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Autore: Impera    03/05/2016    1 recensioni
Martina non legge molto, né è mai stata una grande appassionata di libri. Tuttavia una sera, annoiata, decide di dare alla lettura una seconda possibilità.
Solo non sceglierà il libro giusto.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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1
Martina non era esattamente una gran lettrice. In realtà, gli unici libri che si ricordava di aver letto di propria volontà erano dei piccoli volumi che facevano parte di una raccolta di favole e un librone di Geronimo Stilton. Aveva una pagina profumata o qualcosa del genere.
Per questo, e per il fatto che quella sera non aveva veramente niente da fare, decise di dare un'occhiata alla modesta libreria che c'era in studio: una libreria con una gran varietà di generi. I primi libri che si notavano erano quelli della Benedetta Parodi, libri per i quali sua madre avrebbe (probabilmente) fatto l'inimmaginabile. Sullo scaffale superiore c'erano i testi di psicologia, qualche pietra e alcuni talismani della sorella, una tipa strana e premurosa. Sopra di questi, tutto ciò che riguardava i viaggi all'estero, dai mattoni sulle più belle mete turistiche europee ai dizionari tascabili di lingue come lo sloveno e il polacco. Dopo aver ispezionato lo scaffale di suo padre, Martina guardò giù, e si chinò per esaminare meglio i due scaffali in basso. Entrambi avevano libri per la maggior parte fantascientifici, ma c'era anche qualche romanzo rosa e qualche giallo. Mentre faceva scorrere gli occhi sui dorsi dei libri, piegando in continuazione la testa a destra e a sinistra, a destra e a sinistra, per leggere meglio i titoli e gli autori, la ragazza trovò un nome a lei non sconosciuto.
"...Stephen King..." strinse gli occhi per vedere meglio il titolo in giallo.
"Quattro dopo mezzanotte." Non conosceva quel libro, ma quel nome, sì, l'aveva già sentito da qualche parte. Cos'è che scrive? Libri di fantasia?
Prese l'oggetto (piuttosto grande) tra le mani, guardò la copertina, e concluse che questa non le piaceva.
Girò il volume chiuso, e venne salutata dalla foto di un uomo, illuminato da una luce azzurra come la copertina, con uno sguardo fisso e un sorriso stretto, come quelli che rivolgi ad una persona che hai poco fa incontrato in autobus e alla quale non hai molta voglia di parlare; anche se, in quel specifico sorriso, si poteva cogliere una certa tenerezza.
È un po' inquietante...Rigirò il libro e decise di aprirlo. Lesse quello che era scritto sul ripiegamento della copertina.
"Passata la mezzanotte qualcosa succede al tempo, quel fragile concetto usato dagli uomini per dare un ordine alla percezione degli eventi: si piega, si allunga, si assottiglia, torna indietro o si spezza...e talvolta la realtà subisce le stesse distorsioni. E che cosa mai accade all'osservatore sbigottito quando la finestra che separa la realtà s'infrange e le schegge di vetro schizzano ovunque tutt'intorno?"
Martina aggrottò le sopracciglia. Non era sicura di aver capito, ma continuò a leggere. Scoprì che il libro era suddiviso in quattro storie, chiamate "Una dopo mezzanotte", "Due dopo mezzanotte", "Tre dopo mezzanotte" e, be', "Quattro dopo mezzanotte". La piccola presentazione terminava con: "Questi racconti, best-seller N. 1 negli Stati Uniti, rappresentano uno dei frutti più inquietanti scaturiti dalla fervida fantasia del celebre e indiscusso <>".
Ah, giusto, ecco cosa scrive. Nonostante non ne avesse compreso molto bene l'inizio, quel riassunto l'aveva interessata, e decise, visto che non aveva trovato molti libri altrettanto stimolanti, di tenerselo e portarselo in camera sua, parallela e a pochissimi passi dallo studio.
2
Accese la luce, chiuse la porta, e si fiondò sul letto con il libro in mano. Una volta distesa comodamente lo riaprì e sfogliò le pagine.
Certo che come inizio sembra un po' impegnativo...è decisamente più grosso di quello di Geronimo Stilton.
Trovò un doppio senso in quella frase e ridacchiò. Poi, con il sorriso ancora in faccia, cominciò a leggere la vera e propria "nota introduttiva".
"....ed è ancora molto di più di quello che so; è ancora ciò che amo. Oh, non fraintendetemi, amo mia moglie e i miei figli, ma non ho smesso di provare piacere imboccando quelle misteriose vie secondarie, percorrendole per scoprire chi ci viv-
Martina smise di leggere. Sulla pagina a destra, in basso, vide qualcosa muoversi. All'inizio era solo un punto in movimento, ma quando la vista si focalizzò, il punto diventò un insetto. Un insetto piccolo, marroncino, che vagava a microscopici passi su una pagina leggermente ingiallita.
Ma che cazzo?!
Si allontanò un po' dal libro e lo prese in mano, attenta a non far cadere quella maledetta mini-creatura in un posto dove non l'avrebbe più vista. Andò a passi svelti nel bagno, fra la sua camera e lo studio, e posò Quattro dopo mezzanotte a terra.
Dai, ma cosa fai sul libro? Eri nel libro? O era tipo caduto o era già sul letto? No, era nel libro. Dio ma ti vuoi togliere? Via! Via! Una fitta di pensieri percorreva la mente di Martina, estremamente schizzinosa e affatto amante degli insetti, mentre rifletteva su come sbarazzarsi di quell'intruso. Non l'avrebbe ucciso di sicuro, oh, no, ci aveva già provato con alcuni suoi coetanei: aveva preso un fazzoletto, era stata molto attenta, si era avvicinata; ma non era mai riuscita a darsi la spinta finale per schiacciare nel pezzo di carta il piccolo essere vivente. Se lo immaginava scoppiare sotto la pressione delle sue dita (quando ci pensava le sembrava sempre di stare per uccidere l'insetto con i polpastrelli nudi): la testolina che esplode, il sangue che viene sputato insieme a dei minuscoli organi con uno splat, il suono che Martina aveva il terrore di sentire; anche se sarebbe probabilmente impossibile. La sua non era pena, era solamente disgusto e ribrezzo. Per questo, strappò un pezzo di carta igienica, si avvicinò alla piccola cosa con le zampe, glielo mise davanti, e aspettò che si decidesse a salirci sopra, cosicché potesse portarla fuori dalla finestra e abbandonarla al freddo di gennaio. Così fece.
3
Martina andò a dormire poco dopo l'accaduto. Non appena ebbe accompagnato all'esterno il piccolo stronzetto, aveva preso il libro che poco prima voleva leggere e lo aveva riposto con velocità lì dove lo aveva trovato.
Non si spiegava il perché, ma non riusciva ad addormentarsi. Era stato un evento così semplice, eppure così particolare: insomma, un insetto in un libro? Le sembrava piuttosto strano. Non capita a tutti.
Decise di scrivere un messaggio all'amica Elisa (la quale era, sicuramente, ancora sveglia) e le riferì quello che era successo con umorismo. Alla fine aggiunse:"CHE SIA UN SEGNO? E SE FOSSE UN SEGNO, ELISA? A MEZZANOTTE DEGLI INSETTI MI VERRANNO A TROVARE!! ORMAI È INCISO NEL MIO DESTINO!!!!"
Nonostante il sarcasmo con cui aveva scritto quelle frasi, le soffiò addosso un vento di sconforto. Il suo lato superstizioso e dubbioso, che tentava sempre di zittire, si fece sentire con una voce fievole.
E se fosse...davvero....un segno? Quattro dopo mezzanotte...una dopo mezzanotte, due dopo mezzanotte, tre dopo mezzanotte...insetti....
Sentì una campana suonare. Scoccare, anzi. Non scoccava la mezzanotte, bensì l’una. I suoi occhi si persero nel buio della sua camera, tutto si fuse insieme e Martina non riconosceva più la differenza tra l'armadio, la scrivania e la porta. La campana scoccò ancora, e ancora, e ancora: sentì una musica da carillon disperdersi nella casa, grande e silenziosa, e il suono scattante di un vecchio meccanismo, il rumore che di solito accompagna le figurine di un orologio a cucù. La ragazza aveva l'orologio tirolese davanti: un uomo e una donna giravano e alzavano il braccio con una birra in mano a ritmo di musica. Lo spettacolo durò qualche secondo, e le figure fecero per ritirarsi, quando si bloccarono di colpo. La canzone si inceppò. Continuava: ma a scatti, scandita da graffi e suoni striduli, e il pannello dell'orologio si staccò un po', facendo uscire allo scoperto qualcosa; un insetto. Martina strizzò gli occhi, corrugò la fronte e si avvicinò al quadrante. Questo si staccò.
Dal buco che si era svelato sgattaiolarono centinaia, se non migliaia di scarafaggi, insetti forbice, cimici, ragni, gruppi di mostriciattoli neri e marroni che la ragazza non riconosceva nemmeno; alcuni volavano. Martina non si allontanò. Non ci riusciva. E mentre si sforzava di correre via, un ragno le saltò svelto in faccia, e cercò di infilarsi nel suo naso. Venne seguito da altri due ragni e da una cimice, che insieme ad altre quattro, le si arrampicò in bocca. Le loro zampette le solleticavano il palato e la lingua, che sembrava avere uno spasmo, perché la poverina stava cercando disperatamente di mandarli via: se avesse avuto le mani libere non sarebbe stato un problema, ma il problema era che le sue mani erano occupate. O meglio, tenevano occupati altri amichetti, quali api, calabroni, vespe, che si erano aggiunti alla festa. Le pungevano le mani come se se ne nutrissero, la bucavano incessantemente dovunque arrivassero: una raggiunse perfino sotto l'unghia. Il sangue le colava come lacrime e le mani le si gonfiarono come se stessero per esplodere (come la testa di un insetto). Facevano la stessa cosa con i piedi scalzi. Gli scarafaggi, intanto, festeggiavano insieme sulle gambe di Martina. Uno di loro riuscì a infilarsi nelle sue mutande.
In questa danza ripugnante, Martina non poteva ballare, ma quegli insetti sì: oh se ballavano, e si divertivano un mondo, zampettando e pungendo e arrampicandosi e infilandosi ovunque. Il dolore e la paura della ragazza erano veri, pura realtà: ma tutto il resto no.
Aprì gli occhi. Era sudata, stava piangendo, il cuore le batteva all'impazzata; ma nulla di quell'incubo era presente. Nessun orologio, nessun insetto.
Ah...ah.....aahh.....le uscì un lamento tremante. Con terrore, mosse le mani; le portò lentamente davanti a sé...erano perfette. Erano normali. Non erano gonfie.
Ingoiò un goccio di saliva nella bocca impastata e mosse la lingua. Nessuna cimice. Strofinò le cosce una contro l'altra e non sentì nessun scarafaggio. Nemmeno lì sotto. Tirò un sospiro di sfogo, liberazione e soprattutto di sollievo. Sarà stato anche terribilmente reale, ma era stato solo un sogno. Un incubo, per essere precisi: non era vero. E Martina era felice che non lo fosse, e chiuse gli occhi, sicura che non avrebbe più fatto un incubo del genere in vita sua.
Si sbagliava.
4
Ormai l’una era passata, ma non erano né le due, né le tre, e né le quattro.
Ad ogni ora fino alle quattro di mattina, Martina fece sogni simili a quello, così reale e così ripugnante. Ogni volta l'incubo era sempre più doloroso, sempre più viscido, sempre più orribile: alle due gli insetti le spuntarono dai capelli; alle tre uscirono dallo scarico della doccia; e alle quattro, i festaioli sgorgarono fuori dai suoi occhi, naso, orecchie, bocca, e da altri orifizi che è meglio non descrivere, zampettando e pungendo e arrampicandosi e infilandosi.
Dalle cinque in poi e nei giorni seguenti gli incubi non si ripresentarono. Ma la paura e l'angoscia provate dalla ragazza rimasero: le rimasero nella mente e nel cuore. Non raccontò mai a nessuno della sua orribile esperienza e bruciò Quattro dopo mezzanotte con l'accendino della sorella.
Da quando fece quei sogni, schiacciò a polpastrelli nudi la testa di qualsiasi insetto che si trovasse davanti.
 
   
 
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