snebbiato il cervello. Balzo in piedi e infilzo la sirena all'addome, con tutta la forza che ho.
Quella si lascia sfuggire un gorgoglio strozzato, il volto contratto in una smorfia sbigottita, prima di spirare.
La osservo. Ora è solo il cadavere di una donna comune, l'alone di abbagliante bellezza che la circondava sembra sparito.
Vedo chiaramente i capelli opachi, il vestito spiegazzato, il volto che è solo un volto.
Estraggo la spada e la pulisco con cura su una manica della giacca.
Dei passi, dal corridoio.
Zoppicando più velocemente possibile mi porto con la schiena contro il muro e aspetto. Quando i passi si fanno più vicini e una sagoma emerge dalle ombre alzo la spada, pronta a colpire.
<< Ehi, ferma Talitha! Sono io! >>
<< Sam! Stavo per affettarti come un prosciutto! >>
<< Certo, come no. Stai bene? >>
<< Sì. Ma dov'è Thea? >>
<< Io non l’ho vista. >> mi dice allarmato.  << Quando mi sono reso conto che non arrivava nessuno sono tornato indietro. Cos'è successo? >>
<< Aglaophḗmē è morta. >> gli riassumo brevemente  << Resta l'altra da trovare. >>
<< Non serve. Sono qui. >>
Ci voltiamo in sincronia verso la fonte della voce. Maledette finestre! E vada all'inferno chi ha avuto la brillante idea di oscurarle con della vernice nera!
Con il cuore in gola vedo una sagoma minuta uscire dalle ombre. Thelxiépeia ci osserva, una luce soprannaturale che ancora brilla nei suoi occhi. La sua intera figura trasuda potere, il magnetismo che dilaga da lei come un'aura.
Istintivamente alzo la spada nella sua direzione.
<< Non serve. >>  ripete alzando le mani. << Non ho intenzione di farvi de male. >>
<< Ma davvero? >> chiede Sam sarcastico. << Non sei stata tu a rapire questi uomini? >>
<< No. È stata Aglaophḗmē. >>
<< Certo. E magari ti aspetti anche che ti crediamo. >>
<< Che ci crediate o meno per me non fa alcuna differenza. >>  dice con una voce improvvisamente glaciale. << Voglio qualcosa da voi. >>
<< Non vorrai che ti lasciamo andare? >>
<< Shhh, Sam. >>  lo zittisco. Non so perché ma non ho più paura. Credo di aver capito.
<< Vorrei che voi due mi aiutaste. Potrei costringervi… ma non lo farò. >> sospira e abbassa le mani. Improvvisamente sembra così stanca, come se il peso dei suoi anni le fosse piombato sulle spalle tutto insieme. Anche lei ora sembra solo una ragazza, sciupata e del tutto umana.
<< Ho vissuto tanto. Troppo. Ma era sopportabile con Aggie. Solo che questa >> indica la stanza con un gesto  << non era lei. Era cambiata, qualcosa le aveva dato alla testa. Il tropo potere forse. Il sangue… non la riconoscevo più. Ma era mia amica. >>
Si interrompe, per guardarmi dritto negli occhi.
<< Sono venuta qui, le sono stata accanto, lo seguita in giro per il mondo per cinque millenni… non posso stare senza di lei, non dopo tutti questi anni. Desidero seguirla anche ora. E voglio che voi mi aiutiate a raggiungerla. >>
Annuisco con un brusco cenno del capo e zoppico nella sua direzione.
<< Aspetta. Lo faccio io. >>
<< Sam… >>
<< Lo faccio io. >> ripete, prendendomi la spada dalle mani.
Avanza verso la sirena, che lo sta aspettando immobile. Arrivato vicino a uno degli uomini svenuti contro i piloni si china e gli incide lievemente il braccio con la spada. Con due falcate raggiunge Thea.
In pochi secondi è tutto finito.

***


Appoggiata alla portiera dell’auto osservo Sam e Dean che aiutano i sopravvissuti ad uscire dal palazzo. Alcuni tremano per il freddo, altri strizzano gli occhi ai primi raggi dell’alba, in molti tengono premute ferite più o meno recenti con smorfie di dolore.
Dei nove uomini che erano stati rapiti ne abbiamo salvati sette. Per gli altri due non c'è stato nulla da fare, il dissanguamento è arrivato prima di noi. Steven Lindermann mi rivolge uno sguardo da lontano, reggendosi il polso con l’altra mano.
<< Talitha. >> mi raggiunge Sam. << Dean li sta aiutando a rimettersi in piedi, poi li accompagneremo in ospedale. >>
<< Come sta tuo fratello? >>
<< Oh, sai com’è fatto. Se anche si fosse fatto male non lo ammetterebbe mai. >>
<< Già. >> rispondo, fissando lo sguardo lontano. La luce del sole inizia ad orlare i tetti delle case e l’aria frizzantina del primo mattino è piacevole, anche se un po’ fredda.
<< Sam… io me ne vado. >>
<< Cosa? Ma abbiamo appena sconfitto le sirene! Resta ancora un po’ dai, ci riposiamo. Un giorno solo. >>
<< No. Voglio partire. >>
<< Ma perché? >>
Gli sorrido semplicemente, senza rispondergli.
<< Sta andando via, vero? >>
<< Ciao Dean. >> ghigno. << Come va? >>
<< Sto bene. >>
<< Sicuro? Anche se sei stato messo k.o. da due ragazze che pesavano cumulativamente novanta chili? >>
<< Erano due sirene, okay? >>
<< Io sapevo che era una sola quella che ti ha steso. >>
<< Piantala Sammy. >>
Io e Sam ridiamo di gusto. Dean si acciglia. Peccato per lui, permaloso testardo.
<< Bene, >> concludo, sollevandomi dall’auto  << io vado. Abbiate cura di voi. >>
Li abbraccio entrambi e salgo in auto. Faccio loro un gesto di saluto dal finestrino prima di sparire. Spero tanto che l’Impala sia parcheggiata qui vicino, perché non ho intenzione di tornare indietro a prenderli. E poi le ford mustang coupe non sono progettate per portare dieci persone

Ne sono uscita vittoriosa anche questa volta. Con qualche cicatrice in più, sicuramente più saggia.
Ma il cavaliere non può legarsi ad un luogo o a delle persone; tutti hanno in egual modo bisogno di lui e lui non deve fare preferenze. Il suo compito è assistere la gente bisognosa e poi eclissarsi verso la prossima missione.


Prima troverò un ospedale dove mi rimetteranno in sesto la gamba, e dopo cercherò un motel.
Do un’occhiata al sedile anteriore dell’auto, dove ho abbandonato aperto il libro che stavo spulciando. Il De creatures.

<< Nell’ Odissea Omero menziona le due sirene più antiche del mondo, Aglaophḗmē e Thelxiépeia (Aglaophḗmē e Thelxiépeia, nomi che ne indicano la "voce" (phoné/*óps) come "splendida" (agláe) e "incantatrice" (thélgo)). Scrittori successivi citano, oltre a loro, una terza sirena: Peisinoe (dal greco Πεισινόη (peisinòn) “colei che controlla la mente”). >>

La mia missione ancora non è finita; un altro nemico infesta queste terre. Il mio compito è darle la caccia. Scovarla. Sconfiggerla.
Viaggio incontro al sole, godendomi questi istanti di pace, preparandomi alle sfide che verranno. So che le affronterò con audacia e spirito di giustizia.
Proteggerò gli innocenti. Salverò i sopravvissuti. Punirò i colpevoli.

E poi me ne andrò via, cavalcando verso il tramonto sul mio destriero di vetro e acciaio.
Fine







NdA:
1 - in Supernatural le sirene sono della famiglia dei mutaforma, possono cioè cambiare aspetto assumendo di volta in volta le sembianze più gradite alla vittima. Solo il riflesso di uno specchio svela la loro vera natura. Nella mia storia ho inserito una variante di sirena più tradizionale, per rendere tutto più vivace.
2- in Supernatural i due protagonisti si travestono da agenti dell’ FBI, scegliendo gli pseudonimi da gruppi rock o film. Lo pseudonimo “Rose” si riferisce ad Axl Rose, il cantante dei Guns N’ Roses. “Bradley” invece viene da Marion Zimmer Bradley, scrittrice di romanzi Sword and Sorcery al femminile.
3- GQ è una popolare rivista americana dedicata all’universo maschile.
4- L’ Odissea è un poema realmente esistente. Il De Creatures è un’opera inventata.
5-Le informazioni sulle sirene sono tratte da wikipedia.it.
6- Il titolo fa riferimento al nome originale della storia de "La sirenetta" ("The little mermaid") tratta da una fiaba di Andersen.


 
  
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