Titolo: La colpa dei sopravvissuti.
Autore: Cinzia N. Spurce.
Fandom: Teen Wolf.
Wordcount: 885.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Missing moments.
Note dell’autore: Questa mini mini oneshot è stata scritta per l’iniziativa Piscina di prompt attiva su Live Journal e con vari fandom. Che dire, Teen Wolf mi ha messo di buon umore e mi ha ridato la voglia di scrivere perciò, tenetevela. È ambientata dopo la 3B, c’è quindi tanto angst con Lydia che non ha più Allison al proprio fianco. Ci rivediamo giù per qualche delucidazione sulla storia.
La
colpa dei
sopravvissuti
«Sopravvissi,
non so come, alla notte».
E.
Dickinson
Ecco
come ti senti, ferma su quell’auto mentre tua madre ti fissa
preoccupata,
dietro le sue iridi chiare, dietro la sua ansia da persona che non
capisce come
possa essere successo, solo qualche notte prima, una simile disgrazia.
«Se
non te la senti puoi sempre...» ma la tua peggiore disgrazia
è sempre stata
quella di essere fottutamente razionale e sai che dovrai parlarne, sai
che
dovrai aprire quella porta e sviscerare ogni più intima e
dolorante emozione
per poter poi andare avanti, anche per lei, soprattutto per lei, ma non
sei
ancora pronta ad affrontare quel mostro fatto di parole e compromessi
con te
stessa, con il destino, con il maledetto mondo che sembra avercela con
voi e
che sembra aver deciso che – no!
– non
avrete pace, forse nemmeno negli anni a venire, perché
dolori di quel calibro
te li porti dietro fino alla tomba e, cazzo,
tu sentirai le morti di tutti loro e per un attimo ti affascina il
pensiero di
mettere a tacere la tua voce prima che i loro nomi seguano quelli di
Allison e
Aiden, perché tremi al pensiero di sentire rimbombare nelle
orecchie, e di
riflesso nella voce, i nomi di Stiles, il
tuo caro Stiles, o di Scott o di Derek; e con rammarico
realizzi che quella
notte ha cambiato tanto le vostre vite da decimarvi, oltre che nello
spirito anche
nel branco.
«Devo
farlo, ho solo bisogno di...» e ti si mozza il fiato in gola.
È un attimo e
scopri quella terrificante sensazione della mancanza
d’ossigeno nei polmoni, il
tremore alle mani. Pensi di morire, pensi di non farcela, pensi che
quella è la
volta buona, andrai via e magari rivedrai Allison, la
tua Allison, a cui non hai potuto dire ciao,
perché una Kitsune
oscura ha deciso di portarti via prima che potessi anche solo guardarla
negli
occhi un’ultima volta.
Cristo!
Il
pensiero di
non averle detto addio ti lacera fino dentro a ogni più
piccola fibra del tuo
essere e non c’è nessuno a bloccarti gli attacchi
di panico, a toglierti il
respiro per fartelo tornare regolare, perché chi si
preoccupava per te adesso o
è morto o sta messo peggio.
Sta
davvero
succedendo questo a noi?
Pensi
in maniera ossessiva mentre stringi le mani sulla tua borsa firmata,
chiudi gli
occhi, li serri tanto da farti quasi male e con la bocca cerchi di
immagazzinare aria.
Ma
come cazzo si
torna a respirare?
Il
respiro te l’hanno tolto quando hanno ucciso la tua migliore
amica, così in
fretta da non darti il tempo di realizzarlo, perché quando
quel nome lo hai
urlato non ti eri nemmeno fermata a pensare che fosse proprio il suo
quello che
stavi buttando fuori. Pensavi di dover dire addio al tuo piccolo
Stiles, così
fragile in quel momento e così testardamente coraggioso da
venire da te nonostante
non si reggesse in piedi, invece quando credevi di urlare il suo nome
hai urlato
quello di Allison, sconvolgendo te stessa, morendo un po’ con
lei.
Quando
riapri gli occhi senti tua madre chiamarti preoccupata mentre tra le
mani
stringe il cellulare pronta a telefonare al 911, non si è
ancora abituata agli
attacchi di panico, agli incubi, ai silenzi oppressivi da fine del
mondo, da
devastanti sensi di colpa e morti inflitte a voi a tradimento,
perché cittadini
e, vostro malgrado, guardiani di una cittadina che vi sta togliendo
tutto senza
darvi in cambio nulla, nemmeno gli addii.
Le
sorridi senza espressione, con quegli occhi vuoti, e cerchi di
tranquillizzarla, di dirle che va tutto bene, ormai il male
è passato e solo tu
e il branco sapete come quel dolore non andrà più
via, mai, nemmeno tra un
milione di anni, perché la logica dei lupi vi è
entrata dentro e perdere un
membro del branco è come perdere un arto e tu hai perso
quella parte di cuore
che era la solarità, la bellezza, la forza del vento e della
vita.
Chi
è Lydia
Martin senza Allison Argent?
La
metà di un
intero,
ti rispondi senza neanche riflettere.
Sbatti
lo sportello della macchina e entri in quello studio che ha il sapore
degli addii
non voluti, falsi e detti in ritardo. Sa di malinconia e lacrime, ha
l’odore
stantio della tristezza, con quel filo pungente di dolore e
così forte il
soffocante senso della perdita.
Ti
siedi sul divanetto di pelle, che tanto ti accoglierà nei
prossimi giorni e
credi fermamente che non lo mollerai tanto presto, perché
davvero pensi di
sopravvivere a Beacon Hills senza andare in terapia?
Il
terapista si avvicina, si siede di fronte a te, prende la cartellina in
mano,
ma sai che non crede al fatto che stavolta parlerai, perché
al contrario del
sarcasmo di Stiles o della brutale onestà di Scott tu hai
deciso di affrontare
il tuo lutto chiudendoti in un ostinato silenzio.
Ti
guarda e valuta su cosa concentrarsi oggi per costringerti ad
affrontare questo
lutto e allora tu lo stupisci, senza dargli il tempo di formulare un
pensiero
sganci la bomba.
«Siamo
dei sopravvissuti, noi! Non so come, non so perché, ma noi
siamo sopravvissuti,
è questa la nostra colpa».
E
taci, perché dirlo è già tanto per te,
dirlo e conviverci sarà una punizione
più che crudele per te.