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Autore: crimsontriforce    08/04/2009    0 recensioni
Se fu una Volontà, e non la sorte, a condurre queste vite in fondo al loro sentiero dolente, potrebbe un tempo avere scritto questi epiloghi e poi, giudicandoli inutili o ingiusti per chi continuava a sperare, averli cancellati alla maniera dei libri D'ni, come si addiceva loro: con sette raggi a coronare un cerchio.
Prima fine: In differenza. Gehn attendeva quel momento da trent'anni. Un dialogo generazionale fa quello che ai dialoghi generazionali riesce meglio.
Seconda fine: Vacuo in blu. Da quando Eti l'ha condotta via dalla sua prigione e attraverso una Riven in bilico, straziata dalla Fessura, la tensione che animava Catherine è svanita. Rimane il nulla, che già nei mesi di lotta si affacciava nei suoi sogni.
Terza fine: Nessuna uscita fuorché sotto le tue mani. Non-una-fine, ma stress da lavoro, tendenze innate al pessimismo e una caverna buia possono far vedere il futuro più nero di quanto già non sia... what kind of fool are YOU.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2. In cerchio attorno a una voragine di stelle'
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Sette raggi intorno a un cerchio

Come potrebbe risultare evidente dall'introduzione (ma anche no, in effetti, essendo questa stata scritta sotto l'ebbrezza della prosa di Yeesha, che fa male), trattasi di una raccolta di What if con l'intento di esplorare svariati finali negativi. Alcuni riprenderanno quelli mostrati dai giochi, ad esempio una prospettiva su Catherine nel primo negativo di Riven; più spesso, invece, proverò ad indagare il quasi-accaduto, il temuto, lo sventato dal mirabile tempismo di un'anima buona. E se... Saavedro si fosse collegato un giorno prima? E se... e se, tanto per cominciare sul classico, Gehn fosse riuscito ad aprirsi una strada per D'ni?







Questa prima ipotesi è sponsored by Fanworld.it, nella persona di Graffias, col suo concorso “Il trionfo dell'antagonista”. Prompt come da titolo, con limitazione aggiuntiva che l'antagonista non deve fare il cretino. Non c'è problema: Gehn? Gehn è serious business... al massimo gorgheggia un poco.
Frallaltro, è l'idea che volevo già usare sia per il prompt sul momento del piacere che poi è diventato 'Ricoperta di fiori blu' sia per la coppia Grotta-sangue che è diventata 'Terra tradisce, cuore non vede'. Così invece non posso proprio svicolare: i due scassamaroni scassino maroni lontano dalle mie fanfic, Saavedro non conta del tutto come antagonista (mezzo antagonista, mezzo damsel in distress, mezzo Mario, per un totale di 150% pure win) e Esher... aaaaah, Esher.





Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima.






In differenza





Perché aveva esitato?

Gehn soppesò il libro. Qualcosa aveva portato quell'abitante di superficie a prendere tempo e il gesto poteva nascondere più di una semplice ritrosia a condurlo di fronte ad Atrus.
Accese il cannen e, di lì a poco, la pipa. Mentre le note profonde della sua ultima registrazione si innalzavano come sbuffi di fumo, si sedette alla scrivania e aprì il volume alla pagina della finestra di collegamento, in cerca di risposte.
Quell'immagine sembrava, era D'ni - K'veer, la sua casa, nella sua patria, nel suo mondo.
Gehn lasciò che il fumo e la musica portassero con sé una chiarezza di pensiero di cui aveva bisogno, ma che non riusciva a trattenere in quel momento che si era d'un tratto rivelato così vicino al ritorno.
Inspirò a fondo, gustando il sapore pungente dell'ytram, e si preparò ad un rigoroso lavoro di revisione.

Le frasi scorrevano naturali sotto i suoi occhi. Trent'anni di assenza si annullavano in poche ore nel ripensare a ogni dettaglio della stanza cui il libro conduceva e a tutte le volte in cui lui per primo aveva scritto quelle identiche parole.
Senonché, verso la fine...
Non sei mai stato sottile, Atrus, mormorò Gehn raggiungendo la boccetta dell'inchiostro con un gesto trionfante. In questo, come nel resto, hai ancora molto... molto da imparare.

*

Le correzioni sembravano complete, restaurata la stabilità del legame.

Era sera. Appropriato, si disse, che la distesa sotto i suoi occhi si facesse rosso cupo al calar del sole. Un dolce invito, presagio di vittoria.
Gehn si alzò, distendendo la schiena indolenzita dal lungo studio, e come officiando un rito allineò sul banco il libro chiuso, la penna, l'inchiostro. Ad essi aggiunse, ordinatamente appoggiati sulla sedia, il mantello, i diari, la memoria del proiettore, una sacca, il fucile, la lente cristallina sottratta ai ribelli. Tutto era pronto.

Prese d'impulso uno dei libri per Riven custoditi nello studio, per avere certezza di una via d'uscita, ma prima ancora di impilarlo sul resto si rese conto che nello stato degradato delle isole sarebbe stata una scappatoia ben fragile. Così si collegò lui stesso alla Quinta Era tramite quel libro, prese con sé il volume di ritorno custodito nella cupoletta e si concesse un'ultima passeggiata sul suolo della sua prigione, ormai forzata.

Anche quello, rifletté appoggiandosi ad osservare il mare dal lungo ponte di legno fra le isole, era parte del rito. Addii, ricordi da incasellare nella memoria. Passaggi.

Ancora stanotte mi attardo sull'uscio di questa gabbia ostile, scrisse prima di addormentarsi, ma la porta è aperta e il sentiero ha il profumo di casa. Che i fantasmi cullino il mio sogno. Domani renderò loro onore.
Sognò suo padre che gli sorrideva.

*

Avrebbe voluto terminare l'esilio con la mano aperta e tesa, certo che la patria l'avrebbe accolto con uguale benevolenza. Non aveva però idea di cosa, o chi, l'avrebbe atteso all'altro estremo del legame: da qualche parte, suo figlio stava scrivendo per salvare Catherine, forse anche l'Era, forse anche chi gli aveva donato la vita. Quella era una certezza, seppur vaga. Non riusciva invece a spiegarsi quella presenza straniera così cocciutamente devota ad aiutare Atrus e, prudente com'era sempre stato, a malincuore si trovò a caricare il fucile prima di porre – infine! – la mano guantata sull'immagine e svanire con un malcelato brivido.

*

Al suo arrivo, D'ni lo accolse con un carico di ricordi.
Il mosaico rotondo ai suoi piedi, l'aria stagnante che soffocava la luce delle lampade: tutto in quella stanza era impregnato dal passato. Quello che aveva iscritto nella sua memoria con la fissità della pietra riacquistava la dimensione del reale.
Nel tavolo rozzamente accomodato fra una colonna e una nicchia, Gehn poteva rivedere se stesso chino a lavorare su un libro.

Atrus sollevò la testa, incuriosito dal rumore improvviso che aveva scosso la tranquillità di K'veer e che, per assurdo, sembrava quello di un collegamento.
Col pennino immobile sull'ultima parola scritta, ora rovinata da una macchia crescente d'inchiostro, guardò per lunghi attimi attraverso Gehn, incapace di distinguere la sua sagoma rigida e severa dall'atmosfera di una stanza che da mezzo secolo era satura del tocco del padre.
Si sistemò gli occhiali, incerto.
La penna gli cadde di mano e rotolò giù dal libro.

Gehn assisté a quel tormento con interesse: seppe osservandolo in pochi gesti costretti, se mai ne aveva dubitato, che Atrus era ancora cosa sua.
Suo figlio era inerme: una pallottola sarebbe stata il giusto compenso per le umiliazioni che gli aveva causato. Questo gli suggeriva l'istinto e questo era il metro che avrebbe usato per giudicare un qualunque selvaggio, in qualunque Era. Ma suo figlio era anche intento a praticare l'Arte seduto nel cuore di D'ni, nella casa che era stata sua, come aveva tentato d'inculcargli anni addietro. In allora il ragazzo era stato sordo ai suoi insegnamenti, con le orecchie imbottite del sentimentalismo di Anna. Eppure, adulto, era lì. E per due mani capaci ad aiutarlo nella ricostruzione, per uno spirito che comprendesse il peso del loro destino, molti peccati potevano essere perdonati.

Esitò. Suo figlio era inerme e senza via d'uscita, tranne il vicolo cieco che era il libro descrittivo della Quinta Era. Il suo trionfo era già compiuto: forse che l'esilio l'aveva indurito così tanto da non permettergli di condividerlo, magnanimo, con chi sembrava finalmente dimostrarsene degno? Fece un passo in avanti e incontrò il suo sguardo perso, rassicurandolo sulla realtà della sua presenza.
“Sono tornato a prenderti, Atrus”, lo apostrofò. “È così che saluti tuo padre?”

Atrus fermò la penna nel suo lento percorso verso terra, ma nel farlo il suo braccio tremava. Si strinse nella casacca.
“Eri atteso”, rispose. Si resse la fronte con la mano sinistra: gli era calato sulle spalle un peso insostenibile.

Suonava falso, poco convincente. Gehn si avvide però che non era tanto una menzogna – non Atrus, no, come aveva commentato solo un giorno prima – quanto una possibilità fra le più remote, accettata per scrupolo nel congegnare il suo piccolo piano ma mai seriamente considerata. Stolto. Inesperto, fiducioso e stolto.
E, per una volta, l'altra serpe traditrice non sarebbe giunta a coprire le evidenti falle del suo pensiero.

“Catherine?”, mormorò Atrus, come a fare da contrappunto a quelle riflessioni.
Gehn scosse la testa e fece qualche passo senza meta nella stanza, come preparando un discorso grave che però non venne. Gli avrebbe potuto dire molto di quello che aveva visto di lei negli ultimi mesi: mezze verità, parole scelte con cura, una prigionia necessaria alla luce della precarietà del suo stato.
Ma il silenzio di orrori inenarrabili era un'arma più forte e lasciò che lavorasse a suo vantaggio, legandolo a lui, vanificando ogni giorno e ogni notte passati a scrivere per potersi permettere ogni volta poco più che due o tre ore di riposo in cui sognare di salvarla.
“Dov'è?”, chiese. Guardava lui e il libro di Riven e un altro diario che teneva sul banco, poi ancora Riven, ancora lui.
Era un animale in trappola. Ma perché il diario?

Gehn s'irrigidì, paonazzo in volto. Strinse le labbra in una linea sottile, girandosi verso il figlio senza più traccia del compatimento che aveva inscenato fino ad attimi prima.
Diario?
“Alza le mani!”, intimò. Si avvicinò al tavolo, imbracciò il fucile e lo puntò.
Quello non era un diario.
“Cos'è questo?” chiese con disprezzo prendendo con sé il libro, la cui copertina scarna recitava semplicemente “MYST”.
Aveva rischiato di perderli, suo figlio e un'Era preziosa. Mentre lui si concedeva la calma del vincitore, Atrus sarebbe potuto svanire in ogni istante su Riven col libro in mano e, da lì, collegarsi ancora lasciandolo cadere in acqua: la più classica delle fughe. L'avrebbe fatto, se non avesse avuto a cuore la moglie adorata più della sua stessa vita.
“Padre, devo tornare a scrivere.”
“No.”

Ritirò fra sé e sé l'aggettivo 'preziosa' mentre sfogliava il libro di collegamento: il testo parlava di una modesta stanza in legno, con un caminetto e nuvole affrescate a decorare il soffitto. Dalla porta s'intravedeva un praticello, qualche pino. Aria salmastra. Una piccola isola.
“Cos'è?”, chiese ancora.
Atrus esitò.
“Casa”, rivelò con un sospiro.
“E questo?”, ribatté Gehn irato. “Cos'è per te questo, allora?, disse indicando lo spazio attorno a sé col braccio armato.
“Questa è una prigione, che tu costruisti. Quella è casa, che Anna creò.”

Gehn non amava sperare: le azioni di chi gli era stato vicino avevano eroso da anni il sentimento, lasciandone solo tracce da cui si teneva bene in guardia. Né era solito fidarsi, tranne che di se stesso. Non si era fatto illusioni di poter veramente parlare con Atrus, non subito almeno, non prima di aver cancellato da quell'animo semplice ogni sciocchezza che si portasse ancora dietro dagli anni in superficie. Ma se la risposta era quella, no, non c'era salvezza nel cambiamento. Solo distruzioni e rinascite.

“Era una prova, Atrus!”, disse gettando il libro per terra, nella polvere. Polvere e rovine, certo. Decadenza. Nessuno aveva più onorato quel luogo. Gehn scosse la testa. “Ti stavo mettendo alla prova. Come puoi pretendere di giungere alla grandezza se non attraverso difficoltà, sacrifici? Se non agisci?” Lo guardò dritto negli occhi. “Non mentirmi. Non hai fatto nulla per la Città, vero?”
Tentò di restare calmo, ma Atrus sembrava esserlo abbastanza per entrambi e non lasciargliene modo, immobile tranne che per le mani alzate, che iniziavano a risentire della stanchezza. Senza tradire le sue emozioni, sosteneva il suo sguardo da oltre uno spesso schermo di cui gli occhiali erano solo una minima manifestazione materiale. Provava emozioni? Tutto il suo conflitto si era risolto in un tremito, un'espressione smarrita, poi triste, stanca, poi più nulla. Restava passivo a custodire chissà cosa, dopo essere stato sconfitto in tutto.
“Com'è possibile? Non lo senti, Atrus? È il tuo sangue... il tuo nome.”
Non lo capiva, non l'aveva mai capito.
“Invece”, incalzò, “invece ti sei rintanato in quest'isola... questo buco senza orgoglio?”
“Si chiama Myst, padre. Ha un nome, come ogni Era ne ha uno, scelto dal suo popolo o risiedente in un'intima essenza che sta allo scrittore cogliere.”
“E per questo l'hai chiamata Myst?” Diede sfogo a una risata amara. “Missed, perduto? Come opportunità perdute, come il buon senso che hai perduto che eri ancora in culla? Ho provato a credere in te, Atrus, ad andare oltre le parole grevi con cui ci salutammo. Cosa pensi che mi trattenga il dito sul grilletto? Mi hai fatto perdere trent'anni. Trent'anni di stenti, passati giocando a fare il dio minore. Eppure vivi. Perché sei mio figlio, e il sangue lega te, me e il ricordo di tua madre più di quanto ti abbia mai unito a quell'esterna. Ma posso ancora ripudiarti.”
“L'hai già fatto, padre. Due volte.”

Avrebbe voluto farlo ancora, di fronte a quell'insolenza. Cosa doveva fare di quel figlio emotivamente storpio, senz'altre aspirazioni fuorché dare vita artificiale ad un'Era morta?
Alzò nuovamente il fucile e si appoggiò sul tavolo, premendogli la baionetta alla gola fino a ferirlo. Atrus si ritrasse, ma Gehn incalzò e gli parve di sentire il battito accelerato del suo cuore trasmettersi attraverso la canna metallica.
“Dimmi, Atrus. Non hai ambizione. Non hai aiutato la ricostruzione. Non hai... Cosa hai fatto nella tua vita? Cosa fai qui?”
Atrus deglutì e chiuse gli occhi per il dolore.

“Ho osservato un cielo grigio”, rispose dopo aver riflettuto. “Ho imparato a distinguere le sue nuvole e a dare loro nomi. Ho ammirato tutte le sue tonalità, più di quante immaginassi, e quando infine è tornato azzurro ho festeggiato sul tetto di una fortezza che aveva perso il suo scopo. Ho studiato le stelle del cielo sopra Myst e le ho radunate in costellazioni: riconosco l'occhio, il serpente, la freccia, l'ancora... Ho camminato sul mare circondato da un tappeto di foglie. Ho scritto un galeone, ma ho visto che è meglio costruirlo con assi e pece. Ho vissuto, padre, sotto molti soli.”
“E poi?”
“E poi l'ho condiviso e mi è stata donata saggezza.”
“E poi? Rispondi, quando ti viene posta una domanda.”

Atrus cercò con lo sguardo il libro di Myst.
“E poi”, disse, facendosi piccolo e sconfitto, “poi ho commesso un errore.”
E infine era lì, solo, prigioniero, umano nei suoi rimorsi e nella sua paura, e Gehn credette di capirlo e compatirlo.
“Due”, si corresse, ma non tradì altro. “E ora, se vuoi scusarmi, devo tornare a scrivere.”
Premette dolcemente la mano sulla canna del fucile.

Lo sparò riecheggiò per sale e corridoi franati fino a disperdersi nella calma accogliente del lago.

Gehn osservò la scena come se stesse accadendo a qualcun altro, in un altro tempo, in un'altra Era.
Era sereno e deluso.
Sereno perché infine lo sentiva. Il silenzio di D'ni, la sua profondità benedetta, al cuore dei mondi; promesse, aspettative e segreti. Era quello il ritorno che aveva atteso e lo sentiva sulla pelle, un sentimento già forte acuito dalla lunga cerca.
Deluso da se stesso. Aveva sempre saputo che l'unica persona degna di fiducia si era consumata sotto i suoi occhi cinquant'anni prima, in un torrido buco nel terreno. O vent'anni prima ancora, come un eroe ma senza salutarlo, senza un ultimo abbraccio al figlio che stava lasciando solo, e quel nome proprio non poteva andare perso... così, nel profondo, al di là della ragione, aveva sperato un poco.
Si chinò sul corpo riverso, studiandolo, cercando di capire allora quello che non aveva compreso quand'era in vita.
Voleva solo essere orgoglioso di suo figlio.

Sfogliò il libro descrittivo della Quinta Era fino a tornare all'inizio di tutto, alla pagina dell'immagine porta, e vi appoggiò la mano di Atrus senza distogliere lo sguardo finché non fu svanito.
Cos'altro avrebbe dovuto fare? Forse nulla. Forse la Storia voleva che tagliasse del tutto i legami col passato prima di donare un vero nuovo inizio alla sua civiltà.
In pace, sentendo gli echi di quella stessa Storia sussurrare nell'immobilità di K'veer, si sedette al suo posto con lentezza rituale, raccolse la penna e la intinse nel calamaio.
Era tornato a casa.


***




In quel momento, Riven: Catherine si alzò dal giaciglio della sua prigione. Silenziosa e compunta, quasi temesse di disturbare il legno su cui poggiava i piedi, si vestì e si affacciò sul camminatoio che dava sul mare. Aprì le braccia e tenne alta la testa, fissando l'orizzonte: avrebbe assistito il suo mondo morente fino all'ultimo respiro.

Nuoteremo fra le stelle, amore mio, disse ancora salda e immobile al vento nero quando sentì la terra aprirsi sotto di lei.

*

In quel momento, 233: il suo cuore impazzito sovrastò il boato del collegamento. Con i nervi tesi, si preparò ad accettare la proposta di Gehn.
E la prima persona sarebbe rilasciata nel mondo, recitava il diario: il libro era una trappola pensata per un solo uomo. Aveva letto quella pagina fino ad averne nausea prima di trovare il coraggio di tornare. Ebbene. Era lì.
Ma lo studio era vuoto.
Si cullò nell'osservazione di quello spazio intimo e rosso mentre la sua mente si arrovellava sul nuovo enigma e non capiva, non capiva, non capiva.

Quando tornò su Riven l'aria era scura e densa e l'isola irriconoscibile, piagata da una ragnatela di nuove ferite incandescenti. Con gli occhi arrossati e fissi sulla devastazione causata dal suo fallimento, che ancora non comprendeva, non cercò scampo dal miasma.

*

Cinquemila anni prima, Windring: nel centoventiseiesimo giorno l'Osservatore si preparò al riposo, poiché l'opera era terminata ed ogni sua riga era bella e giusta e piena di speranza . Ma giunse allora al suo orecchio una voce immensamente triste che gli chiese di tornare ad impugnare la penna, perché delle correzioni erano diventate necessarie, e per cinque giorni egli cancellò e trascrisse seguendo l'altrui sapienza, che trascendeva il tempo e le Ere. Nel centotrentunesimo giorno dacché aveva riacquistato la vista il lavoro fu compiuto e l'Osservatore, stanco, lesse per la prima volta nella loro interezza le parole trasmessegli dal Creatore. E il suo cuore divenne pietra.

Cosa crescerà?
L'albero con rami di orgoglio.
Chi lo farà crescere?
Il ricostruttore.

Un ricostruttore che rifiuterà il dolore.
Un ricostruttore che terminerà l'esilio.
Un ricostruttore che si volgerà al passato.
Un ricostruttore che seccherà le radici.
Un ricostruttore che restaurerà i primi.

Un nuovo uno regna.
Per dominarli;
Per svuotarli;
In solitudine.




















...sì, mi sento un verme ignobile. Appronterò al più presto un cartello con su scritto "Kick me". Nel mentre, nerdaggine & credits:

@ introduzione alla raccolta: la faccenda del simbolo di negazione non è 'wingrovismo', ve'? *guarda santino di RAWA con occhioni supplicanti*

@ titolo: indifferenza formale di Atrus, indifferenza emotiva di Gehn, 'nella differenza' fra i due.

@ fanfic: la pianificazione è stata un amore. Cinque punti di scaletta tematica da sviluppare in dialogo sarebbero semplici, non fosse che metà delle parti in causa aderisce strettamente all'approccio 'shoot first, ask later' e l'altra si appella al quinto emendamento, già che siamo negli USA... o sotto gli USA... whatever. u_u 'na meraviglia proprio.
Alla fine non sono riuscita né a ridare il Gehn che volevo (cioè la meraviglia trasmessaci dal signor Keston <3) né l'Atrus che volevo (*glomp*)... non credo (spero...) sia una questione di OOC quanto di situazione in cui li ho piazzati. Gehn in quella posizione lì si rifà infatti più al Gehn del libro; Atrus può fare proprio pochino. Per vendicare la scintillante caratterizzazione del secondo mi sto già attrezzando; per il primo non ho idee, ma la BDT è lunga!

@ implicazioni dell'introduzione alla raccolta che cozzano con le implicazioni della parte finale: in realtà l'intro è così solo perché suona bene, so che cozza con le basi esplicite della serie fin dal più tenero 1997. Mi sembra che la parte finale invece salvi benino il tema di profezie + libero arbitrio... e la presenza dei finali multipli.

@ mare rosso cupo: this.

@ Gehn che esita: lo so che nel finale negativo #5468ter gli spara a vista, come fa in più o meno tutti i finali con più o meno qualunque bersaglio abbia a tiro. Un campioncino a Duck Hunt, quell'uomo. Ma la sua 'magnanimità selettiva', passatemi la definizione, nei confronti dei Rivenesi (case in point: 234th) mi fa pensare che si compiaccia nel dimostrare la sua divina benevolenza, quando può. Cioè, insomma, il Gehn col fuoco sotto le chiappe è molto diverso dal Gehn che può permettersi di prendere le cose con calma.
Inoltre, se avesse sparato a vista la fanfic dove sarebbe andata a finire, eh? EH?
Credo che il 'parto armato perché sai mai' possa essere applicabile al gioco stesso, anche a parte le necessità di sceneggiatura qui: Gehn esce pure di casa armato, non so se mi spiego... 233rd! Piena così di pericoli... soprattutto il sabato sera...

@ rimembranze: Mechanical (quant'è bello quel diario? ç_ç), Myst, Channelwood, Stoneship. I due errori da non tradire sono l'unica cosa che lo sa buttar giù così: i figli. E guai se Gehn li avesse scoperti!

@ emotivamente storpio: emotionally crippled, of course: 'invalido' mi sembrava un termine troppo moderno. Diversamente emotivo, asd. Si vede che qui c'è uno Straniero generico anche perché la mia, dopo aver letto un insulto del genere, appena incontrato Gehn l'avrebbe steso con un montante attraverso le sbarre. Non s'insulta Atrus in sua presenza e nemmeno in sua assenza. u_u Questo vale anche per te, Achenar, ha occhi ovunque, Haven inclusa è_é

@ nuotare fra le stelle: Book of Atrus. Riprende uno dei suoi primi momenti dolci con Atrus, quello sul pianetino di Mario Galaxy, ripreso poi al confronto alla Fessura.
"Did you ever wonder what it would be like to go swimming among the stars?", chiede Catherine ridendo a un attonito Atrus che sta ancora cercano di mettere insieme come quella roba lì possa esistere (evidentemente non aveva giocato a Mario Galaxy). "If it is my dream, we could fall into the night and be cradled by the stars and still return to the place where we began." *sniff*

@ assenza di declinazioni: l'ho fatto di nuovo. Mi odio, è la morte civile e sintattica. Ma quando non è protagonista voglio che rimanga il più possibile neutro.

@ Windring: ...o Rolep? Ma con 'as I waited near the cavern of Rolep' ho inteso che ci fosse una caverna chiamata Rolep nell'Era di Windring citata nella pagina prima. O su D'ni nel posto dove sta l'Albero, se poi è la prima cosa che vede... o quello è metaforico? X_x Beh insomma, delle tre l'una, resti valido il concetto. '_'

@ violenza fatta a Words: 'Ricostruttore' as in 'Rebuilder of pride', come lo definisce Yeesha. E anche come differenza fra restore e rebuild nel senso inteso da Phil. Fra me e me la traduco come ristorare VS restaurare, ma restauratore suonava buffo. In originale:
What will grow?
The tree of all things.
Who will grow it?
The grower.
[...]
A grower to learn of the death.
A grower to see new life.
A grower to bring the gathered.
A grower to restore the least.
A grower to move through time.
A grower to link at will.
A grower to follow the shell.
A grower to banish the darkness.
A grower to graft the branches.
A grower to join the paths.
[...]
A new one reigns.
To send them away;
to push away;
to divide.
[...]
A new one reigns.
To send them away to what is good;
To return them to what is right;
To unite them to what is true.

...amen. Torno ai miei tiny enemy quabs.

   
 
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