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Autore: CottonBatu    08/04/2009    25 recensioni
«Lo sai che la parola Fortuna poteva significare anche Cattiva Sorte nell’Antica Roma?»
«Non me ne frega niente»
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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«Lo sai che la parola Fortuna poteva significare anche Cattiva Sorte nell’Antica Roma

WARNING: Alternative Universe/mini-SPOILER HP7

Gli avvenimenti del libro sono accaduti, ma i buoni che sono morti, in realtà non sono morti. Un Post-War un po’ più soft all’alba di una nuova vita =)

 

Serendipità

 

 

 

 

I'm lucky I'm in love with my best friend
Lucky to have been where I have been
Lucky to be coming home again

Lucky we’re in love in every way

Lucky to have stayed where we have stayed

Lucky to be coming home someday.

 

                                       

                                      Jason Mraz feat. Colbie Caillat - Lucky

 



 

 

L’erba era croccante sotto i piedi di Ron e Hermione quella mattina.

Passo dopo passo, allontanandosi lentamente dalle mura di Hogwarts, dalla morte, dalla guerra e da chiunque conoscevano, il rumorino fragrante dei fili di prato li accompagnava nella loro breve discesa lungo la piccola altura, fino ad arrivare in riva al Lago Nero in un silenzio addormentato insolito, quanto adatto.

 

Ron si accasciò dolorante sull’erba, trascinando malamente con sé Hermione, senza preoccuparsi particolarmente di essere troppo rude, troppo violento o troppo se stesso.

Lei atterrò scomposta al suo fianco, sbuffando infastidita per la mancanza di tatto e tremando sotto il tocco spudorato di lui lungo la sua schiena.

 

Ron si distese, accarezzato dalla brezza d’inizio maggio e dai fili d’erba che gli si insinuavano dispettosi tra i capelli rosso brillante.

Hermione lo fissò per un breve momento dall’alto, approfittando del fatto che lui avesse gli occhi chiusi e cosciente del fatto che da quel momento in avanti non avrebbe dovuto più avere paura di doverlo guardare come se fosse l’ultima volta che lo faceva.

 

Fece un piccolo sospiro e distolse lo sguardo dal suo volto efebico, prendendo a disegnare cerchietti immaginari sul suo ginocchio.

 

«Lo sai che la parola Fortuna poteva significare anche Cattiva Sorte nell’Antica Roma?»

 

«Non me ne frega niente»

Lei fissò per un momento il Lago Nero illuminato dai primi bagliori paonazzi dell’alba, in silenzio.

 

«Era la Fatalità.» continuò, facendo finta di non averlo sentito. «Buffo, no? Magari uno diceva – questa mattina ho avuto Fortuna! – e invece gli era morto gatto»

 

«Se era un antenato di Grattastinchi questa frase ha un suo perché»

 

«Sei veramente infantile, Ronald»

 

«Qualcuno deve pur compensarti nel gruppo»

Hermione strinse le labbra tra loro facendole diventare talmente sottili che parvero scomparire, ma non disse niente.

 

«Credo che alla fine nella nostra vita siamo stati fortunati»

 

«Nel senso che è stata un casino fin dall’inizio?»

Lei lo guardò distrattamente, lasciando scivolare incontenibili i suoi capelli lungo le spalle minute.

 

«Allora mi ascolti quando parlo»

 

«Ogni tanto capto dei frammenti, sì»

Hermione gli rivolse un’occhiataccia a cui lui rispose con un sorriso pigro aprendo gli occhi quanto bastava per guardarla.

 

«Nel senso…» continuò, dopo qualche attimo di silenzio sonnacchioso. «…che alla fine poteva andarci peggio. Penso.»

 

«Potevamo morire» convenne lui richiudendo gli occhi e godendosi l’aria calda e odorosa.

 

«Sarebbe stata proprio una bella fregatura» constatò lei, in un tono imbronciato, pensoso e assolutamente non da lei.

Ron fece una risatina bassa, sentendo quella frase tanto poco da Hermione uscirle dalle labbra tanto naturalmente.

 

«E’ vero»

Rimasero in silenzio per qualche attimo e, sentendo il suo respiro sopito e regolare, Hermione credé che Ron si fosse addormentato.

«Cosa pensi che faremo adesso?» chiese invece lui, roco.

Hermione fece un' alzata di spalle, mentre un piccolo tremito le percorreva la schiena.

 

«Vivere» rivolse un’occhiata alle sue mani che giocavano con un lembo strappato dei suoi pantaloni, dicendolo.

Lei sentì dei piccoli rumori, indistinti; poco dopo Ron si alzò a sedere, portandosi alla sua stessa altezza.

 

«Non so se lo so fare» mormorò, guardando con un’espressione indecifrabile il sole che faceva capolino rossiccio da dietro le colline.

Hermione raggomitolò le sue gambe contro il petto, abbracciandole.

 

«Beh, dovremmo avere una predisposizione naturale»

 

«Dove l’hai letto?»

 

«Non l’ho letto da nessuna parte» lo guardò con la coda dell'occhio, mentre lui continuava a studiare perso l’acqua arrossata d’alba del Lago Nero. «- me lo sento nella pancia»

Ron fece una risatina improvvisa; i suoi occhi acquosi e stanchi ebbero un guizzo inaspettato di vitalità.

 

«Forse hai fame»

 

«Forse sì» ammise lei suo malgrado, sorridendo leggermente.

 

«Vuoi andare a mangiare?»

Hermione si girò a guardarlo per la prima volta dopo la morte di Voldemort.

Non una di quelle occhiate sfuggenti che era solita concedersi, ma uno sguardo che portava con sé un’analisi attenta e minuziosa.

Lo guardò completamente, spudoratamente e senza vergognarsi che qualcuno – che lui - la vedesse farlo.

Guardò il volto sporco e segnato, i capelli anche più spettinati del solito e imbiancati dalla polvere dei calcinacci, i vestiti strappati, i graffi sulle braccia, la ferita che imperava sulla sua fronte nivea e corrugata.

Guardò gli occhi limpidi e infiacchiti, la bocca screpolata, il naso lungo e scorticato, le orecchie arrossate dall’imbarazzo.

 

«Hai la testa spaccata» osservò, atona.

Lui annuì, consapevole, mangiucchiandosi noiosamente un’unghia.

«Non pensi sia meglio andare a farti medicare prima? Morire dissanguato dopo aver sconfitto il Mago più pericoloso di tutti i tempi per farsi un panino è da idioti»

Ron fece una smorfia contrariata, distogliendo lo sguardo da lei.

 

«Non apprezzi mai la mia cavalleria. E poi guarda che neanche la tua guancia è poi così bella da vedere, Miss»

 

«Sicuramente meglio della tua testa»

 

«Che è sicuramente meglio del tuo mento»

Hermione inarcò le sopracciglia, guardandolo astiosa.

 

«Non voglio fare una gara su chi è ridotto meno peggio

 

«Perché sai che perderesti» annuì lui, risoluto.

Hermione fece per rispondere con uno dei suoi commenti pieni di saccente esternazione di arguzie, ma si costrinse a zittirsi, limitandosi ad uno sbuffo indispettito che fece ridere Ron.

 

«E comunque non è vero che non apprezzo la tua cavalleria» deviò lei, concentrandosi sulla superficie brillante del Lago.

Hermione sentì lo sguardo di lui su di sé, ma non si girò.

«…sei molto cavalleresco quando sei in vena» si sentì arrossire dicendolo, ma si cullò nella certezza che le ecchimosi sul suo volto distogliessero chiunque da un potenziale rossore adolescenziale.

 

«Con questo vuoi dire che ti ho convinta per il panino?»

 

«Con questo voglio dire che sei molto…-» le parole le morirono in gola quando i suoi occhi incontrarono quelli curiosi e fiammeggianti di lui.

 

«…cavalleresco?» la parola gli danzò sulle labbra, saltellando dall’una all’altra, giocosa.

 

«Esattamente» terminò, secca, distogliendo lo sguardo.

La discussione morì lì, incapace di agonizzare oltre.

 

Rimasero in silenzio per un po’, entrambi in cerca di argomenti validi di cui parlare, entrambi tentando di racimolare un po’ di coraggio per dire quello che in effetti dovevano, entrambi senza la minima intenzione di risollevare la questione del Bacio per almeno qualche ora ancora.

Cosa si fa in quelle situazioni?

Hermione se lo chiedeva da quando si era seduta in attesa del Sole accanto al suo sonnacchioso interlocutore.

Quali sono gli sviluppi in una relazione che è iniziata litigando, si è evoluta discutendo ed è sbocciata in un bacio frettoloso prima di andare incontro alla morte?

Hermione non lo sapeva.

E questa era una cosa a cui volente o dolente si era dovuta abituare negli ultimi mesi.

Non sapeva se avrebbe rivisto i suoi genitori.

Non sapeva se sarebbe sopravvissuta alla guerra.

Non sapeva se avrebbe visto le persone che amava morire.

Hermione non sapeva niente.

E guardando il sole rosso salutarla caloroso e rotondo mentre saliva giunonico, sentì un bisogno selvaggio di mettersi a urlare.

Sospettando, però, che la sua faccia si sarebbe spaccata in più parti se solo avesse avuto anche solo un accenno di espressività maggiore a quella di uno Schiopodo Sparacoda addormentato, si limitò ad emettere un piccolo, inespressivo gemito frustrato.

 

«Dov’è Harry?» dissero all’unisono, senza guardarsi in faccia.

Eccolo, l’argomento universale.

Colui-che-doveva-essere-nominato per salvare qualsivoglia conversazione.

 

Ron e Hermione si guardarono un secondo, imbarazzati.

 

«Non l’ho visto…» rispose lei.

 

«Sarà con Ginny» propose lui.

Hermione annuì vaga e la discussione, per un breve attimo resuscitata, spirò di nuovo, sofferente e ieratica.

 

La Piovra Gigante si mosse a pelo d’acqua,

un piccolo branco di Thestrals sorvolò la Foresta Proibita,

accanto al portone d’ingresso, Neville inciampò su Oscar.

 

«Ron?»

 

«Mhm

 

«Pensi che potrei stare qualche giorno da te, prima di andare a riprendere i miei genitori?»

Hermione abbassò lo sguardo; era la prima volta che si autoinvitava alla Tana.

Al solo pensiero di averlo fatto davvero arrossì come una dodicenne e al solo pensiero di essere arrossita come una dodicenne si diede mentalmente dell’idiota.

Ron sorrise appena, avvicinandosi impercettibilmente a lei nell’appoggiarsi pigramente sulle mani.

 

«Casa mia è casa tua, Hermione»

Le farfalle nello stomaco di lei si agitarono furiose, sentendolo.

Suonava bene.

 

Hermione arrossì, di nuovo, violentemente, senza averne una reale motivazione.

Si sentiva strana.

Euforica e stanca, sveglia e assonnata, immortale e dolorante, come durante quei momenti in cui non si ha voglia di fare niente in particolare, quando si ha sonno, ma non si ha voglia dormire, o si ha fame pur avendo la nausea.

Hermione non riusciva a smettere di muoversi, ma era conscia che da un momento all’altro sarebbe crollata sotto il peso della fatica, al minimo scossone, al minimo gesto, alla minima folata di vento.

Cosciente di questo fatto, Hermione si limitava a guardare.

 

Guardò di nuovo il Sole ed era rosso.

Guardò il cielo ed era rosso.

Guardò l’acqua ed era rossa.

Guardò Ron e lo baciò.

Stavolta senza la guerra, senza paura di morire, senza Harry Potter e senza i denti di un serpentone gigante.

Si baciarono a lungo, immemori del giorno che li scopriva amanti, senza provare dolore sfiorando quelle ferite provocate da chi l’insania ha reso schiavi.

 

«Questa volta senza neanche chiamare in causa gli Elfi» mormorò lui contro le sue labbra, con un sorriso vispo che gli aleggiava agli angoli della bocca. «A cosa devo il piacere, quindi?»

Hermione fece schioccare le lingua sulle labbra, pensosa.

 

«Fortuna»

 

«Ah, cos’è la vita senza un po’ di Serendipità?» chiese lui distendendosi di nuovo sull’erba e portandosi lei dietro senza troppe cerimonie.

 

«Mi piace la parola Serendipità» commentò Hermione, accoccolandosi contro di lui.

Ron arrossì, cingendole incerto la vita con un braccio.

 

«Aggiungila nella tua lista delle parole preferite insieme a “opulento” e “adamantino»

 

«Smettila di prendermi in giro per quella lista» borbottò lei, dandogli un debole schiaffo sul petto. «Non la aggiorno da quando avevo tredici anni, è assurdo che tu te ne ricordi ancora»

 

«Ricordo tutto ciò che posso usare per prenderti in giro»

 

«Questo è davvero scorretto»

 

«L’aggettivo “sconveniente” penso si addica ancora meglio»

Hermione gli rivolse un’occhiata che doveva essere stizzita, ma che invece non riuscì neanche ad essere vagamente irritata.

«Ma guardati, non riesci neanche più a tenermi il broncio» constatò lui, ridente.

Lei ridusse gli occhi a due fessure, staccandosi repentinamente da lui e mettendosi a sedere.

 

«Oh, davvero?»

Hermione fece per alzarsi iraconda, ma il suo piede s’incastrò in una radice dalla provenienza ignota che la fece ricadere pesantemente su di lui.

Ron inarcò un sopracciglio, ilare.

 

«Sì, davvero»

E la Serendipità quel giorno era d’accordo con lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

Buongiorno a tutti C:

Dunque…questa ff nasce in un clima un po’ diverso dal solito.

Penso che tutti voi stiate vedendo nei telegiornali quello che sta succedendo in Abruzzo e dintorni; beh, io sono abruzzese e vedere tutto questo non in prima persona, ma quasi, fa un certo effetto. Persone che conosco si sono salvate per miracolo mentre le loro case crollavano loro sopra e sentire la terra che trema anche solo per poco rispetto a quello che succede a L’Aquila, aiuta a capire meglio.

Non so, questa ff nasce perché avevo bisogno di pensare un po’ positivo e mi rendo conto che non ha molto senso xD, ma avevo bisogno di un po’ di spensieratezza, di tranquillità, di quel silenzio sonnacchioso che viene subito dopo qualcosa di brutto e che neanche dopo tutte queste ore si riesce a ottenere, perché la terra trema ancora.

Che altro posso dire, spero che vi sia piaciuta e che il sentimento che ho voluto comunicarvi sia passato tra le righe.

In ultimo vorrei chiedervi qualcosa di diverso dal solito. Normalmente vi chiederei una recensione per sapere cosa pensate della fan fiction, stavolta vi chiedo di aiutare i miei compaesani. C’è un numero, il 48580, che vi permette di dare una mano con la fatica minima. Chiamando da telefono fisso, donerete 2 Euro, mandando un SMS con il cellulare, donerete 1 Euro.

E’ semplicissimo ed è un aiuto che possono dare tutti – notate che l’ho scritto in verde speranza :)

Questa volta vincete la pigrizia, perché ci mettete anche meno che recensire.

A prestissimo C:

Baciottos <3

   
 
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