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Autore: donteverlookback    01/05/2016    1 recensioni
Luca e Cassandra sono due ragazzi molto diversi, ma con una passione in comune: entrambi sognano la facoltà di medicina. E' proprio al test di ammissione che si noteranno, sconosciuti un po' meno estranei in quella marea di ragazzi come loro, rimanendosi immediatamente simpatici.
Monica Casteldiani è una giornalista milanese che non ha mai pensato di conoscere un altro uomo dopo aver divorziato da suo marito, ma dovrà ricredersi dopo l'incontro con un suo aspirante collaboratore, Diego.
Lorenzo ed Elisa sono in vacanza con amici quando decideranno di trascorrere la vita insieme e verranno a conoscenza, la stessa sera, di una terribile e triste storia d'amore.
Queste e molte altre storie di persone dalle vite diverse, a sfondo principalmente romantico, della quale coglieremo solo un frammento per volta.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Luca De’ Domini amava il suo paese.
Amava il modo in cui tutti si conoscono, sono collegati, in cui i nomi dei tuoi familiari si rincorrono di bocca in bocca e qualcuno può sempre aggiungere qualcosa alla loro storia- qualcosa che non hai sentito, un’addizione della memoria che non puoi avere quando hai diciotto anni e ami il mondo, ma ne hai visto meno di un millesimo. Amava la bruma mattutina degli appennini toscani, che nascondono ma non rubano e restituiscono volta per volta quel poco, fino a dare indietro i gloriosi paesaggi di morbide colline e vallate, e mucche e pecore e cavalli che non puoi non sorridere quando li vedi. Amava tutto questo – e amava Eleonora, con la certezza gloriosa del primo amore. Ed Eleonora non lo ricambiava e voleva Enrico, con lo sguardo fiero e il cervello fino. Ma Enrico l’aveva messa incinta e senza sapere nulla se n’era andato, e allora Luca aveva detto che l’avrebbe fatto lui il padre del bambino: a tanto era disposto per la sua Ele. Ma Ele era andata dai suoi nonni a Siena e non l’aveva più vista. E con la forza dell’amore giovane e distrutto Luca aveva guardato avanti.
Era nato da una coppia giovane e sposata da poco, gente semplice che faceva un lavoro onesto, ristoratori per i turisti amanti dell’aria fredda che batteva loro sul viso già da settembre, quando la montagna esige il suo prezzo e riporta tutto come vuole, e il vento sembra il potentissimo soffio di una divinità aliena; ci viveva Luca coi suoi, la sorellina di sette anni e la nonna sdentata che era più saggia di tutti loro fino a che non l’avevano trovata davanti al televisore che dormiva, di un sonno che non aveva niente di pacifico e molto di definitivo, di quelli che non ridanno indietro niente se non i ricordi…a chi resta. Quelli che dormono li hanno visti uscire coi piedi in avanti, tutti, uno per uno. Casa loro era ora più smorta e silenziosa, ma lo spettro della nonna indugiava nei ninnoli e nei centrini della sala, nell’odore di cera d’api che appestava i mobili, nella scorta nascosta di caramelle che amava regalare ai nipotini. Quando Luca sa che sua nonna poteva essere salvata, compra dei libri di preparazione e si ostina a voler entrare a Medicina.
Le brutte esperienze spesso plasmano le menti più forti: come allenatori dei muscoli mentali sono degli inflessibili istruttori, fino a che la più alta delle montagne degli altri non sembra che una collinetta. Cosa vuoi che siano gli Appennini delle menti altrui quando tu, con la tua, sai scalare l’Everest?
 
Cassandra Callisto detestava il suo nome.
Partendo dal presupposto che Callisto era così ridondantemente greco da farle venire il voltastomaco, i suoi genitori avevano avuto l’ardire di chiamarla Cassandra, Cassie per gli amici. Il tutto la faceva sembrare una principessina viziata che tutti vedevano bene a lettere antiche o in un’altra facoltà simile. Invece Cassandra Callisto detestava la letteratura e amava la scienza, ma viveva la scuola con una vacuità quasi invidiabile per chi ha diciotto anni e il peso di grandi aspettative addosso: non può essere altrimenti quando tua madre è un avvocato e tuo padre un architetto, e molti ti invidiano il fisico sì ben fatto – i boccoli castani lunghi quasi fino ai reni, gli occhi grigioverdi e il fisico ben modellato della ballerina- e la posizione sociale di chi fa almeno due vacanze l’anno. Cassie odiava la vacuità della sua vita e voleva riscattarsi, far capire che lei era più di un bel visetto e un vestito firmato, e coi soldi di mamma e papà, con la quale si pagava le feste e gli svaghi, decide di comprare i libri di preparazione.
Dopo la maturità, Cassie vuole la medicina.
 
Otto settembre è cerchiato a fuoco nella mente di entrambi: il momento della resa dei conti in cui il campagnolo e la ragazzetta viziata dimostreranno a tutti di che pasta sono fatti, mostrando due innegabili lati della giovinezza: un ideale vago e la voglia di riscattarsi. Rivoluzioni incredibili sono partite con molto meno.
Si divorano i libri, da tutti e due i lati. La giornata è scandita da studio e test, ripasso, riposo e da capo, un circolo senza fine con cui vuoi renderti invincibile o col quale cadrai miseramente. Si allenano a essere svegli e veloci e imbattibili, e imparano e incamerano con un andamento cerebrale quasi bulimico, un apprendimento che comincia a sbafo da svegli e si ripercuote su sogni fatti di cellule e di biochimica, di matematica e di fisica. Luca ha affrontato la maturità con la calma determinazione che lo contraddistingue, studiando seduto sui rami degli Alberi, tra i suoi pascoli e i suoi campi; Cassie si è concessa una notte di discoteca e alcol giurando a sé stessa di non rifarlo fino a medicina. Poi si è chiusa in casa con determinazione, pantaloncini e canotta e il bel viso sudato e struccato chino sui libri; quintali di cioccolata per lei per nutrire il cervello e silenzio grazie alla mamma in vacanza col fratello e il padre a lavoro che fa tarda notte tutte le sere.
La sera della discoteca, l’ultimo giorno di scuola, Cassie è andata a ballare al class col suo nuovo paio di scarpe di un rosso peccaminoso, il tacco non altissimo che ne slancia la figura, i pantaloncini e la canotta che fanno altrettanto. Ha rilanciato sguardi e sorrisi Cassie, il cervello sempre più anestetizzato dalla sua vodka alla pesca che va giù che è una meraviglia, liscia come seta e calda nel suo stomaco, dove si attorciglia come un serpente soddisfatto. Si lancia in una pista di aria e sguardi bollenti, resa sciolta e provocante nei suoi movimenti fluidi, quelli di chi si sente il corpo potente e presente a sé stesso dalla testa ai piedi, la capacità di muoversi di una pantera, sciolta e maliziosa. Ha ballato con le sue amiche, scherzando e lasciandosi andare sulle note degli Avicii e cantando con forza sugli Imagine Dragons, la sua icona, il suo idolo. È tornata a casa alle 5, puzzando di sudata gioventù e libertà agli sgoccioli e alcol e erba fumata a occhi chiusi che lei non ha toccato, ché cosa te ne fai dell’erba quando i tuoi voli mentali e pindarici li puoi fare muovendoti a occhi chiusi al ritmo di un battito frenetico – cuore cervello e giovinezza.
La sera della discoteca, l’ultimo giorno di scuola, Luca è andato a fare un falò coi suoi amici, Luca Giovanni Emilio Elisabetta e Francesca, una famiglia atipica dove confessarsi i desideri e i sogni e le speranze va bene e non è una cosa paurosa. Emilio ed Elisabetta si scambiano quegli sguardi affamati che caratterizzano chi si assaggerebbe la pelle e le labbra volentieri, chi è pronto ad esplorare il futuro insieme. Giovanni chiede il silenzio sugli astanti e poi li guarda da sotto quelle ciglia lunghissime, che sono l’invidia delle sue amiche, e con un bel sospiro esclama “Sono gay!”. Attimo di silenzio degli amici e poi scrollate di spalle e un “Ah, ok” che mette fine a ogni discussione. Giovanni è sempre sé stesso, e non importa a nessuno se non cerca le curve generose di una ragazza ma la solida presenza di un ragazzo al suo fianco. E va bene così: si cresce e si impara e si cambia, e gli amici sono lì pronti ad accogliere ogni cosa. L’amicizia, per i cinque semplici ragazzi di montagna, è un porto sicuro, un prato verde privo di insidie, pieno di rose senza spine. Passano la serata a ridere, a fare progetti e a giurare che non si separeranno mai – promesse vuote in cui credere sul serio. Giuramenti fatti su un sangue che non condividono, ma che scorre in loro come una pozione di gioventù, un tacito legame che accomuna.
 
Così, per il ragazzo tranquillo e la ragazza determinata, era cominciata l’ultima estate prima del futuro, quello vero che ti cade addosso non sai nemmeno perché. Cassie aveva preso una casa in affitto con le amiche a Palma di Maiorca, in una zona piena di discoteche da spiaggia e relazioni di un minuto, dove un ballo lega un amore destinato a sciogliersi col palpito del primo sole: caldo e sudore si mischiano, e Cassandra respira le emozioni con la paura del condannato a morte, pensa ai libri che la aspettano a casa e ad ogni drink che si nega, a ogni ballo che rifiuta, può vedere una nuova ragazza forte che si spiana la strada, un aratro di vita che non è ancora abituata a trascinare e che per questo pesa il doppio. Ma c’è Debbie, la sua Debbie, che le insegna come tirare.  I genitori di Debbie sono operai, e lei si sa arrangiare bene; si sono trovate sulla stessa linea Debbie e Cassie, nomi inusuali e aspetti simili, pronte a condividere il pane senza pensare a chi lo paga. Debbie sta per andarsene a Bologna a fare matematica, con una borsa di studio per le eccellenze: il suo cervello, nascosto sotto la chioma di riccioli rosso-oro, è una calcolatrice prodotta a incastro perfetto. Hanno condiviso sogni e progetti in maniera così intensa da fare quasi male.
 
Luca e la sua famiglia – non quella di sangue, l’altra famiglia – hanno preferito Dublino e l’Irlanda, un’estate all’insegna dell’esplorazione di una terra bellissima e misteriosa, lontana dai fumi grigi di Londra e Manchester e Liverpool – un posto bello, chiaro, tranquillo, dove ovunque ritrovano gli U2. Camminano per le strade di Dublino a notte alta, un po’ brilli, cantando “One” con sentimento e dividendosi le parti corali come viene, ridendo e dandosi la mano per formare una catena. Visitano tutti i pub che incontrano, flirtando in quell’inglese bleso della pronuncia irlandese. Si danno di gomito davanti agli sguardi insistenti, sfoggiando jeans e magliette, tacchi e gonne che nella loro montagna non sarebbero adatti. Si divertono e progettano, pronti a dividersi fisicamente e non dividersi mai. Una serata difficile è la penultima, in cui cerca con tutto il tatto di cui è capace, di eludere il corteggiamento di un brillo Giuseppe che gli confessa di aver sempre provato per lui una certa attrazione. È difficile tenere le amicizie e i loro fili quando altri, incredibili e non individuati, appaiono di botto e mischiano le matasse, confondono i colori, formano nodi lì dove prima il filo era diritto e lucido. Ma Giovanni non se la prende e Luca rilega a sé l’amico di sempre. Sono risaliti sull’aereo cantando, loro, il personale inno d’addio “Love is a temple, love is a higher law you ask for me to enter and then you make me crawl and I can’t keep holding on”*.
 
Il ritorno a casa per entrambi vuol dire studio, intenso e continuo. Luca al fresco nelle sue montagne, vestito coi pantaloni grezzi di cotone e le camicie tipiche, in giro con le pecore e con Buddy, il vecchio cane pastore di famiglia. Ogni pascolo è un incanto di verde così intenso che vorrebbe solo osservare, Ipod nelle orecchie, per tutto il giorno per imprimersi nella memoria ogni filo d’erba, ogni cima di montagna, ogni fiore profumo e sensazione e stamparli nella pelle e nella memoria perché possa richiamarli quando sarà lontano. Luca abbassa il libro e guarda in lontananza. Ha un po’ paura di lasciare casa sua, le sue montagne e il suo passato. Il futuro fa paura.
Poi rivede sua nonna, il tono con cui gli ha detto “Sono un po’ stanca, guardo un po’ di tv”, il freddo della sua mano, il pallore della sua pelle di pergamena.
Abbassa la testa e ricomincia a studiare.
 
Cassandra si terge il sudore dalla fronte: Roma è bollente ad agosto, cinque milioni di persone fuori stanno premendo tutte sulla sua finestra, o così le pare. Fa molto caldo, troppo. Vuole fare una doccia. “Un’altra pagina” si dice. E un’altra. Un’altra ancora. Quando finisce il capitolo si premia e si lancia in doccia. Nell’iscrizione ha messo Roma come prima scelta, spinta dai suoi e, a dirla tutta, anche dalla voglia di rimanere a casa dove tutto è più facile. Ma poi… poi è Siena.* E lei in realtà Siena la vuole, ma non sa il perché: la attira perché non è Roma, perché è tranquilla e silenziosa e arroccata sulle colline e sa di calma. Esce dalla doccia e lascia liberi i capelli umidi. Si guarda intorno, la camera di una ragazza quasi donna che cercava ovunque l’approvazione quando ha capito di poterla trovare dentro sé – questo è diventata Cassie: un profumo un sorriso un passo una voce che raccontano di quella sensualità discreta, silenziosa e sorprendente. Da piccola donna.
Da fiore appena sbocciato.
Accende il computer, davanti agli occhi il corso storico di Siena, un medioevo immerso nel caos moderno, e accede al suo account sul sito dell’iscrizione. Guarda i termini: ha solo cinque giorni per cambiare l’ordine delle destinazioni. Si mordicchia pensierosamente l’interno di una guancia e sta per lasciar perdere; Ma il suo cervello, che è una radio sempre accesa che dimentica di spegnere, le rilancia i suoi adorati Imagine Dragons “And now it’s time to build from the bottom of the hill right to the top, don’t look back.”*. Canticchiando il ritornello di “It’s time” assiste al breve e doloroso confronto mentale tra la Cassie che vuole rimanere a casa e quella che pensa che è ora di cominciare davvero a crescere.
Prima di ripensarci Cassie fa un semplice click.
E adesso Siena e Roma sono scambiate nella sua lista di precedenze.
 
 
Cassandra si guarda intorno nell’enorme Aula Magna di Siena, volgendo lo sguardo intorno. “E’ così buio qui” pensa guardando il soffitto privo di finestre; ci sono solo neon ovunque, e questo la rende triste. Non si capisce nemmeno se sia giorno o notte fuori. Le piace l’aria che si sente lì, che odora di sapienza e conoscenza e alrte virtù che le scaldano l’anima, a cui non sa dare un nome. Osserva un po’ degli avversari che si trova intorno: non sa come considerare tutti quelli che la circondano. Li sente stranamente alleati nella prova che stanno per superare, ma allo stesso tempo sa che chiunque di loro entri segnerà un posto in meno per lei, e Cassandra questo non lo vuole. Vorrebbe cercare conforto in Debbie, ma le hanno tolto il telefono prima di entrare. La sua amica di sempre le ha inviato un “in bocca al lupo” molto presto quel mattino, poi è partita alla volta di Bologna per cercare una casa. Si blocca mentre cammina, un sorriso obliquo sul volto. E’ davvero contenta per Debbie, e incredibilmente orgogliosa della sua amica di sempre e di come faccia valere la sua incredibile mente matematica…ma le mancherà così tanto che le viene da piangere. Si mordicchia nervosamente l’interno della guancia, in un punto che ultimamente ha torturato così spesso che sente quasi subito il sapore del sangue; prende una sorsata dalla bottiglietta d’acqua che ha portato con se. Quella, la carta di identità e una penna: non ha potuto portare dietro nient’altro e si sente quasi nuda senza il peso familiare del cellulare e dell’iPod; per riflesso ogni pochi secondi la mano sale a controllare la tasca dove li tiene sempre, e deve sforzarsi di ricordare a sé stessa che non li ha persi. Sta di nuovo sopprimendo quest’istinto quando un ragazzo la chiama “Scusa!” le dice. Parla con lei, e girarsi e sgranare gli occhi è un solo movimento. Il ragazzo tiene in mano quella che è, senza ombra di dubbio, la sua carta di identità. Il primo, prepotente istinto, è controllare la tasca in cui l’aveva messa, come se in quel modo potesse farla sparire dalla mano del ragazzo e farla ricomprarire nella sua. Ovviamente trova la tasca vuota e ringrazia la sua buona stella che la carta sia ancora in condizioni perfette mentre il ragazzo gliela porge. “Ecco a te, Cassandra” dice e le fa un enorme sorriso. Ha un paio di pantaloni neri e una t-shirt bianca che fanno risaltare la pelle abbronzata di chi ha passato molto tempo al sole.
Ha gli occhi di un bel castano chiaro, che sembra sfumare nel color ambra; un sorriso aperto e i capelli scuri. Cassandra prende la sua carta e la guarda con intensità, persa nei suoi pensieri. Che fortuna ha avuto, stavolta. Non può non ricambiare quel sorriso e abbassa lo sguardo, lei che non ha mai avuto vergogna di nulla, e studia le Vans colorate in cerca di domande da porre e risposte da dare senza trovare né le une né le altre. A risolvere quel momento di impasse è una voce che proviene dall’altoparlante. Devono sedersi.
E’ ora di combattere.

L’aula è soffocante mentre ascoltano le istruzioni ripetute una due quattro volte, e Luca si passa la mano sulla fronte, appena sotto l’attaccatura dei capelli scuri, per tergersi il sudore. Guarda più giù e vede la schiena di Cassandra, un viso un nome che per ora gli sono rimasti nella testa. Ha un’aria decisa quella ragazza quasi donna e Luca vorrebbe che si girasse: paradossalmente tra quegli sconosciuto l’unica cosa cui può legarsi è il viso di una ragazza con cui ha dialogato venti secondi in tutto. Un’altra sconosciuta un po’ meno anonima. Si guarda il polso: c’è un bracciale con un’ancora, che Giovanni ha regalato a tutti loro: l’ancora li costringerà a tornare a casa perché li tiene legati e lui non romperà la promessa.
Le spiegazioni sono finite. Cassandra si gira e gli lancia un sorrisetto: lui vuole che entri, ha paura che lo faccia. Mai come oggi capisce cosa vuol dire “Mors tua, vita mea” certo nel modo meno letterale del termine. I fogli arrivano anche a lui che apre il plico.
Scende nell’arena Luca, in questi Hunger Games d’altri tempi. Dove si uccide o si muore anche se si lotta con una penna. Con un sorriso, pensa che “la penna ferisce più della spada, ed è molto più comoda per scrivere” citando mentalmente il mitico Igor. *
Afferra la sua spada e comincia a ferire.
 
 
Cassie scorre la lista delle domande. E’ difficile, maledettamente difficile quel test e a lei sembrano vane le ore che ha passato a studiare: non c’è una sola domanda che le torni, della quale si senta al cento per cento sicura e questo la spaventa. Sbircia il foglio della ragazza accanto a lei: non vuole copiare, visto che oltre ad essere inutile sarebbe dannoso perché le domande sono messe in ordine diverso in ogni foglio, ma solo rendersi conto se sia l’unica ad essere disperata. La sua vicina sembra messa ancora peggio di lei, con la metà delle domande ancora da fare. Torna alle sue: questa sarà C o D? E questa è giusta oppure sta di nuovo confondendo tutti quei dannati nomi? Fino ad un attimo prima si sentiva capace di giurare di sapere dove si trovasse l’acrosoma: adesso non ne è più sicura. Tutto le sembra sbagliato.
Prende un profondo respiro per calmarsi, chiude gli occhi e lascia per un attimo la penna: sente il cuore come una presenza ingombrante nel petto e si sforza di rallentarne il ritmo prendendo lunghi respiri regolari. Ossigenare il cervello è importante per calmarsi, lo sa bene lei che faceva lunghissimi respiri -regolari prima delle partite di tennis, la sua droga, la sua passione. Va avanti stringendo i denti, cercando di calmarsi e ragionare in modo pulito, una cosa per volta, una parola per volta, finché non si sente pronta a lasciare il test così com’è. Si morde le guance per nascondere un sorriso inopportuno, si alza ed esegue tutti i passaggi che le hanno spiegato fino allo stremo prima del test, per poi firmare e chiudersi la porta alle spalle. Lancia uno sguardo al ragazzo di prima che sembra tranquillo, ha una posa rilassata e sembra riflettere su qualcosa, perché ha la fronte appena aggrottata. Si domanda distrattamente quale domanda lo stia bloccando prime di chiudersi la porta alle spalle e lasciare andare un luuungo sospiro.
Ora, per un mese, non saprà nulla. E sa già che sarà il mese più lungo e spensierato allo stesso tempo della sua vita.
 
Luca, in aula, sta ancora pensando a due domande. Ha lasciato stare una di quelle di cultura generale e sta riflettendo su quelle di matematica, le uniche rimaste senza risposta, perché non riesci a decidere se provarci o lasciar perdere. Alla fine, scocciato da quell’indecisione, lascia le domande in bianco e va a consegnare. Ne ha lasciate solo tre e la cosa lo consola. Magari non saranno tutte giuste, ma forse gli consentiranno di entrare a Siena senza dover attendere. Per fortuna non vive lontano da lì e ha deciso che farà avanti e indietro con la sua macchina all’inizio, finché non si sarà ambientato; ha già un paio di amici che hanno un appartamento e che gli hanno detto che hanno un posto per loro quando vorrà. I piani per il futuro sono cose che lo tranquillizzano: a Luca piacciono i punti fermi e le sicurezze su cui appoggiarsi, aggrapparsi alle certezze è la cosa più intelligente che si possa fare a suo parere. Esce dall’aula sorridendo, sicuro di aver dato il massimo come gli è successo dopo l’orale della maturità.
Un mese, si dice. Un mese e poi saprò quali certezze potranno andare a formare i miei punti di appoggio.
E così comincia l’attesa del porto sicuro.
 
 
7 Ottobre.
Un giorno come tanti, pensa Cassie quando si svegli quel mattino. Non ha fatto quasi nulla se non nascondere ai suoi che Roma è dopo Siena nelle sue scelte. Per il test è riuscita a inventarsi il ripasso insieme a un’amica dell’ultimo minuto e un pigiama party per scaricare i nervi. Adesso dovrà vedere che succede.
È quando prende in mano l’iPhone che si rende conto di che giorno è. Escono le graduatorie, maledizione, e lei è lì in pigiama e coi capelli spettinati che si stira come se niente fosse. Niente panico, si dice. Andrà bene, e poi partirai e non dovrai più preoccuparti dei coprifuoco di mamma o delle paure di papà perché sarai padrona della tua vita e…
E’ un messaggio a bloccarla. E’ Debbie che le chiede com’è andata e Cassie non lo sa, vuole saperlo e lo teme, come il bambino che ha paura di controllare se c’è il mostro sotto il letto: guardare è spaventoso, non guardare lo è di più.
Cassie respira profondamente mentre il suo Asus si accende e lei accede al sito dell’iscrizione. Inserisce le credenziali con le mani che le tremano e un masso nello stomaco; si morde nervosamente un labbro mentre preme su “invio” e chiude gli occhi mentre carica: apre un occhio solo e la comparsa di una schermata verde la convince a leggere. Un enorme sorriso esultante le si forma sul viso, mentre legge le parole più belle del mondo “Come da lei richiesto, è stata assegnata alla sede di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Siena”.
 
Il 7 Ottobre non è un giorno come tanti per Luca, che si sveglia in preda all’ansia e afferra subito il telefono con trepidazione. Non vuole guardare da solo e si infila un paio di jeans e una maglietta di cotone nera prima di uscire a cercare Giovanni.
Giovanni abita a cinquanta metri da casa sua, in una villetta con giardino che dà una magnifica vista sulle colline intorno e dove sovente Luca e gli altri si sono fermati a dormire, parlare e ridere fino all’alba. Il suo arrivo è segnalato dall’abbaiare di Rocket, il border collie di Giovanni, che lo accoglie sulla soglia con la contentezza evidente che solo i cani possono mostrare. Giovanni gli sorride sereno, conoscendo le ansie dell’amico e invitandolo dentro con un cenno del capo. “Allora?” chiede “Diventi Dottor House?”.
“Non lo so non lo voglio sapere voglio farlo ma non voglio ho una paura fottuta” pensa Luca tutto insieme accennando un timido sorriso prima di prendere il telefono e porgerlo all’altro “Non sono riuscito a guardarlo, fallo tu”. Giovanni scuote la testa con un sorrisetto mesto “No, non io. Insieme, quantomeno” e Luca annuisce rassicurato. Con una certa dose di nervosismo cliccano su “Accedi” e prima di rendersene conto Luca riesce a sentire il sangue che pompa potente nelle vene come se avesse corso un chilometro.
Per Luca il 7 Ottobre è il giorno più bello di sempre.
 
 
Luca, con il senno di poi, si domanderà se una nonna morta è una buon motivazione per scegliere medicina, perché la gioventù non aiuta a fare scelte ponderate che solo il senno di poi rivelerà giuste o sbagliate.
La vita è fatta di scelte. E’ un dato di fatto. Ma cosa scegli? E in base a cosa? Come fai a sapere che non te ne pentirai? Ho paura. E se non fosse la strada giusta? E se non fosse la persona giusta? E’ questo il posto in cui devo vivere? E’ questo il momento per avere un figlio? E’ questa la donna che voglio per moglie?
Quando si è piccoli, si pensa che gli adolescenti abbiano capito tutto. Gli adolescenti credono che gli universitari abbiano le risposte ma non è vero, e chi finge di averle fa solo un buon lavoro di convinzione. Gli universitari pensano che studiare darà loro futuro, e che gli adulti non abbiano più dubbi o timori. Ma quando si diventa adulti? Perché tutti, a quanto pare, avranno dubbi per sempre. Gli adulti pensano che gli anziani, che hanno vissuto e visto, abbiano le risposte, ma non ce l’hanno neanche loro. E così in paradiso abbiamo schiere di angeli che ci guardano con la consapevolezza che andremo per sempre in tondo a cercare risposte che non troveremo. Ecco come ti frega la vita, tutta, in ogni sua parte. Come ogni cosa tornerà esattamente come l’hai lasciata e sarà come hai temuto che fosse. Non ci sono risposte, non si estraggono e non si apprendono, ci sono solo brandelli di verità che si mischiano e ogni tano appaiono, ci fanno capire che esistono e svaniscono di nuovo. Ecco cosa diavolo è la vita.
Una dannata fregatura.
 
Il primo giorno di lezione è ansiogeno per entrambi: Cassie è stata per un’ora davanti all’armadio a decidere quali vestiti indossare, optando per jeans, maglietta bianca e converse rosse; Luca ha infilato jeans e maglietta ed è partito di casa di buon’ora, in vaga apprensione. Si fanno domande entrambi, chiedendosi come sarà e cosa faranno e se questa non sia un’avventura troppo grande per entrambi. Quando entrano in aula e si riconoscono, Cassie rivolge lui un sorriso immediatamente ricambiato e si siedono vicini. “Cassandra Callisto” saluta lui in tono divertito. Lei inclina appena la testa “Non so ancora come ti chiami” e lui si presenta tendendole la mano.
Mentre si girano per osservare l’insegnate appena entrato non sanno che hanno un’altra domanda in comune: chissà quanto si incroceranno le loro strade d’ora in poi.
Mentre si girano per osservare l’insegnante appena entrato non sanno che hanno anche una risposta in comune: sperano il più possibile.
 
 
 
*1 One degli U2 “L’amore è un tempio, l’amore è una legge più alta. Mi ha chiesto di avvicinarmi, ma poi mi hai fatto strisciare, e io non posso più andare avanti”
*2 Piccolo appunto per chi non conosce il meccanismo di entrata a medicina. Bisogna sottoporsi ad un test di ammissione e, in base al punteggio, si viene inseriti in una gtraduatoria Nazionale. Al momento dell’iscrizione al concorso si può mettere un numero pressochè infinito di destinazioni, e la città viene assegnata in base al punteggio: si parte dalla prima richiesta e, se la città desiderata è piena, viene assegnata la seconda, con la seconda piena si dà la terza e così via.
*3 It’s time degli Imagine Dragons. Questo pezzo precisamente dice “E adesso è l’ora di costruire dall’inizio della collina fino in cima”, che sta più o meno a dire di rimboccarsi le maniche e cominciare il lavoro da zero.
*4 Il domestico Igor di Frankenstein Junior <3
 
 
Saaaaaalve a tutti e grazie in anticipo per essere passati di qui. Questa è un storia senza pretese, che ho inserito come One-shot perché la vedo abbastanza autoconclusiva, ma non so se farne una long perché mi sono affezionata a questi ragazzi! Mi fareste un piacere enorme se mi scriveste una recensione, anche con critiche che sono sempre ben accette, commenti eo suggerimenti.
Donteverlookback
  
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