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Autore: Mue    05/05/2016    5 recensioni
Quando il Ministro della Magia indice una nuova edizione del Torneo Tremaghi, il Capo Auror Harry Potter dà le dimissioni in segno di protesta. Questo, però, non ferma il suo diligente, remissivo e pacato secondogenito: Al Potter, disobbedendo per la prima volta al padre, parteciperà al torneo e andrà a Durmstrang.
I Malfoy, invece, accolgono il Torneo come un'occasione di riscatto e gloria sebbene Scorpius, pessimista e impulsivo, sia spinto nel pericolo più dal suo desiderio d'indipendenza e dalla volontà di dimenticare Rose Weasley che dall'orgoglio del sangue.
Ma a contendere il posto di campione c'è anche il peggior avversario possibile: il geniale Stuart Dunneth, amico e rivale di Albus. Irrequieto e tormentato da sogni innaturali, si sente irresistibilmente attratto dall'Est, da Durmstrang.
Tra le creste gelate degli Urali, otto ragazzi di Hogwarts saranno coinvolti in antiche faide di Clan, delitti misteriosi, attrazioni fatali e, soprattutto, le terribili prove del Torneo.
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«Non lasciatevi soli.»
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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Note:
Prima di tutto, una premessa: questa storia è indipendente e godibile anche senza aver letto le precedenti ma è scritta come seguito e con gli stessi personaggi di Ob Morsum e Invitus Amabo.
 
 
Prologo
 
 
I need another story
Something to get off my chest
My life gets kinda boring
Need something that I can confess
 
Mi serve un'altra storia,
Qualcosa per alleggerire il mio cuore.
La mia vita ha qualcosa di noioso,
Ho bisogno di qualcosa da confessare.
 
Secrets, One Republic
 
 
Un rombo di motocicletta simile al ruggito di un drago risuonò da un capo all'altro di Knightsbridge verso la mezzanotte di un sabato sera di fine estate.
Alcuni, i turisti e non frequentanti della zona, si voltarono stupiti a vedere quale fosse la sorgente di quel frastuono ma la maggior parte della gente sul marciapiede proseguì il cammino imperterrita: gli abitanti del centro di Londra erano abituati al rumore delle auto di lusso di giovani ricchi asiatici, mediorientali o inglesi di buona famiglia che frequentavano i club esclusivi del posto.
Stavolta, però, non si trattava dei soliti milionari figli di papà. Oppure sì?
In effetti Albus Potter, che scendeva dalla vecchia moto  togliendosi il casco, nato con la camicia un po' lo era: non solo era di ottima famiglia -Potter e Weasley, due nomi, due garanzie nel Mondo Magico moderno- ma era anche intelligente, studioso e dotato di una saggezza insolita per i suoi soli diciassette anni.
Lasciò casco e moto sul ciglio del marciapiede e andò a suonare il campanello della quinta porta di St. Leonard Street.
Ci volle meno di un minuto perché la porta si aprisse ma Al fece in tempo a sgualcire irrimediabilmente il giornale che stringeva convulsamente tra le mani.
Il chiavistello scattò, lasciando che la porta si aprisse su un ragazzo altissimo e pallido dai capelli bruni e arruffati, vestito in una tuta Babbana.
«Al!» esclamò sorpreso.
Al fece un ampio sorriso e prese la mano che l'amico gli tendeva circondandolo in un mezzo abbraccio. «Ciao, Stuart!»
Stuart Dunneth, Corvonero, in attesa di iniziare il settimo anno a Hogwarts, era cresciuto ancora da quello precedente e Al vicino a lui sembrava ormai molto più basso del suo metro e ottanta.
«Dove sono i tuoi genitori?» domandò Al entrando e lasciandosi cadere sul divano di pelle dove Stuart gli aveva fatto cenno di accomodarsi mentre recuperava qualcosa da bere dal frigo.
«Vienna» rispose Stuart. «Ian è con loro.»
«Tuo fratello? Ha ricevuto la sua lettera?»
Stuart stappò due bottiglie con un colpo di bacchetta. «Oh, sì» disse allegro dandone una ad Al. «Anche lui ha un biglietto per Hogwarts di sola andata. Gli ho fatto assaggiare un sorso di Burrobirra perché sappia le delizie che lo aspettano. Per i lati negativi c'è ancora tempo, invece.»
«Come Quebec?» ridacchiò Al mandando giù un sorso: in sette anni che lo conosceva, l'insegnante di Aritmanzia non aveva allentato di un palmo le sue ronde notturne a caccia di studenti da punire. Sorpreso dal sapore che sentì, guardò l'etichetta della bottiglia che stava bevendo. «Che ci fa della Sangriastrega spagnola a casa tua?»
«David me ne ha mandate due intere casse come regalo di compleanno un mese fa: era in Andalusia. Ma tu non mi hai ancora spiegato perché sei passato da me. Ho sentito un rumore di moto: deve essere qualcosa di importante per spingere l'integerrimo Albus Potter a salire senza patente sul catorcio di suo fratello maggiore.»
Al bevve un altro sorso di Sangriastrega prima di parlare, facendosi serio.
«Hai letto la Gazzetta del Profeta
Stuart chinò lo sguardo sulla bottiglia. «Qualcosa, sì» ammise in tono incurante. «Per tua fortuna, dato che la copia che hai in mano ormai è illeggibile» aggiunse ironico.
Al sorrise ma subito tornò serio. «Allora hai saputo...?»
Stuart annuì, prendendo il giornale stropicciato e aprendo la prima pagina. A caratteri cubitali sopra una foto tutta spiegazzata da cui i personaggi erano spariti, c'era scritto: “Clamoroso ritorno del Torneo Tremaghi. Il nuovo Ministro della Magia Gabriel MacMillan dà l'annuncio ufficiale una settimana prima dalla riapertura di Hogwarts. Il Capo Auror Harry Potter dà le dimissioni in segno di protesta.»
Stuart alzò lo sguardo su Al. «Tuo padre ha davvero lasciato la carica di Capo degli Auror?»
Al annuì, il volto scuro. «Ha consegnato le dimissioni ieri mattina. Non ha ancora deciso se lasciare anche il lavoro o rimanere in ufficio come Auror semplice.»
Un lungo silenzio seguì quell'affermazione. Poi, forse per cercare di dissipare il disagio crescente, Stuart tirò fuori dal tavolino del soggiorno un mazzo di carte.
«Sai giocare con le carte Babbane?»
Al rimase per un attimo interdetto, poi sorrise e scosse la testa.
Stuart sorrise. «Non sai cosa ti perdi. Adesso ti insegno.» Andò a recuperare altre due bottiglie dal frigo e cominciò a spiegare le regole di un paio di giochi ad Al.
Quando iniziarono la quinta partita e Al cominciava a capire le dinamiche del gioco, si sentì abbastanza rilassato da parlare di nuovo di quello che più gli premeva. «Ai tempi di mio padre, quando si svolse il Torneo, morì uno studente, ucciso da Voldemort la notte in cui risorse e riacquistò il suo potere.» Sospirò. «Mio padre è convinto che rifare il Torneo sia un insulto alla memoria di Diggory -si chiamava così- oltre che... be', secondo lui è ancora troppo pericoloso per gli studenti. E anche mia madre la pensa così.»
«Capisco» disse Stuart fissandolo con il suo sguardo penetrante. «Ma Voldemort non esiste più, vero?»
Albus si rigirò tra le mani un paio di carte nervosamente. «No. Ma a mio padre non importa: odia quel Torneo.» 
Si alzò in piedi e si avvicinò alla finestra, guardando il via vai di macchine di lusso, biciclette e persone che ravvivava la strada. «Il fatto è...», esitò, poi si volse verso Stuart con uno sguardo risoluto. «Il fatto è che io parteciperò.»
 
 
Till all my sleeves are stained red
From all the truth that I've said.
 
Finché tutte le mie maniche non siano macchiate di rosso.
Per tutta la verità che ho detto.
 
 
Quando Al se ne andò, erano le due passate.
Avevano giocato altre partite di carte, bevuto altre due o tre Sangriastreghe e Al aveva mostrato a Stuart la moto di Jamie: sapeva che l'amico voleva truccare magicamente da un po' quella che gli avevano regalato a sedici anni i suoi genitori Babbani e Al gli promise di informarsi per fargli avere un permesso ministeriale di Modifica di Manufatto Babbano grazie alle conoscenze di suo nonno. Su quel bacchettone di suo zio Percy Weasley, che era stato Ministro della Magia fino a un mese prima, non c'era invece proprio da fare affidamento.
Stuart chiuse la porta di casa e mentre raccoglieva le bottiglie sparse sul tavolo del salotto, pestò della carta e si rese conto che Al aveva lasciato lì la sua Gazzetta del Profeta.
La raccolse, la spianò e fissò la prima pagina: sotto l'articolo principale, che parlava di Harry Potter, del Ministro MacMillan e delle polemiche, c'era un elenco delle scuole coinvolte.
Hogwarts, Beauxbatons, Durmstrang.
L'occhio si fermò su quest'ultima, illustrata come un castello basso e grigio, circondato da creste di montagne e neve.
Un lampo passò nella mente del ragazzo. Un sogno, quel sogno che lo tormentava da ormai un mese.
Neve. Dappertutto, ricopriva tutto in quel suo modo così dolce, silenzioso. Così letale.
E poi c'era il sangue. Vermiglio, vivido, che sembrava così sporco su quella patina di bianco abbacinante.
«Dove sei?» Una voce, un sussurro. Stuart avrebbe giurato che quelle parole facevano meno rumore dei fiocchi che cadevano tutto intorno, eppure lui le sentiva.
«Dove sei?»
Stuart ebbe la tentazione di rispondere. Doveva farlo. Ma ancora una volta si trattenne.
«Dove sei? Stuart?»
Stuart trasalì.
Dal suo caminetto veniva una voce familiare. Si riscosse, allontanando da sé gli ultimi stralci del ricordo di quel sogno, quello che, lo sapeva, lo attendeva acquattato nel sonno anche quella notte.
«Stuart?»
Stuart si voltò verso il caminetto, dove le braci del fuoco che aveva acceso in compagnia di Al si stavano spegnendo lentamente. Sulla punta delle ultime fiammelle blu distinse vaghi i tratti di un ragazzo.
«David!» esclamò, riconoscendo David Steeval, il biondo Grifondoro che era stato l'anima gemella di James Potter fino all'anno precedente, in cui i M.A.G.O. avevano concluso la loro carriera scolastica. «Che fai ancora sveglio? In Spagna si fanno le notti piccole?»
David Steeval sorrise. «Magari! No, sono tornato in Inghilterra. Sono rimasto in piedi fino adesso per finire i conti di mia madre: domani abbiamo un incontro importante alla filiale della Gringott di Praga.»
«Vai a Praga?» domandò Stuart interessato. «Ho sentito che laggiù c'è il laboratorio di Alchimisti migliore al mondo.»
David scrollò le spalle. «Ah sì? Può darsi, ma non credo avrò tempo di dare un'occhiata ai loro alambicchi. Dovrò ripartire subito per Il Cairo.»
«Sempre di corsa?» fece Stuart ghignando. «E chi l'avrebbe detto che lo scapestrato David Steeval sarebbe diventato un grande finanziere del Mondo Magico seguendo le orme di sua madre?»
«Oh, taci!» replicò David seccato. «Non hai idea di che terribile faccenda sia dover indossare sempre l'abito da cerimonia. Merlino, quanto invidio Jamie e il suo nuovo posto di Cercatore titolare! Comunque non era di questo che volevo parlarti. Ho sentito del Torneo!»
Stuart si fece di colpo serio. «Ah sì?»
«Maledizione, potevano aspettare un anno di meno a farlo!» esclamò David contrariato. «Altro che quello stupido Banchetto dell'Armistizio dove per poco non ci ho rimesso la pelle. Questo sarebbe stato molto più interessante per concludere Hogwarts. E invece toccherà a te portare alto l'onore di quelle quattro mura decrepite.»
Stuart scrollò le spalle. «Non ho ancora deciso se può interessarmi o no.»
David sogghignò. «Non dire sciocchezze! È l'occasione giusta per finire i tuoi studi col botto. E poi dopo sei anni in quell'antro di manticore non vorresti farti almeno l'ultimo lontano dalle grinfie di Quebec?»
Stuart si fece di colpo più attento. «Perché, hai saputo da qualcuno che si terrà in un'altra scuola? Non a Hogwarts? Il luogo non dovrebbe essere ancora segreto?»
David fece una smorfia ironica. «Ragazzo mio, nel mondo dei galeoni impari presto che i segreti che richiedono tanti soldi non rimangono tali per molto. No, ci sono stati diversi spostamenti di capitali da un posto all'altro di recente, soprattutto verso i paesi settentrionali e orientali, e se le informazioni che ho avuto non sono tutte da buttare, ti posso dire con sicurezza che il Torneo si terrà nel posto più lontano possibile dalle critiche piovute sul nostro Ministro, che ha acconsentito al progetto solo per questo motivo.»
«Beauxbatons? O...?» Stuart esitò a pronunciare il nome, sfiorato di nuovo il ricordo del suo sogno ricorrente.
Neve. Sangue.
“Dove sei?”
«Durmstrang, probabilmente» replicò David. «Per carità, Beauxbatons sarebbe stato cento volte meglio: caldo mediterraneo, cucina francese, belle ragazze -anche se devo dire che le streghe francesi hanno anche la fama di essere parecchio smorfiose- ma dalla vita non si può avere tutto. Prendi l'idea in considerazione. E ora ti saluto, ho le ultime notizie dalla Borsa Magica da controllare prima di domani. Stammi bene, Stuart, e salutami con affetto Quebec: mi mancano le sue punizioni.» E, su quell'ultima nota sardonica, scomparve dal fuoco.
Stuart rimase per un po' a fissare le braci morenti. Poi, una volta che ebbe chiuso il coperchio trasparente del caminetto, si rialzò e tornò al tavolino.
L'illustrazione di Durmstrang era ancora lì in bella mostra e mentre Stuart la guardava gli parve che le pareti di casa sua fossero troppo strette, l'aria troppo calda, il rumore della strada troppo forte; la lettera di Hogwarts che lo convocava all'ultimo anno scolastico posata di sopra sul suo comodino, anziché un invito a quella che da qualche anno considerava come una seconda casa, gli parve d'un tratto il mandato per una prigione senza via di scampo.
Durmstrang.
Stuart chiuse gli occhi. 
“Dove sei?”
«Qui», disse ad alta voce. «Sto arrivando.»
 
This time don't need another perfect lie
Don't care if critics ever jump in line
I'm gonna give all my secrets away.
 
Questa volta non mi serve un'altra perfetta bugia.
Non mi importa se le critiche non supereranno mai il confine,
Sto per gettare via tutti i miei segreti.
 
 
Segreti.
Scorpius li odiava. Un po' come odiava il proprio nome. E il proprio cognome -ma forse ora un po' meno.
Erano poche, a dire il vero, le cose che Scorpius poteva sopportare. Una tra queste era sua madre: Astoria Greengrass, la donna migliore che lui conoscesse, la più importante della sua vita. L'unica, almeno dopo che Rose Weasley lo aveva rinnegato per l'ennesima volta.
«Mi dispiace Scorpius, davvero» gli aveva detto tormentandosi i ricci di quel maledetto, meraviglioso rosso fuoco. «Non posso farlo. Non posso. Vorrei, ma... è troppo... Perdonami.»
Scorpius aveva stretto i pugni. «No, Weasley. Non ti perdono.»
Lei aveva iniziato a piangere. «Oh, Scorpius, ti prego...»
«Mi preghi? Lascia perdere le preghiere, non m'interessano. Sei una vigliacca.»
Scorpius sbuffò, cercando di cacciare via quel ricordo e tornando a concentrarsi sul presente, sulla saletta da colazione di casa Malfoy. 
Sua madre stava soffiando con grazia sulla tazza di porcellana cinese, la vestaglia di seta allacciata delicatamente in vita, i capelli color grano acconciati in una treccia perfetta anche da appena alzata.
«Credo, caro, che domani al teatro Flamel dovremmo invitare anche il caro Rawdon e Daphne» stava dicendo al marito, che dall'altra parte del tavolo giocava con il gatto persiano di lei e gli allungava pezzi del suo toast al salmone. «È un secolo che non li vedo e sarebbe carino fare una cena di famiglia. Mia madre, però, è meglio che stia a casa, rovinerebbe tutto, come l'ultima volta a Natale, ricordi?  Quando... oh, ecco il giornale» si interruppe quando una civetta grigia entrò dalla terrazza e planò lieve sul dorso della sedia accanto a lei, tendendole la copia della Gazzetta del Profeta.
«Scorpius, caro, mi allungheresti il borsellino, lì sul divano accanto a te? Ecco, esatto, grazie tesoro.» Pagò il gufo mentre Scorpius tornava a sedersi svogliatamente sul divano spalancando le braccia, la testa che gli ricadeva pesantemente all'indietro.
Ad Astoria non sfuggì la malagrazia con cui il figlio si era stravaccato e mise da parte il giornale. «Scorpius, tesoro, se hai avuto una delusione d'amore non è necessario che lo esprima con tutta quella sciatteria.»
Scorpius serrò le labbra mentre suo padre alzava finalmente la testa dal gatto e lo guardava accigliato.
«Come?» fece, scrutando Scorpius sbalordito. Fece per chiedere qualcosa ma Wilhelm, il gatto, vedendo che non si decideva a lasciar cadere il pezzo di salmone gli azzannò un dito. «Ahi!»
«Allora?» insisté Astoria al figlio con sguardo penetrante.
Scorpius guardò corrucciato la madre inarcando le sopracciglia aggrottate. «Scusa?»
Astoria si portò la tazza alle labbra con espressione risaputa. «Non fare lo sciocco, tesoro. Tu e tuo padre sarete bravi in Occlumanzia ma a me non servono incantesimi Legilimens per certe cose.»
«Oh, no» ribatté suo marito acidamente guardandosi il dito sanguinante. «Non c'è Occlumanzia che tenga di fronte all'immenso potere dell'Incanto Impicciorius di cui sei campionessa... Ehi!» L'ultimo commento era dovuto al cucchiaino da tè che, animato da una forza invisibile, gli aveva picchiato le nocche di una mano.
Astoria fece un'espressione eloquente e accennò a Scorpius, che rimaneva zitto sul divano, le sopracciglia aggrottate.
Diamine, imprecò il ragazzo tra sé: odiava quando sua madre era così intuitiva -praticamente sempre- e odiava avere dei segreti -che non gli capitava praticamente mai.
«È vero quel che ha detto tua madre? Qualcuna ti ha scaricato?» gli domandò suo padre, minaccioso.
Scorpius alzò lo sguardo. «Sì.»
Suo padre rimase a bocca aperta, poi si accigliò. «E chi è? Come ha osato? Dimmi il suo nome, andrò a parlare ai suoi genitori e...»
«Caro, non fare l'antiquato» lo interruppe Astoria, poi tornò a volgersi verso il figlio. «Non so cosa sia accaduto o chi sia, Scorpius, ma ricordati chi sei. Se qualcuno ti ha maltrattato, deluso o rifiutato, significa che non ti meritava.»
Scorpius non si sentì per niente consolato ma, anzi, arrabbiato più di prima. Non gliene fregava niente del suo orgoglio o del nome della famiglia, non gli importava dello smacco etichettato Weasley che aveva subito. A differenza di lei, lui ai nomi e al sangue non faceva per niente caso. A differenza di lei, lui non era un vigliacco.
Aveva tenuta segreta la loro relazione per un pezzo al quinto e al sesto anno solo perché lei glielo aveva chiesto. Lei.
Era andato a riprenderla quando gli era sfuggita, l'aveva aspettata anche dopo che s'era messa con quel figlio di Troll di Tristan Vidal di Corvonero solo per ingelosirlo -e, Morgana, se c'era riuscita!-, aveva fatto tutto e anche di più per lei.
Era stato tutto tempo sprecato. 
Quando Scorpius le aveva chiesto di uscire allo scoperto, lei per l'ennesima volta aveva rifiutato. 
Di che diamine aveva paura? La sua enorme schiera di cugini? Scorpius li avrebbe spazzati via in un istante, se avesse voluto. Dell'opinione dei suoi genitori? Scorpius era un Malfoy e sebbene fosse consapevole che suo padre l'avrebbe scuoiato palmo a palmo appena avesse saputo della sua relazione, se n'era fregato.
Ma alla fine s'era stufato dei segreti; Scorpius li odiava, così come ogni genere di sotterfugio o di compromesso. E ora, dopo l'ennesimo rifiuto e separazione, si sentiva solo svuotato, amareggiato e pieno di rancore.
Non voglio tornare a Hogwarts, realizzò. Non voglio rivederla, non voglio rivedere nessuno. Voglio starmene in pace, senza quella marmaglia di Serpeverde, Grifondoro e tutti gli altri a fare chiasso tutto intorno, a provocarmi, a tormentarmi.
Mentre rimuginava sui suoi pensieri suo padre e sua madre avevano intrapreso un battibecco.
«Certo che dovrebbero reintrodurre il consenso dei genitori alle unioni. Almeno per i purosangue» stava affermando Draco. «Della feccia non importa a nessuno come disperde il proprio sangue.»
Astoria afferrò il giornale con espressione oltraggiata. «Ricordo al mio caro Purosangue che quando mi hai sposato non hai chiesto il consenso proprio a nessuno. E se fosse stato obbligatorio, mia madre ti avrebbe buttato fuori da Casa Greengrass a calci.» Aprì il giornale con violenza mettendosi a leggerlo con furia mentre Draco tornava a inveire.
«Tua madre non c'entra nulla, anche perché voleva che tu sposassi quel microcefalo di Nott, che guarda com'è andato a finire! Con quella Filobabbana della Bones che...»
«Oh, Merlino!» esclamò Astoria di colpo, interrompendolo. «Harry Potter si è dimesso?!»
Draco saltò su dalla sedia come una molla. «Cosa?!»
Scorpius sbuffò di nuovo a sentire quel nome. 
Potter, lo zio di Rose. Possibile che i Potter-Weasley lo tormentassero anche dal giornale della mattina? Draco intanto aveva afferrato il giornale dalle mani della moglie e ignorando le proteste di lei aveva letto con foga.
«Il Torneo Tremaghi?» disse, sbalordito.
Per la prima volta da qualche giorno nella coltre di rabbia repressa di Scorpius si fece strada una scintilla di qualcosa di diverso. Di... curiosità?
«Il Torneo Tremaghi?» ripeté, raddrizzandosi lentamente sul divano.
Suo padre annuì e diede il giornale alla moglie che lo lesse ad alta voce. A fine articolo alzò gli occhi e guardò il marito.
Draco aveva un'espressione eccitata sul volto. «Il Torneo Tremaghi! Quest'anno! Merlino, Scorpius, tu devi partecipare! Se solo avessi potuto farlo io alla mia età...! Diamine, se tu, un Malfoy, vincessi, quanta polvere si dovrebbe mangiare Potter! È quanta gloria per noi! Non devi fartelo scappare!»
Astoria protestò vivacemente. «Ma che sciocchezze! A Scorpius non interessanto queste cose, non è mai stato competitivo e non ha nessuna ragione di esserlo. Non abbiamo niente da dimostrare a nessuno, vero Scorpius?»
Scorpius meditava velocemente, cercando di pensare. Odiava il protagonismo e non voleva mettersi in mostra, ma se quel torneo...
In silenzio si alzò e prese il giornale dalle mani della madre. Vide la lista delle scuole e domandò con voce piatta: «L'hanno fatto a Hogwarts l'ultima volta?»
«Sì» rispose suo padre.
«E quanto è alta la probabilità che venga rifatto a Hogwarts l'edizione dopo?»
Suo padre scrollò le spalle. «Non saprei, ma credo scarse. In passato non si è mai ripetuto nello stesso posto per due volte di fila.»
Gli occhi di Scorpius scintillarono quando disse: «Parteciperò.»
 
 
 
 
Note:
Prima di tutto, grazie per aver letto questo primo capitolo. Come vi è sembrato?
Ho scritto l'inizio di questa storia molto tempo fa, come seguito di Invitus Amabo ma non l'ho mai portato a termine. Tutt'oggi ho solo due capitoli conclusi e la storia rimane quindi tutta da scrivere.
Se avete suggerimenti, sarò lieta di ascoltarli. I protagonisti di questa storia, a differenza delle altre che aveva solo un personaggio femminile centrale -Drilla ed Emily- saranno probabilmente tre ragazzi: Scorpius, Al e Stuart. 
C'è anche un lieve accenno, nella parte di Scorpius, su Rawdon, un fratello di Astoria che ho inventato e di cui ho scritto in alcune storie sulla ship Luna/Rolf, perciò se foste incuriositi vi lascio il link alla prima: Satyrica. Sono storie brevi e dolci, da gustare insieme a un tè o una cioccolata calda.
Non so quanto sarò in grado di aggiornare questa storia né quanti capitoli sarà lunga tuttavia mi spiaceva continuare a tenerla chiusa nel computer senza almeno averla proposta.
Per ora vi saluto, a presto!
   
 
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