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Autore: BrokebackGotUsGood    03/05/2016    3 recensioni
Sherlock e John si erano trovati nel momento in cui entrambi avevano bisogno di qualcuno che significasse casa; forse era stata una coincidenza, ma di rado l'universo è così pigro.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Just the two of us against the rest of the world






John si era perso.
Si era perso in un tunnel senza fine e senza tempo, vuoto, oscuro, freddo, terribilmente silenzioso.
Si era perso in quella stanza buia fatta di un letto, di uno specchio e di una scrivania nel cassetto della quale teneva la sua pistola, nel caso in cui, sopraffatto dalla disperazione, avesse voluto farla finita una volta per tutte.
Si era perso in un passato che non gli sarebbe mai più appartenuto.
I giorni per lui passavano monotoni, viveva come una macchina programmata a svolgere ogni gesto quotidiano; la luce del giorno entrava a malapena attraverso le tende.
Le fin troppo vivide e nitide immagini della guerra popolavano i suoi sogni ogni notte, e puntualmente gli ricordavano che il campo di battaglia si era preso la sua anima strappandogliela dal petto, che combattere ormai non sarebbe servito più a nulla, che ora non aveva più un posto nel mondo.
John Hamish Watson non era più nessuno lì come in qualunque altra parte dell'universo.
Era solo come un cane, quasi senza un soldo, senza un posto in cui vivere; la città che era sempre stata la sua casa ora pareva più ostile e più grigia di quanto non lo fosse mai stata; l'aria aperta gli sembrava tale e quale a quella che inalava mentre sudava tra le lenzuola del suo letto e le persone gli passavano accanto senza che lui le vedesse.
Non aveva più niente a cui aggrapparsi, se non un bastone che era costretto a usare a causa di una dannata zoppia psicosomatica.
Non riusciva più a trovare conforto nemmeno nelle lacrime.
La vita andava avanti.
Lui non ne aveva più una.
Il vuoto era tutto quello che credeva avrebbe mai conosciuto, da allora in avanti.
Finché un giorno non era arrivato Sherlock, spirito ribelle, anima solitaria, il cuore avvolto da un'inscalfibile corazza di pietra; un uomo che era stato capace di leggerlo con un solo sguardo e che lo aveva legato a sé ancora prima che avesse il tempo di tirarsi indietro.
Sherlock lo aveva trovato, lo aveva raccolto da terra, debole e fragile come un fiore a cui era stata negata la luce per troppo tempo, e aveva rimesso insieme i suoi pezzi; aveva dato un nuovo significato ad ogni suo giorno, lo aveva reso più forte, aveva rianimato in lui quel lume di speranza per il futuro che credeva non si sarebbe mai più acceso.
Gli aveva ridato il sorriso.



Sherlock si era perso, ma aveva imparato a brancolare nel buio.
Aveva imparato a sopravvivere (anche se a stento) in un mondo di belve, dove l'unica persona di cui si poteva fidare era se stesso.
Aveva imparato a tenersi il più lontano possibile da emozioni che non fossero causate dall'adrenalina di un omicidio da risolvere, ricorrendo...beh, spesso (troppo spesso) ricorrendo a speciali aiuti, che nella maggior parte dei casi non si rivelavano tali.
La droga era stata più volte sul punto di trascinarlo sul fondo di un pozzo dalle pareti levigate e, doveva ammetterlo, a volte ci aveva sperato, soprattutto in quei momenti in cui non riusciva ad impedire al passato di riaffiorare dal terreno sotto cui cercava puntualmente di seppellirlo.
Pazzo, strambo, psicopatico, macchina calcolatrice, sociopatico: questa era la fama che aveva acquistato nel corso degli anni, non perché l'avesse davvero voluta, ma perché era così che la gente lo aveva reso, reagendo con stizza, rabbia o sgomento alla sua straordinaria intelligenza invece che con un briciolo di ammirazione.
Per tutti Sherlock era l'uomo privo di sentimenti, nessuno si era mai disturbato a capire, o almeno a tentare di capire, se dietro quella maschera d'indifferenza e intrattabilità si celasse qualcosa di diverso.
Finché un giorno non era arrivato John, spirito di un soldato, anima generosa, dolce, coraggiosa e testarda creatura.
John non era scappato via da lui, oh no: lo aveva accettato come coinquilino senza troppe difficoltà, poi come collega e infine, sorprendendolo (cosa che solo le migliori menti criminali riuscivano a fare), come amico.
Aveva accettato di convivere con la sua arroganza, con i suoi lunghi silenzi, con il disordine che lasciava sempre sul tavolo della cucina; addirittura gli aveva fatto capire di apprezzarlo, e forse era questo che aveva fatto inevitabilmente cadere Sherlock nella trappola.
John Watson gli aveva nuovamente aperto la finestra che si affacciava sulle emozioni che tanto duramente aveva cercato di reprimere e non sapeva se odiarlo o essergli grato per questo.
Certo, lo aveva reso una persona migliore ed era riuscito a penetrare la fredda barriera che racchiudeva il suo lato umano, ma allo stesso tempo lo aveva messo nuovamente faccia a faccia con la paura e il dolore, lo aveva reso vulnerabile.
Alla fine, però, aveva deciso che non gli importava.
Perché dove John lo avrebbe ferito, John sarebbe stato in grado di curarlo.


Sherlock e John si erano trovati nel momento in cui entrambi avevano bisogno di qualcuno che significasse casa; forse era stata una coincidenza, ma di rado l'universo è così pigro.


Sherlock e John si erano persi, ma poi avevano ritrovato se stessi l'uno nell'altro.
Fino ad essere una cosa sola.
Loro due contro il resto del mondo.
   
 
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