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Autore: Svazzi    01/05/2016    1 recensioni
[...] a ventidue anni, Harry sapeva che Muffin sarebbe sempre stata la donna della sua vita; ma sapeva anche che Bristol era troppo piccola per lui, sapeva che Muffin era destinata a laurearsi e a diventare una giornalista di successo, sapeva che se sarebbe rimasto lì l’avrebbe solo ostacolata e lui non voleva ostacolarla.
Amava la sua città, amava la sua famiglia e amava Muffin più della sua stessa vita, ma lui amava anche viaggiare e l’unico viaggio decente che aveva fatto in tutta la sua vita, era la gita dell’ultimo anno scolastico quando erano stati a Parigi.
Voleva vedere il mondo, fotografarlo, scriverlo e poi raccontare tutto alla sua Muffin; voleva vivere per strada, voleva volare e vedere gli animali della Savana, voleva vedere la foresta amazzonica e assistere alla stagione delle piogge, voleva semplicemente fare quella pazzia a cui stava pensando da tempo e partire lasciandosi tutto alle spalle.
La shot partecipa al contest "I never thought I'd say goodbye" di Liis
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry osservava Muffin seduta sotto la quercia più antica del campus universitario, la osservava da lontano sorseggiando quel caffè schifoso del bar mentre lei era intenta a leggere un libro; anche da così lontano riusciva a captare ogni suo più piccolo movimento che ormai conosceva a memoria.
Si mordicchiava il labbro, stava leggendo una scena d’amore, ricca di sentimenti e di passione; Harry lo sapeva perché sapeva tutto di Muffin. Sapeva che preferiva i libri tristi a quelli felici, sapeva che non beveva il tè perché «Sembra pipì e io non bevo la pipì», sapeva che le mancava sua madre e che non lo avrebbe mai ammesso e, soprattutto, sapeva che avrebbe dovuto allontanarsi da lei per il suo bene.

Lui e Muffin si conoscevano da quando erano nella culla in ospedale; i giorni che non avevano passato insieme si potevano contare sulle dita delle mani, facevano ogni cosa l’uno in compagnia dell’altra, vivevano completamente in simbiosi.
Avevano sedici anni quando Harry riuscì a prendere coraggio e a chiederle di uscire, lei era scoppiata a ridere «Harry, usciamo insieme tutti i giorni, ci manca solo che andiamo in bagno insieme!» gli aveva risposto; lui aveva alzato gli occhi al cielo e le aveva spiegato che voleva uscire con lei in un altro senso e allora lei aveva smesso di ridere e si erano messi d’accordo per andare a cena fuori la sera successiva.

Ora, a ventidue anni, Harry sapeva che Muffin sarebbe sempre stata la donna della sua vita; ma sapeva anche che Bristol era troppo piccola per lui, sapeva che Muffin era destinata a laurearsi e a diventare una giornalista di successo, sapeva che se fosse rimasto lì l’avrebbe solo ostacolata e lui non voleva ostacolarla.
Amava la sua città, amava la sua famiglia e amava Muffin più della sua stessa vita, ma lui amava anche viaggiare e l’unico viaggio decente che aveva fatto in tutta la sua vita, era la gita dell’ultimo anno scolastico quando erano stati a Parigi.
Voleva vedere il mondo, fotografarlo, scriverlo e poi raccontare tutto alla sua Muffin; voleva vivere per strada, voleva volare e vedere gli animali della Savana, voleva vedere la foresta amazzonica e assistere alla stagione delle piogge, voleva semplicemente fare quella pazzia a cui stava pensando da tempo e partire lasciandosi tutto alle spalle.

Sorrise nel vedere la ragazza tirare fuori un muffin dalla sua borsa prima di mangiarlo; le aveva dato il suo soprannome quando avevano circa undici anni,  lei non viveva senza i suoi muffin, se li portava ovunque e ne teneva anche uno sul comodino nel caso le fosse venuta fame di notte.
Lui la prendeva in giro, la chiamava Muffin e poi le dava un morso sulla guancia dicendole che la sua pelle sapeva di muffin; lei faceva finta di arrabbiarsi, lo spingeva via e incrociava le braccia al petto, ma Harry sapeva che lei adorava quel gioco e puntualmente lo faceva, la abbracciava, le dava un morso sulla guancia e le diceva che sapeva di muffin perché la rendeva felice e lui voleva che lei fosse sempre felice.

Guardò l’orologio e sorrise prima di rimettersi lo zaino in spalla e avvicinarsi alla quercia, si abbassò e diede un bacio sulla guancia alla ragazza che sorrise «Buon anniversario, Muffin» lei alzò lo sguardo e posò il libro aperto sulle sue gambe «Sono le 11.17?» chiese con gli occhi lucidi ed un sorriso smagliante aperto sul volto «Precise, non un minuto di più e non uno di meno» rispose Harry dandole un buffetto sul naso «Beh, allora buon anniversario Harry» mormorò Muffin prima di allungarsi e lasciargli un dolce bacio sulle labbra «Sai di muffin» ridacchiò lui sulle sue labbra «Sta’ zitto e baciami idiota» borbottò lei tornando ad incollare la bocca sulla sua.
Muffin, il cui nome era Kristen, aveva questa strana fissazione di dover festeggiare anniversari e compleanni all’orario giusto; lei ed Harry, ad esempio, si erano messi insieme il 24 marzo alle 11.17 del mattino, non potevano quindi farsi gli auguri prima, sarebbe assolutamente stato scorretto e sapeva che questa fosse una cosa stupida, ma per lei era importante.

«Cosa devi fare oggi?» le chiese Harry sedendosi di fianco a lei «Devo andare a lezione tra venti minuti e dovresti farlo anche tu» rispose poggiando la testa sulla sua spalla; lui grugnì e le passò un braccio intorno alle spalle  «Oh beh, non ho la frequenza obbligatoria» rispose lasciandole un bacio tra i capelli «Harry, da quante lezioni non vai?» gli chiese alzando la testa per guardarlo «Beh, credo sia più facile contare le lezioni a cui effettivamente sono andato» rispose alzando le spalle.
Muffin si staccò da lui e  chiuse il libro che aveva ancora sulle gambe «Possibile che non prendi niente sul serio? Stiamo parlando del tuo futuro, non è una cavolata» andava sempre a finire così, discutevano in continuazione per questo ed Harry si era francamente stufato «Muffin, questo è il futuro che ha scelto mio padre per me, io non voglio diventare un avvocato!» la ragazza sbuffò alzandosi in piedi «E allora cosa vuoi fare? Dimmi Harry, qual è la tua grande aspirazione nella vita? Tuo padre ha già lo studio pronto per te, non devi nemmeno faticare per trovare un lavoro» il riccio alzò gli occhi al cielo prima di alzarsi in piedi «Lascia stare, dobbiamo andare a lezione, ci vediamo dopo» borbottò prima di andarsene.

 

*

 

Desmond Styles era l’incubo di quasi tutti quelli che lo conoscevano, Harry compreso; lui e suo padre non erano mai andati d’accordo, ma era lui a dargli da mangiare, quindi non poteva di certo ribellarsi ai suoi voleri.
Harry prese un respiro profondo prima di avviarsi verso l’ufficio di suo padre «Mi scusi, ha un appuntamento?» il ragazzo si girò verso la signorina che aveva parlato e alzò un sopracciglio, adesso aveva anche bisogno di un appuntamento per vedere suo padre?
«Sono suo figlio, non credo di aver bisogno dell’appuntamento» rispose paziente cominciando a battere un piede a terra «Mi dispiace, mi è stato ordinato che tutte le persone devono prendere un appuntamento, mi dia il suo nome così avviso il signor Styles che è qui e vediamo se la può ricevere» Harry stava per rispondere, ma, fortunatamente per la segretaria, suo padre fece capolino dal suo ufficio.
«Linda, che stai facendo? È mio figlio, non ha di certo bisogno di un appuntamento per entrare» disse con tono basso e arrabbiato «Oh, mi scusi signore, io … Ecco … » cominciò a farfugliare «Lascia perdere e vammi a prendere un caffè» la interruppe Desmond prima di entrare nell’ufficio con Harry.

L’ufficio di suo padre era freddo e spoglio, Harry aveva sempre odiato passarci del tempo, specialmente quando era bambino e lui lo obbligava ad andare con lui perché «Un giorno questo sarà tuo e devi già abituarti».
Si sedette di fronte alla scrivania mentre aspettava che suo padre iniziasse a parlare. Non sapeva cosa aveva intenzione di dirgli, lo aveva convocato quel giorno stesso senza dargli preavviso e lui sperava che fosse qualcosa di veloce perché doveva andare a festeggiare il suo anniversario con Muffin.
«Papà, devi percorrere ancora per molto la strada tra la finestra e la tua scrivania? Sai, avrei un po’ di fretta» disse lui spazientito passandosi una mano fra i capelli, Desmond si girò verso di lui con un’occhiata di fuoco prima di sedersi alla sua scrivania «Cosa devi fare di così importante? Di certo non devi studiare» l’uomo incrociò le mani sulla scrivania e inchiodò il figlio con i suoi occhi chiari «Devo festeggiare l’anniversario con Muffin, papà, lo sai già, ti ho chiesto ieri se potevo usare la casa al lago» Desmond annuì grattandosi il mento su cui era presente un accenno di barba che non aveva avuto il tempo di fare quella stessa mattina «E dimmi, Muffin le segue le sue lezioni? Studia quello che deve studiare? O anche lei è troppo presa dalla vostra storiella da film per adolescenti per poter pensare al suo futuro?» chiese alzando un sopracciglio.
Harry alzò gli occhi al  cielo e sbuffò «Papà, lo sai perfettamente che Muffin ha il massimo dei voti in tutte le materie e la nostra non è una storiella da film per adolescenti, stiamo insieme da sei anni e non azzardarti a parlare male di lei» lo ammonì puntandogli un dito contro «Non parlerò male di Muffin, Harry, lo sai che adoro quella ragazza e mi piacerebbe che tu prendessi sul serio l’università come fa lei! Sai quanti soldi pago per mandarti là dentro? Mi ha chiamato il tuo professore di diritto privato che, forse te lo sei scordato, è mio amico dai tempi dell’università e mi ha detto che non ti presenti a lezione da più di un mese!» alzò la voce sbattendo un pugno sulla sua scrivania in legno di noce mentre guardava il figlio in cagnesco «Non ti ho chiesto io di pagare un sacco di soldi per mandarmi all’università! Santo cielo papà, non volevo nemmeno diplomarmi al liceo, ho fatto l’università solo per compiacerti, ma mi fa schifo giurisprudenza, mi fa schifo studiare e mi fa schifo quel campus dove pago due sterline per un caffè che mi fa vomitare» sbottò alzandosi in piedi.

Desmond guardò il figlio ed incrociò le braccia al petto mentre si appoggiava allo schienale della sua sedia «Cosa vorresti fare, allora? Andare a pulire i bagni? Hai bisogno di un’educazione» il riccio scosse la testa  prima di cominciare a fare avanti e indietro nervoso per tutto l’ufficio «Voglio andarmene – mormorò senza guardare il padre – solo per un po’ di tempo, vedere il mondo e viverlo appieno; voglio scrivere di ciò che vedo e raccontarlo attraverso fotografie e ricordi, papà» il padre sospirò alzandosi in piedi e andandogli vicino; rivedeva se stesso negli occhi del figlio, nemmeno lui voleva fare l’università, ma ai suoi tempi le possibilità erano poche e la strada di avvocato era semplice, dato che avrebbe ereditato lo studio del padre, ma ora non se la sentiva di obbligare suo figlio a prendere la sua stessa decisione «E come farai con Muffin, con i ragazzi e … tua madre?» Harry alzò le spalle «Non lo so, chiederò a Muffin di aspettarmi, i ragazzi possono vivere senza di me e manderò delle lettere a mamma, gliele potrete leggere tu e Gemma, oppure le racconterò tutto io al mio ritorno» Desmond lo guardò con un sorriso amaro, un sorriso di compassione «Se ci sarà, al tuo ritorno – mormorò sconsolato – va’ a festeggiare con Muffin, qui ci sono le chiavi della casa e un piccolo regalo per il vostro anniversario» disse poi allungandogli delle chiavi ed una busta contenente alcune sterline.

 

*

 

La casa al lago era sempre stato uno dei luoghi preferiti di entrambi, c’era pace e tranquillità e la sera era facile riuscire a vedere le stelle; loro si divertivano a cercare le costellazioni e ad inventarne di nuove se non riuscivano a scorgere quelle già esistenti.
Avevano appena fatto l’amore nel lago, una tradizione ormai per loro, ed ora si stavano scaldando di fronte al camino del soggiorno.
Harry aveva pensato a lungo su come dire a Muffin che sarebbe partito, non aveva ancora trovato le parole giuste, ma sapeva che, in un modo o nell’altro, qualsiasi cosa le avesse detto, l’avrebbe distrutta.
Avrebbe potuto dirglielo in quel momento, mentre lei se ne stava stretta in un suo maglione con i capelli umidi e gli stringeva una mano nelle sue ghiacciate; avrebbe potuto farlo prima, quando si erano spogliati per fare il bagno nel lago o glielo avrebbe potuto dire dopo, quando sarebbero andati a letto e avrebbero fatto di nuovo l’amore.
Avrebbe potuto trovare qualsiasi momento per dirglielo, ma non sarebbe comunque stato il momento giusto perché, fondamentalmente, non ci sarebbe stato un momento giusto per dare questa notizia.

«A cosa stai pensando?» la voce lieve di Muffin riempì il silenzio della casa, Harry sospirò e le passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di lasciarle un bacio sulla fronte «Io … Devo dirti una cosa, Muffin» sussurrò poggiando la fronte sulla sua e chiudendo gli occhi; la ragazza gli accarezzò una guancia «Puoi dirmi quello che vuoi» gli sorrise continuando ad accarezzarlo dolcemente «Prima voglio che tu sappia che ti amo, Muffin, ti amo da sempre e la mia vita sarebbe vuota senza di te» la guardò negli occhi allontanandola un po’ da lui «Harry, cosa stai cercando di dirmi?» chiese lei preoccupata corrugando le sopracciglia «Voglio andarmene».
Si guardarono per qualche istante, entrambi sentirono i loro cuori fermarsi per qualche secondo prima di ricominciare a battere più velocemente «Cosa … Cosa significa che vuoi andartene? Dove? Dio Harry, mi stai lasciando il giorno del nostro anniversario?» chiese lei incredula sentendo le lacrime cominciare a bagnarle le guance «No, no Muffin, non piangere; non ti sto lasciando, ho solo bisogno di stare lontano da qui per un po’» si affrettò a dire prendendole le mani, ma ormai lei aveva cominciato a piangere e non ci sarebbe stato modo di fermarla «Perché? Non lasciarmi, per favore Harry, non farlo» sentiva che le stavano strappando il cuore dal petto, sentiva che avrebbe perso i sensi in pochi istanti se Harry non le avesse detto che stava solo scherzando.
Il riccio la attirò a sé stringendola fra le sue braccia «È come in quei libri d’amore che ti piacciono tanto, Muffin, la gente si lascia per poi ritrovarsi e sposarsi e vivere per sempre felici e contenti; non me ne andrò per sempre, solo per un po’» mormorò accarezzandole i capelli «Per quanto? Non sono mai stata senza di te per più di un giorno, non ce la farò» si strinse di più a lui continuando a singhiozzare «Non ho pensato a quanto tempo starò via, ma tu ce la farai, perché sei forte, Muffin, e mi devi promettere una cosa» lei annuì senza esitazioni, avrebbe dato la sua anima ad Harry, gli avrebbe promesso qualsiasi cosa «Aspettami, tornerò da te, ma ho bisogno che mi aspetti» mormorò con voce incrinata, anche lui aveva cominciato a piangere «Harry, credi davvero che non ti aspetterei? Sarò qui, ma tu devi scrivermi e mandarmi foto e chiamarmi, hai capito? Non voglio che passi nemmeno un giorno senza sentire la tua voce o vedere la tua faccia» disse battendogli un dito sul petto «Lo farò, te lo prometto» mormorò lui con un sorriso prima di tornare a stringerla a sé.

 

*

 

L’ospedale aveva un’aria più cupa del solito, i corridoi sembravano puzzare di più e la maggior parte delle luci del corridoio di oncologia erano fulminate.
Harry percorse la strada, che ormai sapeva a memoria, senza nemmeno fare attenzione a dove stesse effettivamente andando. Pensava alla sua scelta, dirlo a Muffin era stato difficile, dirlo ai suoi amici era stata una passeggiata; ma loro non l’avevano presa bene, gli avevano dato dell’egoista «Spero che Kristen si renda conto che aspettarti è una follia» aveva detto Liam «Non pensi alla tua famiglia? Tuo padre ha bisogno del tuo aiuto, come farà a badare da solo a tua madre? Gemma è in Spagna per lavoro, non è in giro a divertirsi, dovresti pensare anche tu a sistemarti» Louis era stato il più duro, poi c’era stato Niall, l’unico pronto ad appoggiarlo, «Kris ti aspetterà, ti ama alla follia, tua madre sarà solo contenta di vedere che finalmente pensi un po’ a te stesso e tuo padre saprà cavarsela benissimo»; i suoi amici non avevano il permesso di chiamare la sua ragazza Muffin, nessuno lo aveva eccetto la sua famiglia, ma in quel momento aveva pensato che l’unico degno di poterlo fare fosse Niall.
 Insomma, andarsene non sarebbe stata una passeggiata nemmeno per lui, ma era quello che voleva e ciò di cui aveva bisogno; voleva lasciarsi alle spalle i problemi e iniziare a pensare di più a se stesso, quindi al diavolo i suoi amici, se lo avevano accettato Muffin e suo padre, lo avrebbero accettato anche loro prima o poi.

La stanza d’ospedale di sua madre era decente, prima di tutto era una singola, in secondo luogo dava sul giardino dell’edificio e in primavera era bello vedere tutti gli alberi in fiore e il prato colorato.
Anne Styles era sdraiata con la testa rivolta verso la grande finestra, le coperte tirate fino al seno e una bandana azzurra a coprirle la testa.
Le era stato diagnosticato un tumore al cervello otto mesi prima, si era espanso velocemente creando metastasi su molti organi; faceva fatica a parlare e a muoversi, per questo Harry la andava a trovare quasi tutti i giorni, la aiutava ad alzarsi e la portava in giardino.
«Ciao mamma» Anne girò la testa verso la porta dove c’era il figlio in piedi, gli sorrise e gli fece segno di avvicinarsi «Vuoi andare in giardino?» le chiese Harry dolcemente sedendosi sulla sedia di fianco al letto, la donna scosse la testa «C-come è a-andato l’an-anniversario?» chiese a fatica prima di prendere un respiro profondo «Bene, siamo andati al lago, come sempre, non ha fatto molto freddo e a Muffin è piaciuto il mio regalo, ha detto che desiderava di andare a quel concerto da secoli» sorrise abbassando lo sguardo e sospirando.
Anne lo guardò confusa allungando una mano verso di lui per attirare la sua attenzione «Mamma, ho preso una decisione, ho deciso di andarmene; solo per un po’, voglio sparire per qualche tempo» la donna si mise seduta a fatica senza togliere gli occhi dal figlio «P-Perché? C-ci ab-abbandoni?» chiese preoccupata.
Da quando era finita in ospedale, Harry era l’unico che andava a trovarla con regolarità, Gemma era partita e suo marito era troppo addolorato per poterla vedere in un letto di ospedale «No, mamma, non vi abbandono. Tornerò presto e ti manderò tante foto e tante lettere» Anne annuì, non aveva la forza di ribattere, ma sapeva che questo avrebbe segnato la sua fine; suo figlio era l’unica ragione per il quale valeva la pena lottare, senza Harry che cosa le sarebbe rimasto?
«A-Ad-Addio Harry» sussurrò sentendo le lacrime agli occhi «No, no mamma, non è un addio, quando tornerò tu sarai ancora qui» disse lui testardo stringendole la mano, ma Anne, in fondo, lo sapeva, non ci sarebbe stata.

 

*

 

Muffin piangeva, piangeva concedendosi solo delle pause occasionali per poter recuperare un po’ di lacrime. Nella sua vita non aveva mai passato un momento lontano da Harry, ora invece avrebbe dovuto imparare a vivere senza di lui.
Era il 10 aprile ed erano le 10.48, la stazione dei pullman era gremita di gente e l’unica persona che lei riusciva a guardare era Harry; Harry con i suoi borsoni neri in spalla e la sua macchina fotografica attaccata al collo.
Non era andato nessuno a salutarlo, nessuno a parte Muffin; era stato lui a chiedere a tutti di rimanere a casa, lo aveva chiesto anche a lei, ma non c’era stato verso di convincerla.

Si mordeva il labbro, che ormai era diventato rosso e gonfio, mentre il ragazzo la guardava senza smettere di pensare che, lasciandola lì, avrebbe lasciato a Bristol un pezzo del suo cuore e della sua anima «Muffin, tornerò presto» le ripeté per l’ennesima volta «Non capisco, Harry, perché te ne vai via da me?» chiese disperata sentendo nuovamente il nodo alla gola stringersi e le guance bagnarsi «Non vado via da te, vado via da Bristol, ma con te ci sarò sempre» le accarezzò una guancia cercando di asciugarle le lacrime «Chi mi morderà le guance adesso? Chi mi darà fastidio mentre studio e chi mi porterà i muffin per colazione? Chi mi farà gli auguri per il compleanno alle 6.46 precise? Chi mi porterà al lago?» scoppiò a piangere ed Harry la strinse forte a sé chiudendo gli occhi «Ti prometto che tornerò da te, Muffin, tornerò sempre da te, ma ora ho bisogno davvero di andarmene per un po’».
Rimasero abbracciati per parecchi minuti, prima che l’altoparlante annunciasse la partenza del suo pullman; si staccò controvoglia e le lasciò un lungo bacio sulle labbra prima di morderle una guancia e avvicinare le labbra al suo petto «Sai sempre di muffin, amore mio» sussurrò allontanandosi.

Salì sul pullman e si piazzò vicino al finestrino per continuare a guardare Muffin che tentava di asciugarsi le lacrime «Ti amo» gli mimò con le labbra, lui le mandò un bacio prima di sentire il pullman accendersi e iniziare a muoversi. Salutò la sua Muffin per l’ultima volta, prima di distogliere lo sguardo per alzare gli occhi verso il cielo.
Aveva mentito a tutti, non avrebbe scritto a nessuno, non avrebbe chiamato nessuno né tantomeno sarebbe tornato per le feste; aveva bisogno di trovare se stesso, sarebbe tornato, senza dubbio lo avrebbe fatto, ma in quel momento era sicuro che, per un po’ di tempo, sarebbe sparito dalla circolazione senza dare sue notizie.
Prese il cellulare e tolse la scheda prima di gettarla fuori dal finestrino e lasciarsi andare con la testa sul sedile.
Non sapeva dove aveva trovato il coraggio di lasciare tutto e tutti, non sapeva a cosa questa avventura lo avrebbe portato e non aveva mai pensato che avrebbe mai abbandonato la sua vita a Bristol per intraprendere un’avventura incerta; ma sapeva che ne sarebbe davvero valsa la pena.

 

*

 

Muffin tornò a casa distrutta, non aveva più nemmeno la forza di piangere, ma appena mise piede in camera una busta sulla sua scrivania attirò la sua attenzione “Per la mia Muffin”.
La prese in mano e la aprì in fretta, era una lettera di Harry.

Cara Muffin,
ti ho mentito, perdonami. So che ho promesso che ti avrei chiamato, che ti avrei scritto e mandato foto, ma non posso farlo; nel momento in cui metterò piede su quel pullman, io sparirò dalla tua vita per un po’.
Sono egoista, lo so, sono uno stronzo e capirò se non vorrai tenere fede alla tua promessa e non mi aspetterai.
Ma non ho mentito su tutto quanto, tornerò, manterrò questa promessa, tornerò da te e spero che tu sia ancora lì ad accogliermi.
Non potevo rimanere, Muffin io non valgo niente in confronto a te, la tua strada è delineata, sai cosa vuoi e lo otterrai; io sono un fallimento, non riesco nemmeno a presentarmi a lezione per due giorni di fila!
Per quando tornerò, tu sarai una bellissima donna, sarai probabilmente laureata e io avrò qualcosa da darti: sarò ricco di esperienze, di racconti e di viaggi; potrò portarti nei miei posti preferiti e potremo creare dei nostri ricordi, da persone mature e cresciute.
Lo faccio per noi, Muffin, lo faccio per me e per te, per poterci dare un futuro insieme perché io non voglio passare la vita con nessun’altra.
Tornerò, fino ad allora avrai con te la mia collana (la trovi nella busta).
Ti amo, per sempre

Tuo Harry.

La ragazza si asciugò le lacrime e prese la collana dentro la busta, la indossò e ripose la lettera nel cassetto della scrivania prima di andare a sdraiarsi sul letto.
Accarezzò la piccola croce che era appartenuta ad Harry e chiuse gli occhi immaginandosi di averlo lì accanto, lo avrebbe aspettato, anche per tutta la vita se fosse stato necessario, ma lo avrebbe fatto.
In fin dei conti, era come in quei libri d’amore che le piacevano tanto, le persone destinate a stare insieme si lasciano e si ritrovano per poter vivere la loro vita insieme felici e contenti.

 

Finalmente pubblico la shot per il contest di Liis!
Che dire, non sono convintissima, ma ammetto che non mi fa nemmeno così schifo! Spero che vi sia piaciuta e, soprattutto, che sia piaciuta ad Andrea che mi ha dato un prompt che mi è piaciuto davvero tanto!
Fatemi sapere cosa ne pensate (:
Un bacio

Sil

   
 
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