Film > Howl's moving castle
Ricorda la storia  |      
Autore: Yo Yo Sango 16    01/05/2016    1 recensioni
Sophie si sente brutta. Il giorno precedente al Calendimaggio dovrebbe essere un giorno di festa, eppure si sente presa in giro da tutti per il suo aspetto e ne soffre. Inoltre tutti non fanno altro che parlare del mago Howl. Ma chi è costui? E se fosse solamente un terribile demone spaventoso? Sophie ancora non sa che quel Calendimaggio le porterà una persona ben diversa da un malvagio demone assetato di cuori.
Eccomi tornata con una one-shot su una delle coppie che amo di più al mondo, per festeggiare questo (piovoso) Calendimaggio. Spero vi piaccia. ^^
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calcifer, Howl, Markl, Sophie | Coppie: Howl/Sophie
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Va tutto storto”, pensai, lanciando un cappello di stoffa verde sul letto con poca grazia. Il copricapo fece un suono attutito, rotolando giù dalle coperte e finendo sul tappeto.

Lo guardai. Era il secondo cappello che avevo rovinato quel giorno ed ora era anche tutto sgualcito. In quel momento mi sentivo proprio come quel cappello.

Prima che me ne accorgessi, mi si appannarono gli occhi di pianto.

-Sophie, sei qui dentro?-

Mi asciugai le lacrime con la manica del vestito e andai a recuperare il cappello sul tappeto.

-Entra pure.-

La porta si aprì e lasciò apparire la figura elegante e pomposa di mia madre. Indossava un lungo vestito rosa pieno di fiocchi lilla, che quasi non passava per l’uscio. Con l’aria afflitta e una mano sul cuore, mi si avvicinò con aria patetica.

-Come stai, tesoro?-

Assunsi la mia solita aria impassibile e matura, cercando di ignorare il doloroso nodo che mi chiudeva la gola.

-Bene, madre. Perché me lo chiedete?-

Mia mamma mi fissò, lo sguardo dolente, alla ricerca di un qualsiasi cedimento da parte mia. Capendo che non avrei ceduto facilmente, mi si avvicinò e si sedette sul letto, dove poco prima avevo lanciato quel povero cappello verde.

-Sei sfrecciata in camera tua dopo quel brutto incidente di oggi... e così pensavo che…-

-Se pensate che me la sia presa, vi sbagliate- dissi, tornando alla mia scrivania e prendendo in mano il copricapo sgualcito.

Vi furono alcuni minuti di silenzio, in cui si sentiva solamente il rumore metallico delle mie forbicine che tagliavano il filo della cucitura.

La voce di mia madre mi fece sobbalzare.

-Io ti credo, Sophie. So benissimo che non avresti mai cercato di derubare quella signora.-

Al ricordo di quella mattina, mi salì prepotentemente la rabbia un’altra volta. Cercai di trattenere il tremore delle mani, mentre continuavo a tagliare con foga i fili e disfacevo tutto il mio lavoro.

-Sicuramente era invidiosa del fatto che tu fossi una ragazza matura e con un lavoro dignitoso. Non tutti alla tua età possiedono una forza d’animo come la tua.-

Volevo parlare e mandarla via in qualche modo, ma la gola era ancora chiusa da quel fastidiosissimo nodo e temevo che, se avessi provato a spiccicare parola, mi sarebbe tremata la voce. Sperai con tutte le mie forze che il mio silenzio la invogliasse ad uscire.

Eppure sapevo com’era fatta mia madre.

Imperterrita, continuò a spiegare come quella signora fosse conosciuta in tutta Market Chipping come una cialtrona e che, nonostante i vari tentativi, non era mai riuscita a trovare delle amicizie per via della sua lingua lunga.

Feci grandi respiri per cercare di calmare il dolore alla gola e di mandare giù le lacrime, senza ascoltare tutto quel fiume di parole.

Sentì che mia madre si era alzata dal letto e pensai che finalmente si fosse arresa. Invece si avvicinò a me e mi posò dolcemente una mano sulla spalla.

-Dimmi la verità, Sophie…-

Sentii la prepotente voglia di scacciarle la mano con un gesto.

-Te la sei presa perché ha detto che nemmeno il mago Howl ti degnerebbe di uno sguardo?-

Una sensazione bollente mi salì su per lo stomaco, fino a raggiungere velocemente il viso.

Con uno scatto mi alzai violentemente dalla sedia e mi girai verso mia madre, paonazza dall’ira.

-Che diavolo volete che mi interessi?- gridai.

Mia madre indietreggiò, sorpresa della mia reazione.

-Pensate che mi importi veramente di essere corteggiata da Howl? Smettetela di nominarlo tutti come fosse un dio! Nessuno lo ha mai visto, magari è solamente un cialtrone che dice di essere un potentissimo mago. Non desidero essere corteggiata da lui. Non desidero essere corteggiata da nessuno!-

Dopo qualche secondo di smarrimento, mia madre tornò in sé e corrugò la fronte, contrariata.

-Non parlarmi con quel tono, signorina.-

Con rabbia, pestai un piede sul pavimento, dicendo:

-Ormai ho già diciotto anni. Da quando papà è morto, questa è diventata la mia bottega, ma non l’ho di certo scelto io di essere la figlia maggiore. Io odio stare qui dentro! Odio questi stupidi cappelli e odio essere trattata come una commerciante di terz’ordine!-

Quando vidi lo sguardo ferito di mia madre, capii di avere esagerato. Non era giusto arrabbiarsi con lei e lo sapevo.

Confusamente guardai tutti i cappelli ammucchiati in ogni cantone della mia stanza. Non era vero che li odiavo. I cappelli non avevano nessuna colpa se ero nata brutta.

Mia madre ora stava in silenzio e mi guardava, senza abbandonare la sua espressione risentita. Non ero mai stata abituata a rivolgerle parole dure e sapevo di averla delusa.

Dopo qualche altro attimo di silenzio, si tirò su la grossa gonna con entrambe le mani e girò i tacchi, dirigendosi verso la porta della mia stanza.

-Spero che tu sappia che a questo mondo il destino non ci pone quasi mai davanti ad una scelta. Il destino ha voluto che tuo padre morisse prematuramente e che ti lasciasse la bottega di cappelli. Questo è il tuo futuro, che tu lo voglia o meno.-

D’un tratto la stanza mi sembrò tremare e cominciare a restringersi su di me. Le pareti si avvicinavano e il soffitto mi schiacciava verso il basso.

Mia madre si girò per scoccarmi un’occhiata gelida.

-Ricordati che domani è Calendimaggio. In tutta la città ci sarà un gran fermento e tu dovrai esporre i capi della nuova collezione.-

Detto ciò, aprì la porta ed uscì.

La prima cosa che feci, non appena anche l’ultimo lembo della gonna rosa fu scivolato fuori dalla mia stanza, fu aprire tutte le finestre.

 

Fuori il sole era caldo e gli uccellini cantavano sugli alberi in fiore. La primavera era la mia stagione preferita in assoluto. Sembrava che il mondo tornasse a vivere dopo un lungo periodo di sonno oscuro e freddo. Il sole faceva capolino sempre più spesso dalle nuvole, l’erba tornava a colorarsi di un verde smeraldino e anche la gente sembrava più felice e spensierata.

Quando ero piccola Calendimaggio era la festività che adoravo di più. L’aria di festa si cominciava a percepire già da una settimana prima.

Anche quel giorno sembrava che tutta la città fosse in fermento. Il profumo della pasta per i dolci aleggiava soave nell’aria, ovunque si sentiva il rumore dei martelli che picchiavano sui chiodi, il fruscio dei festoni che venivano appesi ed il chiacchiericcio allegro delle donne del paese che correvano a comprare abiti eleganti per il giorno dopo.

Il mio pensiero volò a mia sorella Lettie. Chissà che daffare aveva oggi! Preparare tutti i dolci per il giorno dopo doveva essere molto stancante. Anche lei avrebbe lavorato, come me, senza potersi godere la festa.

Chiusi la porta della mia cappelleria a chiave e salutai le commesse che andavano a comprarsi qualcosa per il pranzo. Per un po’ rimasi a contemplare il viavai di gente indaffarata ed eccitata. Sembrava un 30 aprile in preparazione del Calendimaggio come tutti gli altri.

E invece c’era qualcosa di diverso nell’aria.

Oltre all’atmosfera di eccitazione e di euforia per la grande festa che ci avrebbe fatti sognare tutti il giorno dopo, vi era anche un certo nervosismo. I motivi erano principalmente tre.

Innanzitutto il giorno dopo, insieme alla festa, vi sarebbe stata anche la parata dei militari in partenza per la guerra. Questo significava salutare trionfalmente tutti quei sacrifici umani in coda verso il macello. Per le madri che salutavano i figli e per le mogli che salutavano i mariti, quello del giorno dopo non sarebbe stato un Calendimaggio felice.

In secondo luogo, si diceva che ormai da giorni fosse stato avvistato il castello del terribile mago Howl gironzolare nei dintorni di Market Chipping. Questo rendeva ogni donna nervosa e nel contempo eccitata.

Compresa la malvagia Strega delle Lande Desolate. Ecco il terzo motivo per cui i cittadini di Market Chipping erano inquieti, dato che le Lande Desolate non distavano molti chilometri dal nostro paesino.

Io, a dire il vero, non provavo né eccitazione né inquietudine per il giorno che sarebbe seguito. In realtà, avrei solo voluto che finisse in fretta.

 

Scesi i gradini in pietra che portavano al centro del paese e mi ritrovai in mezzo a tantissima gente. Per un momento pensai di aver sbagliato giorno e che fosse già arrivato Calendimaggio.

Mi lasciai avvolgere dal chiacchiericcio animato delle persone e vagai senza una meta precisa, con la mente priva di pensieri. Il brontolio del mio stomacò mi ricordò che ore fossero e capii che dovevo sbrigarmi a cercare da mangiare o la mia pausa pranzo sarebbe finita prima che avessi mandato giù qualcosa. Così imboccai la via dei negozi principali e detti un’occhiata alle vetrine splendenti.

Mentre passavo accanto ad una boutique, la mia attenzione venne catturata da un abito indossato da un manichino dall’espressione apatica. Mi dovetti fermare a guardarlo meglio. Era un abito lungo, semplice, di un giallo acceso che metteva allegria al solo guardarlo. Mi ricordava molto l’estate.

“Chissà… se non costasse troppo…” pensai, lanciando un’occhiata diffidente al cartellino del prezzo. Con felicità, notai che non era per nulla caro e che me lo sarei potuta permettere senza problemi.

Mentre riflettevo sul da farsi, sentii la porta del negozio aprirsi ed uscirono due ragazze. Sicuramente un poco più giovani di me, sghignazzavano gioiose con le loro sporte piene di acquisti. Nonostante fossero due ragazzine e non fossero per nulla truccate, emanavano una bellezza irresistibile.

Ripensai inevitabilmente a quella mattina e mi tornò quella sensazione spiacevole. Un forte disagio mi inondò la testa e rinunciai a quel vestito, proseguendo spedita.

“Tanto su di me starebbe sicuramente malissimo” pensai, sentendo nuovamente il nodo fastidioso in gola.

Con ancor più fastidio, realizzai di aver dimenticato a casa anche il cappello. Non mi piaceva andare in giro senza. Odiavo il mio viso e con un cappello sulla testa avevo più possibilità di nasconderlo e di evitare gli sguardi pungenti della gente.

Mentre camminavo celermente alla ricerca di un negozio di alimentari, non mi accorsi di essere seguita. Solo dopo alcuni metri, alle mie spalle giunse una voce che mi chiamava.

-Ehi, cappellaia.-

La voce di donna che aveva pronunciato quelle parole con una forte nota di scherno non mi parve di conoscerla. Indecisa se fermarmi o meno, mi venne alla mente improvvisamente il discorso che mi aveva fatto un giorno mio padre:

“Sii sempre gentile col prossimo, Sophie. L’educazione e il rispetto vengono prima di tutto.”

Fu unicamente per questo che le mie gambe si fermarono, nonostante desiderassi fortemente tirare dritto e ignorare la proprietaria di quella voce.

Quando mi girai, incontrai un viso paffuto, truccato alla perfezione nonostante l’età adolescenziale della proprietaria. La fronte aggrottata e il suo sorriso di derisione mi urtarono immensamente. Non fu difficile notare la somiglianza fra quel viso e quello rugoso della donna maleducata di quella mattina.

“Non poteva andare peggio” pensai, affranta.

La ragazza mi si avvicinò con passi pesanti.

-Non credere che io mi sia dimenticata dello sgarbo subìto da mia madre stamattina. So bene che hai cercato di venderle il tuo cappello ad un prezzo più alto di quello segnato sul cartellino.-

Indurii lo sguardo.

-Vi ho già spiegato che una delle mie impiegate si era sbagliata a scrivere quella cifra. Non ricapiterà più un errore del genere.-

-Credi che mi sia bevuta la tua storiella, cappellaia?-

Respirai a fondo.

-Ho già venduto quel cappello a vostra madre con uno sconto, mi sembra.-

La robusta donna fece una risatina isterica.

-Era il minimo! Pensi che basti chiedere scusa dopo un errore? No, mia cara, non è così facile.-

Strinsi i pugni e cercai di sembrare più rilassata che potevo.

-Allora che cosa dovrei fare?-

Lei agitò una mano in aria.

-Tu nulla. Sappi solo che se il tuo negozio comincerà ad avere una cattiva nomea, sarà solamente colpa tua.-

Poi incrociò le braccia, con l’aria predicante.

-Mia madre l’ha sempre detto che eri troppo giovane per fare la proprietaria di un negozio. Tuo padre doveva avere qualche rotella fuori posto per darti in mano una responsabilità così grande.-

Non riuscii a trattenermi. Se fossi stata una brava commerciante, avrei dovuto salutarla cordialmente e levare la corda. Stavolta però non riuscii a frenare la collera.

Tutto… ma non mio padre.

-Mio padre era una persona rispettabilissima, al contrario vostro. Non vi permetto di usare quelle parole su di lui. Se la mia bottega non vi soddisfa, voi e vostra madre potete andarvene pure altrove e non far mai più rivedere la vostra faccia nel mio negozio!-

Le orecchie mi fischiavano e il sangue mi ribolliva cocente nelle vene. Se avesse osato ancora una volta rivolgere un’offesa verso mio padre, non avrei davvero saputo rispondere delle mie azioni.

La faccia della ragazza ora sembrava sul punto di esplodere. Dopo aver cambiato diversi colori, faticavo a credere che sarebbe mai più tornata come prima.

-Brutta impertinente…- balbettò, confusamente.

Dopodiché mi girò le spalle.

-Sappi che le tue parole ti si ritorceranno contro, mia cara. Le persone ingrate vengono sempre punite.-

Poi, prima di andarsene disse:

-Non è sicuro per una ragazza andarsene in giro da sola, ultimamente. Non lo sai che c’è in giro il malvagio mago Howl?-

Mi scoccò un’occhiata maligna.

-Ah, già… in effetti è impossibile che Howl metta gli occhi su di te.-

Detto ciò si allontanò con passo impettito, lasciandomi sola e ferita.

 

Quando arrivai alla panetteria del paese, mi era completamente svanito l’appetito. Avrei messo comunque qualcosa sotto i denti, non volevo saltare il pasto.

Non appena misi piede all’interno della bottega, rimpiansi amaramente di non essermi portata dietro il mio fidato cappello. Una voce squillante mi giunse alle orecchie, nonostante ciò non riuscii ad alzare lo sguardo da terra.

-Buongiorno e benvenuti!-

La ragazza dalla voce allegra non appena mi vide esclamò:

-Sophie! Non mi aspettavo di vederti qui.-

Vedendo che non alzavo gli occhi su di lei e non udendo risposta da parte mia, mise il broncio, pronta a rimbrottarmi per le mie maniere poco educate. Ma non appena vide grosse gocce cadere dalle mie guance e schiantarsi sul pavimento di legno, lanciò lo straccio che teneva in mano su una sedia e corse da me.

-Che ti prende? Che è successo, Sophie?-

Scossi la testa, incapace di dire niente.

Odiavo essere colta in un momento di fragilità. Avevo ormai diciotto anni ed ero la più grande e la più matura delle mie sorelle. Tuttavia con Lettie era sempre stato diverso. Con lei riuscivo sempre a sfogarmi senza difficoltà, perché fra di noi era quella con il maggior istinto materno.

Prima che me ne accorgessi, Lettie si era slegata il grembiule ed era corsa nel retrobottega a comunicare che si prendeva una pausa. Tornando da me, prese due filoni di pane e me ne porse uno.

-Non hai ancora mangiato, vero?-

Scossi la testa e mi lasciai portare fuori di lì.

Mia sorella Lettie era molto bella. I riccioli d’oro le cadevano morbidi sulle spalle, gli occhi color del mare risplendevano di una luce decisa e le labbra carnose facevano gola ad ogni passante. Inutile dire che mia sorella aveva molti pretendenti…

A differenza mia.

-Lettie, che cos’ho che non va?-

Lei mi guardò tristemente.

-Non hai proprio nulla che non va, Sophie. Perché me lo chiedi?-

Mi asciugai le lacrime con la manica del vestito di seta pesante e tornai a guardare il marciapiede.

-Sembra che la gente provi gusto a prendersela con me.-

Mia sorella mi sfregò dolcemente una mano sulla schiena.

-Non dire sciocchezze, sorellona. È ancora per via del tuo aspetto?-

Strinsi forte i pugni, finché non vidi impallidire le nocche. Lettie lo prese come un assenso.

-Sorella, quante volte te lo devo ripetere? Non è l’aspetto che conta, ma ciò che una persona ha dentro. Tu sei una ragazza buona e diligente, intelligente e premurosa.-

-Sono solo semplicemente brutta- mormorai, mentre sentivo che le lacrime sarebbero tornate di lì a momenti.

-Smettila di dire che sei brutta, Sophie!- esclamò Lettie.

Dopodiché sospirò profondamente.

-In un certo senso, sei fortunata a non essere guardata da tutti.-

La guardai storto, facendole capire che non mi sentivo affatto fortunata ad essere nata così.

-Perché mai dovrei essere fortunata?- chiesi, seccamente.

-Perché almeno hai minor possibilità di correre rischi. Per esempio di entrare nelle mire del mago Howl…-

Al suono di quel nome, mi tappai le orecchie, esasperata.

-Howl, Howl, Howl, Howl… mi parlate tutti quanti di lui! Se sento un’altra volta il suo nome oggi, esplodo!- gridai.

Mi alzai dalla botte di legno vuota su cui mi ero seduta per mangiare il pane e cominciai a camminare in cerchio, borbottando.

-Si può sapere perché quel mago è sulla bocca di tutti? Che cos’ha mai fatto di speciale? Nessuno lo ha mai visto dopotutto, giusto? Potrebbe essere semplicemente un impostore che si fa chiamare da tutti “grande mago” e che invece non vale un soldo bucato. Potrebbe aver messo in giro una voce falsa su di sé e tutti abboccate alla sua trappola come sciocchi. Come fate a sapere che non sia semplicemente un uomo di mezz’età, donnaiolo e scapolo? Sono sicura che sia un uomo rugoso, pelato e dai vestiti malconci…-

La risata di mia sorella fermò il mio girovagare inquieto. Dopo avermi guardata come se fossi pazza per diverso tempo, ora Lettie rideva di gusto con quella sua risata cristallina.

-Sorellona, ma che ti passa per la testa?- rise lei.

-Non so… ipotizzavo- mormorai, imbarazzata per il mio comportamento di poco prima.

Una cosa era certa: tutto questo subbuglio per un semplice mago da strapazzo mi causava un certo fastidio.

-Beh, sorella, non puoi certo negare che soltanto un mago molto potente può muovere un castello di quelle dimensioni. Non è certo un gioco da ragazzi.-

-Sì, ma mi hanno detto che è soltanto un cumulo di macerie.-

-E tu riusciresti a far muovere un cumulo di macerie?-

Incrociai le braccia, sotto lo sguardo dolce della mia sorellina.

-No, ma se fosse un signore, almeno avrebbe potuto costruirsi una reggia.-

Lettie rise ancora.

-Avrà dei gusti particolari.-

La guardai ridere ancora un po’ e poi mi risedetti sopra la botte vuota.

-Lettie, non vorrai mica credere a quello che si dice in giro su di lui?-

Lei fece spallucce.

-Che vuoi che ti dica? In panetteria entrano centinaia di persone ogni giorno ed è impossibile non ascoltare quel che si dicono. Molti dei miei clienti dicono di aver avuto parenti o conoscenti il cui cuore è stato mangiato da Howl.-

Questa volta fui io a ridere, nonostante la mia fosse solo una risata nervosa e di scherno.

-E tu ci credi?-

Mia sorella sbuffò.

-Non so se crederci o meno, va bene? So solo che quelle voci mi inquietano molto. Penso che sia lecito provare paura, no?-

Feci un segno di assenso poco convinto e fra noi calò di nuovo il silenzio.

-Io credo che molte donne sperino proprio di finire sotto le grinfie di Howl- pensai ad alta voce.

Lettie mi guardò sconvolta.

-Ma che dici?!-

-Dico che sta diventando un vanto per molte persone in questa città. Invece che pensare al pericolo, la gente comincia a trovarlo un gioco eccitante. Io penso però che se davvero Howl facesse tutto quello che si dice in giro, più che ad un mago assomiglierebbe ad un demone.-

Mia sorella pensò per un po’ alle mie parole e poi annuì.

-Hai ragione. Howl dev’essere per forza un demone. Ecco perché la Strega delle Lande Desolate lo rincorre continuamente.-

Poi fece una risatina divertita.

-Sarebbero una bellissima coppia, non credi?-

Le feci un mezzo sorriso anch’io, sperando fortemente dentro di me che prima o poi quei due sarebbero spariti dalla faccia della Terra.

Finii di mangiare il mio filone e mi alzai dalla botte.

-Grazie, Lettie. Parlare con te mi fa sempre bene.-

Mia sorella mi sorrise ed improvvisamente si batté una mano sulla fronte, sconvolta.

-Accidenti, che sbadata! Ho parlato così tanto di Howl che mi sono dimenticata di chiederti che ti è successo oggi!-

-Non fa niente, davvero- dissi, scuotendo la testa. -Te lo racconterò un’altra volta.-

Detto questo, mi allontanai per tornare alla mia bottega. Da dietro le spalle sentii mia sorella che mi gridava:

-Fai attenzione per strada!-

Feci un sorriso triste e alzai una mano per tranquillizzarla.

-Non corro pericoli.-

 

Il giorno dopo mi alzai dal letto ancor più abbattuta del giorno prima. Non con poca fatica feci colazione e scesi al piano di sotto per aprire il negozio. L’aria mattutina era fresca e frizzante. Nonostante fosse solo l’alba, in giro si potevano scorgere moltissime carrozze e persone assonnate che andavano a preparare i negozi aspettando il grande evento.

Per un attimo fui scossa da una sensazione eccitata, mentre una vaga speranza che quel Calendimaggio potesse diventare un giorno speciale in qualche modo, si fece spazio fra le mie stanche membra. Mi sentivo scossa e agitata, chissà per quale stupida ragione.

“Non sei più una bambina, Sophie. È da un pezzo che i festeggiamenti del Calendimaggio non ti riguardano più di persona” dissi a me stessa, mentre giravo la chiave nella serratura.

Il negozio buio dormiva ancora. Andai a svegliare i cappelli aprendo le finestre e lasciando entrare la luce del sole che stava sorgendo proprio in quel momento. Un refolo d’aria mi fece rabbrividire.

Sistemai quattro o cinque cappelli in disordine e mi dissi che avrei aspettato di sopra le altre commesse, che sarebbero giunte di lì a momenti.

Passando davanti allo specchio mi sistemai la treccia, fatta alla bell’e meglio poco prima. Poi guardai il mio negozio riflesso sul vetro e ascoltai il silenzio che regnava. Una delle poche cose che amavo del mio lavoro era aprire il negozio. Adoravo quel silenzio assorto che faceva sembrare tutto più magico.

D’un tratto mi ricordai della discussione fatta con mia sorella il giorno prima. Inevitabilmente il mio pensiero corse alla figura misteriosa del mago Howl. Chissà se anche all’interno del suo castello si sentiva un silenzio così tranquillo? E chissà che il suo comportamento fuori dai limiti non fosse dovuto alla solitudine che provava, tutto solo nel suo grande castello?

I miei pensieri furono interrotti dal rumore della porta d’ingresso che si apriva e sobbalzai per la sorpresa. Le mie colleghe entrarono tutte insieme facendo un chiasso tremendo. Ridevano e parlottavano gaie del giorno di gran festa appena iniziato. Non appena mi videro, mi sorrisero gentilmente, salutandomi.

-Buongiorno a voi. Se mi cercate, sono di sopra a riparare i cappelli- dissi, come ogni mattina.

E così feci e non misi più piede al piano di sotto fino alla pausa pranzo.

 

 

Dei rumori lontani mi giunsero alle orecchie e lentamente tornai al mondo reale. Aprii faticosamente gli occhi e drizzai il collo. Mugugnai di dolore, scoprendo di avere tutta la schiena, le spalle e il collo indolenziti. Lentamente mi misi a sedere composta sulla sedia su cui mi ero addormentata.

Mi girava la testa e avevo lo stomaco in subbuglio.

“Non avrei dovuto addormentarmi qui”, pensai, portandomi una mano alla fronte.

-Tutto bene?- mi chiese una vocetta, prudentemente.

Mi stropicciai gli occhi impastati di sonno e mi lasciai scappare uno sbadiglio esagerato.

-Sì, non ti preoccupare. Stanotte ho dormito pochissimo e mi sono appisolata qui sulla sedia. Per questo mi fanno male tutte le spalle e mi gira un po’ la testa- dissi, facendo un paio di stiramenti, per rimettere in funzione la schiena.

Quando tornai a guardare il camino, due occhietti preoccupati mi guardarono timidamente.

-Calcifer, tranquillo, sto bene davvero!- risi, vedendo la sua espressione.

Nell’udire le nostre voci, una testa ricciuta spuntò dalla Sala degli Incantesimi.

-Accidenti, scusate. Ho rovesciato due ampolle e temo di aver fatto una gran confusione.-

-Oh, non ti preoccupare, Markl. Non era un sonno molto riposante il mio- sospirai.

Erano ormai tre le notti che passavo in bianco. Mi sarei assolutamente dovuta procurare un sonnifero una volta o l’altra, pensai.

-Markl, saresti capace di creare un intruglio in grado di donare sonni piacevoli?-

Il ragazzo annuì, deciso.

-Sto proprio imparando ad utilizzare le erbe. Vedrò cosa posso fare.-

-Magari chiedigli qualcosa anche contro il mal di testa- suggerì Calcifer.

Markl si allarmò e corse da me.

-Sophie, hai mal di testa? Pensi di avere la febbre?-

-Forse c’è in giro qualche strana malattia- mormorò Calcifer, facendosi buio.

Il ragazzo si mise le mani fra i capelli ramati.

-Se fosse così, con la mia magia io di sicuro non riuscirei a fare nulla! Dovremmo correre da un medico… no, forse è meglio avvertire subito il signor Howl…- balbettò, mentre correva avanti e indietro per il castello.

Nonostante avesse ormai tredici anni, era facile che andasse nel panico per un nonnulla.

-Ragazzi, vi prego, calmatevi! Ho solamente detto che ho un po’ di mal di testa!- esclamai, sospirando.

Tanto per rendere ancora più rumorosa la situazione, Markl calpestò per sbaglio la coda ad Heen, il quale stava cercando di dormire ai piedi del camino e che cominciò subito a guaire per il dolore. Calcifer scoppiò a ridere sguaiatamente, mentre Markl cercava di scusarsi con il nostro cagnolino.

Con tutto quel trambusto, mi stavano solo facendo aumentare ancora di più il dolore. Inoltre, mentre Heen azzannava una mano del ragazzino ed egli gridava disperato, non ci accorgemmo della porta d’ingresso che si apriva.

Solo dopo qualche istante avvertimmo la presenza sulla soglia ridere allegramente di tutta quella confusione.

-Non vi si può lasciare da soli per due ore che mettete in subbuglio tutta la casa.-

Chiudendosi piano la porta e il sole splendente alle spalle, un ragazzo di estrema bellezza si avvicinò a noi, facendoci ammutolire tutti. Ogni volta che entrava, mi sembrava come se fosse la prima volta che lo vedevo. Un po’ a tutti faceva quell’effetto, a dire il vero.

I capelli mori e perfettamente lisci arrivavano ormai alla schiena e splendevano di mille riflessi dai toni bluastri. Le iridi azzurre come il cielo limpido brillavano di una luce particolare ogni volta che ci guardava. Era sempre una gioia per lui tornare in famiglia e lo sapevamo tutti.

Col suo andamento aggraziato, si diresse verso di noi e pareva che danzasse senza toccare il suolo. I miei polmoni si riempirono del profumo soave dei fiori di campo.

Stare in sua presenza era come ricevere l’estate in persona.

Questo momento magico fu spezzato dalla voce preoccupata di Markl, che si precipitò da lui.

-Signor Howl, Sophie sta male!-

A queste parole, negli occhi del mago più famoso del regno guizzò un lampo di paura. Puntò il suo sguardo magnetico su di me e aggrottò la fronte.

Calcifer aggiunse:

-Dice di avere mal di schiena. E ha mal di testa.-

Io mi affrettai subito a smentire.

-Nulla di grave! Ho dormito scomoda e sono solo un po’ indolenzita. Sono loro che esagerano. Sto benissimo, guardate!-

Per cercare di tranquillizzare tutti, mi alzai in piedi e feci due piccoli saltelli.

-Visto?- dissi, sorridendo e cercando di nascondere la fatica.

Howl corrucciò ancor di più lo sguardo e mi si avvicinò, minaccioso.

-Sophie… non dirmi che hai tentato di fare le pulizie anche oggi.-

Arrossii e abbassai lo sguardo a terra, senza riuscire a reggere il confronto con quegli occhi magnetici. Dopo qualche secondo di silenzio, sputai il rospo.

-Solo in cucina, lo giuro…- mormorai.

Howl sospirò lungamente.

-C’era una ragnatela enorme sotto il lavandino e non potevo lasciarla lì… dopotutto se in questa casa non faccio io le pulizie, non le fa mai nessuno- piagnucolai.

Non sentendo arrivare risposta dal ragazzo, alzai gli occhi su di lui e lo vidi trattenere a stento le risate.

-Tu stai ridendo di me!- esclamai, offesa.

Howl non riuscì più a resistere e scoppiò a ridere, con quella sua risata meravigliosa. Mi sentivo già guarita da ogni male.

-Sophie, non cambierai mai- rise lui, senza più trattenersi.

-Che antipatico, che cosa vorresti dire?- dissi io, avvicinandomi e alzando le mani per colpirlo, ma lui me le bloccò in alto, continuando a ridere.

-Niente, niente- mi disse, prima di rubarmi un bacio a tradimento.

Quando sentii le sue labbra delicate sulle mie, mi sciolsi come tutte le volte. Era come subire una piccola scarica elettrica per tutto il corpo. Forse era la sua magia.

Dopodiché mi lasciò i polsi e, dopo avermi accarezzato i capelli argentati, si diresse in cucina.

-Ho una fame! Che ci prepariamo da mangiare oggi?-

Io rimasi qualche secondo ad assaporare quella sensazione tiepida all’imboccatura dello stomaco che mi faceva sempre sentire al settimo cielo. Poi lo seguii di là, ignorando la sua domanda.

-Sai, prima stavo sognando il nostro primo incontro.-

Howl aprì la dispensa, in cerca di qualcosa di buono da preparare.

-Ah sì?-

Annuii, appoggiandomi allo stipite della porta. Ripensai teneramente a quel giorno.

-Quando sei apparso al mio fianco, pensavo fossi un angelo venuto dal cielo per salvarmi- mormorai, sentendo ancora i brividi di quel giorno.

-La tua presenza misteriosa mi aveva spaventata e allo stesso tempo tranquillizzata. Mi chiedevo chi fosse quel bellissimo straniero dai capelli dorati che mi teneva stretta a sé.-

Howl sorrise, mentre svitava il tappo di un barattolo.

-Non avrei mai pensato che potessi essere tu il famoso mago Howl.-

Col piede feci dei cerchietti sul pavimento.

-Insomma… ero convinta che Howl fosse un mago da quattro soldi, che diceva in giro di essere il più affascinante di tutti i ragazzi del regno e che invece fosse solo un uomo qualunque, alla ricerca della popolarità.-

-Oppure un terribile demone spaventoso che mangiava i cuori delle fanciulle, giusto?-

Scese un pesante silenzio su di noi. Markl era tornato nella Sala degli Incantesimi e Heen si riposava ai piedi di Calcifer, perciò anche nel salotto non si udiva volare una mosca.

-Sei stato calunniato anche oggi?- chiesi.

Howl aprì l’acqua del lavandino e non rispose. Lo scroscio all’interno della pentola riempiva i nostri pensieri.

-La gente proprio non riesce a farsi gli affari propri- borbottai, tristemente.

Il moro si girò e mi mostrò un grande sorriso.

-Non ci faccio quasi più caso. Se la gente vuole pensare che io sia solo un demone malvagio, che faccia pure. Non ho combattuto la guerra per essere chiamato “eroe”.-

Poi si fece buio e cercò di non mostrarmelo, girandosi verso il lavello.

-Solo non sopporto quando dicono che ti tengo rinchiusa nel mio castello per farti chissà cosa.-

Abbassai lo sguardo a terra e poi mi avvicinai a lui, seria.

-Se la pensano così, allora ci sposteremo.-

Howl mi rivolse uno sguardo afflitto.

-Ancora? Sono stanco di dovermi sempre spostare per colpa della mia nomea. Avremo bisogno di stabilità d’ora in poi, Sophie, lo sai anche tu.-

-Vorrà dire che ci sposteremo per un’ultima volta!- esclamai, decisa.

Lui non mi rispose, chiudendo l’acqua. Lo guardai tirare fuori delle patate dalla dispensa ed un coltello.

-Sai, quando capii che quel ragazzo eri tu, realizzai finalmente il perché tutti a Market Chipping parlavano sempre di te.-

Gli spostai una ciocca di capelli mori che gli era caduta davanti agli occhi con due dita.

-E non potevo crederci che un mago così meraviglioso, avesse scelto me, la brutta cappellaia della bottega Hatter- risi.

Howl smise di pelare le patate e mi guardò, serio.

-Tu non sei brutta, Sophie.-

Io gli rivolsi un sorriso dolce.

-E tu non sei un demone, Howl.-

I suoi occhi brillarono di una luce fortissima e sentii il mio sentimento per lui bruciarmi forte nel petto.

-Lasciamoci alle spalle quello che dice la gente e godiamoci la nostra bella famiglia.-

Howl mi sorrise, mi si avvicinò e appoggiò entrambe le mani sul mio enorme pancione.

-E soprattutto il nuovo arrivato- mormorò.

Misi le mie mani sulle sue, che stavano accarezzando la mia pancia, e annuii forte.

-Quasi dimenticavo… buon Calendimaggio.-

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Howl's moving castle / Vai alla pagina dell'autore: Yo Yo Sango 16