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Autore: BebaTaylor    03/05/2016    0 recensioni
Avete presente quegli amici che nonostante la distanza, i litigi, i giorni, settimane — o addiritura mesi— di silenzio ogni volta che si ritrovano è come se si fossero visti il giorno prima?
Il rapporto fra Nick e Lynn è così.
Degli strani sogni, un improvviso trasferimento in un altro continente, un vecchio locale, una padrona di casa impicciona, degli amici che sanno ancora prima che tu intuisca qualcosa...
Come evolverà il rapporto fra Lynn e Nick?
Capiranno quello che gli altri hanno capito prima di loro?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Carter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Salve!
Qualche spiegazione prima di lasciarvi alla storia:
1. Questa storia è di circa un anno fa, mi ero bloccata e non riuscivo più ad andare avanti. Fortunatamente — o forse no, dipende dai punti di vista! — ho ritrovato l'ispirazione.
2. Doveva essere una "breve" oneshot ma come al solito sono stata presa dalla logorrea...
3. Ho messo AU semplicemente perché Nick non è sposato con Lauren e non hanno un figlio (Odin Reign? Ma che nome è?).
4. Io NON ODIO Lauren, sia chiaro. Non sono una di quelle pazze convinta che la gravidanza fosse finta e che la cara Lollo indossasse una pancia finta.
5. Come molte altre mie storie, anche questa nasce da un sogno, che vi racconterò alla fine, altrimenti vi spoilero troppo.
6. Lo so che qui lo slash regna sovrano, ma spero che a qualcuno piaccia.



Hummingbird

❀❀❀ Uno ❀❀❀



«Non voglio!» gridò seguendola fuori dal locale, «Non puoi andartene!»

Lei si girò verso di lui, il viso rosso dalla collera e dal troppo urlare, «Sì che posso!» replicò a voce alta.

«Ho detto no!» urlò lui fermandosi poco oltre la soglia, fissando la ragazza davanti a lui. Ne era certo, se ne sarebbe andata e lui non l'avrebbe più vista.

«Tu dici no?» replicò lei con fare sarcastico incrociando le braccia, mettendo in mostra il colibrì tatuato sopra il seno sinistro, «E di grazia, chi saresti per impedirmi di andare?»

«Te lo proibisco!» urlò lui stringendo i pugni.

«Non puoi!»

«Sì!»

«No.»

«Se te ne vai... non mi vedrai più.» disse lui, gli occhi azzurri socchiusi.

Lei inspirò un paio di volte, «Se è questo che vuoi... allora addio.» esclamò lei e si voltò, dandogli le spalle, «Ma sappi che ti odierò, per sempre.» aggiunse.

«Bhe, se tu te ne vai sono io che ti odio.» disse lui.

Lei inspirò un paio di volte e avanzò piano, sotto lo sguardo di lui, che stava per voltarsi e andare via, quando lo trattenne il rombo di un motore. Fece appena in tempo a girare la testa prima di vedere un furgone piombare contro la ragazza alla massima velocità, investirla e proseguire come se niente fosse. Le si avvicinò, fissando le gambe — la destra piegata in una posizione innaturale — la pancia che sanguinava, come se fosse stata schiacciata, e la testa... la testa. Scoppiò a piangere, fissando la macchia di sangue che si allarga sempre di più, macchiando i capelli biondicci. La sfiorò, chiamandola, gridando il suo nome, implorandole di aprire gli occhi... ma lei non li aprì e non si mosse e non respirò.

L'urlo del ragazzo risuonò nella notte buia e senza stelle.


Nick si mise seduto di scatto, ansimando; si passò una mano sul viso e s'impose di calmarsi. “È solo un incubo.” pensò scostando il lenzuolo. “Lynn sta benone.” si disse alzandosi in piedi.

Erano diverse settimane che faceva quell'incubo che lo faceva svegliare nel cuore della notte, ricoperto da sudore e con le immagine del corpo straziato di Lynn stampate nella mente. Respirò a fondo e andò in bagno, fissò il suo riflesso e si ripeté che Lynn stava bene, che non doveva chiamarla — anche perché erano le tre del mattino e lei lo avrebbe mandato a quel paese.

Si sciacquò il viso e si disse che doveva rilassarsi e smettere di preoccuparsi per ogni cosa, così, forse, avrebbe smesso di avere quegli incubi assurdi.

Incubi che si facevano sempre più dettagliati: questa volta aveva visto bene cos'era successo a Lynn e non riusciva a cancellare quell'immagine dalla mente. Nick cercò di mettere a fuoco ogni singolo dettaglio, per capire se conoscesse quel posto ma né la piccola piazza davanti alla porta dalla quale era uscito — e non sapeva ancora se fosse una casa, un locale pubblico, un ufficio o altro —, né altre cose gli fecero venire in mente un posto che conoscesse.

***

Nick conobbe Lynn quando lui aveva dieci anni e lei otto.

Lui era al parco e si annoiava, ignorato dagli altri bambini, finendo per rimanere seduto su una panchina di legno, sbuffando e muovendo continuamente i piedi fino a quando non vide un pallone verde e blu rotolare piano verso di lui. Si alzò, fermò la palla con un piede e la raccolse per poi voltarsi e andarsene, incurante che qualcuno fosse il proprietario del pallone e che probabilmente la stava cercando.

«Quella è mia.»

Nick si girò fissando la bambina che indossava una salopette di jeans che lo guardava, le mani sui fianchi e i capelli castano chiaro raccolti in due codini alti. «Io l'ho trovata e me la tengo.» replicò.

«Me l'ha regalata il mio papà.» disse le piccola, «È mia! Ridammela!»

Nick guardò il pallone e poi la bambina, «Bhe, adesso è mia.» rise e si girò di nuovo, per poi fare qualche passo e fermarsi. Voleva contare fino a dieci e girarsi di nuovo, sicuro di trovare la bambina in lacrime. Non aveva fatto in tempo ad arrivare al “quattro” che qualcuno gli era saltato addosso.

«Ridammi la mia palla!» strillò la bambina che gli era saltata sulla schiena, «È mia!» esclamò la piccola che con la mano sinistra si teneva alla maglia di Nick e con la destra gli tirava i capelli.

Nick provò a divincolarsi ma l'altra era aggrappata a lui come un koala e non aveva intenzione di mollare la presa, «Mi fai male.» piagnucolò cercando di liberarsi — senza però lasciare il pallone.

«Lascia la mia palla!» esclamò lei e lo colpì sulla fronte con la mano aperta, «Lasciala!» gridò, facendo perdere l'equilibrio a Nick che cadde a terra trascinando l'altra con sé, la palla rotolò lontano e i loro genitori accorsero, richiamati dai loro pianti.

I minuti seguenti furono occupati dalle scuse, dai “È colpa di mio figlio, non doveva prendere la palla.”, dai “Marie Lynn non doveva reagire così.”, dai “Su, chiedi scusa.” e dalle scuse che i due bambini si scambiarono controvoglia. Il pomeriggio finì al baretto del parco, un gelato per entrambi i bambini e dei caffè per i loro genitori.

«Le bambine non devono picchiare i maschi!» esclamò Nick a un certo punto, smettendo di leccare il suo gelato.

«Tu non dovevi prendere la mia palla.» replicò la bambina.

«Sei antipatica, Marie Lynn.» disse Nick ridendo.

La piccola fece una smorfia, «Chiamami Lynn, scemo!» gridò, per poi girarsi sulla panchina e dare le spalle a Nick. E lui pensò che quella bambina fosse mezza matta.

«Tuo papà ti ha chiamato Marie Lynn.» replicò Nick.

«Solo perché era arrabbiato.» Lynn si era girata verso Nick.

«Marie Lynn.» la prese in giro Nick, «Marie Lynn, Marie Lynn!»

La bambina allungò un braccio e pizzicò il braccio del bambino, «Stupido!» strillò per poi rimettersi a mangiare il gelato.

Nick si impose di non piangere e si massaggiò la parte dolorante. «Stupida.» borbottò, «Marie Lynn.»

Lei sbuffò e gli diede di nuovo le spalle.

Nick pensò che fosse strana, troppo violenta per essere una bambina e si disse che quella era la prima e l'ultima volta che voleva avere a che fare con lei.


Nick si rigirò nel letto e sorrise nel ripensare a come aveva conosciuto Lynn, più di venticinque anni prima. Era la persona che conosceva da più tempo, escludendo i suoi familiari e gli altri Backstreet Boys. Non era la sua migliore amica, non si erano mai definiti in quel modo, le voleva bene, certo, ma da lì a definirla “migliore amica” ne passava di acqua sotto ai ponti.

Si girò nel letto, abbracciò Lauren, la sua fidanzata, e le baciò una spalla, le sussurrò che l'amava, chiuse gli occhi e si addormentò.

***

«Se non mi dici che sei fatto di Nutella e meringhe puoi andare al diavolo.»

Nick rise sentendo la voce di Lynn, «Siamo nervose?» domandò.

«Nervosa? Chi, io?» replicò lei, «No.» disse, «Un pochino.» sospirò, «Allora, a quale onore o catastrofe devo la tua chiamata?»

Nick rise di nuovo e si appoggiò al tavolo della cucina, «Nessuna catastrofe,» rispose «volevo solo sentire come va la vita frenetica della mia amica.»

«Oh, taci.» mugugnò lei, «È fin troppo frenetica.» sospirò.

«Quanta gente ha prenotato oggi?» chiese lui, «Cinquanta, cento persone?»

«Ho le sale piene.» borbottò Lynn e Nick la sentì sorseggiare qualcosa — caffè, probabilmente — «Una comitiva venticinque giapponesi, un anniversario di nozze, il quarantesimo... hanno invitato ottanta persone!» sbottò, «Ottanta, ti rendi conto? Ottanta le inviti al matrimonio, non all'anniversario. Bah, poi ci sono due compleanni, altre ottanta persone.» continuò, «Più quelli che verranno senza prenotazione...» gemette, «Come farò ad arrivare a stasera? Ho altre cento persone prenotate.»

«Sono i pregi per essere la direttrice di uno dei più famosi ristoranti della città.» esclamò Nick, «Sei tu che hai detto sì a quel lavoro, Lynn.»

Lei sbuffò e Nick rise ancora, «Oh, taci.» sbottò, «Scommetto che tu sei a casa, che ti sei appena alzato e che giri in mutande.» disse e Nick sobbalzò perché era vero: si era alzato da una mezz'ora e indossava solo dei boxer grigio scuro, «Mente io so qui a controllare le scorte di cibo e a scegliere a quale Santo domandare una grazia per questa sera.» alzò la voce, facendo ridere ancora di più Nick. «Non prendermi in giro, stronzo.» borbottò lei.

«Oh, Lynn.» sorrise Nick, afferrò una mela dal cesto di frutta e l'addentò, «Dai che sei bravissima,» disse «altrimenti non ti avrebbero assunto.»

«Grazie.» borbottò lei, «Ma stai mangiando?» borbottò, «Non parlarmi con la bocca piena, maiale.»

Nick deglutì, «Scusa.» borbottò, «Hai tempo per un caffè, più tardi?» domandò.

«Tempo per un caffè?» strillò Lynn, costringendo Nick ad allontanare il telefono dal viso, «Non ho il tempo per pisciare vuoi che lo abbia per bere un caffè?»

«Non hai neanche una pausa?» domandò lui, dicendosi che forse per Lynn, sarebbe stata più indicata una tisana rilassante invece che un caffè, perché sembrava molto nervosa.

Lynn sospirò, «Sì, è ovvio che ce l'ho.» rispose, «Non sono mica una schiava!» borbottò, «Dalle tre e mezza alle cinque.» disse, «Rimango qui, però.» spiegò, «Ci impiego più di mezz'ora per tornare a casa e non ha senso muovermi per stare seduta sul divano quindici minuti scarsi. Vieni?»

Nick rimase qualche secondo in silenzio, «Ovvio.» rispose.

«Allora portami un cappuccino al caramello.» esclamò lei.

Nick ridacchiò, «Gigante e con doppia panna?» domandò.

«Ovviamente.» rise Lynn e Nick si sentì sollevato nel sentire la sua risata. «Vieni per le quattro meno un quarto.»

«Ai tuoi ordini, Marie Lynn.»

«Non chiamarmi Marie Lynn!» squittì lei, «Vieni in orario.»

«Certo che vengo in orario.» replicò lui, divertito, la sentì sbraitare ordini a qualcuno, «Ti lascio lavorare, allora.» disse, «A dopo.»

«Okay.» sbuffò lei, «A dopo.»

Nick sorrise e sistemò il cordless sulla sua base e addentò la mela.

«Con chi parlavi?» domandò Lauren entrando in cucina.

Nick la guardò e sorrise, felice, «Con Lynn.» rispose mentre lei gli si avvicinava.

«Come sta?» domandò pigramente lei.

«Bene.» rispose Nick, «È stressata per il lavoro.» disse e osservò la fidanzata prendere una barretta ai cereali dal mobile, «Per pranzo il ristorante è pieno.» esclamò e rimase un secondo in silenzio, fissando la ragazza che si muoveva per la cucina. Aveva sperato che lei e Lynn diventassero amiche, ci teneva tanto, ma Lauren era sempre un po' fredda — gentile e cordiale sì, ma manteneva una freddezza, come se fosse un'estranea — con Lynn e lui la cosa dispiaceva molto, ma sembrava che alle due non importasse e comunque andavano d'accordo, e lui era contento di ciò. «Dopo vado da lei.» disse, «Nel pomeriggio.» aggiunse e fissò Lauren, «Va bene?»

Lauren sorrise e annuì, «Vai pure.» disse, «Tanto sono in palestra.» aggiunse, «Era a tanto che non vi sentivate.» mormorò versando del caffè in una tazza bianca.

«Era ora che ci sentissimo.» Nick scrollò le spalle. Non voleva dirle degli incubi e della paura che aveva di perderla, cosa che la sua parte razionale riteneva impossibile, visto che si conosceva da così tanti anni e che erano rimasti lontani per un lungo periodo ed erano ancora amici — ma l'istinto, la parte irrazionale prendeva il sopravvento e gli faceva pensare che, per chissà quale motivo, lui potesse perderla.

Lynn.

Lauren sorrise, «Bene,» disse, «Salutamela.» sorrise, «E dille che una sera magari andiamo a cena da lei al ristorante.»

Nick annuì, «Sarebbe perfetto.» disse e diede un bacio a Lauren.

Lynn.

***

Lynn sorrise quando vide Nick avanzare con in mano un grosso sacchetto. «Spero che ci sia il mio cappuccio, lì dentro.» esclamò aprendo il cancello da dove di solito entrava il camion dei rifornimenti, sul lato sinistro della bassa costruzione dalle pareti rosa salmone.

«Ovviamente.» sorrise lui e si chinò per baciarle le guance, la seguì sul retro del ristorante e si sedettero su delle panche di legno, uno di fronte all'altra, un tavolo in mezzo a loro e un ombrellone che creava una piacevole ombra.

«Sembri rilassata.» commentò lui aprendo il sacchetto e lanciando una breve occhiata a Lynn, che indossava dei pinocchietti di cotone azzurro scuro, ballerine nere e una canotta bianca con le spalline sottili, che metteva in mostra il tatuaggio — uno dei tre.

«Solo perché sono in pausa.» ribatté lei, seduta in posizione scomposta — la gamba destra era piegata, il piede appoggiato alla seduta della panca, mentre l'altro posava sulla traversa del tavolo di legno. «Grazie.» disse e prese il bicchiere che Nick le porgeva, prese anche il cucchiaio di plastica bianca e alzò il coperchio, «Ci voleva.» sospirò.

Nick sorrise, «Come stai?» domandò, rendendosi conto che quella mattina non glielo aveva chiesto e si diede dello stupido per non averlo fatto.

«Bene.» rispose lei prendendo della panna, «Stanca.» ammise.

«Prenditi una vacanza.» sorrise Nick.

Lynn lo fissò, le labbra sporche di panna, «Pensi che non ci abbia pensato?» gracchiò, «È ovvio che vorrei andare in vacanza, ma non posso.» sospirò, «Tu, tutto bene?» domandò.

Nick annuì, «Sì.» rispose, «Va alla grande.»

«Lauren?»

«Sta bene, grazie. Ti saluta.» rispose lui, «Adesso è in palestra.»

«Vorrei avere di nuovo il tempo per andare in palestra.» sbuffò Lynn, «O almeno il tempo per farmi una corsa attorno all'isolato.» gemette in modo teatrale, facendo ridere Nick, «Non ridere.» borbottò, «Stupido.»

«Che peccato...» mormorò lui, divertito, e infilò una mano nel sacchetto di carta, «E pensare che ti ho preso questi...» disse e fece dondolare un sacchetto colorato.

«Marshmallow!» trillò Lynn e afferrò il sacchetto bianco e rosa, strappandolo dalla mano di Nick, che rimase sorpreso dalla velocità di lei e la fissò aprire la confezione, afferrare un paio di dolcetti e ficcarseli in bocca.

«Oh, grazie Nick per esserti ricordato che mi piacciono i marshmallow.» esclamò Nick in falsetto, facendo scoppiare a ridere Lynn, che si coprì la bocca con la mano.

«Scusa...» borbottò lei, «Grazie, Nick.»

«Non parlare con la bocca piena.» esclamò lui e prese un sorso di caffè e fissò Lynn che agitava la mano come se la questione non fosse importate, «Stamattina mi hai dato del maiale.» le ricordò.

Lynn rise, «Oh, piantala.» disse, «Hai la faccia buffa.» ridacchiò e bevve il cappuccino, fece un sospiro rilassato e posò la schiena contro lo schienale di legno della panca, rilassandosi, felice che Nick fosse lì con lei, felice che lui le avesse portato i marshmallow — perché le piacevano e perché Nick si era ricordato che le piacessero.

«Faccia buffa?» commentò lui divertito, «E la tua dolce metà?» domandò. Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, ma il ragazzo di Lynn non gli piaceva. Non gli piaceva perché non pensava che a Lynn piacessero tipi del genere: sempre in giacca e cravatta, con la costante paura di arrivare in ritardo e sballare gli appuntamenti sull'agenda — era convinto che inserisse pure gli appuntamenti con Lynn su quella stupida agenda — e, sopratutto, noioso. Ecco cos'era Jacob: semplicemente noioso.

«Lavora.» sospirò lei, «Anche troppo, persino più di me.» mormorò, gli occhi bassi, le mani che stringevano il bicchiere, «Credo che ci sia in ballo qualcosa d'importate, ma Jacob è un testone e non vuole dirmi nulla.» disse, inspirò a fondo, sentendosi meglio dopo quelle piccola confessione e guardò Nick, «Non fare quella faccia, eh, che non è mica così grave.»

«Bhe, se non vi vedete...» borbottò lui, trovando inconcepibile che qualcuno mettesse il lavoro davanti a Lynn, perché non lo meritava — e non lo pensava solo perché conosceva Lynn e le voleva bene, non lo meritava e basta. Fine della questione.

«Non è che non ci vediamo, eh.» replicò lei, infilando un altro marshmallow fra le labbra, «Ci vediamo un paio di volte a settimana.»

Nick si limitò a sorridere, «Okay.» disse, «Basta che tu sia felice.»

Lynn lo fissò e piegò la testa di lato prima di bere di nuovo, «Ho visto Aaron.» soffiò.

Nick si bloccò nel sentire il nome di suo fratello, «Ah, sì?» chiese come se la cosa gli fosse del tutto indifferente, «Quando?»

«L'altro giorno.» rispose lei, capendo di aver toccato un tasto dolente, «È venuto a cena, qui.»

«Da solo?» chiese Nick.

«No, con una tipa.» disse lei e scrollò le spalle, «Marianne, Marie-Anne... Una cosa del genere, non ho capito bene.» borbottò, «Sembra una tipa a posto, ma non so quanto possa durare.» continuò, «Non mi sembrava molto preso.» disse, «Non da lei, perlomeno, più che altro dalle sue tette.»

Nick alzò gli occhi al cielo, «Tipico di Aaron.» mugugnò.

Lynn ridacchiò, afferrò un tovagliolino e si pulì le labbra, «Su, dai, prima o poi anche lui troverà la persona giusta.» disse.

«Sarà un giorno da segnare sul calendario e incidere nella pietra, per i posteri.» rise Nick, muovendo le mani davanti a sé, come se stesse scrivendo qualcosa nell'aria.

Lynn scosse la testa, «Passiamo ad altro... Ti ricordi che il mese prossimo è il mio compleanno, vero?»

Nick annuì, «Certo che mi ricordo, Lynn.» rispose, «Per chi mi hai preso?» borbottò, quasi offeso. Certo, si ricordava del compleanno di Lynn — e come poteva dimenticarlo visto che era stato invitato lo stesso pomeriggio che l'aveva conosciuta? —, solo che non aveva la minima idea di cosa regalarle.

«Mi offenderei se non lo ricordassi.» fece lei, «Comunque... Ho invitato AJ e Rochelle a casa mia.» disse, «Ovviamente anche tu e Lauren siete invitati.» aggiunse, senza dire che lo aveva detto anche ad Aaron, dicendogli che, se voleva, poteva portare anche la sua amica.

Nick sorrise, «Ovviamente veniamo.» rispose, «L'hai chiesto prima ad AJ che a me?» borbottò incrociando le braccia al petto, «Grazie, eh!»

Lynn rise, «Solo perché l'ho incontrato per caso.» disse, «Altrimenti lo avrei detto prima a te, giuro.» esclamò, «Croce sul cuore.» aggiunse tracciando velocemente una croce sopra il colibrì — e Nick continuava a chiedersi perché si fosse tatuata quello, quando glielo aveva chiesto, lei aveva semplicemente risposto che le piaceva.

«Okay.» sospirò Nick reclinando la testa e chiudendo gli occhi, lasciando che il sole gli accarezzasse il viso, socchiuse gli occhi e sospirò.

«A che pensi?» domandò Lynn, prendendo un altro marshmallow dal sacchetto e dicendosi che doveva smettere, altrimenti li avrebbe mangiati tutti.

«A cosa regalarti.»

«Un pony.» rise Lynn e Nick socchiuse di nuovo gli occhi, fissandola per un lungo istante, prima di scoppiare a ridere. «Che c'è?» squittì Lynn.

«Ci provi sempre.» rise lui, «Con il pony.» specificò, «Cos'è, l'hai chiesto anche ad AJ?» domandò.

Lynn incrociò le braccia, fece una smorfia offesa e, con uno sbuffo rumoroso, voltò il viso a destra, il mento verso l'alto. «Non prendermi in giro.» esclamò.

«Lynn, dai, cosa vuoi per regalo?» sospirò Nick, incurante della faccia offesa dell'amica, «Non farmi scervellare, per favore.» aggiunse.

Lei girò appena il viso e aprì un occhio, «Scegli tu.» disse, «Un regalo è un regalo e deve essere una sorpresa.» esclamò, «Quindi, mio caro Nick, regalami quello che vuoi.» aggiunse e lo guardò, sciolse le braccia e piegò le labbra in un sorriso.

Nick sospirò e posò le mani sul tavolo, «Okay.» borbottò e sorrise, «Allora... come va il lavoro?» chiese, «Sempre stressante?»

Lynn sorseggiò il cappuccino, sorprendendosi che l'avesse quasi finito, «Sì.» rispose, «Tantissimo.» aggiunse sporgendosi sul tavolo e aggiungendo qualche "o" alla parola, «Ma lo adoro, sul serio.» disse, «Non potrei fare altro.»

Nick sorrise, «Lo so.» esclamò, «Sei perfetta, per questo.»

Lynn sorrise e prese il piccolo astuccio rosa, lo aprì e iniziò a rollarsi una sigaretta.

«Fumi ancora?» domandò Nick, «Guarda che fa mal, eh!»

Lynn leccò la parte gommata della cartina e chiuse la sigaretta, «Senti chi parla.» commentò, fissandolo con gli occhi socchiusi.

Nick rise, incassando il colpo, «Hai ragione.» concordò, si allungò sul tavolo e trascinò il posacenere di plastica gialla davanti a Lynn.

«Grazie.» esclamò lei, soffiando una nuvola di fumo, «Come va con Lauren?»

Nick annuì, «Bene.» rispose, «Tutto okay.» aggiunse e si chiese perché Lynn e Jacob non vivessero ancora insieme, poi si disse che non erano affari suoi.

Rimasero per qualche minuto in silenzio mentre Lynn fumava e Nick la guardò, fissando il colibrì che sembrava prendere vita ogni volta che lei muoveva il braccio. «Hai fatto qualcosa ai capelli?» chiese mentre Lynn spegnava la sigaretta, «Sembrano diversi...»

Lynn aprì la bocca, sorpresa, «Te ne sei accorto!» esclamò e li toccò, passando le dita fra le morbide onde, «Ho cambiato colore.» disse, «Caramello.»

«Dalla tua reazione direi che Jacob non ci ha fatto caso.» ridacchiò Nick per bloccarsi quasi subito quando colse l'occhiataccia di Lynn.

«Esatto.» sospirò lei, «Dice che a queste cose lui non ci fa caso.» scrollò le spalle, «Con quello che ho speso è da criminali non farci caso.» sbuffò.

«Uomini.» rise Nick.

«Lo sei anche tu, fino a prova contraria.» rise Lynn, «Laggiù è tutto okay?»

Nick rise ancora, «Tutto okay, ho controllato prima di uscire.» disse, «E poi io me ne sono accorto, che avevi fatto qualcosa ai capelli.» sorrise sporgendosi verso di lei, sorrise e scostò il posacenere, «Stai benissimo, Lynn.» disse, fermandosi appena in tempo dall'aggiungere un "Sei bellissima" che minacciava di uscire prepotentemente dalla sua gola.

Lynn sorrise, mettendo in mostra i denti e le fossette, stiracchiò le braccia e sbadigliò, poi afferrò il bicchiere e si alzò per andarlo a buttare, mentre era voltata Nick la guardò, fissando la scritta tatuata sulla schiena, sotto il collo: "If you can dream, you can do it." scritto in un'elegante corsivo. Quello era il primo tatuaggio che aveva fatto, quasi dodici anni prima.

Lynn gettò il bicchiere nella spazzatura, «Vuoi qualcosa?» domandò voltandosi, «Acqua, bibita...»

«Acqua.» rispose lui, «Grazie.» 

Lei sorrise ed entrò nel retro del locale e lui la osservò rimanendo ad osservare la porta che si chiudeva dietro di lei.

Lynn.

Nick scosse la testa, come se volesse scacciare quel pensiero. Era da Lynn, perché doveva pensarla mentre si allontanava per una manciata di minuti?

E poi gli venne in mente l'incubo di quella notte e quasi gli si mozzò il respiro in gola nel ricordare il corpo di Lynn a terra, la testa che sanguinava, lui che la chiamava e lei che non rispondeva. Scosse di nuovo la testa, dicendosi che non ci doveva pensare, che era solo un incubo, niente di più.

Lynn.


Nick osservò il locale, la grossa insegna che sormontava la costruzione: "Sea Star", sospirò e posò lo sguardo sul sedile accanto al suo, fissando la carta stagnola che copriva le due fette di crostata alla crema di limone. Sorrise nel pensare che Lynn gliele aveva date per lui e Lauren, invece di tenersele per sé — e tutti sapevano che Lynn adorava la crostata alla crema di limone.

Lynn.

Nick chiuse gli occhi e sospirò, infilò le chiavi nell'accensione e girò la chiave, aprì gli occhi e partì.

Lynn.

***

Nick fermò l'auto nel parcheggiò davanti alla casa dove viveva Lynn, scese, chiuse la portiera e premette il pulsante della chiusura centralizzata. Attraversò il parcheggio e si fermò sul marciapiedi davanti alle strisce pedonali, in attesa che scattasse il verde dell'attraversamento pedonale.

Fissò la casa davanti a lui dalle pareti bianche, il piccolo terrazzino sulla sinistra, e una pianta che spuntava dal muretto.

Attraversò la strada, percorse il breve vialetto, lanciando sguardi alle viole ai lati e suonò il campanello, rimase in attesa qualche secondo ma non successe nulla, sbuffò e riprovò, ottenendo lo stesso risultato.

Sopirò, di nuovo, e si voltò, chiedendosi come mai Lynn non fosse in casa nel suo giorno libero, poi si disse che era per quello che non era in casa, che magari era fuori per qualche commissione. Afferrò il cellulare, compose il numero della giovane e lo portò all'orecchio, lo sentì squillare un paio di volte prima che scattasse la segreteria. Imprecò sotto voce e infilò il telefono in tasca, si voltò e percorse quei quattro metri di vialetto e si guardò attorno.

Lynn.

Scrollò la testa, scacciando quel pensiero. Sospirò, di nuovo, e guardò alla sua destra, fissando la figura che si avvicinava velocemente e sorrise.

«Ehi, Lynn» esclamò quando l'altra gli si avvicinò, «Sei andata a correre?» domandò.

Lynn posò le mani sulle ginocchia e respirò profondamente, «Secondo te?» borbottò e passò una mano sul viso sudato, portando dietro l'orecchio una ciocca ribelle sfuggita dall'elastico, «Sì.» rispose piano e respirò a fondo, «Sei qui da molto?» domandò e portò le mani ai fianchi, sollevando un lembo della canotta arancione con le spalline larghe e rivelando l'ultimo tatuaggio: un piccolo draghetto che sputava zucchero filato invece che fuoco.

«No.» rispose lui scuotendo la testa, «Sono appena arrivato.» disse e le sorrise dolcemente, fissandola mentre strappava la striscia di velcro dal bicipite sinistro e arrotolò il filo degli auricolari attorno al lettore mp3. «Dai, vieni.» disse con un sorriso, afferrò la chiave dalla piccola tasca dei pantaloncini e si avvicinò al portoncino. «Cosa ti porta dalle mie parti?» domandò aprendolo e spingendolo.

«Non posso venire a trovare la mia amica Lynn?» replicò lui e la seguì lungo le scale di marmo bianco, attese che Lynn aprisse la porta d'ingresso ed entrò in casa, per poi chiudere la porta dietro di lui.

Lynn rise, «Uh, certo che puoi.» disse, «Anzi, devi.» aggiunse, «Io vado a farmi una doccia tu fai come se fossi a casa tua.» esclamò e sparì dietro la porta del bagno.

Nick si guardò attorno, scoprendo che l'appartamento era come lo ricordava: l'ampio salotto con il grande divano ad angolo, posto davanti a un enorme tv LCD da sessanta pollici, la piccola cucina a vista, dai mobili bianchi e azzurri, il grande tavolo da pranzo rettangolare, circondato da sedie dall'alto schienale, la porta che conduceva al bagno e quella del ripostiglio, e le scale di legno che portavano al soppalco, dove c'era la camera da letto.

Non era cambiato niente ed era tutto in perfetto ordine, tranne per le carte sparse sul tavolo. Si avvicinò e le fissò, sobbalzò quando riconobbe una di quelle pubblicità di annunci immobiliari e si chiese come mai Lynn stesse cercando casa, visto che quell'appartamento le piaceva moltissimo. Il pensiero che, magari, stesse cercando casa per andarci a vivere con Jacob lo sfiorò appena e si affrettò a relegarlo in un angolo remoto della sua mente; prese in mano il fascicoletto e si accorse che erano annunci di attività commerciali e non di case. Sospirò, sollevato: Lynn non se ne sarebbe andata.

Lynn.

Ma allora... perché aveva cerchiato alcune pubblicità di locali in vendita? Stava per prendere un altro foglio quando sentì la porta del bagno aprirsi, così si allontanò velocemente e si posizionò davanti alla porta finestra.

«Vado a vestirmi e ho fatto.»

«Okay.» disse lui girandosi appena, attese qualche secondo e si voltò del tutto, andò in cucina, prese un bicchiere dalla credenza, dell'acqua dal frigorifero e lo riempì, per poi svuotarlo in un sorso. Per un momento, per un lungo e singolo istante, aveva desiderato vedere di più, vedere quello che quell'asciugamani copriva.

Lynn.

Fissò il bicchiere e lo strinse, chiedendosi cosa stesse succedendo, perché tutti quei pensieri. Perché pensasse sempre a Lynn e in un modo diverso da come aveva sempre fatto fino a quel momento. Fino a qualche settimana prima, quando erano iniziati gli incubi. Si disse che forse era per quello che pensava a Lynn in modo diverso.

«Sono le stesse piastrelle.»

Nick sobbalzò e si voltò, trovando Lynn davanti a lui che lo guardava sorridendo, indossando una canottiera verde — sembrava che, oltre alle camicie che indossava quando lavorava, Lynn usasse solo canottiere — e un paio di jeans azzurro chiaro, che le avvolgevano le gambe. I capelli erano avvolti in un asciugamani rosa pallido. «Cosa?» mormorò sbattendo piano le palpebre.

«Ti eri incantato a guardarle.» disse Lynn e si avvicinò ancora di più.

Nick scosse la testa, «Stavo pensando.» disse e le sorrise.

Lynn ridacchiò,«Alle mie piastrelle?» commentò con un sorriso, «Lo vuoi un po' di tiramisù?» domandò aprendo il frigo, «È di ieri, è buono.»

Nick annuì e sorrise, «Certo.» rispose pensando che Lynn fosse bellissima, «Prendo i piatti?» chiese e lei annuì, così afferrò due piattini dallo scolapiatti sopra il lavello.

E mentre Lynn posava due fette del dolce nei piattini e riempiva due bicchieri con del latte e prendeva due forchettine dal cassetto, Nick pensò che doveva sempre essere così, immaginò che dovesse essere così, desiderò che andasse sempre così: loro due che ridevano e scherzavano e basta.

Lynn. Lynn. Lynn.



Okay, ed eccoci alla fine del primo capitolo... un po' lungo — secondo Open Office sono più di 4000 parole, quasi cinquemila! — di questa nuova fanfiction.
Okay... niente, avrei tante cose da dire, ma non so da dove cominciare. Questa storia mi ha preso molto, benché sia corta — anche se dipende dai punti di vista, in totale sono più di 25k parole.
Spero che vi piaccia, insomma... alla fine non so nemmeno io da dove sia uscita sta cosa, sopratutto perchè sembra piena di seghe mentali. Non che mi dispiaccia, sia chiaro!
La storia non dura tantissimo, sono quattro capitoli più l'epilogo e ho già scritto tutto quanto. Ne posterò uno a settimana.
Ah... prima che me ne dimentichi: il titolo, "Hummingbird" è una canzone di Ben Montague.
Al prossimo capitolo!

   
 
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