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Autore: Milla Chan    08/05/2016    8 recensioni
[Spoiler capitoli 189-196 del manga]
All’inizio era stato complicato riuscire a catalogare quella situazione, ma Kuroo era giunto alla conclusione che forse dargli un nome, oltre ad essere impossibile, non era poi così necessario.
[BokuAkaKuroKen]
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Threesome
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Attenzione, SPOILER per chi segue solo l'anime e non ha letto il manga, almeno tra il capitolo 189 e il 196! Sono solo un paio di frasette, ma rischio di rovinarvi il finale della futura terza stagione dell'anime e non voglio esserne responsabile.
Detto ciò: mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, ma questi quattro sono troppo belli per esistere.
Buona lettura!


__________________________

Kenma non era sicuro che sarebbe andato a quella “festicciola” -o almeno così l’avevano definita- se non fosse stata a casa di Kuroo.
Uscito dal suo cancello, doveva fare solo dieci passi. Quando era piccolo erano molti di più, ma solo perché aveva le gambe più corte.
Aveva passato così tanto tempo a casa di Kuroo che ormai ne conosceva ogni angolo come il palmo della sua mano. Sapeva dove trovare ciò che gli serviva, sapeva che se cercava delle caramelle le avrebbe trovate solamente nel cesto sopra il frigorifero, che c’era una presa della corrente nascosta dietro al tavolino accanto al divano, e che poteva stendersi sul suo letto come se fosse il proprio. D’altronde, quante volte si era trovato in quel letto, Kenma? Per sonnecchiare, per parlare, e, a un certo punto della sua vita, anche per fare ben altro.
Ci era voluto molto tempo perché fosse così, ma Kuroo era felice di aver raggiunto il leggendario obiettivo di far sentire Kenma a proprio agio e, quando si soffermava a pensarci, ne era intimamente orgoglioso.
 
La partita contro la Fukurodani era finita male, per loro, ma Kuroo aveva insistito perché Kenma, Bokuto e Akaashi venissero da lui quella sera, per festeggiare la rappresentanza ai nazionali della Fukurodani. Niente genitori, aveva detto, ma tanto cibo e tanti videogiochi assicurati.
Kenma si sorprendeva spesso di quanto lo rendesse felice la facilità con cui riusciva a trovare piacevole la compagnia Bokuto e Akaashi. Era stato strano doverli affrontare in una partita ufficiale, quel giorno, e nonostante la sconfitta Kenma si sentiva più stanco che deluso. Avevano ancora una possibilità, un solo posto rimasto per andare ai nazionali: se lo sarebbero giocato il giorno successivo, contro la Nohebi. Shouyou gli aveva scritto che ce l’avevano fatta, loro, avevano davvero battuto la Shiratorizawa. Il cuore di Kenma era sprofondato per un momento, leggendolo. Era così fiero di Shouyou. Gli sarebbe piaciuto vedere uno stormo di corvi che ne abbatteva uno di aquile.
 
Kuroo se ne stava seduto sull’isola della cucina con Bokuto in piedi tra le cosce. Aveva il suo volto in mano e gli ripeteva, per l’ennesima volta da quando gli era finito quello schizzo di arancia nell’occhio mentre faceva una spremuta, che, sì, era un po’ arrossato, ma di certo non sarebbe diventato cieco. Bokuto piagnucolava come un bambino e diceva che non era normale che lacrimasse così tanto. A un certo punto era diventato così insistente che Kuroo aveva deciso di alzare gli occhi sul soffitto e aspettare: non era Akaashi, lui non conosceva il misterioso metodo per aggiustarlo.
Quasi non gli sembrò vero quando sentì finalmente silenzio.
-Finito?- chiese scocciato dandogli due piccoli schiaffetti sulle guance.
Bokuto gli mostrò un piccolo broncio e alzò le sopracciglia. -Sfotti?-
Kuroo chinò la testa contro la sua spalla. Ridacchiò a denti stretti e portò le mani sulla sua vita.
-Sei proprio un pessimo amico!- lo accusò Bokuto con voce fintamente offesa. L’altro si allontanò un poco e si stampò  un sorriso obliquo in faccia.
-Ah sì?-  gli mormorò contro il collo.
Era una domanda retorica, perché sapeva che un attimo dopo Bokuto lo avrebbe baciato in modo molto amichevole e eterosessuale. E così fece, con le braccia strette attorno alla sua schiena, come se non volesse farlo scappare. A Bokuto piacevano tanto le sue labbra morbide e sottili, il modo in cui Kuroo sembrava sorridere ogni volta che baciava qualcuno, come se lo stesse facendo quasi per scherzo, come se lo divertisse. Quando gliel’aveva detto, Kuroo aveva risposto che era vero, lui si divertiva. Bokuto non poteva dargli torto.
Scese con le mani verso la fine della colonna vertebrale e se lo portò vicino mentre gli dischiudeva la bocca.
Peccato che il campanello suonò proprio in quel momento.
Bokuto avrebbe emesso un lunghissimo lamento di disappunto se non avesse saputo che era arrivato Kenma. Kuroo saltò giù dal ripiano e lasciò una sonora pacca sulla schiena dell’amico. Forse troppo in basso.

Kenma poté muovere solo due passi prima di trovarsi con un braccio attorno alle spalle e due mani di due persone diverse a scompigliargli i capelli. La stupidità e la rumorosità di Kuroo e Bokuto aumentavano in modo esponenziale e si alimentavano reciprocamente quando stavano insieme, e Kenma sinceramente non sapeva perché una parte di sé volesse star loro vicino quando succedeva. In quel momento, comunque, la sensazione dominante era la volontà di nascondere la testa sotto la sabbia, ma non potendo farlo si limitò a stare in silenzio.
-Mancavi solo tu!-
-Cosa vuoi da bere?-
-Mia mamma ti ha fatto la torta di mele.-
Lo sguardo di Kenma si illuminò solo con quell’ultima frase e Kuroo rivolse a Bokuto uno sguardo che valeva più di mille parole: “vedi, te l’avevo detto che so che tasti premere”, sembrava dire, compiaciuto. Bokuto rise e corse in cucina per tornare pochi secondi dopo con una fetta di torta in un piattino di plastica. Lo porse a Kenma con una mano, mentre con l’altra gli indicò il salotto. -Io e te abbiamo una partita in sospeso a Mario Kart.-
Kenma aveva già addentato la torta quando Kuroo gli lasciò un bacio leggero sulla tempia, il braccio ancora stretto attorno alla sua spalla.
-Speri ancora di vincere, Bokuto-san?- chiese Kenma con un piccolo sorriso, scivolando via e sparendo verso il salotto.
Bokuto guardò Kuroo di traverso. Quella frase aveva forse qualche significato che andava oltre il gioco?
-Bro?- disse con un sorriso.
-Bro.- rispose Kuroo con le mani sui fianchi, indicando la cucina con un gesto del capo. Dovevano finire quello che avevano lasciato in sospeso e trovare un pacchetto di patatine che sembrava essere sparito.

Kenma entrò nel salotto illuminato solo dalla luce del grande televisore acceso. Akaashi era seduto in un angolo del divano e voltò il capo verso di lui.
-Ciao.- lo salutò Kenma, prima di accucciarsi nell’angolo opposto del divano, tra un paio di cuscini.
-Ciao.- rispose l’altro. -Vuoi?- chiese porgendogli un pacchetto di patatine ancora chiuso.
Kenma scosse la testa e tornò a mangiare la sua torta.
-Siete stati bravi oggi.- disse Akaashi. La sua espressione sembrava a metà tra l’irritato e l’annoiato, Kenma la vedeva con la coda dell’occhio.
-Voi di più.- mormorò, mentre si sporgeva di lato per appoggiare il piatto sul tavolino. -Sei davvero bravo a capire Bokuto.-
-Tu sei bravo a capire tutto. Non per niente sei “il cervello”, no?- Akaashi inclinò la testa nella sua direzione con un sorriso e iniziò a giocherellare con le proprie dita, come suo solito. -Sei stato una spina nel fianco.- concluse assottigliando lo sguardo, con voce più bassa.
Kenma lo fissò negli occhi. -Lo so. Ho visto come mi guardavi.-
Akaashi rimase in silenzio e Kenma cercò di capire a cosa stesse pensando. Non era glaciale, sembrava più indifferente, ma gli era chiaro che in realtà non fosse così. Durante la partita si erano fatti una guerra silenziosa e faceva uno strano effetto essere insieme a lui su quel divano, in quel momento.
-Puoi biasimarmi?- chiese Akaashi allungandosi verso di lui con un’espressione vagamente rassegnata.
Oh, ecco, lo aspettava. Kenma fremette e si lasciò scivolare tra i cuscini. Sembrava che stesse scappando, cercando di farsi più piccolo che poteva, ma non era quella la sua intenzione. Akaashi non lo spaventava: lo irritava forse, lo attraeva, ma più di tutto lo incuriosiva. Non era la prima volta che succedeva.
Chiuse gli occhi quando sentì le sue dita passargli attorno ai polsi, senza stringere troppo. Riaprì le palpebre solo perché non succedeva niente. Lo guardava dall’alto, Akaashi, e gli sembrava sereno, così, inginocchiato tra le sue gambe e illuminato dalla luce blu del televisore. 
Finalmente si chinò e Kenma si godette quel lungo bacio sulla guancia e quella carezza sulla testa come se fossero una caramella da sciogliere in bocca.

Kuroo si affacciò alla porta del salotto e alzò le sopracciglia davanti alla scena che scorse nella penombra. Stava per dire qualcosa, ma a quanto pareva, non era proprio il momento.
Un paio di passi felpati.
-Fate la pace?- si sentì sussurrare Akaashi vicino al collo, e un attimo dopo la mano di Kuroo appoggiata tra i suoi capelli gli spostava il viso dalla guancia alla bocca di Kenma. -Fatela come si deve.-
Quel pomeriggio aveva assistito alla taciturna disputa che si era creata tra i due palleggiatori senza intromettersi Non aveva mai visto Kenma così, era stata una sorpresa piuttosto piacevole osservare i loro scambi di sguardi, carichi di sfida, come se si stessero urlando “mi stai infastidendo, vediamo chi cede prima”. Era abbastanza sicuro che, se ne avessero avuto la possibilità e se avessero avuto personalità diverse da quelle che possedevano, avrebbero potuto saltarsi addosso a vicenda, ed entrambi ne sarebbero usciti con qualche livido. Ma quei due palleggiatori dall’aspetto troppo bello e delicato per sembrare creature reali si conoscevano, sapevano di cosa erano capaci e sapevano come sarebbe finita quella sera.
Le dita di Kuroo premevano leggermente contro la nuca di Akaashi. Infilate tra le ciocche scure, lo invitavano (costringevano?) a continuare a premere le labbra contro quelle di Kenma, a dischiuderle, e baciarlo ancora, più a fondo.
Akaashi sentì le gambe sciogliersi quando le braccia di Kenma gli si avvolsero mollemente attorno al collo e gli strinsero la stoffa della maglietta per tirarlo verso di sé, come se potessero avvicinarsi più di quanto già non fossero. Sorrise sentendo quel verso basso e strascicato che gli uscì dalla bocca mentre prendevano aria.
La mano di Kuroo non si era ancora mossa, ma gli piaceva averla lì, a guidarlo, come se spettasse a lui decidere i parametri dei baci. Gli piaceva perché passava i suoi capelli tra le dita e sembrava che lo stesse accarezzando piano. Forse sorrideva? Non poteva saperlo, ma ne era abbastanza sicuro. Era un peccato non vederlo, era bello quando sorrideva, sapeva che gli avrebbe fatto venire i brividi.
Kuroo sembrò leggergli nel pensiero, perché pochi attimi più tardi Akaashi si sentì tirare i capelli e fece una piccola smorfia di dolore. Portò d’istinto una mano al polso di Kuroo, e la presa si allentò un poco mentre sollevava il capo per guardarlo in faccia.
Puntò gli occhi nei suoi con il respiro corto.
Ah, sorrideva davvero, e nel notarlo non poté fare a meno di sorridere a propria volta, gli occhi umidi e le labbra arrossate. Un attimo dopo, era contro lo schienale del divano, la mano che si era spostata dal polso di Kuroo a dietro il suo collo, i muscoli che fremevano nel rispondere al suo bacio.
-Avete per caso visto un pacchetto di patatine? Ho continuato a cercarlo ma sembra sparit…-
Bokuto apparve in salotto e non appena accese la luce, la sua bocca assunse una forma vagamente innaturale.
-Hey! Woh, calma.- rise, allungando un braccio per afferrare il colletto della maglia di Kuroo e tirarlo indietro, quasi sollevandolo di peso e facendolo sedere per terra. -Prima dovete guardare me e Kenma che giochiamo!-
Kuroo e Akaashi rivolsero un ghigno a Kenma e questi abbassò lo sguardo sul suo cellulare, leggermente rosso in viso, fingendo di non aver colto l’allusione. -…Intende a Mario Kart.- puntualizzò, a voce troppo bassa.
Bokuto non sembrava aver prestato attenzione al fraintendimento che aveva causato, forse perché adocchiò il pacchetto di patatine ai piedi del divano. Cacciò un urlo e lo sollevò come se fosse un trofeo. -Trovato!-
-Perché era qui?- chiese Kuroo, sorpreso, ma neanche tanto, di non essersene accorto prima.
Kenma spostò lo sguardo su Akaashi, ma quello stava tranquillamente cambiando canale con il telecomando in mano, quindi decise di non dire nulla. Subdolo rapace notturno. Non riuscì a non pensarlo.
Bokuto liquidò la questione con una frase insensata che nessuno ascoltò davvero e si sedette tra Kenma e Akaashi, abbracciandoli entrambi e stringendoli forte contro di sé. Kenma si accoccolò contro il suo petto e chiuse gli occhi: nonostante fosse leggermente più basso di Kuroo, Bokuto aveva braccia più muscolose e una schiena più larga rispetto a lui, ma questo non significava che lo preferisse. Semplicemente, era diverso. Ma sempre piacevole.

Bokuto si alzò in piedi con Kenma sollevato a mezz’aria e aggrappato al suo petto.
-Oi, dove vai?- chiese Kuroo confuso.
-Ha detto che Mario Kart è in camera tua.- gli rispose Bokuto, come se fosse ovvio.
-E te lo porti dietro così?-
Kuroo sembrava molto scettico, e neanche lo sguardo di Akaashi era accondiscendente. Quando Bokuto si voltò con una giravolta, non poterono non pensare Kenma sembrava tanto piccolo e leggero tra le sue braccia.
-Sì. Mi porto appresso il micino.- chiarì con solennità, mettendo il broncio e stringendolo un po’ più forte. Kenma guardò da tutt’altra parte, la bocca ridotta a una linea sottile piena di imbarazzo e una lieve -forse solo apparente- disapprovazione. Non era la prima volta che Bokuto sembrava avere intenzione di portarselo in giro come un animaletto domestico, non era la prima volta che lo sollevava come se non pesasse niente e non era la prima volta che lo chiamava neko-chan. Quel suffisso, e la facilità con cui Bokuto lo pronunciava nel riferirsi a lui, gli incasinava la testa e lo faceva vergognare più di qualsiasi altra cosa.
Kuroo sospirò e si alzò da terra.
-Occhio al micino, allora.- rispose scrollando le spalle. Se non poteva trovare spiegazioni logiche ai suoi comportamenti, non poteva che lasciarlo fare. Kenma lo guardò come se lo avesse appena tradito, lasciato tra le grinfie di una fiera selvaggia. O peggio, di un bambino molto grande.
Cercò di non sentirsi troppo in colpa mentre salivano le scale, forse o soprattutto perché aveva visto bene in che modo Kenma si stava aggrappando a lui: non era vero che non gli piaceva.

Akaashi aveva preso la decisione di sdraiarsi sul divano occupandolo completamente.
-Fammi spazio.- disse Kuroo muovendo svogliatamente il braccio. Quello non si mosse di un centimetro.
-Bene.-
Non aspettò un secondo di più e si sdraiò su di lui, tra le sue lamentele. Ignorò i suoi versi e si appoggiò contro il petto del ragazzo con un sospiro di sollievo, rilassando il collo contro la sua spalla.
-Quanto pensi staranno là?- chiese una volta che ebbe trovato la posizione più comoda. Era chiaro che “il tempo di trovare il gioco” non fosse una risposta plausibile.
Akaashi alzò le sopracciglia e, infilate con nonchalance le mani sotto la maglia di Kuroo, tamburellò con la punta delle dita sui suoi addominali. -Non so. Faranno sesso?-
-Nah.- Kuroo guardò il soffitto con una smorfia. -Bokuto ci teneva tanto a giocare alla wii, non vedo perché…-
Non finì la frase. Il tonfo al piano di sopra e un verso strozzato che conosceva fin troppo bene lo interruppero.
Kuroo e Akaashi stettero in silenzio per una manciata di secondi, gli occhi socchiusi, per nulla sorpresi.
-Come non detto. Perché vi buttate tutti su Kenma e non su di me?-
-Kenma è morbido e ha un profumo davvero buono.- rispose Akaashi dopo averci pensato un po’ su. -Ma non è vero che non vogliamo anche te. Con te è parecchio divertente, ma vedere Kenma sciogliersi dà più soddisfazione, credo.-
Kuroo sorrise rassegnato quando sentì una mano scivolare più in basso e fargli il solletico passando sotto il suo ombelico.
Un altro gemito dal piano di sopra. Akaashi sospirò.
-Andiamo?-
-Andiamo.-

Kenma non si aspettava che Bokuto l’avrebbe cercato subito. Era partito da un braccio attorno al collo e un dolce bacio sul naso, ma ora, con i capelli biondi sparsi sul letto di Kuroo e gli occhi chiusi per concentrarsi nel modulare gli ansimi, si copriva la faccia col dorso di una mano e teneva l’altra sulla testa indaffarata tra le sue gambe.
Se la porta si aprì, lui non se ne accorse, ma non poteva essere stato altrimenti perché quando sentì delle dita appoggiarsi sulla sua guancia e aprì le palpebre, vide Kuroo che lo stava mangiando con gli occhi, l’espressione di un gatto che ha visto la preda, ma ancora aspetta che si faccia un po’ più vicina. Si sentì accarezzare gli zigomi con i polpastrelli.
Kenma avvolse il suo polso tra le dita mentre emetteva un verso roco e si mordeva le labbra per stare zitto. Avrebbe voluto che lo baciasse. Kuroo lo sapeva. Lo sapeva, ma preferì stare a guardare mentre Kenma lo malediceva in ogni lingua possibile con un singolo sguardo e Akaashi chiudeva la porta dietro di sé con un sorriso che non lasciava presagire una serata tranquilla.

All’inizio era stato complicato riuscire a catalogare quella situazione, ma Kuroo era giunto alla conclusione che forse dargli un nome, oltre ad essere impossibile, non era poi così necessario.
Bokuto era il suo migliore amico, lo era stato prima che iniziassero a baciarsi e finire a letto insieme e lo era rimasto anche dopo. Non era cambiato nulla ed era incredibilmente grato di non aver dovuto passare notti insonni a rimuginare su cosa provasse nei suoi confronti perché, alla fine, lo sapeva già.
Kuroo sapeva di amare Kenma. Era una delle sue poche certezze, forse l’unico argomento su cui avesse le idee indiscutibilmente e totalmente chiare: lo amava con tutto il cuore e sapeva di essere ricambiato, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui e la loro relazione aveva radici così solide e arrivava ad un livello tanto profondo che non sarebbe mai riuscito a spiegarla a nessuno.
Sapeva anche che Akaashi e Bokuto si amavano. Eppure, in quelle situazioni si trovavano tutti e quattro assieme, e nessuno se ne lamentava. Kuroo avrebbe davvero voluto conoscere a fondo le motivazioni degli altri, e ogni volta si riprometteva che lo avrebbe chiesto nel dettaglio e avrebbero fatto lunghi discorsi fino alle quattro del mattino.
Finivano sempre ad ansimare con la faccia contro un cuscino, senza capire di chi fossero le mani che avevano addosso, e l’unica cosa che si sentivano di fare dopo era dormire.
Quella volta non fu diverso, ma Kuroo non poteva dirsi insoddisfatto.


 
   
 
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