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Autore: Hi Fis    30/04/2016    1 recensioni
Breve racconto in tre capitoli, sui primi giorni di Lydia e del Sangue di Drago, e su come hanno iniziato a conoscersi, nonostante le enormi differenze. Il Sangue di Drago di questa storia è un Argoniano, per cui aspettatevi strani punti di vista, per quanto basati sul lore ufficiale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dovahkiin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Furono i bambini, i primi abitanti di Whiterun ad avvicinarlo davvero dopo Lydia.
Fu per caso però e non per merito della loro innocenza: a Skyrim, le regole per sopravvivere in una terra dura, fredda e inospitale, sono inculcate severamente fin dalla più tenera età. Rispetta gli dei, rispetta i tuoi avi e la loro saggezza, ma soprattutto rispetta Skyrim… o muori. Un’educazione forse severa, ma il nord di Tamriel non è famoso per essere accogliente: le sue asperità forgiano il carattere e lo spirito delle genti che lo abitano non diversamente da come il vento faccia col ghiaccio. Non è per caso che i Nord sappiano essere a loro volta piuttosto inospitali: non si può crescere come uno di loro, o in mezzo a loro, senza che anche il pregiudizio faccia parte delle lezioni quotidiane. Serve essere almeno capaci di uccidere un drago, e saper usare la loro Voce, per poter incrinare queste superstizioni: non basta però ad infrangerle.
Il nuovo Thane della città non era benvenuto fra i suoi nuovi concittadini; o nel feudo più generalmente: Whiterun non è Solitude dopotutto, e un dannato uomo serpe per le strade della loro città era fonte di molta confusione. Da una parte era un Thane ora, come ricordava l’ascia che gli era stata donata dal loro Jarl in persona dopo che l’Argoniano aveva abbattuto il primo drago che Tamriel vedesse da ere… dall’altra, era pur sempre un non Nord. Per quanto fosse dotato di ragione e parola, serpenti e stregoni erano due categorie da cui ogni abitante di Skyrim sapeva di doversi tenere lontano, o meglio ancora uccidere, in modo da eliminare il pericolo che rappresentavano. Le frequenti visite dell’Argoniano al mago di corte dello Jarl non erano passate inosservate, né lui aveva provato a nasconderle: i pettegolezzi su di lui già si sprecavano, e il fatto che avesse rifiutato per il momento l’invito di far parte dei Compagni di Jorrvaskr era di dominio pubblico, oltre a fonte di collettiva collera. Chi si credeva di essere quella lucertola su due zampe per poter dire di no a Jorrvaskr?
A voler essere davvero onesti però, quella stessa collera si sarebbe sviluppata anche se avesse accettato l'invito, rubando così il sogno di altri Nord che avevano bramato di entrare tra i Compagni per molto tempo…
E con la stessa ambivalenza, ma molta più invidia, erano considerate le armi e le corazze che l’Argoniano aveva creato o comprato per sé e per il suo huscarlo: per quanto un non Nord, pareva che il nuovo Thane avesse almeno buon gusto, cervello e coraggio. Due doti su tre, che anche i Nord potevano rispettare: detto questo però, avrebbero preferito di gran lunga saperlo fuori dalle mura della loro città, a fare… cose da Thane, lontano dai loro occhi, se non dai loro pensieri. E l’Argoniano, nuovo e ultimo cittadino del feudo di Whiterun, almeno fino a quel momento l’aveva fatto.
Quel giorno però, sotto un pallido e freddo sole allo zenith, calpestando nuova neve già indurita dal gelo con gli zoccoli delle loro cavalle, Coda Spezzata e Lydia avevano fatto ritorno in città.
E dopo aver sbrigato alcune visite, tra cui allo stesso Jarl, l’uomo lucertola si era seduto su una panca fuori dalla casa che aveva legalmente acquistato durante il suo primo giorno a Whiterun, lasciando al sole e ad un braciere portato fuori per l'occasione, il compito di tenerlo caldo. Offrendo così ad ogni cittadino di Whiterun che passava per la via principale della città, e ad ogni visitatore che ne attraversava le porte, il portento che era lui stesso senza nascondersi: giù, dalla punta della sua coda, fino alla cima delle corna che portava sulla testa. Come se poi tutto quello già non bastasse, l'Argoniano non restituiva lo sguardo ai curiosi, ma passava il tempo leggendo uno spesso tomo, tenendo fra le sue labbra scagliose e sottili, nere come il resto di lui, il tozzo segmento di un giunco legnoso di cui riaccendeva di tanto in tanto l’estremità nel fuoco del suo braciere, succhiandolo con aria vagamente soddisfatta ed esalando poi lievi volute di fumo profumato.
Per la barba di Shor, perfino Ulfberth, che assieme a sua moglie possedeva la bottega a fianco della casa dell'Argoniano, lo guardava storto, appoggiato in silenzio ad una colonna del suo porticato che gemeva sotto il peso del Nord ogni volta che si spostava. Il fabbro non sapeva dire cosa lo disturbasse di più: vedere quell’Argoniano leggere così spensieratamente… oppure che avesse scelto di farlo sotto gli occhi dell’intera città. Tra tutti i suoi concittadini, Ulfberth Orso Guerriero aveva una visione non comune di Coda Spezzata, dato che era nella sua bottega che l’Argoniano aveva fatto le corazze per sé e per il suo huscarlo, pagando il tempo e i materiali della Vergine Guerriera col segreto della forgiatura elfica, che nessun altro a Skyrim conosceva. Peccato solo che il primo esempio della sua abilità, e della sincerità delle sue azioni, l’Argoniano l’avesse dato evocando un demone di fiamma dall’Oblivion!
Sì, Ulfberth era molto combattuto su cosa fare: se colmare la distanza fra loro per offrirgli una pinta (come fabbro, l'uomo del Nord si rendeva perfettamente conto che grazie a Coda Spezzata lui e sua moglie non sarebbero mai più stati poveri) o colmare la distanza fra loro per dargli una martellata sulla testa, in modo da assicurarsi che la coda dell’Argoniano non attraversasse mai più la sua soglia. Sentimenti largamente condivisi tra i suoi concittadini quelli, ma, come molto spesso succede a Skyrim del resto, furono bisogni più pratici ad avere la meglio sui dubbi di Ulfberth:
“Marito… dammi una mano a conciare le pelli.” ordinò sua moglie, uscendo dalla loro bottega con le braccia ingombre di un pesante carico che le oscurava la vista.
“Arrivo…” borbottò ruvido il fabbro nella sua barba, non senza un sorriso: Ulfberth poteva anche essere un Nord, ma amava sua moglie, figlia di Imperiali.
Prima di immergersi nel lavoro però, il fabbro rivolse un'ultima occhiata all’Argoniano: l’uomo lucertola non aveva alzato nemmeno un momento i suoi azzurri occhi da rettile dalle pagine che teneva in grembo. Forse Ulfberth avrebbe preso il coraggio a due mani, e chiesto almeno di cosa si trattasse...
 
Mentre fuori tutti erano concentrati sul suo Thane, Lydia invece si trovava all'interno di Breezehome, la loro casa, sepolta sotto coperte di pelliccia grazie alle quali avrebbe tanto voluto riuscire a prendere sonno: era anche per quello che erano tornati in città. Per recuperare le forze e accumularne altre prima di tentare la loro scalata alla vetta di Shearpoint: Lydia però, non riusciva a prendere sonno in alcun modo. Troppo era successo durante la loro prima spedizione fuori dalla città, e per quanto il suo corpo implorasse le benedizioni dell'oblio, la sua mente lavorava instancabile, ripercorrendo il sentiero dei ricordi, di ciò che avevano fatto assieme e di ciò di cui avevano parlato... così come di quello che li aspettava. A quest'ultimo in particolare però, Lydia non voleva pensare: troppo spaventoso era ciò che forse avrebbero trovato sulla cima del picco maledetto che guardava Whiterun da nord est, prima propaggine delle montagne che separavano Whiterun dai feudi del Pale e dell'Eastmarch.
Anche senza quella preoccupazione però, tutto ciò che aveva visto e che le era stato insegnato in quei molti giorni riempiva la sua mente come una febbre. E il rumore... Lydia non era mai stata prima così a lungo lontana dalla città che l'aveva cresciuta: nelle aspre vastità di Skyrim, il silenzio della natura era stato il loro unico compagno, assieme ai suoni del loro accampamento e a quelli delle sommesse parole del suo Thane. Al confronto, il caos della città, le grida del mercato e il vociare delle botteghe loro vicine, non le erano mai apparsi così insopportabilmente rumorosi. Così, inevitabilmente, cercando l'oblio del riposo Lydia si avventurò invece tra i ricordi del loro viaggio e di ciò che assieme avevano visto e fatto in quei giorni: le taglie che si erano accumulate in un sacco, consegnato al loro ritorno ad Avenicci come prova, erano valse più di 2000 septim, ma molto di più il suo Thane aveva riportato alla loro dimora, sotto forma di pellicce, ricchezze e ingredienti alchemici raccolti nel loro viaggio...
Lydia non aveva potuto fare a meno di chiedere alla fine, dopo che insieme avevano liberato anche le rovine di Valtheim dai banditi che si erano arroccati laggiù: la loro ultima avventura, prima di tornare in città.
Le torri di Valtheim erano state costruite in tempi remoti, così antichi da averne perso memoria: c'era la possibilità che risalissero addirittura all'era Meretica, ma a cosa fossero servite ai tempi, o quale costruzione o regno avessero protetto, era stato dimenticato. Tuttavia nemmeno lo scorrere degli eoni era riuscito ad abbatterle e le due torri, col loro ponte di pietra ad unire le due sponde opposte, ancora svettavano sulle rive del fiume Bianco, che in quel punto era profondo e largo. Lydia non si era mai spinta così a est prima: conosceva ovviamente il fiume Bianco, che dal lago Illinata, situato nel feudo di Falkreath a ovest, accoglieva numerosi immissari, troppi per ricordarli tutti, procedendo contorto oltre Ivarstead fino a biforcarsi in due rami, di cui uno arrivava fino a est- sud est, a formare la pescosa palude in cui era stata edificata Riften, capitale dell'omonima regione, mentre l'altro raggiungeva Windhelm, capitale dell'Eastmarch, edificata nel fiordo che il fiume aveva scavato unendosi al mare dei Fantasmi. Lei e l'Argoniano non erano giunti fino a Valtheim per una taglia, ma piuttosto per verificare una diceria che era stata riferita alle guardie del feudo da un cacciatore di pellicce, pettegolezzo che era poi stato confermato avvicinandosi alle due torri: se non che, i tagliaborse che avevano eretto quel luogo come loro rifugio dai morsi dell'inverno avevano tentato di farsi consegnare tutto l'oro che possedevano. L'Argoniano e la donna del Nord non erano venuti per loro, ben altre prede li avevano portati così a est: ormai però erano giunti là e tanto valeva sottomettersi ai loro obblighi di Thane e huscarlo. In un primo momento, Coda Spezzata era sembrato voler assecondare la richiesta dei due tagliaborse che li avevano fermati: quando era stato abbastanza vicino però, l’Argoniano aveva estratto la sua grande spada con una velocità tale da farla sembrare una frustata.
Il brigante di strada era stato spaccato dall'ombelico al mento, cadendo a terra in due pezzi, mentre il suo vicino si era ritrovato con una daga di metallo elfico infissa fino all'elsa al centro della fronte: solo allora Lydia aveva fatto tempo a scendere dalla sua cavalla, ed unirsi a lui per ripulire quel luogo dai briganti. Una battaglia breve tutto sommato, ma assai violenta, in cui Lydia aveva avuto per la prima volta un assaggio delle capacità di Spada Stregata del suo Thane: solamente tre sono gli elementi che vengono plasmati dai sortilegi della magia di distruzione, qualcosa che deriva dalla loro presenza anche nell'Oblivion. Ghiaccio, gelido più del fiato dei morti, e fuoco, così caldo da far bollire il mare: mentre Lydia avanzava lungo il ponte che univa le due torri di Valtheim però, tenendo alto lo scudo e proteggendoli entrambi, il suo Thane aveva lanciato sopra la sua testa gli stessi fulmini che cadono dal cielo, tra le grida dei tagliaborse e quelle del suo stesso huscarlo. I lampi vengono sempre col buio, e a Lydia le tenebre non erano mai piaciute: i fulmini che erano partiti dai palmi del suo Thane però, erano stati più spaventosi ancora.
Come abituarsi, come sopportare simili portenti?
Le saette dell'Argoniano erano state quiete e senza tuono, ma ovunque avessero colpito, carne e capelli si erano strinati, creando un brutto alone nero pece sulla pelle, e come succede agli alberi colpiti dai fulmini, anche i briganti di Valtheim erano caduti morti sulla roccia o nel fiume. Una macchia nera sulla pelle: tanto era bastato al suo Thane per uccidere senza una spada.
Poi, come sempre era successo durante il loro viaggio, l'Argoniano che il destino le aveva dato come Thane aveva eseguito il suo rituale al termine di ogni battaglia, cominciando a mozzare le teste ai cadaveri degli sconfitti, ma prendendo con sé solo quella del capo dei briganti, assieme ad un orecchio da ogni caduto. Con dei viticci, Coda Spezzata aveva poi intrecciato questi con quella e messo tutto in un grosso sacco che una volta aveva contenuto delle granaglie, ma in cui ora erbe medicinali tenevano a bada il fetore di morte. Infine, Lydia e il suo Thane avevano eretto una pira funebre, dove il fuoco avrebbe bruciato il resto dei corpi e delle teste. Una pratica... barbarica, per il giudizio di Lydia, ma solo allontanandosi dalle torri di Valtheim aveva avuto il coraggio di chiederne finalmente la ragione: la risposta del suo Thane non aveva saziato affatto la curiosità della donna del Nord, tutt’altro.
"Nella Palude Nera sono state erette poche città degne di nota." aveva cominciato Coda Spezzata: "...città come sarebbero intese da Lydia almeno. Il suolo umido non dona né montagne, né colline o cave di pietra che possano prestare roccia per edificare mura e palazzi." come sempre, la voce dell'Argoniano era più strana ancora delle sue parole: era come sabbia che scorre sulle rocce, o la mola quieta su una spada. Un suono rauco, ma niente affatto sgradevole, anzi...
Lydia aveva già cercato di immaginare Argonia, ma la sua mente si era presto scontrata con i limiti della sua fantasia: come si può immaginare un luogo di eterno crepuscolo, in cui nessuno raggio di sole, lune o stelle arrivi a terra senza aver prima toccato almeno una foglia?
"...E nella Palude Nera ogni cosa è dominata dal prosperare. Se una radura venisse spazzata per fare spazio ad un accampamento, essa sarà ripresa da alberi, piante e fiume in pochi giorni." il suo Thane aveva sospirato a quel punto, quasi una risata, prima di aggiungere: "...In alcuni punti di essa, perfino la foresta è più che viva."
"In che senso, mio Thane?"
"Essa va a caccia. Essa uccide." aveva risposto l'Argoniano e a Lydia era venuta la pelle d'oca di fronte al tono della sua voce.
Questo senza ancora conoscere nel dettaglio il terribile prodigio che era Mirkwood, forse lo stesso cuore pulsante della Palude Nera: il bosco che si muove. Il suo Thane doveva aver percepito la sua reazione però, perché annuì saggiamente prima di continuare:
"Nella Palude Nera, la razza degli Archeins è la più miserabile tra quelle dei Saxhleel. È da loro che gli schiavi sono venduti ai Dunmer, su a Morrowind: un clan assai potente quando Argonia venne accolta sulle mappe dell'Impero, oggi decaduto. E tuttavia, la prosperità degli Archeins è ancora connessa alla miseria di altri Saxhleel. Fu a causa dei loro cacciatori, che i miei occhi vennero fatti posare per la prima volta su una delle città della Palude Nera: Stormhold." Lydia conosceva quel nome, ma solo per averlo letto nei suoi studi segreti per meglio comprendere il suo Thane, e quindi non disse nulla.
Era da Stormhold, così riportavano gli storici che avevano contribuito a creare la Guida Tascabile all'Impero, che si era originata la terribile epidemia Knahaten nella 2° Era: il destino, almeno così si dice, ama a volte accanirsi.
"Una città sventurata. 160 anni fa, fu distrutta da un'armata di non morti... una storia troppo lunga per essere raccontata nella sua interezza in meno di due vite. Ciò che è davvero importante comunque, è quello che dalla distruzione si apprese: Stromhold è stata ricostruita su questa saggezza Lydia, quindi ascoltala bene. Taglia la testa ad un cadavere e ardi le due metà assieme: fino a quando le due parti sono lasciate indisturbate, abbandonate al cielo, alla terra e alle bestie di cui sono popolate, è impossibile restituire movimento a simili resti."
“Sul serio mio Thane?" e l'Argoniano annuì, tirando la sua giumenta per le briglie: l'odore di carne Nord che bruciava innervosiva entrambe le loro cavalle e per questo avevano preferito allontanarsi a piedi per quel tratto.
Lydia era rimasta a rimuginare su quella rivelazione per un poco, prima di chiedere ancora:
"Posso fare due domande, Coda Spezzata?"
"Sempre." aveva risposta l'Argoniano.
"Se è così... perché stiamo portando con noi le teste e le orecchie di briganti, tagliagole e ladri?" una domanda che nella sua innocenza riuscì a stupire Coda Spezzata, e l'Argoniano si voltò per guardarla meglio: come sempre, era quasi impossibile per la donna del Nord capire i pensieri che si agitavano sotto il suo volto scaglioso.
"Come altrimenti si potrebbero provare le nostre imprese allo Jarl, Lydia? Senza la testa dei capi e le orecchie dei suoi?"
"Mio Thane... è qualcosa che farebbe un orco." ammise la donna del Nord, lievemente imbarazzata dal dover spiegare una cosa simile: ancora una volta però, sembrava impossibile offendere il suo Thane. Anzi, l'Argoniano riuscì a stupirla ancora una volta, perché rispose:
"Ma certo che è fatto da loro in questo modo Lydia: dagli Orsimer è dimostrata un'ammirevole... praticità in cose come questa. E i Saxhleel conoscono comunque molti modi per far sì che nessun fantasma possa sorgere da simili resti." il che per Lydia avrebbe significato venire introdotta a nuovi orrori: sanzas, le avrebbe chiamate il suo Thane. Le teste rimpicciolite di coloro che aveva ucciso: quella però sarebbe stata una storia per un altro giorno.
"...E la seconda domanda?" chiese l’Argoniano riprendendo a camminare.
"Se il fuoco... se il fuoco impedisce ai non morti di sorgere, perché allora usare il fulmine?" perché il rogo dei briganti delle torri di Valtheim era stato appiccato usando la fiamma di un falò, non creandone di nuovo con la magia.
"Una domanda imprecisa, Lydia. I non morti non sono fermati dal fuoco: solo i loro corpi. E la risposta alla tua domanda potrebbe risultare... altrettanto imprecisa." l'huscarlo aspettò paziente che Coda Spezzata raccogliesse e desse forma al suo pensiero: se c'era qualcosa che l'Argoniano era in grado di insegnarle, era il valore della quiete e del silenzio.
"…Esistono a questo mondo, due uccelli che cantino allo stesso modo, Lydia? Il grido del falco è forse lo stesso di quello del gallo?"
"No. " rispose subito la Nord.
"E tuttavia, entrambi posseggono ali. Non vi è poi molta differenza nella magia: si può imparare a volare come un falco e a cantare come un gallo, ma cosa e come alla fine si faccia, dipende da quale volatile si sia. La fiamma è potente, Lydia." aggiunse ancora l’Argoniano, raccogliendo nel palmo un globo di luce accecante come il sole: perfino dalla distanza che li separava, la donna del Nord poté sentirne il calore e la luce, capace di scacciare via qualsiasi tenebra e qualsiasi gelo.
"…Ma in me, il fulmine può scorrere con più forza." finì l’Argoniano, chiudendo la mano e disperdendo il fuoco nel suo pugno.
"È perché sei Argoniano, mio Thane?" chiese Lydia guardandolo negli occhi.
"Sì. E no." esalò Coda Spezzata: "…Come sempre, si è vittime del luogo in cui si cresce e delle sue usanze."
"Non capisco, mio Thane." rispose Lydia, appellativo quello che le fece guadagnare un altro sussurro senza significato:
"Anche dai Saxhleel sono tessute tradizioni, storie e leggende. Alcune tramandate, altre inventante, altre ancora nessuna delle due, o entrambe, ma tutte sono fatte abitare almeno sotto un albero. Nella Palude Nera, si tramanda di una creatura: il wamasus. Il saggio re sotto le fronde… forse, è stato destino." la donna del Nord pendeva dalle sue labbra a quel punto, e lo nascondeva molto male:
"Si dice che oggi nella Palude Nera i wamasus non possano più essere trovati: può essere vero, o forse no. Dopotutto, anche i draghi hanno fatto ritorno dopo ere e i wamasus forse sono legati ad essi. Sono stato cresciuto ascoltando le loro storie, le loro leggende: i wamasus sono… si potrebbe definirli draghi di palude." Lydia inspirò profondamente di fronte a quella rivelazione: lei era arrivata solo alla lettera S del bestiario della Palude Nera che le era stato donato dalla farmacista di Whiterun.
“Da ciò che è stato visto dai miei occhi, sono convinto sia una definizione corretta. Si tramanda che fossero senza ali, poiché il volo era stato da loro abbandonato per il nuoto: gli acquitrini più profondi erano la loro dimora, re incontrastati di foreste che non saranno mai visitate dall’uomo. Si tramanda che avessero scaglie, che avessero code e corna non diversi da quelli di un drago, e che forse fossero persino più intelligenti. Ma non fuoco si trovava nei loro corpi, e nemmeno sangue: solo la bianca forza del fulmine, forte come la tempesta più terribile. Sconfiggere, o anche solo sopravvivere ad un wamasus, pare fosse un’impresa senza pari, perché più li si feriva, più i fulmini saettavano dal loro corpo. Nell’acqua, ogni creatura di uno stagno poteva essere folgorata da un singolo wamasus con facilità. E ancora oggi, i wamasus sono ritenuti sacri dai Saxhleel, ma ancor di più dal resto dei popoli dei fiumi della Palude Nera.”
“Come le lamie.”
“Come le lamie.” confermò Coda Spezzata, perché l’Argoniano era stato cresciuto da una di esse, creature note per la loro forza e la loro magia: “…E così, in modi sottili, nella Palude Nera le loro storie vengono continuamente inseguite ancora oggi. Perché essere un wamasus, vuol dire essere saggio e forte.”
Tutto questo, le era stato raccontato dal suo Thane con una voce quieta e roca, senza fretta o particolare intensità, ma colpì Lydia davvero molto: perché mentre il resto di Tamriel continuava a considerare gli Argoniani come uomini rettile incomprensibili o meritevoli solo del proprio disprezzo, c’era più saggezza e forza in quel popolo di quanto chiunque altro avesse mai potuto immaginare. I Nord inseguivano il valore e la forza: in verità, la gloria più effimera, mentre gli Argoniani onoravano saggezza e prosperità. Qual era dunque fra i due, il popolo più civilizzato?
Il suo Thane però non le aveva dato il tempo di pensare a quella risposta, perché ormai si erano allontanati abbastanza dalle torri di Valtheim: montati sulle loro cavalle, si erano diretti al galoppo di nuovo verso la città, che avrebbero raggiunto solo qualche giorno più tardi.
 
***
 
Fuori, sulla via principale di Whiterun, Coda Spezzata ancora non si era mosso di un solo passo dalla sua panca, continuando a leggere quel suo libro con estremo interesse: qualcosa che aveva incoraggiato molti dei suoi nuovi concittadini a passare davanti alla sua dimora per osservarlo bene, e magari tornare poi a dare una seconda occhiata, o una terza…
Coda Spezzata continuava a fingere di non vederli: sarebbe stato impossibile per lui non notare la strana processione che si muoveva come le onde sulla risacca davanti alla sua casa, avanti e indietro, con passi diversi di tanti uomini e donne curiosi che risuonavano sul selciato della via principale della città. Tuttavia Coda Spezzata non aveva alcuna intenzione di impedirlo, o di sottrarsi ai loro sguardi: il suo libro era interessante, il braciere al suo fianco caldo e il giunco fra le sue labbra gustoso.
Nonostante gli anni passati in mezzo a loro, ancora Coda Spezzata non riusciva a capire del tutto Uomini ed Elfi: per esempio, a che scopo sprecare del legno per scavare pipe e seccare piante per farne tabacco? Con un poco di conoscenza officinale, era possibile trovare quasi ovunque arbusti, o come in quel caso giunchi, che si prestassero da soli ad entrambi gli scopi: in quell’occasione, un lontano parente dell’alloro, che bruciava con un aroma secco e simile all’incenso, lasciandogli un retrogusto dolceamaro in bocca, mentre uscendo il fumo gli solleticava le branchie. C’era uno scopo nella scelta che Coda Spezzata aveva fatto di mettersi in mostra per i cittadini di Whiterun, ora anche la sua città: il fine però, non era niente di più misterioso di ciò che già apparisse. Farsi vedere, perché la sua presenza iniziasse a risultare familiare ai suoi concittadini: mostrarsi, per un giorno farsi conoscere. Non per volersi necessariamente integrare in quella comunità, o per apparire docile, ma perché non c’era ragione di alienarsi quegli uomini e quelle donne: non c’era ragione di fomentare conflitti. Conoscendo i Nord però, quello sarebbe stato più facile a dirsi che a farsi: qualcosa di cui, di nuovo, Coda Spezzata non poteva dire di comprendere appieno nelle sue cause. I suoi concittadini dovevano capire che lui non avrebbe mai potuto essere come loro: se anche si fosse strappato le corna dalla testa o tagliato la coda, alla fine sarebbero ricresciute. Quindi, che senso aveva quella loro resistenza, quando ancora non avevano provato ad accettarlo?
E poiché non era possibile per lui cambiare in un modo che ai Nord piacesse, poteva almeno cercare di comprendere se una pacifica convivenza fosse possibile… e forse qualcosa di più. Agli Hist piacendo, era uno dei loro Thane ora: il che significava che era suo dovere, per il suo onore, aiutare e proteggere quella città il meglio che poteva. Coda Spezzata dubitava che i cittadini di Whiterun si aspettassero che davvero mantenesse quell’impegno: forse dopo che la storia del suo sacco di teste avesse fatto il giro della città le cose sarebbero un po’ cambiate, ma fino ad allora l’Argoniano si accontentava di restare seduto su una panca, a leggere e farsi osservare. Faceva freddo però, anche col braciere a fianco: non in modo precisamente sgradevole, ma abbastanza da non farsi mai dimenticare. Niente di nuovo da quel punto di vista: Skyrim era fredda esattamente come i suoi abitanti, e forse più tardi avrebbe fatto un salto alla Giumenta Bardata, a scaldare il suo sangue con un po’ di birra Argoniana…
Nemmeno Coda Spezzata avrebbe mai immaginato ciò che stava per succedere però, né di come il caso sembrasse volergli offrire un’opportunità inattesa, anche se non insperata: dopotutto, era per ascoltare e vedere i suoi concittadini a sua volta, che si era seduto fuori dalla soglia della sua casa.
I bambini sono preziosi per gli uomini: al Nord in modo particolare. Quello, Coda Spezzata riusciva a capirlo e condividerlo: in una terra così inospitale come era Skyrim, riuscire a crescere un cucciolo non doveva essere facile per i delicati uomini, non con i freddi inverni e le belve che li abitavano, e questo senza tener conto della recente guerra civile che aveva diviso i nove feudi, o dei draghi che dopo ere erano tornati a mostrarsi per ragioni che nessuno poteva dire ancora di comprendere. Sì, i cuccioli d’uomo erano preziosi, anche perché ce n’erano pochi a Skyrim: Whiterun non faceva eccezione, nonostante fosse la capitale di uno dei nove feudi.
Nonostante questo, o forse proprio a causa di questo, i bambini restavano bambini, stringendo amicizie effimere o legami profondi destinati a durare a lungo, godendo delle risa e dei giochi di chi non è ancora adulto, e che non ha tempo di avere paura o di dubitare, perché c’è troppo ancora da scoprire e conoscere del mondo che ti circonda. Della mezza dozzina di mocciosi che stavano correndo lungo la strada principale, Coda Spezzata poteva dire di conoscerne di vista solo un paio: Braith era quella che spiccava di più nel gruppetto.
Coda Spezzata aveva brevemente conosciuto suo padre Amren dopo essere tornato in città, per riportargli una lama con l’insegna della sua famiglia che l’Argoniano aveva trovato in mano ad uno dei banditi così sfortunati da incontrarlo. Così come sua moglie Saffir, anche Amren era uno straniero nelle terre del Nord: entrambi infatti erano due Guardie Rosse, o Yokudan, come si chiamavano ancora tra loro i nativi di Hammerfell, la gigantesca penisola semidesertica ad ovest di Tamriel. Popolo di navigatori e mercanti dalla pelle scura e dal sangue turbolento, Amren e Saffir non avrebbero potuto essere più diversi, incarnando la coppia litigiosa della città di Whiterun dove Ulfberth e Adrianne erano invece quella armoniosa. Il destino apparentemente favoriva Amren e Saffir, perché aveva donato loro una figlia dalla pelle scura come quella dei suoi genitori, incapace di passare inosservata tra i suoi coetanei: chissà se ora che suo padre aveva finalmente ritrovato la sua spada dalla lama ricurva, la particolarità che aveva interessato Coda Spezzata prima che Lydia ne identificasse lo stemma, avrebbe avuto tempo per lei. Amren era stato un mercenario un tempo, ma ormai pendeva dalle gonne di sua moglie, e mentre Saffir era di certo un’abile mercante, si diceva che alla realtà della sua famiglia preferisse la finzione dei libri che importava soprattutto per il mago di corte e i cittadini più ricchi delle città. Forse non del tutto a torto, considerato che Braith era una mocciosa pestifera di cui l’unico svago capace di intrattenerla sembrasse essere quello di tormentare i suoi coetanei: era da lei infatti che il resto dei bambini di Whiterun stava scappando in quel momento, in particolare un Nord mingherlino dai capelli biondi e vestito meglio degli altri, che sembrava avere tutta l’intenzione di non farsi prendere. Coda Spezzata dubitava che ce l’avrebbe fatta: Braith era di una spanna più alta di lui, e le sue falcate continuavano a guadagnare terreno.
L’altra bambina che Coda Spezzata riconobbe del gruppo era Mila Valentia: la figlia di un Imperiale e forse di un uomo del Nord, difficile esserne sicuri però, dato che il padre mancava da anni. Nonostante questo, Mila era giudiziosa e molto matura per la sua età, tanto che preferiva passare le sue giornate ad aiutare la madre Carlotta nel vendere frutta e verdura al mercato, piuttosto che giocare con i suoi coetanei: Coda Spezzata si ricordava di lei per averla vista spazzare via neve e fango con una scopa più grande di lei. Doveva essere successo qualcosa di davvero grave per aver averla fatta allontanare dalla piazza del mercato a quell’ora… grave quanto può esserlo per un bambino, s’intende. Ed era proprio lei in coda al gruppo, cercando di fermare Braith dall’acchiappare il giovane bambino in testa: tutti gli altri mocciosi si erano uniti al gioco per il semplice piacere di correre.
Braith riuscì quasi a raggiungere la sua preda in fondo alla strada del mercato, proprio dove il selciato smetteva di essere lievemente in discesa, ma Mila fu più veloce ancora, afferrando la bambina Yokudan per il gomito e cercando di farla smettere. Peccato solo che non avesse considerato le differenze di peso ed altezza tra loro: Braith si liberò con una gomitata che colpì Mila in faccia. Non fu quella la cosa più grave però: solo l’inizio. L’urto, e la strada già scivolosa di brina, unita alla velocità della corsa, fecero perdere l’equilibro a Mila: la bambina slittò e finì a terra, lei da una parte, una delle sue scarpe dall’altra, mettendo violentemente a terra le mani che si sbucciarono sulla pavimentazione gelata della città, mentre la sua gonna le proteggeva in qualche modo le ginocchia. Scivolò ancora un poco prima di fermarsi quasi di fronte a Breezehome, mentre il resto dei bambini continuava in quella corsa senza pensieri, occupati solo dai loro giochi: risalirono le scale a fianco della bottega del Cacciatore Ubriaco a perdifiato e poi Coda Spezzata li perse di vista, dato che entrarono nel distretto del Vento...
Mila poteva essere anche una bambina giudiziosa e molto matura per la sua età, ma dopo essere caduta ed essere stata abbandonata dai suoi coetanei, fece quello che ogni bambino fa a quell’età: si mise a piangere, mentre la faccia le diventava rossa come una delle mele che vendeva con sua madre, e calde lacrime le scorrevano dagli occhi.
Prima che qualcuno potesse impedirlo, prima ancora che qualcuno potesse iniziare a pensare di reagire, il libro che Coda Spezzata aveva portato in grembo fino a quel momento venne chiuso e posato sulla panca, e l’Argoniano in persona, calcando bene gli artigli che aveva in fondo ai piedi, si avvicinò alla bambina fino ad esserci sopra. I figli dell’uomo non era poi così strani per Coda Spezzata: molto più comprensibili, e a volte sopportabili, delle loro versioni adulte. Erano creature di desideri ed opinioni oneste, che dicevano sempre quello che pensavano: un po’ come i Saxhleel, insomma.
Quello che fece smettere di piangere Mila Valentia fu la coda: una lunga coda muscolosa che le strisciò sotto le ascelle e la sollevò abbastanza da rimetterla in piedi. Risalendo quella coda, Mila scoprì sopra di lei la cosa più strana che la piccola Imperiale avesse mai visto nella sua breve vita: era nero, era scaglioso, aveva le corna… e non era proprio una persona. Lacrime calde continuavano a scenderle dal viso, e Mila continuava a respirare rumorosamente, ma l’Argoniano sopra di lei aveva ora tutta la sua attenzione: ne aveva sentito parlare anche dalla sua mamma, ma non avrebbe mai immaginato che fosse così… così... strano, ecco, né così gigantesco. Coda Spezzata invece si sedette sui talloni di fronte a lei: anche così, era comunque più alto di Mila, e la bambina poté solo ammirare i suoi piedi con artigli e la sua coda che la circondava come una spessa radice. L’Argoniano le prese delicatamente le mani, controllandole i palmi: Mila se li era sbucciati entrambi, ma le ferite non sembravano profonde, solo sporche di terriccio e sangue. Per un bambino però, doveva sembrare la fine del mondo:
“Muoveresti le mani?” le chiese gentilmente, cercando di mettere nella sua voce timbri e ritmi esagerati che normalmente non si sarebbe mai preso la briga di cercare di replicare. L’Argoniano credeva che lo facessero suonare sciocco: come quando gli uomini a volte facevano voci buffe, cercando di suonare come cose che non erano:
“Che… che cosa?” singhiozzò Mila.
“Le mani.” ripeté Coda Spezzata paziente: “…Possono essere mosse, con tutte le dita?”
Mila ci provò, scoprendo che per quanto la pelle le facesse davvero male e le bruciasse, non sembrava esserci niente di rotto: i bambini sono più resistenti di quanto loro stessi sappiano, per fortuna. Verificato che nessun osso fosse danneggiato e che l’unica fonte di disagio di Mila fossero le sbucciature, Coda Spezzata sollevò entrambi i palmi della bambina all’altezza del suo volto, come a volerli guardare da molto vicino. E poi, prima che qualcuno potesse fermarlo, si infilò entrambe le mani di Mila in bocca, serrando le sue zanne sulla carne della giovane Nord.
Quando Mila vide scomparire le sue dita, e tutti i palmi fino al polso, tra quelle fauci nere senza guance, tra quelle fila di bianchi denti da coccodrillo, si sentì mancare: peggio ancora fu restare a guardare per gli altri presenti. Ci fu qualcuno che fece immediatamente scendere la mano sul pomolo della spada, ma prima che potesse anche solo stringerne l’elsa, Coda Spezzata aprì la bocca, mostrando che non solo Mila aveva ancora due mani, ma ognuna delle sue dita. Le sue mani erano uscite nelle stesse condizioni in cui erano entrate, o quasi, perché Mila notò due fori identici sui suoi polsi, piccoli quando punture di api, che avrebbe scoperto essere presenti simmetrici anche dall’altro lato. Anche se era stata appena morsa dalle quattro zanne dell’Argoniano però, non aveva sentito niente: anzi…
“Meglio?” chiese Coda Spezzata, curvando poi la testa di lato per sputare un poco della terra che aveva raccolto con la sua lingua bifida dalla bambina.
“S… Sì.” rispose Mila guardandosi le mani.
Non le facevano più male: anzi, per la verità non sentiva proprio più niente. Riusciva a muoverle questo sì, ma era come se fossero le mani di qualcun altro, tanto che non sentiva più né freddo, né dolore. Provo a stringersele, e ci riuscì, solo che scoprì di aver perso completamente il senso del tatto:
“È… magia?”
“No.” rispose semplicemente l’Argoniano, rialzandosi in piedi e sollevandola da terra con lui.
Mila non veniva più sollevata in quel modo nemmeno dalla sua mamma: non provò a scappare però. Un po’ perché quello che stava succedendo era così strano, un po’ perché la persona che la teneva in aria, seduta su un suo braccio, era davvero… alta. Mila non voleva cadere ancora e così rimase a guardare mentre l’Argoniano raccoglieva la sua scarpa calzandola sulla punta della coda, per poi mettersi in marcia. Non andarono molto lontano: l’Argoniano la condusse nella sua casa, a Breezehome, lasciando la porta aperta in modo che tutti potessero vedere cosa stesse facendo, ma soprattutto cosa non stesse facendo. Ad esempio, preparandosi a cucinare Mila Valentia con mele e cavolo:
“Lydia!” chiamò l’Argoniano a voce alta: “…Siamo onorati da un ospite!”
La risposta fu quasi immediata, perché dal piano superiore della casa la bambina sentì il rumore inconfondibile di un’altra persona che scendeva dal letto e si muoveva per raggiungerli. Mila però fu quasi delusa da ciò che vide: si era aspettata una donna rettile, o magari perfino un’elfa come quella che faceva da guardia del corpo allo Jarl, e invece quella che scese le scale in mezza armatura e camiciola di nera lana grezza, fu una Nord dall’aspetto e dai modi comuni. Da parte sua, anche la donna sembrò sorpresa di trovarla in braccio al suo Thane: l'Argoniano sembrava sorprendentemente a suo agio, come se per Coda Spezzata badare a bambini umani fosse all’ordine del giorno.
“Mio… Thane?”
“Una brutta caduta sul selciato: si avvisi sua madre che sta bene e che qualcuno si sta occupando di lei.”
“Sì mio Thane.” rispose prontamente Lydia: non chiese il nome di Mila, perché la vedeva da molto più tempo di lui ad aiutare sua madre sulla piazza del mercato.
“Si torni in fretta: ci sarà bisogno del tuo aiuto, dopo.”
“…Mio Thane?” chiese Lydia, già quasi fuori.
Coda Spezzata sospirò:
“Le sue mani saranno curate da me, ma non si considererebbe più… conforme all’onore, se le sue ginocchia fossero curate da una mano più simile alla sua?” in effetti, avere un Uomo Lucertola sotto la gonna non era qualcosa che Mila avrebbe dovuto subire: meglio Lydia per prendersi cura di quello, Nord e donna a sua volta. Fortunatamente, Lydia capì quel concetto al volo:
“Sì… certo mio Thane!” rispose l’huscarlo, solo per uscire da Breezehome, fare quattro passi sul selciato e poi tornare subito indietro:
“…Se posso chiedere, cosa farai per…?” Coda Spezzata comprese immediatamente il significato della sua domanda.
“Alchimia. Ciò è adatto per le guardie dello Jarl, è adatto anche per una dei suoi cittadini.” di nuovo, era meglio non usare magia su una Nord, in mezzo ad una città di Nord, a meno di non aver ricevuto il permesso per farlo… e comunque l’Argoniano non era ancora intenzionato a gareggiare con i taumaturghi del tempio di Kynareth.
Inoltre, mentre Coda Spezzata era più che capace di prendersi cura del suo corpo con la magia, gli Uomini erano… un po’ più fragili di lui e richiedevano più cura e attenzione: non valeva la pena prendersi dei rischi per una sbucciatura. E così, mentre per la seconda volta Lydia lasciava la soglia di Breezehome, Mila rimase a fissare con lo sguardo l’Argoniano: l’uomo rettile si mosse rapidamente, ma con ordine. Ogni gesto, e questo fu evidente perfino alla bambina, fu compiuto con precisione, come se fosse stato deciso tanto tempo fa: un bacile ricevette acqua da un secchio e fu messo a scaldare sul fuoco; poi l’Argoniano estrasse da un cassetto degli stracci puliti di cotone grezzo, resti della lavorazione dell’imbottitura della sua corazza che Coda Spezzata aveva tenuto per poter fare delle riparazioni in futuro... E poi l’uomo rettile sparì dietro una porta, ricavata nello spazio sotto le scale che portavano al piano superiore. Doveva essere una stanza molto angusta, e Mila fu quasi sul punto di cedere alla curiosità e andare a vedere cosa stesse facendo. Prima ancora che potesse decidersi però, era pur sempre ospite in una casa altrui, l’Argoniano ritornò, tenendo in una mano una fiasca gonfia, tappata con la cera, e un pacchetto avvolto in foglie, che posò su un basso sgabello.
Di nuovo, e senza sforzo apparente, Coda Spezzata la sollevò da terra mettendola in piedi su una sedia, sempre sotto lo sguardo dei suoi concittadini, che l’Argoniano ignorò completamente: fino a quando guardavano da oltre la soglia, ma non entravano non invitati nella sua casa, non avevano niente da temere.
“Mani.” ordinò asciutto l’Argoniano e Mila obbedì prontamente, sollevandole entrambe.
Essere un uomo rettile dotato di corna e coda in una terra di camminatori di terra asciutta aveva qualche vantaggio: tra gli altri, che difficilmente doveva ripetere più di una volta le cose, o che gli era difficile avere l’attenzione altrui.
Inumidendo una pezza di cotone nel bacile d’acqua ormai calda, l’Argoniano procedette con attenzione a tamponare e finire di pulire le mani di Mila. Una volta tolta la terra e lo sporco, Coda Spezzata poté osservare direttamente il danno ai palmi della bambina: si era spellata i palmi fino a mettere in mostra la carne viva, e il suo tamponare con le pezze di cotone aveva fatto sanguinare di nuovo le ferite che si era procurata. Coda Spezzata non indugiò in quella vista, né concesse a Mila di farlo: tuttavia, la bambina impallidì molto vedendo in che stato si era ridotta.
“Però non fanno male.” ripeté con una vocetta sottile.
 “No.” concesse Coda Spezzata.
“…Come mai?” l’Argoniano considerò come rispondere a quella domanda in un modo che non potesse essere frainteso, né da Mila, né da coloro che li ascoltavano: Coda Spezzata in effetti non aveva mai visto così tante barbe oltre una soglia:
“Hsm…” mormorò pensieroso: “…un trucco della Palude Nera.” rispose alla fine.
La curiosità di un bambino però, è proverbialmente insaziabile:
“Posso impararlo?” chiese Mila, uno sguardo implorante negli occhi.
“No.” rispose Coda Spezzata, ma di fronte all’aria afflitta della bambina, non poté evitare di aggiungere: “…Cose da esseri con la coda e le corna.”
“Oh… quindi le mucche possono impararlo?” una domanda che impegnò molte barbe nel soffocare altrettante risate.
Coda Spezzata si chinò di fronte a Mila, piantandosi le mani sulle ginocchia e guardandola negli occhi dalla stessa altezza:
“Credi che una mucca possa assomigliarmi?” e al suo fianco, le spire della sua coda, con le squame dentate come quella di una sega, apparvero più che mai evidenti: specie perché calzava ancora la scarpa di Mila sulla punta.
Nonostante questo, non ci volle molto perché la bambina abbassasse lo sguardo:
“…No.”
“I tuoi occhi funzionano ancora dunque. Bene.”
Lydia tornò in quel momento, seguita a ruota da Carlotta, ma dovettero aprirsi la strada insistendo tra schiene e barbe, per riuscire ad entrare.
“Mamma!” esclamò Mila, ma Coda Spezzata le impedì di scendere dallo sgabello mettendole una mano sulla spalla.
“I feriti non dovrebbero muoversi fino a quando non sono stati curati.” sibilò calmo l’Argoniano, rivolgendosi poi a Carlotta che era rimasta sulla soglia: per quanto una non Nord, anche lei conosceva le consuetudini di Skyrim.
“Sii benvenuta nella mia dimora, Carlotta Valentia.” solo dopo quell’invito formale, la madre oltrepassò la porta per ricongiungersi alla figlia.
“Mila…” disse l’Imperiale, venendo ad abbracciare la bambina, ancora in piedi sullo sgabello.
“Sto bene.” la rassicurò sua figlia, ma Carlotta fu di ben altro avviso dopo averla osservata:
“Le tue mani…”
“Guariranno.” offrì Coda Spezzata: “…Questione di poco.”
“Non vorrei disturbarvi oltre…”
“Nessun disturbo.” quella situazione era uno dei motivi per cui l’Argoniano preferiva trattare solo con le versioni non adulte degli uomini.
“Carlotta… posso garantirti che il mio Thane sa quello che fa.” frase quella di Lydia, che le fece guadagnare uno sguardo penetrante da parte dell’Argoniano.
La madre però non rispose subito, facendo passare lo sguardo tra i vari membri della stanza: alla fine forse, fu per la scarpetta sulla coda di Coda Spezzata che si decise. E accorgendosi del suo sguardo, l’uomo rettile la posò finalmente alla base della sedia su cui Mila restava in piedi.
“Molto bene allora. Ma insisto a pagarvi per il vostro disturbo...”
“Assolutamente no.” sibilò Coda Spezzata quasi irato, tanto che Carlotta non osò protestare: “…Lydia, tampona e ripulisci le ginocchia di Mila. Delicatamente, huscarlo.”
“…Sì, mio Thane.” rispose umile Lydia: non era ancora mai riuscita ad offendere l’Argoniano, nonostante le occasioni e la sua goffaggine. Carlotta Valentia invece, sembrava esserci riuscita al primo colpo.
Andando a chiudere la porta della sua casa con uno scatto, e dando di nuovo le spalle a Mila in modo che Lydia potesse pulirle le ginocchia conservandone il pudore, l’Argoniano si piazzò a gambe larghe di fronte a Carlotta:
“Se dalle usanze di Skyrim si richiede la… mercificazione della cortesia fino a questo punto, allora questa è davvero la provincia più barbara dell’uomo. L’aiuto che è stato dato… poca cosa.”
Lydia sussurrò qualcosa, che nemmeno Mila riuscì a sentire chiaramente: sembrò più una cifra, che un termine. Qualcosa come: solo 12’000 septim in alluci di gigante. Ma di certo la bambina aveva capito male:
“Lydia: mani, non bocca.” ordinò brusco l’uomo lucertola, senza girare la testa, ma quasi la sua coda frustò l’aria.
Carlotta, che era la più vicina all’Argoniano, si accorse che l’uomo rettile sembrava emanare un odore strano in quel momento: come di silice bruciata. O fuoco e zolfo bollente:
“…Vorrei comunque ripagare la vostra gentilezza.” rispose la donna imperiale e il suo tono sommesso sembrò finalmente capace di placare l’Argoniano, tanto, che Coda Spezzata percorse con un dito i tozzi spuntoni che aveva sotto la mandibola:
“Le mie scuse.” esalò alla fine sibilando: “…sembrerebbe che aiutare chi ne ha bisogno sia ancora... imprescindibile, per me.”
“Non una buona virtù per un mercante.” rispose timidamente Carlotta.
“…Ecco perché si praticano interessi così alti su tutto il resto.” ribatté l’Argoniano e il silenzio tra loro divenne improvvisamente confortevole.
“Mio Thane… ho finito.” affermò Lydia interrompendo il gioco di sguardi tra loro.
“Desideri… controllare?” chiese l’Argoniano a Camilla.
“Ah. No… voglio dire, immagino che il vostro huscarlo sia capace di prendersi cura di una sbucciatura...”
“Solo se sa cosa è bene per lei.” rispose Coda Spezzata voltando la testa: Mila aveva le gonne ad altezza caviglia, e Lydia le aveva fatto calzare di nuovo la sua scarpa.
Di fronte a quello sguardo, la giovane donna del Nord chiese aiuto a Mila, che raccolse l’invito, annuendo con un sorriso che sembrò bastare a soddisfare l’Argoniano. Coda Spezzata tuttavia non aveva ancora finito: muovendosi svelto, l’uomo rettile svolse il pacchetto che aveva portato, strappando una striscia sottile quanto uno spago da quello che sembrava legno bruciacchiato. In realtà, ma dovette metterlo in mano a Mila perché gli altri se ne convincessero, era carne affumicata.
“Mio… Thane…?”
“Non quello che pensi Lydia. Mastica Mila: tutto quanto e lentamente.” cosa che la bambina cominciò a fare, solo per interrompersi dopo pochi istanti.
“È amara!”
“Ma allontana la febbre.” ed era la verità: i suoi erano più che rimedi popolari della Palude Nera.
L’alchimia era scienza e arte, e ancora Coda Spezzata non poteva dire di conoscerne che una piccola parte, anche se a volte era la parte più… repulsiva della magia. Ma d’altro canto Coda Spezzata non aveva colpa del fatto che si potesse ottenere un potente antipiretico dalla pelle affumicata degli skeever, i grandi ratti necrofagi che tante malattie trasmettevano col loro morso…
“Mila…” impose dolcemente sua madre e di fronte a quel tono, la bambina si arrese e ubbidì, saltellando da un piede all’altro per finire di masticare.
Fatto questo, e riaperti gli occhi che le lacrimavano per quel sapore intenso come quello di un’erba amara, Coda Spezzata stappò la fiasca che aveva portato:
“Spalanca la bocca.” e quando la bambina gli obbedì, l’Argoniano le versò non più di un ditale della pozione: Lydia aveva ragione a modo suo, e considerati gli ingredienti non c’era ragione di sprecarne più del dovuto.
Anche se, considerata la loro missione al campo dell’Albero Dormiente, restavano ancora quattro alluci di gigante all’Argoniano per preparare il suo elisir e considerando poi che il resto degli ingredienti richiedeva una spesa ridicola, i forzieri di Breezehome potevano dirsi pieni per un tempo decisamente lungo, specie con le abitudini piuttosto frugali dei suoi abitanti.
“Meglio?” chiese Coda Spezzata, ritappando la fiasca.
“Non so…” rispose Mila.
“Mmhh… le tue mani dicono di sì.” osservò Coda Spezzata grave, andando a riporre la pozione nella sua dispensa alchemica.
Per quando tornò, Mila e sua madre erano ancora a bocca aperta ad osservare l’effetto dell’incredibile elisir dell’Argoniano: su Mila, non restava altro che i ricordi della caduta.
“…Però ancora non me le sento.”
“Torneranno tra qualche ora. Meno, se correrai. Sii attenta però: il fatto che tu non senta nulla, non vuol dire che non possa farti male.” rispose serafico l’Argoniano.
“Meglio di no… non vorrei cadere di nuovo: era davvero amara.” si spiegò Mila.
“Msh. Qualcuno è stato cresciuto saggiamente.” commentò leggero l’Argoniano sibilando.
“E grata.” sottolineò Carlotta: “…Vorremmo davvero ripagare la vostra gentilezza, Thane Coda Spezzata.”
 “Msh… shm… mmhh.” mormorò l’Argoniano, e nessuno degli altri occupanti della stanza seppe dire se fossero parole o suoni senza senso. In ogni caso, dovevano averlo aiutato a pensare, perché sembrò aver raggiunto una conclusione:
“...Ci sarebbe un modo. Sarebbe comodo piantare un giardino sul retro di questa casa, Mila Valentia: un giardino di erbe officinali e ingredienti che si possono trovare in questa terra, ma che non sono normalmente commerciati dall’alchimista della città.” come fiori di montagna, salvia, magari anche un cespuglio di sinforicarpo... quello in particolare sarebbe stato molto utile all’Argoniano, in futuro: “…Ma le piante hanno bisogno di essere annaffiate e di essere difese da parassiti e uccelli: io e Lydia raramente saremo in città per farlo.” dopo un breve sguardo a sua madre, Mila rispose:
“Mi piacerebbe prendermene cura.”
“Quando verrà il momento allora, ti verrà insegnato come farlo.”
Lydia scosse la testa: innaffiare aiuole per qualcuno che abitava sulla strada del mercato… ben poca cosa, soprattutto considerando il valore di quello che Coda Spezzata aveva usato su Mila. Anche Carlotta doveva pensarla allo stesso modo… nessuna delle due donne però, aveva la minima idea di quanto pedante l’Argoniano potesse diventare quando si trattava di erboristeria. Difetto questo, dovuto all’averla appresa da un vecchio Dunmer scorbutico, che si preparava le tisane solo con i prodotti del suo giardino. In ogni caso però, per il momento quell’accordo soddisfava tutti i partecipanti: tanto che dopo qualche frase di circostanza, Mila e Carlotta furono riaccompagnate alla porta.
Dietro di essa, il numero di barbe non era affatto diminuito, anzi: l’Argoniano trovò in prima fila proprio Ulfberth Orso Guerriero, che mentre il resto dei Nord guardava madre e figlia allontanarsi mano nella mano con espressione sollevata, gli porse il libro che Coda Spezzata aveva dimenticato sulla panca.
“Lettura impegnativa.” disse il gigantesco fabbro.
E molto più complicata di quanto si aspettasse, ma Ulfberth non avrebbe mai ammesso di non aver capito nemmeno una parola della pagina che aveva sbirciato: De rerum Dirennis. Solo del titolo non aveva la minima idea di come dovesse essere pronunciato:
“…Alcuni preconcetti si devono affrontare nuovamente, di tanto in tanto. Grazie.” rispose l’Argoniano, prendendo il tomo dalle mani del fabbro: Ulfberth non aveva la minima idea se stesse parlando del libro o di sé stesso.
Per quando si decise a chiedere però, l’Argoniano era già rientrato da un pezzo nella sua dimora: se fosse stato qualcun altro, forse Ulfberth, e anche alcuni dei suoi concittadini, lo avrebbero già invitato alla Giumenta Bardata a bere con loro...
 
***
 
Ecco perché tutti i presenti furono sorpresi quando Coda Spezzata e Lydia si presentarono alla locanda quella notte, qualche ora dopo cena. Una serata piena quella: nonostante l’ora, quasi un quarto della città era presente alla Giumenta Bardata, assieme a forestieri e mercanti che si erano trovati a passare la notte a Whiterun. Quando la coda dell’Argoniano chiuse con uno scatto la porta della locanda dietro a Lydia, ogni conversazione all’interno si arrestò: non fu strano, perché tutti o quasi stavano parlando proprio di lui. Anche per questo, il suono degli artigli dell’uomo rettile sulle assi sembrò rimbombare nel silenzio in cui lo osservarono muoversi, ma Coda Spezzata non sembrò farci caso. Era vestito in modo semplice, ma curato: una casacca color cielo sopra una camicia di lana chiara, e pantaloni scuri tagliati appositamente per accogliere i suoi piedi e la sua coda. Per quanto quegli abiti lo tenessero al caldo, era ovvio che fossero indumenti da città, con cui l’Argoniano dichiarava a modo suo che quella notte era lì per restare… E che per quanto ad alcuni potesse non piacere averlo a Whiterun, il loro dissenso sarebbe stato incontrato con forza: delle sue daghe elfiche, l’Argoniano ne aveva lasciata a Breezehome solo una, e a nessuno era sfuggito quanto poco i suoi abiti nascondessero il gioco dei muscoli sottostanti. Senza contare che l’Argoniano era pur sempre una Spada Stregata… e un Thane.
Più o meno nella stessa situazione e abiti, ma di colori lievemente più vivi e in toni di verde, era anche Lydia: l’huscarlo però non era riuscita a separarsi dalla sua sottile, ma pesante spada d’ebano, che pendeva da un cinturone stretto in vita. Tra loro due era l'huscarlo a sembrare la più imbarazzata nel trovarsi lì in quelle vesti: pochi tra i suoi concittadini però, sapevano che l’abito che indossava in quel momento era il primo che le fosse stato mai comprato da un uomo… maschio… da qualcuno. Ed era da quando non si arrivava all’elsa che Lydia non portava una gonna: la vita di guardia cittadina non era una di lussi.
Nonostante la spada e la daga però, era piuttosto ovvio quanto quella sera fossero venuti alla Giumenta Bardata a svagarsi. E infatti, Coda Spezzata si diresse sicuro al bancone di Hulda, seguito timidamente da Lydia: la giovane donna del Nord però, non comprese davvero le ragioni di alcune occhiate che le vennero rivolte...
L’Argoniano si sedette cautamente sullo sgabello di fronte al bancone, quasi come se temesse che franasse sotto il suo peso:
“Hulda.”
“Thane.” rispose la locandiera con uno scintillio divertito negli occhi: su di lei, il fascino di uomini vestiti con pelle di lucertola o con le corna non faceva molto effetto. Anche perché chi ancora mancava dei suoi clienti più abituali sarebbe arrivato di corsa, quando la notizia che Coda Spezzata era alla Giumenta Bardata: ergo, più septim ancora per lei.
“…È rimasta ancora della birra Argoniana?”
“Non qualcosa di più forte? Ho del brandy di Cyrodiil e dell’ottimo vino alto per rinfrescarvi la gola.” non proprio una tattica sottile la sua: dare spunti agli altri avventori per capire se, almeno nel bere, il nuovo Thane del feudo fosse disposto a schierarsi nella guerra civile che imperversava a Skyrim.
L’Argoniano però non era una preda così facile: inoltre, sapeva benissimo che la gradazione alcolica della cosiddetta birra Argoniana aveva poco a che fare con i suoi effetti deleteri. La locandiera invece non poteva nemmeno immaginare che la naturale resistenza degli Argoniani a veleni e malattie si trasferisse anche ai frutti della fermentazione:
“I sapori della propria terra non sono migliori di quelli di altre… solo più cari.” e a quella verità Hulda non poté che inchinarsi, facendo comparire due bottiglie di fronte all’Argoniano.
Hulda non aveva nemmeno finito di spillare sidro di Honnigbrew per Lydia però, che l’Argoniano le restituiva già il primo vuoto:
“Per il martello di Shor… Thane! Non ho mai visto nessuno bere così quella birra.”
“Ora l’hai.” soffiò contento: “…E se delle bottiglie di Vino di Sangue di Blackrose, da Argonia, dovessero essere accolte nella tua cantina, il mio oro sarà più che lieto di liberartene.”
Vino di Sangue? Confesso di non essere familiare con questo nome…”
“Non ne vengo sorpreso: deve ancora essere trovato chi, tra uomini, elfi o khajiit, voglia dividerne con i Saxhleel.”
“È velenoso, mio thane?” chiese timidamente Lydia e l’Argoniano afferrò la sua seconda bottiglia di birra, prima di rispondere:
“Non… esattamente: anzi, quasi l’opposto. Questo perché è più simile ad un filtro alchemico, che ad una bevanda comune. Per quanto eccellente.” aggiunse Coda Spezzata quietamente, levando la bottiglia all’indirizzo della locandiera.
“Quindi… è una pozione?”
“Quasi. È più come un liquore, fatto con frutti che crescono solo in Argonia: alla loro fermentazione sono aggiunti semi pestati di solidago, essenza di bergamotto, l’estratto della digitale… e altro.”
Lydia aveva appreso ancora poco sull’arte alchemica, ma aveva già compreso che quando un suo conoscitore glissava su alcuni ingredienti chiamandoli semplicemente altro, poteva essere solamente perché fossero cose di cui era meglio non parlare in pubblico. Quando fosse venuto il momento, Lydia ne avrebbe avuto la conferma: non era un caso che fosse chiamato vino di sangue…
“…E quali sono i suoi effetti, mio thane?” Coda Spezzata la fissò con un solo occhio azzurro, un’espressione quasi divertita sul suo volto imperscrutabile.
“Le differenze tra le nostre genti sono rese… meno evidenti.” una frase criptica, che poteva essere interpretata in più di un modo.
Gli Argoniani li intendevano tutti, compresi i più letterali: il Vino di Sangue non solo donava temporaneamente la resistenza ai veleni della loro razza, ma permetteva anche di respirare sott’acqua. Questo perché uno dei suoi effetti, nei camminatori di terra asciutta almeno, era quello di far spuntare delle branchie: non era strano che coloro che sentivano aprirsi dei tagli sibilanti ai lati del collo non volessero mai più avvicinarsi ad una bottiglia di quel liquore, nonostante l’effetto fosse solo temporaneo.
“Deve essere ben forte per rendere attraente uno di voi.” commentò invece Hulda gioviale.
“Ed è vero anche l’opposto.” rispose Coda Spezzata quasi di buon umore: frase questa, che l’ostessa ricompensò con una risata.
“Beh, se dovesse capitarmi sottomano, cercherò di ricordarmi di voi, Thane.”
“Si può sperare: per quanto sia con pochi estimatori, è stato importato fino a Bruma. E come ho detto, il mio oro sarà felice di pagarlo.”
“Non faccio promesse, Thane, ma vedrò quello che posso fare non appena i mercanti torneranno ad attraversare i Jerall.” far sapere ad un mercante quanto si desideri esattamente un certo prodotto non è mai una buona idea: il dolce vino di sangue rischiava di costare salato al nuovo Thane di Whiterun. Almeno inizialmente infatti, Hulda avrebbe cercato di farselo pagare 100 septim alla bottiglia…
Per i sapori della sua terra lontana però, l’Argoniano era disposto a contrattare un prezzo meno caro:
 “Apprezzato.” la ringraziò Coda Spezzata, girando sullo sgabello e appoggiando il gomito sul bancone: “…Credevo comunque che della musica avrebbe allietato la nostra serata.” il bardo vanesio della Giumenta Bardata era in effetti assente in quel momento:
“Già… Mikael è a caccia stasera."
"A caccia?"
"Vuol dire che è andato a bussare alle porte delle donne di Whiterun, cercando di convincerne una a farlo entrare, mio Thane."
"Msh... accade spesso?" fu una strana nozione quella per l’Argoniano: le donne di Skyrim si dovevano dunque predare, piuttosto che corteggiare? La sua breve permanenza a Riverwood non l’aiutava a fare chiarezza in quell’argomento: sembrava che i metodi usati in quella terra fossero… un po’ più diretti e franchi, per non dire rozzi, di quanto fosse stato abituato sull’altro versante delle montagne Jerall.
"Più spesso di quanto ci piaccia ammettere. Ma non impara mai. Almeno sa incassare." rispose Hulda: la vanità e la superbia del bardo incontravano spesso i pugni di mariti, fratelli e promessi, ma nessuna di queste cose era ancora riuscita a farlo desistere, né a rovinare irreparabilmente il suo profilo.
“…Ho già mandato Uthgerd a raccattarlo.” aggiunse seraficamente la locandiera.
“Per la spada di Shor!” imprecò Lydia: “…L’Invincibile è in città? Credevo che dovesse fare da guardia a una carovana di mercanti.” se l’avesse saputo, Lydia non avrebbe mai suggerito di venire a bere alla Giumenta Bardata quella sera.
“È stata licenziata dal capo carovana per essersi presentata ubriaca. Ha assunto i Compagni al posto suo.”
Il che voleva dire che l'Invincibile sarebbe stata sobria e più furiosa del solito: se Uthgerd non avesse avuto pugni in grado di uccidere un orso, e il loro stesso brutto carattere, sarebbe già stata lo zimbello della città.
Ci fu angoscia e urgenza nella voce di Lydia quando si rivolse a Coda Spezzata:
“Mio Thane, credo che sarebbe prudente tornare a Breezehome.”
“Davvero?” ribatté tranquillo l’Argoniano, e Lydia ancora una volta non fu in grado di dire se lo divertisse, o se invece avesse la sua completa attenzione. Era così difficile leggere quel volto scaglioso e con le corna, e quegli occhi da rettile completamente azzurri e privi di bianco.
“Con quello che ci aspetta… non credo possiamo rischiare una rissa questa notte.” e Lydia si odiò per averlo detto: quella avrebbe potuto essere la loro ultima serata a Whiterun. La giovane donna non era certa che sarebbero tornati dalla loro spedizione al picco di Shearpoint… non entrambi, almeno: quella avrebbe dovuto essere una serata di spensieratezze. Non da passare nell’angoscia del domani.
Lydia però non immaginava che il suo Thane avesse già cominciato a concepire un’opportunità nella sua angoscia: non erano tornati a Whiterun solo per riposarsi dopotutto, ma anche per assoldare qualcuno che potesse accompagnarli nel loro viaggio. Whiterun era città di guerrieri senza pari, ma dopo aver rifiutato l’invito ad entrare nei Compagni, almeno per il momento, la scelta di Coda Spezzata era limitata solo a coloro che i septim potessero comprare. E anche se una persona si era già lasciata convincere dall’oro dell’Argoniano, un’altra avrebbe fatto solo comodo per quello che avevano in mente e dovevano fare… specie se portava il nome di “Invincibile”.
Lydia invece sapeva bene cosa sarebbe successo se Uthgerd e l’Argoniano si fossero incontrati: l’Invincibile era da anni in faida con i Compagni di Jorrvakr, che l’avevano cacciata dalla loro fila. Incontrare qualcuno che ne aveva rifiutato l’invito, poteva solo finire in lotta: Uthgerd era irascibile, orgogliosa e dalla mano pesante. Ecco perché Lydia saltò giù dal suo sgabello, cominciando a cercare la sua bisaccia di monete, e implorando con lo sguardo l’Argoniano di fare lo stesso. Coda Spezzata però non sembrava avere fretta: forse aveva capito che era già troppo tardi.
Lydia non aveva nemmeno finito di contare le monete infatti, che la porta della Giumenta Bardata si spalancò di schianto, e Mikael ci volò attraverso, raccolto attorno al suo liuto in modo che sopravvivesse alla caduta. Sì, il bardo sapeva decisamente come incassare:
“…Buona serata Jon.”
“Mikael.” lo salutò sprezzante il Nord seduto sul ciocco accanto al fuoco.
Jon apparteneva al clan Guerriero Nato: l’Argoniano non sapeva molto di più su di lui al momento, tranne che la sua famiglia era in contrasto con quella dei Manto Grigio, clan a cui apparteneva anche Eorlund. Una rivalità quella che era stata inasprita, o era nata chissà, con lo scoppio della guerra civile a Skyrim: di tutta la sua famiglia però, Jon sembrava il più temperato di idee e parole. L’Argoniano l’aveva ascoltato discutere sulla piazza del mercato durante una delle sue commissioni, sentendogli dire che a Skyrim erano tutti ossessionati dalla morte: qualcosa che Coda Spezzata riconosceva sempre più vera a mano a mano che viveva in mezzo ai Nord.
Mikael si tirò in piedi con un guizzo, riuscendo a rimettersi in piedi da solo e mettendosi subito a suonare: musica, ma niente canto, colpa forse dello zigomo che gli si stava già gonfiando. Doveva essere stato lanciato con molta forza comunque, perché solo in quel momento Uthgerd fece il suo ingresso alla Giumenta Bardata, chiudendosi la porta alle spalle e sbarrando la strada al gelo.
A Coda Spezzata piacque quello che vide: una donna dal volto leonino e dalla giovinezza ormai spenta, capelli di uno sporco castano tenuti in trecce di cera, lo sguardo feroce come quello di una bestia, e una corazza completa di acciaio a piastre che doveva essere spessa almeno mezzo pollice. Una vera figlia del Nord, a cui mancava solamente uno spadone a due mani sulla schiena, che probabilmente l’Argoniano avrebbe trovato nella sua camera alla locanda. Era fuor di dubbio infatti, che alla Giumenta Bardata Uthgerd fosse di casa: quello che l'Invicibile vedeva però, evidentemente non la soddisfece del tutto. O forse il bardo non ne aveva ancora prese abbastanza:
“Se sai cosa è bene per te Mikael, continuerai a suonare. Sono più di quanto tu possa gestire.”
Il bardo non disse niente, ma il motivo che continuò ad uscire dal suo strumento prese più brio, e più vita. Accontentata da questo, fu allora che l’Invincibile si guardò attorno: non ci mise molto a scoprire perché così pochi le restituivano lo sguardo. Né di decidere dove dirigersi: con un coraggio che non sapeva di possedere, Lydia si mise sulla sua strada cercando di fermarla. Tuttavia sapeva già come sarebbe finita: era inevitabile.
“Uthgerd… non questa notte, te ne prego...” ma l’Invincibile non sembrò nemmeno sentirla: l’unico modo in cui riconobbe la sua presenza, fu quello di sbatterla di lato così violentemente da mandare Lydia a ruzzolare sul pavimento, in modo da poter continuare ad avanzare verso l’Argoniano con passi pesanti.
La giovane donna del Nord fece appena in tempo ad incrociare lo sguardo del suo Thane, troppo spaventata per accorgersi di avere il labbro spaccato:
“Si dice che tu abbia rifiutato l’invito dei Compagni, lucertola.” lo apostrofò Uthgerd mettendosi a gambe larghe di fronte all’Argoniano, che era rimasto sul suo sgabello.
“Se fosse?” chiese quieto Coda Spezzata, ricambiando lo sguardo della donna del Nord.
“Ci vuole un bel coraggio a dire di no a Jorrvakr.”
“No. Non molto.” la corresse Coda Spezzata, svuotando d’un fiato la seconda bottiglia di birra, e posandola distrattamente sul bancone: “…Sono state viste cose molto più coraggiose solo questa sera.”
“Ah ah. Davvero? Per esempio?” lo incalzò la Nord.
“Lydia.” la indicò Coda Spezzata: “…Fronteggiare qualcuno più forte di sé stessi senza armatura: più coraggioso.”
“E tuttavia non sei corso a difenderla. Avete un cuore che batta voi altri, e del sangue che scorra?”
“Lydia non è così debole da aver bisogno dell’aiuto di un Saxhleel per rialzarsi. E si erge già orgogliosa: nemmeno i giganti la fanno tremare.” frase questa, che venne ascoltata in rispettoso silenzio: erano andati a caccia dei giganti fuori dalla città? Sarebbe stata Ysolda a confermare quell’impresa il giorno seguente, ma per allora l’Argoniano non sarebbe già stato più a Whiterun:
“E poi tu, Uthgerd. Più coraggiosa ancora.”
“Puoi ben dirlo...” ma l’Argoniano scosse la testa, parlando sempre con voce quieta:
“Tu, con il coraggio di umiliare i compagni di un Saxhleel davanti ai suoi occhi. Coraggiosa… ma molto sciocca.”
“Potrei sconfiggere dieci di voi assieme con un solo pugno.”
“Da quello che è stato visto dei Nord fino ad ora, si può dubitarne almeno.”
Lydia ricordò in quel momento qualcosa che aveva appreso durante i suoi studi segreti per meglio comprendere il popolo del suo Thane. Tutti coloro che si erano presi il disturbo di conoscere davvero gli Argoniani, concordavano sempre su una cosa: per quanto imperscrutabili potessero sembrare, per quanto strana potesse apparire la loro cultura, gli Argoniani erano un popolo di cui era difficile ottenere la fiducia. Ma una volta ottenuta, una volta stretto un legame di vera amicizia con uno di loro, quel legame era indissolubile: anche per questo erano considerati sia eroi che mostri. Non sembrava esistere limite agli estremi a cui un Saxhleel potesse arrivare per coloro che chiamava amici:
“Vuoi sentire della vera saggezza Nord, stivali ambulanti? Non conosci davvero qualcuno fino a quando non hai bevuto qualcosa di forte e non ha avuto una rissa con lui. 100 septim dicono che non puoi vincermi.” affermò Uthgerd, lanciando la sua bisaccia sul bancone di Hulda.
Nessuno, da molto tempo, era stato così disperato o pazzo da accettare quella sfida. Fu evidente quanto Coda Spezzata fosse nuovo a Skyrim quando la sua bisaccia si posò a fianco di quella dell’Invincibile:
“…Una scommessa interessante, ma può essere fatta una migliore.” affermò l’Argoniano alzandosi in piedi, e posando la sua daga a fianco delle due bisacce con un movimento più rapido di quanto gli occhi potessero seguire.
Lydia capì che nonostante la sua voce restasse quieta, il suo Thane si stava preparando a riservare a Uthgerd lo stesso trattamento che aveva inflitto ai briganti di Valtheim e ai molti che avevano affrontato prima di loro. Non stava posando la daga per onore, ma per non usarla per sbaglio durante lo scontro: anche se, considerando gli artigli che aveva sui piedi, quella era forse una preoccupazione inutile...
“E quale?”
“500 septim se sarò messo a terra. I tuoi servizi di guardia gratuitamente se no.”
“Berrò alla tua salute.”
“Si può dubitarne almeno.” ripeté l’Argoniano con la stessa voce.
Avevano l’attenzione di tutta la Giumenta Bardata: nessuno voleva perdersi quello scontro. Vedere qualcuno massacrare il Thane forestiero era qualcosa a cui molti di loro aspiravano di assistere, mentre altri invece volevano semplicemente vedere una rissa scoppiare e il sangue scorrere, magari appena curiosi di scoprire di cosa fosse capace la lucertola su due zampe: in generale, sarebbero rimasti tutti piuttosto delusi.
Fu Coda Spezzata ad iniziare, e anche a finire: prima ancora che Uthgerd potesse muoversi, prima ancora che l’Invincibile sfoderasse quei pugni con cui era capace di uccidere uomini e bestie, l’Argoniano la colpì in faccia con uno dei suoi. Non sul naso, ma tra le tempie e l’orecchio, con la forza di due nocche: un gancio rapido come una frustata e che schioccò quasi allo stesso modo sulla carne e le ossa dell’Invincibile. Un colpo mirato a causare molto più danno della sola forza con cui era stato portato: Coda Spezzata sarebbe stato capace di spaccarle la mandibola, se avesse mirato un po’ più un basso, o lo zigomo, se avesse colpito più vicino a sé. L’Argoniano invece attaccò i nervi e il cervello dell’Invincibile: Uthgerd era una guerriera troppo testarda perché delle ossa rotte potessero fermarla. Così invece, il suo mondo divenne improvvisamente di un accecante bagliore, mentre l’unico suono che sentì fu quello di un fischio nell’orecchio, più acuto di quello del vento. I pugni le divennero pesanti come montagne, e l’Invincibile, che per anni aveva riempito di ammirazione e terrore il resto degli avventori con la sua possanza, scoprì la sconfitta. La donna del Nord rimase a gambe larghe, spostata di un passo all’indietro, la bocca spalancata e storta in un’espressione di incredulità, con le braccia lungo i fianchi.
Coda Spezzata però non era soddisfatto: quello che gli videro fare tuttavia, non era qualcosa a cui gli altri avventori fossero preparati, Lydia esclusa. L’Argoniano calciò, ma invece di colpire, agganciò il pettorale dell’Invincibile con gli artigli, piantando l’altro piede nelle assi della Giumenta Bardata e affondando gli unghioni. Poi sollevò di peso la donna del Nord con la sua corazza, schiantandola a terra con tutta la forza di cui era capace. Mai prima di allora il pavimento della Giumenta Bardata era stato infranto delle risse che erano state combattute sopra di esso, tuttavia perfino quelle assi furono costretto a fare spazio alla sagoma di Uthgerd, quando la donna impattò con tutta l’armatura per terra, provocando il rumore di una valanga e a fiato mozzo.
Nel silenzio attonito dei presenti, il suono degli artigli dell’Argoniano che graffiavano lentamente il pettorale di Uthgerd, lasciando tre segni paralleli nel metallo, furono l’unica cosa a rompere la quiete. Se non avesse avuto quella corazza, Coda Spezzata avrebbe già sbudellato la donna, cosa che fu più che evidente al resto dei Nord riuniti: Uthgerd però non era stata chiamata l’invincibile per caso. Lentamente, più per riflesso che per intenzione, la donna cercò da districarsi da dove era stata conficcata, di tornare in piedi e a combattere, contro chi o cosa però, non riusciva già più a ricordarlo. Coda Spezzata non glielo permise, avanzando fino a darle le spalle e avvolgendole strettamente la coda attorno al suo collo come un cappio. Lo fece usando la parte inferiore della sua coda, non le squame simili ai denti di una sega: Lydia ebbe l’intuizione che l’Argoniano avesse già ucciso in quel modo, strangolando la sua vittima a morte mentre si tagliava le dita e i palmi sugli spuntoni della sua coda… o peggio ancora, rivolgendo quelle squame aguzze all’interno, e recidendo con esse i vasi importanti del collo, lasciando poi la preda a dissanguarsi.
Uthgerd boccheggiava in silenzio, mentre la stretta dell’Argoniano si faceva sempre più forte: proprio come un pesce fuori dall’acqua, steso su una pietra in attesa che il pescatore lo evisceri per poterlo vendere al mercato.
“Lydia.” chiese l’Argoniano con la sua voce quieta: lo sentirono tutti alla locanda.
“Mio… Thane?”
“Da ciò è stato visto, credi che sia stato dato il massimo in questo… scontro?”
“No, mio Thane.” rispose subito Lydia.
Perché era stato disarmato, perché non aveva usato la magia… e, cosa che fu evidente anche al resto dei Nord, perché non solo non era stato colpito una volta dall’Invincibile, che stava continuando a soffocare, ma i suoi vestiti erano ancora lindi e in ordine.
“Tuttavia.” affermò l’Argoniano osservando il resto dei presenti: “…Se da qualcun altro il nostro diritto a bere qui deve ancora essere messo in dubbio, si faccia avanti ora.”
I sibili di Uthgerd e il silenzio degli altri Nord accolsero la sua dichiarazione: l’Invincibile ormai non si dibatteva nemmeno più.
“…E pensare che si aspirava ad una serata tranquilla.” sospirò Coda Spezzata, lasciando andare l’Invincibile, che crollò di nuovo tra le assi, immobile e sconfitta.
Con passo leggero, Coda Spezzata tornò a sedersi al bancone di Hulda, recuperando la sua daga e la sua bisaccia, ma spingendo quella di Uthgerd verso la locandiera:
“Le mie scuse per i danni.” soffiò quasi imbarazzato: “…Un lato spiacevole della mia persona.”
Hulda fece scorrere lo sguardo su Uthgerd e il pavimento sotto di lei, per poi tornare a fissare l’Argoniano che aveva di fronte:
“…Spiacevole?”
“Sembra che sia incline a mettere i preconcetti alla prova.” spiegò Coda Spezzata, mentre la sua mano saliva fino a toccare l’anello di ferro che portava sulle corna: “…Invincibile.” aggiunse poi, indicando Uthgerd con un pollice.
I sorrisi si trasformarono presto in sghignazzi alla Giumenta Bardata, senza che l’Argoniano capisse perché, e quando questo divenne evidente anche agli altri avventori, gli sghignazzi divennero risa. Per poi morire nel silenzio quando Lydia fece una domanda solo all’apparenza innocente:
“Mio Thane… cosa accade quando perdi la calma?”
“Completamente?” chiese l’Argoniano fissandola con un occhio azzurro e Lydia annuì una volta soltanto:
“…Non vale la pena parlarne.” rispose infine con un’alzata di spalle: “Hulda, un’altra birra per favore.”
Cogliendo l’occasione, Mikael ricominciò a suonare il suo liuto, e le conversazioni lentamente ripresero: nessuno disturbò ancora Coda Spezzata o Lydia quella sera. Né qualcuno ebbe il coraggio di spostare l’Invincibile da dove era stata conficcata...
 
Fu un secchio di acqua gelida a svegliare Uthgerd il mattino dopo.
La donna del Nord si destò sputacchiando, trovando Saadia sopra di sé che la guardava con disapprovazione.
“Che c’è?” chiese Uthgerd disorientata alla cameriera Redguard: per Kynareth e Shor, le faceva male qualunque cosa.
Perfino ascoltare la sua stessa voce era doloroso: aveva un fischio incessante nelle orecchie, una morsa alla testa, nella bocca il sapore di sangue, la gola in fiamme… e che Talos l’aiutasse, aveva la schiena a pezzi.
“È l’alba.” rispose di cattivo umore Saadia: “Il Thane mi ha detto di svegliarti e di dirti di presentarti alle porte della città in armatura e spada.”
“Il Thane?” per i nove dei… aveva la voce rauca come quella di un corvo.
“Coda Spezzata. L’Argoniano.” sillabò Saadia.
Funzionò: i ricordi della sera precedente riuscirono ad farsi strada attraverso i lividi che aveva lasciato. Così come la scommessa che aveva fatto e perso:
“Per Shor…” imprecò Uthgerd.
“C’è sempre un pesce più grosso.” la canzonò Saadia, ma senza provare ad aiutarla a rialzarsi: la cameriera dalle mani delicate si sarebbe fatta venire un’ernia se avesse provato a estrarre l’Invincibile dal pavimento. E considerando il suo temperamento, meglio che lo facesse da sé.
Non fu facile, ma imprecando e bestemmiando alla fine Uthgerd ci riuscì. Come scoprì però, restare in piedi era decisamente peggio che giacere sdraiati, tanto che l’Invincibile dovette agguantare una bottiglia da sotto il bancone di Hulda e scolarsela per poter ignorare il dolore. Essendo a digiuno dal giorno prima, il liquido dorato le andò subito alla testa, ma meglio sbronza che inutile, riuscì a pensare, mentre Saadia la guardava con disapprovazione sistemando i tavoli: a parte lei, Uthgerd era l’unica presente alla Giumenta Bardata, cosa che le diede del benedetto silenzio in cui ricomporsi e provare a rimettere in moto il cervello. Non aveva nemmeno idea di cosa esattamente quella lucertola avesse bisogno da lei, o per quanto tempo sarebbe stata lontana da Whiterun, ma al momento non importava: le faceva troppo male tutto per preoccuparsi anche di questo. Però per Shor… mai Uthgerd avrebbe immaginato che ci fosse qualcuno in grado di metterla a terra così in fretta: l’Invincibile poteva prendere a schiaffi le pietre senza sentire nulla. Coda Spezzata probabilmente le spaccava a pugni…
Tuttavia, i Nord hanno una sola parola: quindi fu senza rimpianti o rabbia che salì nella sua stanza alla Giumenta Bardata a recuperare le sue spade, una lunga e una corta, il suo arco e le frecce. Delle provviste non c’era tempo di preoccuparsene. Sotto un sole che le sembrò accecante, ma che invece era appena sorta, Uthgerd camminò a passo di lumaca, orientandosi quasi a fatica in una città che conosceva come le sue tasche: le sembrò di aver marciato per giorni quando finalmente raggiunse le porte della città e invece non erano stati che pochi passi.
Là giunta, Uthgerd poté assistere ad uno spettacolo singolare: tutti i mocciosi di Whiterun erano già in piedi e vigili a quell’ora quasi antelucana, venuti ad osservare la partenza dell’Argoniano dalla città. L’Invincibile credette di vederci doppio o triplo, cosa che non sarebbe stata strana considerato il suo stato, ma dopo aver chiuso e riaperto gli occhi più volte, dovette riconoscere che il numero di mocciosi non sembrava voler cambiare: quindi probabilmente non era solo una visione. A capeggiare il gruppetto c’era la figlia della fruttivendola, Mila… Mila qualcosa, Uthgerd non aveva la forza di richiamarne alla mente il nome completo. La bambina sembrava fare da interprete e intermediario tra il resto dei mocciosi e l’Argoniano, che si stava prestando a giocare con loro, sollevandoli uno alla volta con la sua coda da terra tra gridolini e risa di festa, e brevi litigi su a chi toccasse il turno successivo. Suoni quelli che costrinsero Uthgerd a rallentare ulteriormente: avevano sempre avuto voci così acute?
“In ritardo.” l’accolse l’Argoniano con un cenno d’assenso, a cui l’Invincibile rispose con un suono inarticolato, dando la possibilità a Coda Spezzata di annusare l’alcool nel suo respiro. Non disse niente a proposito però:
“…Devi proprio andare?” chiese lamentoso il figlio minore del clan Guerriero Nato, dai capelli biondi come il grano.
“Devo. Agli dei piacendo, ci si ritroverà.” rispose l’Argoniano, sedendosi sui talloni davanti a lui.
Per la barba di Shor, avrebbe potuto inghiottire la testa del bambino in un boccone solo, e quella corazza color ottone sporco non aiutava a farlo sembrare più rassicurante.
“Ma devi tornare. Devi! Devi ancora piantare il giardino e insegnarmi ad averne cura…” protestò Mila.
Uthgerd osservava tutto con occhio appannato, e quella particolare pretesa, per quanto strana, non riuscì a registrarsi nella sua mente. Coda Spezzata però sembrò sorridere: se non nel volto, almeno nella voce.
Shhaa Mila Valentia. Il tuo zelo si è già guadagnato gratitudine. Un regalo di arrivederci, allora.” rispose l’Argoniano, cominciando a frugare nella borsa da sella che aveva ai piedi, visibilmente gonfia.
Tra tutto quello che Uthgerd poteva immaginare l’Argoniano avrebbe mai tirato fuori da donare ad una bambina, non avrebbe comunque mai indovinato nemmeno se fosse stata sobria e in forma: Coda Spezzata infatti estrasse un fiore dall’aspetto carnoso e del colore del fuoco, che cresceva tipicamente a Skyrim ad alte quote e vicino all’acqua. Un fiore molto bello e dal nome un po’ strano: la forma dei suoi petali infatti, l’aveva fatto battezzare in modo davvero particolare.
“Lingua di drago.” spiegò Coda Spezzata a Mila, passandole il bocciolo con ancora le radici attaccate: un fiore grazioso, per una bambina graziosa.
Della semplice bellezza però, l’Argoniano non sapeva accontentarsi:
“…Un filtro creato dal suo fiore, protegge dal fuoco al punto che si potrebbe danzare tra le fiamme senza farsi male.” notizia questa che venne accolta con il giusto numero di oooh! e aaah! da parte dei mocciosi di Whiterun:
“Te lo affido, Mila Valentia: riuscirà questo fiore a prosperare col tuo aiuto?”
“Io… io ci proverò.” rispose Mila, stringendosi al petto il fiorellino.
Coda Spezzata invece annuì due volte, squadrandoli tutti, per poi rialzarsi in piedi: senza aggiungere altro, l’Argoniano si voltò, caricandosi la borsa in spalla e dirigendosi oltre le porte della città. Uthgerd ci mise un po’ per ricordarsi di doverlo seguire.
Fortunatamente, non andarono lontano: solo fino alle stalle di Whiterun, dove le cavalle del Thane e di Lydia erano già state legato ad un carro scoperto, noleggiato per quel viaggio. Era proprio la giovane Nord ad essere in quel momento in cassetta, mentre nel retro, tra le loro provviste e l'equipaggiamento per il viaggio, allungava le gambe l’altra mercenaria che Coda Spezzata aveva assunto per la loro spedizione a Shearpoint.
“Uthgerd.” la salutò brevemente Jenassa, volgendo verso di lei il suo volto color cenere tatuato d’oro, e i suoi occhi rossi come il sangue, che sfumavano in un rosso ancora più intenso.
Jenassa era una Dunmer, a sua volta un’altra libera mercenaria in vendita al miglior offerente: Uthgerd rispettava le capacità dell’elfa scura, ma non erano mai diventate amiche. Troppo diverse per riuscire a diventare confidenti nonostante il comune mestiere, non solo per la razza differente, ma anche per la loro professionale competizione: non era un caso che Jenassa si recasse alla Giumenta Bardata solamente quando Uthgerd era fuori città, e che allo stesso modo l’Invincibile visitasse la bottega del Cacciatore Ubriaco per comprare frecce solo quando era l’elfa ad essere assente da Whiterun. Vivi e lascia vivere: il loro rispetto professionale ed una vaga conoscenza delle doti dell’altra, aveva fatto sì che non avessero mai voluto scontrarsi.
Nessuno prima di Coda Spezzata però, le aveva mai assunte entrambe per lo stesso lavoro: nessun incarico era sembrato prima così pericoloso. E questa volta l’elfa aveva avuto più fortuna di Uthgerd: Jenassa si era fatta pagare in anticipo per quel viaggio, prima ancora di conoscere la meta.
L’invincibile salì sul carro lentamente, con aria guardinga e la certezza di non lasciare mai la coda dell’occhio di Jenassa, nemmeno quando posò arco e frecce tra loro, assieme alle spade: da parte sua, l’elfa teneva sempre le sue spade gemelle e l’arco a portata di mano. Jenassa era svelta: forse non quanto l’Argoniano, ma nella sua corazza di pelle sapeva piazzare una freccia al buio da duecento passi senza sbagliare. O peggio ancora, tagliarti la testa senza che tu la sentissi arrivarti alle spalle. Il silenzio carico di tensione fra loro fu piuttosto evidente, tanto che dopo aver poggiato la sua borsa sul carro ed essersi seduto a fianco di Lydia, che fece subito partire le cavalle, Coda Spezzata si girò verso di loro:
“Si può sperare in una quieta convivenza tra voi, o si renderà necessario legare entrambe per tutto il viaggio?” di certo l’Argoniano non sprecava fiato: “…Uthgerd?” aggiunse quando una risposta alla sua domanda tardò ad arrivare.
"Il calore della battaglia è il fuoco che forgia le lame più forti. Un vecchio proverbio Nord. Questo, e un vero Nord non si lascia mai scappare la possibilità di mettere alla prova la sua forza.” rispose Uthgerd: l’aria fresca sembrava fare miracoli per il suo stato e le ruote del carro erano belle regolari. Quindi, procedevano con pochi scossoni.
Jenassa invece rispose:
“La morte è la mia arte, e come tutti gli artisti, cerco sempre un mecenate. Per il pugno d’oro che mi hai dato sera, ti seguirò in qualunque pericolo.” come molte Dunmer, anche la sua voce era piuttosto grave e solenne.
L’Argoniano sospirò: quelle risposte non riuscivano a piacergli del tutto, né potevano bastare.
“Si spera che durante il viaggio non venga sprecata della forza in futili litigi. È necessario che questa spedizione riesca. E non solo per il bene della città.” affermò con la sua voce quieta.
“Per quale ragione, sera? Ancora non mi hai detto cosa stiamo andando a fare a Shearpoint.” l’Argoniano sospirò di nuovo: fu Lydia a rispondere per lui, con tono funereo.
“Stiamo accompagnando il mio Thane ad uccidere il drago che si annida sulla cima del picco.”
Fu Jenassa a ritrovare la parola per prima:
"Nerevar..."
"Devo aver capito male." disse Uthgerd infilandosi un mignolo nell'orecchio e sturandolo per bene: "...Mi sembra che tu abbia detto che ci stai portando a combattere un drago."
"Lydia è stata compresa perfettamente. È stato avvistato la prima volta da un cacciatore di pellicce. La notizia è stata poi confermata dai nostri stessi occhi."
"E cosa ti aspetti che facciamo io e Jenassa contro un drago? Per le ossa di Shor...!"
"Quello che ci si aspetta da ogni mercenario: morire per septim naturalmente. Non credevo fosse necessario spiegarlo." l'interruppe l'Argoniano.
Una risposta di una noncuranza davvero terribile.
"...Non si è mai parlato di un drago, sera."
"Allora sarebbe stato meglio chiedere, Jenassa. Prima che la tua firma fosse posta sul contratto." rispose l'Argoniano, per poi aggiungere sovrappensiero: "...I briganti di strada sono prede davvero troppo facili da queste parti." davvero troppo facili, se i migliori mercenari di Whiterun si potevano ingaggiare per così poco e così facilmente. Quando era a Cyrodiil, l'Argoniano non avrebbe mai accettato un incarico senza prima sapere cosa avrebbe comportato, e comunque mai per cifre così basse: centrava poco che lui fosse una Spada Stregata.
"Nerevar..." imprecò di nuovo la Dunmer.
"Almeno tu sei stata pagata, Jenassa. Io sono qui per aver perso una dannata scommessa."
"Che questo ti sia utile per la prossima volta, Uthgerd l'Invincibile."
"...Ho l'impressione di non piacerti molto, Argoniano."
"Non c'è mai tempo a sufficienza per sprecarlo in meschine rivalità. Da morte, il vostro corpo sarà riportato a Whiterun con onore, con un po' di fortuna ancora intatto. Da vive, il vostro contributo verrà proporzionalmente retribuito, e tornerete in città con una storia interessante. Non rendermi necessario il dormire con un occhio solo è un buon modo di cominciare." e con questo, Coda Spezzata sembrò aver detto abbastanza, perché si girò di nuovo, a fissare la strada con Lydia. Shearpoint era a qualche giorno di distanza e il tempo non accennava a migliorare: non avevano fretta di raggiungerlo, e comunque il carro era stato noleggiato pensando al ritorno, più che all'andata.
Ammesso che un ritorno ci sarebbe stato.
Jenassa e Uthgerd si scambiarono un lungo sguardo in silenzio, apprezzando fino in fondo ciò in cui erano capitate: poi, entrambe allontanarono le mani dalle loro armi di comune accordo.
"Mio Thane... quanto a lungo sei stato mercenario a Cyrodiil?" chiese ad un certo punto l'huscarlo, mentre continuava a dirigere le cavalle al piccolo trotto.
"Qualche anno. Ma non quanto a lungo è la cosa più importante."
"Ah no?"
"No. La cosa importante Lydia, è quanto a lungo si è sopravvissuti facendolo." qualcosa che Uthgerd e Jenassa si scoprirono a condividere completamente.
 
Dopo aver circumnavigato la città da est, Lydia aveva diretto il carro verso nord, dritta per il feudo del Pale: questo perché era opinione comune che i versanti più facili del picco di Shearpoint fossero quelli settentrionali e occidentali. Le torri di Valtheim, a est, si trovavano sul fondo di una stretta valle scavata dal fiume: si poteva osservare Shearpoint dalla loro cima, ma solo a causa delle pareti scoscese. Raggiungerlo dalle sponde del Fiume Bianco sarebbe stato molto arduo, e di certo impossibile con un carro, dovendosi fare strada tra piste fra le rocce che solo delle capre avrebbero potuto percorrere.
Dovette però arrivare la notte e il momento di accamparsi perché l'Argoniano cominciasse spontaneamente un'altra conversazione: non si erano ancora allontanati dalla strada principale e avrebbero passato la notte nella postazione di guardia più settentrionale della città, la torre di Whitewatch, dove per la prima volta era arrivata notizia dell'avvistamento del drago. Con la sua carica di Thane e la benedizione dello Jarl, che era stato informato di cosa Coda Spezzata avesse intenzione di uccidere sulla cima di Shearpoint, le guardie del feudo cedettero senza difficoltà i loro giacigli migliori per quella notte: per i quattro, sarebbe stata l'ultima tra confortevoli mura di pietra e sotto calde coperte di pellicce. Il giorno seguente, avrebbero lasciato la strada verso distese molto più desolate e aspre:
"Bene." esalò l'Argoniano guardandole tutte: "...Si direbbe che almeno il desiderio di sopravvivere sia presente." e per le due ore seguenti, mentre preparava filtri con gli ingredienti che si era portato da Whiterun nella sua borsa da sella, l'Argoniano spiegò loro come aveva intenzione di affrontare e, con un po' di fortuna, vincere, il suo secondo drago.
Si sarebbero divisi in due gruppi, Uthgerd con lui, e Lydia con Jenassa: il compito di difendere sarebbe stato dell'Argoniano e dell'huscarlo, l'uno con la magia, l'altra con lo scudo, mentre l’Invincibile e la Dunmer avrebbe usato per prime arco e frecce intinte di veleno. Non una mistura capace di uccidere, si era però scusato l’Argoniano: non aveva accesso ad ingredienti che potevano sperare di uccidere un drago, ma al massimo solo un potente narcotico, che avrebbe dovuto toglierli la forza dalle ali. Questo ovviamente, ammesso che funzionasse anche sui draghi. Perfino in quel caso fortunato però, dato quanto massiccia fosse una di quelle creature, un pugno di frecce difficilmente sarebbero bastate a farlo dormire: si poteva sperare però di rallentarlo un poco o almeno, di farlo scendere a terra. Una volta che questo fosse accaduto, Uthgerd e Coda Spezzata avrebbero attaccato le sue ali, sperando di impedirgli di riprendere il volo: perché per quanto feroci e terribili potessero essere i draghi, perché per quanto potessero fare un solo boccone di uno qualsiasi di loro, solamente a terra li si poteva sperare di uccidere.
Colpire solo le ali con le spade, ripeté più e più volte l’Argoniano: perché sulle altre squame di un drago, le lame di Uthgerd si sarebbero spezzate come ghiaccio sulla pietra. Jenassa invece avrebbe continuato a colpire il drago col suo arco mirando agli occhi, restando però al riparo dello scudo di Lydia, la cui sola importante funzione sarebbe stata quella di resistere ed essere un bastione di fronte a fiamme e fauci. Ferito, accecato e stordito il drago in quel modo, l’Argoniano era abbastanza convinto che sarebbe stato possibile finirlo prima che uno di loro venisse ucciso.
Sarebbe stata una battaglia furiosa, breve e di inaudita violenza, in cui ogni momento si sarebbe allungato all’infinito. Ma, come si premurò di far capire loro Coda Spezzata, nessun buon piano sopravvive all’incontro col proprio avversario: avrebbero dovuto attenersi a quella strategia solo fino a quando avesse funzionato, improvvisando velocemente quando le cose si fossero messe storte. E per quanto affidarsi al fato potesse bastare ad un Nord, gli Argoniani preferivano sfidare il pericolo con cautela: per quando fossero arrivati a Shearpoint, ognuno di loro avrebbe avuto tre dei suoi filtri su cui fare affidamento, oltre al veleno da applicare sulle frecce. Due sarebbero stati uguali per tutti: un filtro di resistenza alle fiamme, ricavato dalle lingue di drago che aveva continuato a spiluccare durante tutta la conversazione, e un sorso del suo miracoloso elisir: non di più, perché se ne fosse servito altro voleva dire che sarebbero già stati morti. Oltre a questo, ognuno di loro avrebbero iniziato la lotta trangugiando la terza pozione, una mistura personalizzata che si adattava al ruolo specifico che avrebbero avuto nella lotta.
Unite a polvere di artigli d'orso, le radici di lingue di drago avrebbero fornito a Lydia e Uthgerd una forza sovrumana, per quanto effimera: abbastanza forse per confrontarsi con un drago, e la ragione in effetti per cui Coda Spezzata ne aveva acquistati così tanti. Bacche di ginepro e foglie di una piante chiamata "orecchie d'elfo", per via della loro forma, avrebbero reso invece ogni freccia di Jenassa un centro quasi certo. A sé stesso invece, l'Argoniano aveva riservato una pozione fatta di due ingredienti opposti, uno dall'acqua e l'altro dalla montagna: un gheppio dorato di fiume ed un fiore rosso di montagna, che assieme avrebbe dato vita ad un filtro in grado di aumentare temporaneamente le sue capacità di tessere incantesimi. In questo modo, così come Uthgerd e Lydia avrebbero avuto un'effimera forza sovrumana, così Coda Spezzata avrebbe posseduto riserve magiche senza pari, seppur per un breve istante. Una necessità, dato che di loro quattro era l'unico a saper usare la magia e la capacità di lanciare fulmini dai palmi sarebbe stata una dote che senza dubbio avrebbe potuto fare la differenza nell'affrontare un drago.
Portenti in forma liquida e di grande valore quelli comunque, cosa che perfino Jenassa e Uthgerd compresero. Coda Spezzata le avvisò tuttavia che se fossero sopravvissuti, probabilmente ne avrebbero pagato il prezzo dopo: i suoi filtri erano miracolosi, ma pur sempre droghe portentose, che avrebbero sforzato i loro corpi ad operare ben oltre il limite naturale. Non sarebbe stato strano se per qualche ora Uthgerd e Lydia non fossero riuscite a muoversi, o se a Jenassa si fosse annebbiata la vista, quando l'effetto dei filtri fosse scemato. Col suo fisico lui ne avrebbe probabilmente risentito di meno, ma avrebbe potuto comunque perdere temporaneamente la memoria o il senno: il prezzo che si paga per infrangere con così tanta forza i propri limiti. Quando però l'alternativa è l'essere divorati, la scelta può apparire semplice, forse fin troppo...
Dormirono tutti profondamente quella notte e per le tre donne il mattino seguente arrivò fin troppo presto: la rivalità tra Uthgerd e Jenassa era stata decisamente sepolta per quel viaggio, cosa che piacque a Coda Spezzata. Accompagnati dallo sguardo delle guardie del feudo, si rimisero in viaggio prima ancora che il sole si staccasse dall'orizzonte: avevano ancora molta strada da percorrere.
 
Il loro secondo giorno di viaggio fu privo di eventi degni di nota: in quella zona la pianura di Whiterun era una piatta distesa intervallata qua e là da rocce grandi quanto una forgia, vecchie pietre di un colore nero-bluastro coperte di neve e licheni giallastri. Come sempre a Skyrim, anche quel giorno faceva freddo, ma né Jenassa, né Coda Spezzata si lamentarono mai di questo, complici anche le coperte che erano a disposizioni sul retro del carro: Lydia e Uthgerd invece ci erano abituate da una vita. Fu proprio l'huscarlo ad accorgersene per prima: più di una volta, durante quella giornata che furono la Dunmer e l'Invincibile a passare in cassetta, Lydia scoprì Jenassa a guardare il suo Thane da sopra la spalla.
Quali fossero le sue ragioni per quello però, Lydia non provò a chiederle: c'era qualcosa negli occhi rossi delle genti di Morrowind, nelle iridi e sclere del colore del sangue, che rendeva difficile cercare la loro confidenza o amicizia. Anche sui Dunmer Lydia non sapeva molto in fondo: Jenassa e l'huscarlo dello Jarl erano in effetti le uniche elfe scure che avesse mai conosciuto, e data la lunga vita degli elfi erano entrambe cittadine di Whiterun da più tempo di lei. Non sarebbe stato strano in effetti, se Jenassa stessa fosse stata più vecchia di Uthgerd e Lydia messe assieme, un pensiero su cui l'huscarlo non aveva mai davvero riflettuto prima di conoscere Coda Spezzata.
In ogni caso, se la giovane donna del Nord si era accorta delle strane occhiate dell'elfa, di certo lo stesso aveva fatto anche il suo Thane: molto poco sembrava sfuggire ai suoi occhi, e poiché lui non dava segno di volersene preoccupare, per quanto più di una volta Jenassa fosse stata costretta a girare la testa di scatto per non incontrare quelli dell'Argoniano, Lydia decise di fare lo stesso. Aveva già troppo di cui preoccuparsi: quel giorno, Shearpoint era ricomparso nel loro orizzonte.
Si accamparono nella brughiera sotto le stelle e le lune quella notte, ricavando una sorta di tenda usando il carro e un masso come appoggio, e lasciando alle cavalle la possibilità di brucare lì vicino: mentre Jenassa si occupava di scovare erba e torba che non fosse troppo umida, con l’aiuto di Uthgerd Coda Spezzata scavò quella che a prima vista sembrava solo una latrina nella terra, ma sul fondo della quale accese poi il fuoco del loro campo. Questo, per evitare che fossero avvistati dalla distanza: probabilmente dall’alto sarebbero stati comunque notati, ma nella vasta pianura il loro fioco falò senza fumo difficilmente sarebbe stato visibile. Lydia invece badò alle cavalle, dando loro la libertà di una notte senza morso in bocca e basto sulla schiena, cosa che le due giumente sembrarono apprezzare:
“…Non mi sono mai piaciute le notte all’addiaccio.” esalò alla fine Uthgerd, gettando sguardi nella notte.
La loro era stata una cena silenziosa, ma almeno ora avevano lo stomaco caldo: il coniglio però, anche guarnito con verdure e frutta portata da Whiterun, riempivano al massimo il corpo, non lo spirito. Uthgerd, e anche Lydia, avrebbero preferito del montone bello grasso e succulento per riempirsi la pancia... e invece c’era solo coniglio. Tanto valeva almeno provare a scacciare lo scontento con un po’ di conversazione: l’Argoniano parlava fin troppo raramente per i suoi gusti, e anche quando lo faceva si esprimeva con una voce molto calma e quieta. Laconico come un eremita da una terra lontana:
“Ci si abitua.” rispose proprio Coda Spezzata: “…E si può insegnare a farlo.” aggiunse dopo un momento guardando Lydia, che ricambiò la sua frase con un sorriso.
La sua istruzione nella magia non era andata molto lontana: per il momento la giovane donna del Nord si accontentava di riuscire a far brillare una luce di candela la metà delle volte. Nello studio alchemico invece la sua istruzione procedeva molto più rapida: memorizzare combinazioni non era difficile, non troppo diverso in effetti dal fare manutenzione ad un arco con le sue frecce. Ripetitivo forse, ma in definitiva non troppo difficile e Coda Spezzata era una persona pragmatica nel suo modo di insegnare. Le inculcava l’essenziale e i meccanismi più superficiali della pratica, ripentendoli fino a quando Lydia non dimostrava di padroneggiarli: della teoria preferiva che fosse la giovane Nord a costruirsi la sua per il momento. Era inutile, le aveva detto, spiegare tomi di principi generali quando Lydia stessa non possedeva l’esperienza per apprezzarli. Alla Nord andava bene così per il momento:
“…Sembrerebbe però che coloro che la tenebra nasconde siano temuti da Lydia e Uthgerd allo stesso modo.” cosa che l'huscarlo ammise con un cenno d’assenso quando l'Invincibile chiese conferma a proposito:
"Gli Argoniani non hanno paura del buio?”
“Non saprei dire: cacciare nelle tenebre mi è più facile che cacciare di giorno. Lo stesso si può immaginare valga per coloro che condividono il colore delle mie squame.”
“...E tu Jenassa?”
“Lo stesso vale per me.” rispose l’elfa scura, che in quel momento stava controllando le sue spade: “…Cammina sempre nell’ombra, così che vedrai i tuoi nemici prima che vedano te: saggezza Dunmer. Inoltre…”
“Inoltre?” chiese Coda Spezzata restituendo lo sguardo di Jenassa, la quale sembrò quasi rabbrividire di fronte a quegli intensi occhi azzurri:
“Prima di stabilirmi a Whiterun, ho pensato di fare il bandito.” ammise la Dunmer senza imbarazzo: “…E non si può continuare ad accamparsi all’addiaccio, in fuga dalla legge, se si temono le tenebre.”
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese Lydia: parlare con Jenassa le era comunque più facile che parlare con Irileth, huscarlo dello Jarl Balgruuf.
Intanto perché in quel momento condividevano missione e Thane, e poi perché Jenassa non era capace di usare la magia. Cosa questa che la rendeva più simile a lei… oltre al fatto che Irileth dava l’impressione di poter uccidere senza alcun rimorso. Lo stesso valeva per Jenassa ovviamente, non era una mercenaria per niente, ma in misura minore:
“Ho deciso che mi piacevano vestiti puliti e sidro fresco.” rispose semplicemente la Dunmer, e i tatuaggi color oro che aveva in faccia sembrarono brillare stranamente nella luce del falò: “…Farò io il primo turno di guardia. Ti sveglierò tra qualche ora, Uthgerd.”
E con questo, la Dunmer si alzò in piedi rinfoderando le spade e allontanandosi dal fuoco: come il suo Thane, Lydia si accorse che anche Jenassa sapeva essere molto silenziosa.
“Tks. È per questo che nessuno è mai felice di vederti.” commentò l’Invincibile rivolgendosi alle tenebre attorno al loro falò: “…Scostante pelle di cenere.”
Insulto quello, che Coda Spezzata commentò con un soffio quasi divertito:
“Possono essere difficili da capire: forse, perché siete abbastanza simili da fraintendervi perfettamente.”
“…Non credo di capire mio Thane.” affermò Lydia, guardandolo allungare entrambi i palmi verso il fuoco: era stato durante una notte come quella che gli aveva visto ricresce un braccio…
“Sono Dunmer.” sillabò Coda Spezzata: “…Il loro passato è tenuto in grande considerazione, per quanto travagliato esso sia. Le leggende di Ysgramor e di come Skyrim stessa fu da lui fondata quando gli uomini giunsero da Atmora, impallidiscono se poste a confronto con le gesta di Nerevar e il tradimento degli Almsivi. O almeno, così si può dire dopo averle studiate entrambe.” aggiunse svelto l’Argoniano, prima che Uthgerd cominciasse a protestare: “…E mentre le tradizioni di Morrowind possano apparire simili a quelle di Skyrim, probabilmente più di ogni altra razza di mer, vi sono poche differenze così profonde da renderle le uniche cose che contano.”
Inutile cercare di riassumere in una sola notte l’era del Falso Tribunale, l’epoca di Almalexia, di Sotha Sil e di Vivec, e di come iniziò e finì per mano di Nerevar, reincarnato come Nerevarine. Superfluo cercare di spiegare perché i Dunmer adorassero ancora oggi tre principi dell’Oblivion come loro divinità principale, e perché chiamassero il trittico di Azura, Boethia e Mephala, il Vero Tribunale. Sarebbe stata necessaria la vita di un elfo per cominciare anche solo a dare un’idea della complessità delle tradizioni Dunmer a qualcuno che, come Lydia e Uthgerd, non l’aveva mai sperimentata…
Superfluo sì, e arrogante: quelle storie non appartenevano all’Argoniano.
“Si può dire che i Dunmer siano stati accecati dal loro passato: fino al punto di credere che la ragione sia generata solo dalla sofferenza dei propri antenati.”
“…Tu cosa credi, sera?” chiese la voce di Jenassa dalla parte opposta da dove l’avevano vista sparire.
Solo sforzando molto gli occhi Lydia riuscì ad intravederla: Coda Spezzata le rispose senza girare la testa.
“Che la sofferenza dei propri predecessori possa essere un’effimera saggezza al massimo.” esalò l’Argoniano, cominciando a stendersi: un compito non facile con la sua corna e la coda. Specie a causa di quest’ultima, Coda Spezzata dormiva prono, con un braccio sotto la gola per dare modo al suo volto di lucertola di non piantarsi nella terra: come Lydia aveva già notato, sotto le stelle il suo Thane dormiva con almeno una daga già nel pugno. Sembrava davvero un’enorme serpente di tenebra e oro…
Quando la giovane Nord scrutò la notte un’ultima volta cercando la forma di Jenassa, non riuscì a trovarla.
 
***
 
Lo trovarono quando il terreno sotto le ruote e gli zoccoli aveva già cominciato a salire da un po', e Shearpoint incombeva sempre più vicino.
"...Cosa credi che sia?"
"Non ne ho la minima idea n'wah."
Uthgerd fissò Jenassa e la sua pelle color cenere:
"N'wah? A lui lo chiami sera." ribatté la donna del Nord, indicando l'Argoniano che assieme al suo huscarlo stavano circumnavigando il perimetro della cosa che avevano trovato.
"Lui mi paga." rispose Jenassa.
"Sarà..." ma anche a Uthgerd era diventato evidente quanto ormai l'elfa fosse pronta a scattare ad ogni ordine di Coda Spezzata: era cominciato tutto dopo quella strana conversazione attorno al fuoco di qualche sera prima.
Strano a dirsi, da allora Jenassa sembrava più... spontanea: felice quasi, di essere lì a rischiare la vita con tutti loro e non poteva essere di certo per i semptim. Uthgerd era perplessa, ma i Dunmer erano scostanti e difficili da avvicinare come puledri non ancora domati. E in definitiva comunque, all'Invicibile importava molto poco di Jenassa ormai: più il loro viaggio continuava, più la mercenaria del Nord si scopriva a desiderare di arrivare alla meta.
L'Invincibile non era una sciocca: più gli anni passavano, più diventava lenta, i sensi si annebbiavano e ci voleva un po' di più per tirarsi in piedi, come dimostrava il modo in cui era stata ingaggiata. Morire masticati da un drago delle antiche leggende non sarebbe stato un modo niente male per andarsene, tutto sommato: una morte da vera eroe e figlia di Skyrim. E più pensava a questo, più la sensazione di appartenere a quella spedizione, all'essere stata destinata tanto tempo fa ad essere lì, si faceva più forte: la loro era una missione voluta dal fato. Per un Nord non c'era niente di meglio di una simile impresa: il suo morire in essa o sopravvivere era nelle mani degli dei, ma comunque fosse andata, uccidere un drago sarebbe stato qualcosa...
Qualcosa di cui nemmeno i Compagni avrebbero mai potuto vantarsi di aver fatto l'uguale.
Per Talos... la vecchia ferita nella sua anima, il suo terribile errore di tanti anni fa che aveva segnato così tanto la sua vita e le sue notti. Se chiudeva gli occhi, Uthgerd sentiva ancora le ossa fratturarsi sotto le sue mani... e ora, lo stesso fato che l'aveva esclusa dai suoi sogni per così tanto tempo le dava una possibilità: non quella di unirsi necessariamente ai Compagni, ma avere una storia da tramandare e delle gesta che fossero solo sue. Le veniva data la possibilità di afferrare molto più di quanto Uthgerd avesse mai osato sognare. Non avrebbe permesso a nessuno di frapporsi fra lei e la gloria questa volta, nemmeno lei stessa.
Uthgerd si stava scoprendo grata a Coda Spezzata per averla voluta con lui: una Nord grata ad un Argoniano... di certo questo avrebbe fatto ridere la sua vecchia quando e se glielo avesse raccontato.
"Spero solo che si sbrighi. C'è qualcosa di innaturale qui."
"...L'hai percepito anche tu quindi: come un brivido nell'aria. Qualche potere malvagio è all'opera in questo luogo."
"Hai già provato qualcosa di simile?"
"Qualche anno fa sono stata assunta per accompagnare dei Bretoni ad un'antica tomba Nord: volevano farsi un'idea di come fossero davvero gli antichi sepolcri di Skyrim. Spiando appena oltre la soglia, tra le tenebre e le pietre, ho percepito qualcosa di molto simile a... questo. Qualunque cosa essa sia. Sera ci saprà dire di più."
"Dici che è anche un esperto di rovine Nord?" Jenassa si concesse un sorriso di fronte alla stupidità di Uthgerd:
"La magia è più di qualche incantesimo: permette di vedere il mondo con più occhi... E osservare l'invisibile cambia sempre lo spirito. Come te, io non ho mai praticato la magia, eppure percepiamo entrambe che qualcosa è successa in questo luogo, ma lo facciamo in modo vago. Per lui deve essere molto più intenso, e allo stesso tempo chiaro." e forse anche per Lydia, se il suo modo di muoversi rivelava qualcosa a proposito. Oppure, più semplicemente, il buon huscarlo reagiva al nervosismo del suo thane.
Coda Spezzata completò lentamente la circumnavigazione della rovina che avevano trovato, e si sedette poi sui talloni per osservarla ancora: difficile capire la sua forma originale ora. Era stata costruita dagli uomini del Nord, questo era certo, ma non sembrava l'ingresso per uno dei loro sepolcri, come ad esempio le rovine di Bleak Fall Barrow, doveva aveva trovato la misteriosa pietra per il mago di corte di Balgruuf. Ciò che restava ed era stato portato in superficie, era tutto quello che ci fosse mai stato: si doveva solamente immaginare a cosa fosse servito, perché si potesse indovinarne la forma esatta. O partire all'inverso: quello che avevano davanti era un anello di pietre che aveva costituito un muro, posto però in profondità nella terra. Avrebbe potuto essere un giardino ipogeo, se non fossero stati in mezzo al niente di Skyrim, e se quelle pietre non risalissero ad almeno qualche secolo fa. Lo scorrere degli eoni aveva compattato quei sassi in modo molto regolare: erano lì da molto. Una fossa quindi? Un buco scavato nella terra per gettarvi tutti i corpi di una battaglia dimenticata? Eppure... i muri erano stato inclinati verso l'interno, una precauzione che sembrava inutile nel caso di una tomba. Qualunque cosa fosse stata messa lì dentro, gli antichi Nord non volevano che uscisse fuori: tuttavia, pareva che dopo secoli qualunque cosa fosse stata imprigionata, avesse finalmente avuto la sua libertà. Il terreno era smosso e scavato dall'interno: qualcosa era uscito, svellendo il coperchio e le pareti della sua...
"...Una prigione. Si è trattato di una prigione."
"Mio Thane?"
"Lydia... gli antichi Nord di un tempo, come uccidevano i draghi?"
"Non lo facevano. I draghi sono immortali mio Thane. Quando era possibile, li imprigionavano." come del resto testimoniava il teschio sopra il trono dello Jarl...
"E se non era possibile? Se un Drago cadeva in mezzo alla pianura?"
"Allora... fuggivano prima che risorgesse?" provò Lydia.
"Oppure... veniva costruita una prigione nella terra, per impedire loro di farlo. E ora, dopo ere, è stato liberato da qualcuno o da qualcosa. Ecco da dove è arrivato il drago avvistato a Shearpoint. Non dal cielo. Ma dalla terra. Sono state mai viste rovine simili a queste per il feudo?"
"No, mio Thane."
"Mhsaa... almeno non ci si dovrà preoccupare di draghi che spunteranno nella pianura come Hist."commentò Coda Spezzata, lasciando cadere una delle pietre che aveva raccattato.
Non valeva la pena provare a spiegare a Lydia il resto, tuttavia c’era… un’eco, un’ombra, di qualcosa che aveva già provato da quando era arrivato a Skyrim. Il drago nero che aveva distrutto Helgen, e le profondità della tomba Nord vicino a Riverwood, dove era stato eretto quello strano muro in cui le parole gli erano apparse fatte di luce… entrambi quei prodigi condividevano un legame con questo luogo. C’era un filo conduttore che li legava tutti, ma quale fosse, Coda Spezzata ancora non riusciva a comprenderlo.
Il drago nero… curioso che nessuna altra città fosse stata attaccata dopo Helgen: distruggere quel luogo non era sembrato costare molta fatica a quel Dovah...
Coda Spezzata si alzò di scatto: si rese conto di aver appena pensato in una lingua che non aveva mai appreso.
Come poteva essere? Nessuno dei testi che aveva consultato avevano mai parlato di questo: se davvero lui era un Sangue di Drago, le leggende tramandavano che avrebbe dovuto impossessarsi solo della forza dei… Dovah. Qualcosa di sottilmente inquietante: perché se uccidere un drago aveva già piantato in lui parole senza che se ne fosse accorto, cosa sarebbe stato della sua mente quando ne avesse sconfitti dieci? O cento?
Per un uomo o un elfo, l’idea di perdere la propria identità avrebbe potuto scuotere l’animo… ma poiché lui era un Argoniano, la stessa paura non riuscì ad insinuarsi nella sua mente. Gli Argoniani si consideravano al pari di una fiasca: se anche il liquido che lo riempiva poteva cambiare, il contenitore non si sarebbe rotto, né avrebbe traboccato. Coda Spezzata si divertì ad immaginare al massimo come sarebbe potuto cambiare: nessun Saxhleel aveva mai avuto ali o sputato fuoco. Ma rispetto ai camminatori di terra asciutta, lui era già a metà del viaggio...
“Mio Thane? Stai… sorridendo?”
“Sì. E No. Cambiare è l’unica costante di questo mondo Lydia: lo si tenga bene a mente.” e detto questo, l’Argoniano voltò le spalle al sepolcro del drago che stavano andando ad uccidere di nuovo. Con un po’ di fortuna, definitivamente questa volta.
“…Quanto ancora per Shearpoint?” chiese Coda Spezzata una volta tornato al loro carro.
Jenassa guardò Uthgerd, la quale ponderò la domanda attentamente:
 “Le pendici o la cima?”
“La cima.”
“Due giorni.”
“Si faccia in modo di arrivarci all’alba. E a piedi: sarebbe meglio non annunciare il nostro arrivo e desiderio di combattere, se non con frecce avvelenate.”
“Che motivo c’è per questo?”
“Tenebre e luce sono osservate con la stessa chiarezza da un drago. Nel tempo in cui le ombre si allungano, al crepuscolo, potrebbe esistere per noi una possibilità.”
“Credi davvero che potremmo sconfiggere un drago, sera?”
“Perché no? Uno è già caduto. È tempo che anche Lydia, Uthgerd e Jenassa siano messe alla prova da questa leggenda.”
E quello strano quartetto di opposti, di persone così diverse tra loro, si scoprì unita per la prima volta da quando era cominciato quel viaggio, nell’intento comune non solo di raggiungere Shearpoint e brillare nella gloria, ma anche magari di tornare da esso. Sentimento quest’ultimo, condiviso perfino dalle loro cavalle: montando sul carro, Lydia realizzò che non era mai stata così lontana da Whiterun, e che allo stesso tempo, mai le era importato così poco.

Sono una persona cattiva per aver fatto finire qui questo capitolo e  questa raccolta?
Spero di no. La ragione per questo, è che Saraan Sul, non vuole essere il racconto delle gesta del prode Dovahkiin, ma l'inizio delle sue avventure, in cui lo straordinario e il prodigioso sono ancora eccezzioni alle sue giornate. Spero che questa storia vi sia piaciuta nonstante quanto raramente l'abbia aggiornata, ma d'altro canto, volevo scrivere davvero un altro capitolo su Coda Spezzata e rubando piccoli momenti nel tempo, sono riuscito a mettere insieme questo capitolo in... molto, troppo tempo. La vita reale è davvero un crudele tiranno :)
In ogni caso, spero davvero vi sia piaciuto. Bye!
  
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