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Autore: Mue    05/05/2016    8 recensioni
Drusilla, sesto anno, Corvonero, odia due cose: il proprio nome e David Steeval, il tracotante, biondo e terribile migliore amico di James Potter. E ama due cose: il Quidditch e Tristan Vidal, il capitano della sua squadra.
Allora perché decide di mettersi con il suo migliore amico, scommette di far innamorare di sé il saccente Steeval e stringe un improbabile legame con il bizzarro Lorcan Scamandro?
Un'antica leggenda, vecchie storie di Folletti ribelli a Hogsmeade e un ballo a Hogwarts per una ricorrenza potrebbero ingarbugliare ancora di più questa situazione o darle finalmente la chiave della porta per il paradiso.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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Epilogo 
 
 
 

 

Nessun bacio è infinito; eppure Drilla là, in mezzo alla Sala d’Ingresso, sotto gli sguardi increduli di decine di studenti, pensò di star assaporando l'eternità. E quel sapore le rimase impresso anche dopo che si scostò da David. 
“Steeval...” bisbigliò mentre il ragazzo le prendeva il viso tra le mani, come se volesse baciarla di nuovo. 
“Che c’è, Cook?” 
“Devo parlarti.” 
David avvicinò di nuovo i loro visi fino a sfiorarsi, e Drilla rischiò di dimenticare tutto quello che voleva dirgli. 
“Steeval...” 
“Non c’è bisogno di parlare” sbottò il ragazzo guardandola negli occhi, accigliato. 
Drilla sentì il suo respiro sulla sua pelle e fu tentata di annuire. Non aveva tutti i torti. A che serviva parlare se... 
“Bene, signori, spettacolo finito” disse una voce profonda. 
Drilla e David emersero dal loro idillio di colpo: il professor Ravenscar si era fatto largo tra gli studenti, evidentemente seccato. “Steeval, fammi il favore portare immediatamente la tua valigia nel dormitorio senza dare altre dimostrazioni di esuberanza. Se vuoi stare con la tua ragazza, fallo in un posto più consono della Sala d’Ingresso.” 
David sbuffò, ma annuì ed estraendo la bacchetta recitò pigramente un “Baule Locomotor.” 
“Vieni” aggiunse, rivolto a Drilla, afferrandola per un braccio e trascinandola con sé, ignorando i fischi e i versi maliziosi degli studenti mentre passavano tra loro. 
Drilla si lasciò guidare su per le scale, dove trovarono ad attenderli Al, Stuart e anche Jamie ed Emily, che sembravano essere stati richiamati dal guazzabuglio che si era scatenato all’arrivo di David.
Jamie, appena furono approdati in cima alla scalinata, inarcò le sopracciglia lanciando un ampio sorriso a entrambi. “Beh, David, era l’ultima cosa che mi sarei aspettato da te, però ti faccio le mie felicitazioni... Ahio!” 
David aveva fatto volare il baule dritto contro la testa di Jamie. “Puoi portarmelo in camera?” chiese spiccio.
Jamie guardò prima lui, poi Drilla, e la sua faccia s’illuminò. “Ah, capisco! Va bene, restate pure soli e...”
“Jamie, piantala!” lo rimproverò Emily, rossa. 
“Emy...” cominciò Drilla, ma Stuart la interruppe. “Glielo spiego io. Voi andate. A proposito, ben tornato, David” aggiunse con un gran sorriso. 
David sorrise a sua volta. “Ci vediamo dopo.” 
Poi si volse e, sempre trascinandosi dietro Drilla, s’infilò in un passaggio segreto, risalì una scalinata e uscì in un altro corridoio. 
“Dove stiamo andando?” chiese Drilla, che cominciava a essere impaziente. 
“In un posto più consono” rispose lui con un ghigno, girandosi un attimo per lanciarle un’occhiata divertita. 
“Ma...” 
David aprì la porta di una classe vuota e ci tirò dentro Drilla, chiudendosi poi l’uscio alle spalle. 
Drilla sospirò, esausta, e cercò di liberare il polso dalla mano di David. Il ragazzo non la lasciò ma, anzi, strinse la presa e la guardò dritto negli occhi. “Ti piaccio, Cook?” chiese serio. 
Drilla deglutì. Le faceva soggezione trovarsi davanti uno Steeval così cupo; era molto più a suo agio quando la insultava. “Ecco...” 
“Mi hai baciato. Vuol dire sì, giusto?” insisté lui. La voce gli vibrava, come se si sforzasse di non farla tremare. 
“Beh... sì.” 
“Dimmelo. Dimmi che... che mi vuoi.” 
Drilla abbassò lo sguardo. “Credo... credo di sì. Sì. Ma...” 
David la trasse a sé, brusco, e la baciò senza mezzi termini. 
“Aspetta...” cercò di dire Drilla, respingendolo. David non la ascoltò. 
“Per favore... David...” 
Il ragazzo la strinse ancora di più a sé. 
“David...” 
All’improvviso lui la scostò da sé, gli occhi spalancati. “Cos’hai detto?”
“Ho detto di aspettare, perché...” iniziò lei. 
“Come mi hai chiamato?” la interruppe lui. 
Drilla si stizzì. “Con il tuo nome! E come, se no?” 
David era incredulo. “Non mi hai mai chiamato per nome.” 
Drilla arrossì. “Lo so. Ma se ti dà così fastidio smetto subito” borbottò imbronciata. 
“Non mi dà fastidio” disse lui in fretta. 
Drilla annuì, avvampando, poi incrociò le braccia sul petto. “Ora mi vuoi stare a sentire, comunque?” 
David fece per parlare, poi si trattenne e fece un cenno con il capo. “Va bene.” 
Drilla contrasse le dita, tesa. Forse sarebbe stato meglio lasciar perdere, eppure sentiva che era una cosa importante. “Tu sei un Changeling...” cominciò. 
David s’irrigidì. “Sì, mi pareva che si fosse già capito. E allora?” 
“Beh... non è una cosa da poco. Insomma, tu non sei come tutte le altre persone, sei...” 
David fece un verso di esasperazione. “Che cosa? Diverso? Deformato?” 
Prima che Drilla si rendesse conto di cosa stesse facendo, il ragazzo si era tolto velocemente il maglione e si era sbottonato la camicia. “Sì, va bene, lo sono! Sono deformato! Guarda!” eruppe rabbiosamente. Si scostò il lembo di camicia e rivelò il torace. Lisco, pallido, normale... ma solo da una parte. L’altro lato era esattamente come Drilla lo ricordava: grigio, rattrappito... inumano. “Sei contenta, ora?!” ringhiò David. 
Drilla serrò la mascella. “Io...” 
“Non l’ho scelto io!” gridò lui, iniziando a camminare su e giù, agitato. Non la ascoltava. “Non lo sapevo! Non ne sapevo niente finché quel bastardo nella grotta non mi ha strappato il Medaglione. Non sapevo nemmeno che cosa fosse quella moneta prima di allora! Mia madre me l’aveva data da piccolo, mi aveva detto di non toglierla mai perché ci teneva. Non potevo sapere...” 
“Lo so” disse Drilla, ma lui non le prestava più attenzione. Sembrava in preda a una crisi di nervi. 
“Io non sono diverso! Sono come tutti gli altri! Ho solo questo... questo...” 
Drilla lo raggiunse mentre percorreva l’aula a grandi passi e gli mise una mano sul petto. “David.” 
Il ragazzo si fermò di colpo e abbassò lo sguardo: la mano di Drilla era posata sul suo cuore, che batteva oltre la pelle grigia, oltre le costole che spiccavano da sotto quella membrana rattrappita eppure calda al tatto. 
“Lo so” ripeté Drilla. “Lo sento” aggiunse, ripensando al calore che gli aveva trasmesso con quel bacio, con quell’abbraccio di poco prima. Oh, sì, lo sapeva. Ne era sicura, era certa che lui fosse come tutti gli altri. Se ne aveva dubitato, se era stata incerta delle sue emozioni, era bastato un abbraccio, un bacio, e ogni perplessità si era sciolta, scivolata via come acqua che fluisce. 
David la fissò negli occhi. “Non... non ti fa impressione?” chiese deglutendo, la voce che ora gli tremava davvero. “A me sì.” 
Era immensamente più spaventato, più inorridito di lei, comprese Drilla. Da quella notte nella grotta non era ancora riuscito ad accettarsi. Ricordò il modo in cui guardava il suo riflesso nell’infermeria. E seppe che lui aveva paura, paura di quello che aveva scoperto di essere. E ribrezzo. 
Drilla era pronta ad amarlo per ciò che era, ma lui non era pronto a farlo con se stesso. “Un po’” ammise cercando di ammansirlo. “Ma non preoccuparti, sei perdonato” aggiunse, ricordando le parole di Stuart. “Non è un difetto così grave.” 
David si accigliò. “Mi prendi in giro? Guarda, Pulcino, che...” 
“Invece questo tuo modo di parlare irritante non so se potrei perdonarlo” lo interruppe lei togliendo la mano da lui, improvvisamente urtata. 
David, suo malgrado, sorrise. “Ma tu sei un Pulcino. Sei stupida, rumorosa, ingenua e goffa...” 
Drilla gli voltò le spalle. “Vatti a cercare qualcun’altra a cui piacciano i semi-zombie!” sbottò. 
Non fece in tempo a incamminarsi fuori dall’aula che David l’aveva già afferrata per la vita. “No, per favore!” la pregò con urgenza. “Stai qui.” 
Drilla si voltò a guardarlo in faccia. “Sei così spaventato, a rimanere qui solo al buio?” 
Il volto del ragazzo si contrasse in un’espressione rabbiosa. “Bada a quello che dici, Pulcino, o...” 
“Pulcino a chi? E poi cosa pensi di potermi fare, stupido Grifondoro pieno di sé?!” lo sfidò Drilla. 
Si fissarono dritti negli occhi, ognuno in cerca di un insulto adatto all’altro. Poi le loro labbra, troppo vicine, si sfiorarono e dimenticarono che stavano litigando. 
“Non sei male come cornacchia, Drilla” sogghignò David stringendola a sé con forza. 
E Drilla sentì le gambe trasformarsi in succo di zucca. “Vuol dire che ti sei innamorato di me?” balbettò cercando di assumere un tono di sfida. In realtà era troppo stordita, troppo felice per riuscire a conservare un’apparenza dignitosa. “Tu che non l’avresti fatto mai e poi mai?” 
David alzò le spalle: non gliene importava nulla di quello che aveva dichiarato quel giorno lontano durante un litigio in corridoio. E, a dirla tutta, non importava nemmeno a Drilla. Gli posò la testa sul torace, fregandosene di che parte di torace fosse. A lei David piaceva così e basta. 
Lui, come se stesse pensando alla stessa cosa, a un tratto disse: “Nella caverna hai detto che mi avevi visto... ma com’è possibile se fino a quel momento ho sempre indossato il Medaglione? Anche quando siamo usciti dal lago sotterraneo non me lo sono tolto, ma tu...” 
Drilla ripensò alle parole del ritratto di Grifondoro. “Quel Medaglione porta bellezza agli occhi di tutti. Tutti, tranne la persona per cui già non potremmo essere più belle. La persona che ci ama.” 
“Te lo racconterò un’altra volta” disse accoccolandosi meglio contro di lui. 
Ora non aveva voglia di parlare. Aveva solo voglia di lasciarsi stringere per il resto della vita in quell’abbraccio così perfetto, così confortevole. 
In quell’abbraccio che, senza saperlo, era una vita che aspettava.
 
Just keep following the heartlines on your hand,
Cause I am.
 
Heartlines, Florence and the Machine
 
 
 
Qualcuno la stava chiamando.
Drilla, accoccolata contro un albero, una rivista di Quidditch sulle ginocchia e i capelli ancora umidi dopo il bagno nel lago, alzò lo sguardo.
Quella voce la conosceva bene.
Lui era lì, appoggiato al tronco dell'albero, i capelli spettinati che gli ricadevano sul viso attraente, gli occhi azzurri, profondi come fosse oceaniche.
“Ciao”, gli fece Drilla. “Che cosa fai qui? Pensavo che adesso avessi lezione. Quebec ti ucciderà se ti scopre.”
Lui alzò le spalle ridendo. “Rischierò la sua stanza delle torture. Non potrà essere peggio delle altre volte, no?”
Drilla scrollò a sua volta le spalle e tornò a guardare la rivista.
“Senti...” cominciò lui, poi si interruppe, come se solo in quell’istante si fosse reso conto di qualcosa. 
Drilla cominciò a sentirsi perplessa quando lui si avvicinò di un passo, poi di un altro, senza smettere di guardarla. Si avvicinò ancora, troppo... La perplessità di Drilla cominciò a diventare divertimento e fastidio insieme. Cosa aveva in mente?
“Hai una macchia d'inchiostro sul naso”, spiegò lui alla fine, alzando una mano per sfregarla via.
Drilla, sorpresa e irritata, gli tirò la rivista di Quidditch sulla testa. «Stupido!»
David fece una smorfia. «Ahio! Perché, scusa?»
Una voce lì vicino li interruppe declamando: “Ed ecco Jamie Potter, l’Aquila Bianca della Nazionale di Quidditch inglese che sfreccia in picchiata. Il Boccino è proprio davanti a lui, a un metro da terra. E’ uno dei Boccini più difficili degli ultimi cinquant’anni. Ci riuscirà? Ecco, è sempre più vicino, sempre più vicino... L’HA PRESO!” 
SPLASH! 
Drilla sbuffò. “E Jamie Potter l’Aquila Spennacchiata si catapultò dritto nel lago di Hogwarts.”
Emily, poco lontano, ridacchiò, scartando una delle sue carte. “E’ il tuo turno, Stuart” disse al ragazzo sdraiato di fianco a lei. Erano seduti tutti nel soffice prato del parco della scuola, a pochi metri dalla sponda del lago. 
Poco lontano, Jamie e tre dei suoi compagni di classe che non avevano lezione di Antiche Rune come David e indifferenti quanto lui ai M.A.G.O. quasi alle porte, stavano schiamazzando in costume da bagno, intenti a fingere una finale agguerritissima tra la nazionale inglese e quella russa, circondati da numerose ragazze adoranti. 
Emily ogni tanto lanciava loro occhiate sbieche, ma poi si limitava ad alzare le spalle e tornare al gioco. Finalmente, dopo tre anni passati insieme, aveva sviluppato un po’ di fiducia in se stessa e aveva smesso di temere che Jamie la lasciasse da un giorno all’altro per qualche stupida fan. 
Stuart sbadigliò sonoramente e buttò per terra tutte le carte che aveva in mano. “Mano chiusa.” 
Emily sbuffò. “Così non vale, vinci sempre. Sei troppo bravo.” 
“Ha solo troppa fortuna” replicò Drilla raggiungendoli mentre David si stravaccava nel posto che aveva lasciato libero sotto l'albero. 
Emily si alzò, spolverandosi le ginocchia. 
“Vai da Jamie?” chiese Stuart, sorridendo sornione. 
“No” rispose lei, composta. “Vado in biblioteca. Ho una ricerca da finire.” 
“Merlino!” esclamò Drilla esasperata. “Siamo all’ultima settimana di scuola e lei pensa ancora alle ricerche!” 
“Faresti meglio a farlo anche tu, Drilla” replicò Emily. “Dopodomani Ravenscar chiederà una dimostrazione pratica di tutti gli esercizi che abbiamo fatto quest’anno.” E, impettita, se ne andò con i libri sottobraccio, la testa già altrove, tra pagine consunte e vecchie pergamene. 
“Contenta lei” bofonchiò pigramente Stuart, girandosi sulla schiena con le mani dietro la testa. 
Drilla lo studiò per qualche istante, pensierosa.
“Quando mi guardi così vuol dire che hai in mente qualcosa” disse lui in tono lamentoso. “Che cosa c’è, stavolta?” 
Drilla scrollò le spalle. “Pensavo.” 
“A che?” indagò lui, sospettoso. 
“Beh, niente di che. Stavo ricordando quando abbiamo litigato per Lily Potter...” 
“Non ci provare” la minacciò Stuart, serio. “E poi lei ora non esce con il tuo capitano?” 
“Sì, si vede con Tristan” disse Drilla indifferente. “Ma non è lei che mi preoccupa.” 
Stuart si tirò su a sedere, esasperato. “Senti un po’, ma ti sembra che io sia così bisognoso di tutto questo affetto? O hai bisogno di esperienza per aprire un’agenzia matrimoniale?” 
Drilla lo fissò negli occhi con serietà. “No, però... però non sei cambiato di una virgola. Voglio dire, sei ancora così... isolato.” 
Stuart sospirò, rassegnato. 
“Ti senti ancora la maledizione addosso?” chiese Drilla cercando di cogliere qualcosa dalla sua espressione. 
Stuart scosse la testa. “Non è la maledizione. E’ che c’è sempre qualcosa che mi frena o che mi impedisce di andare in là.” Tacque, poi le sorrise mestamente. “E’ difficile spiegarlo. E’ che i sentimenti fanno paura.” 
“Paura?” domandò Drilla, perplessa. 
“Esatto. Anche tu ne avevi, ricordi?” 
Drilla si accigliò. “Io non ricordo proprio niente del genere.” 
“Oh, sì, invece. Tutti hanno paura. Perché pensi che la tua mente abbia rifiutato per così tanto tempo l’idea di esserti innamorata di David prima che la realtà ti fosse sbattuta in faccia palesemente?” 
“Non lo so. Ma non avevo paura...” 
“Sì, l’avevi. I sentimenti fanno paura. Li temiamo, perché non hanno logica, non hanno fondamento, e non si possono controllare. L’uomo è sempre stato terrorizzato da quello che non riesce a capire a fondo.” 
“Ma i sentimenti sono il bello della vita!” ribatté Drilla, ostinata. “Come facciamo a temerli?” 
“Tu hai conosciuto solo quelli migliori, Drilla” disse Stuart cupo. “Ma i sentimenti possono essere pericolosi. Possono portarti a compiere gesti senza senso. Possono portarti alla pazzia... anche alla morte.” 
Drilla lo studiò un momento. “Anche tu hai paura, allora?” 
Stuart fece un sorriso mesto. “Sono un Corvonero, non un Grifondoro. Non ho coraggio. Non sono forte. Ma un giorno riuscirò a diventarlo.” 
Drilla fece per replicare, ma Stuart la interruppe.“Io sto bene, ora, Drilla. E' questo che conta. Piuttosto, che ne dici di una partita?” 
Drilla sorrise e raccolse il mazzo di carte.
Un'ora più tardi, dopo quattro vittore di Stuart e un pareggio si dichiarò esasperatamente sconfitta. Il sole cominciò a scendere verso l'orizzonte e Jamie e i suoi amici erano ormai tornati nel castello da un pezzo.
Stuart raccolse le carte e si alzò.  Drilla, invece, si voltò verso la familiare sagoma in camicia distesa ancora all’ombra dell'albero. Una sensazione di sfarfallio allo stomaco la pervase. Una sensazione piacevole. 
“Ci vediamo in dormitorio” disse Stuart. “Vado a ripassare per la verifica di Pozioni di dopodomani. Tu vedi di svegliare il tuo principe azzurro.” E con un occhiolino se ne andò.
“Ci vediamo dopo” gli disse Drilla, poi scattò in piedi e s’incamminò verso David. Quando lo raggiunse, vide che si era addormentato profondamente, disteso sulla schiena, e gli si sedette di fianco. 
Lo fissò con attenzione, una cosa che da qualche mese a quella parte non si stufava mai di fare. Seguì con gli occhi il suo profilo, la mascella squadrata, la linea del suo collo che scendeva fino al colletto e sotto la camicia. Sapeva che lì, a un tratto, terminava la pelle liscia e rosea da essere umano e iniziava la sua natura di Changeling. Era proprio per quel motivo che David era rimasto là, sotto quell’albero, e non insieme a Jamie e agli altri suoi compagni. 
Le voci sulla sua natura ormai erano scomparse, sbiadite, così com’era destino di ogni pettegolezzo. Ma la verità era rimasta. E David non poteva mostrarla; la piaga della sua specie era incisa ancora troppo in profondità nella memoria del Mondo Magico. 
Lorcan aveva promesso, una volta che Stuart gli aveva raccontato la verità raccomandandogli di non rivelarla, che avrebbe fatto cercare il Medaglione tra le monete dai suoi Snasi speciali una volta che l’accertamento sulla legittima possessione degli Scamandro sul tesoro fosse finalmente concluso. 
Nessuno credeva sinceramente che sarebbe riuscito a ritrovarlo. E nessuno, soprattutto Drilla, ci teneva davvero. 
Che importava, a lei, che al collo del ragazzo ci fosse un misero, insignificante cerchio d’oro? In fondo l’avrebbe visto sempre per quello che era. 
E voleva vederlo sempre per quello che era. 
E l’unico oro di cui le sarebbe importato mai qualcosa, d’ora in poi, sarebbe stato il colore del grano dei suoi capelli. 
E la luce del sole d’estate che si riflesse nei suoi occhi quando li aprì pigramente, e la vide. 
Drilla sorrise, e lui fece altrettanto. 
“Ehi, Pulcino.”



 Fine.



Note:
Ed eccoci alla fine di questa storia! Com'è? In realtà erano due capitoli ma ho deciso di unirli in uno solo perché meritavate, dopo l'attesa, di vedere finalmente la felice vicenda di questa storia.
Adesso anche i lettori nascosti che non hanno mai recensito mi lasceranno un commento piccinò picciò? Dai, un po' me lo sono meritato, vero? Fatelo almeno per Drilla e David ;)
Vorrei aggiungere che ho una grossa sorpresa per voi *rullo di tamburi* da anni languisce nel mio computer ma finalmente ho deciso di dargli una spolverata e rivelarvelo, sebbene al momento sia composto solo dall'inizio: si tratta di Ab Altitudo, niente di meno che il seguito di Invitus amabo! Sì, avete capito bene, il seguito! Chi sarà stavolta il protagonista/la protagonista? Dove sarà ambientato? Di cosa parlerà? Siete curiosi? Dai, provate a rispondere e andate a vedere nel mio profilo sulla nuova storia se avete indovinato, poi mi farete sapere *_*
Però non dimenticate di lasciarmi anche una recensioncina qui.
A presto e grazie per aver letto questa storia!

   
 
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