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Autore: Maschera Blu    09/04/2009    14 recensioni
Isabella, l’unico uomo di cui ti potresti mai innamorare, in base all’incantesimo che hai scritto, dovrebbe avere gli occhi che cambiano colore, essere freddo come il ghiaccio, ma in grado di farti accendere di passione, essere duro come la pietra, saper correre più veloce di un treno ed avere la meglio anche contro un puma inferocito! Non solo, dovrebbe pure saper cantare come un angelo, esprimere i suoi sentimenti come melodie e non invecchiare mai! Isabella! Non esiste NESSUNO con queste caratteristiche!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1

AMORE & INCANTESIMI

 

Salve a tutti! Come forse qualcuno avrà capito dal titolo, mi sono ispirata all’omonimo film, con Sandra Bullock e Nicole Kidman.

Premetto che è un puro esperimento, ma spero possa essere venuta fuori una cosa carina. Se non vi mettete a vomitare sul monitor, forse posso già considerarmi soddisfatta…

All’inizio forse è un po’ noioso, ma dovevo introdurre in qualche modo i nuovi personaggi.

Vi auguro buona lettura!

 

 

CAPITOLO 1: UN INCANTESIMO SBAGLIATO

 

Fuori pioveva forte e ciò non contribuiva per niente a risollevare il mio umore.

Non sopportavo quell’insulso ticchettio che continuava a persistere sopra le tegole del tetto; se c’era una cosa che odiavo, quella era proprio la pioggia.

Mi alzai dal letto, su cui ero stata sdraiata tutto il pomeriggio, incapace di prendere decisioni o di darmi da fare.

Mi portai svogliatamente fino alla finestra della mia camera e guardai il paesaggio sottostante.

Per la strada non c’era nessuno, né a piedi né in macchina, ma anche se ci fosse stato, sapevo bene che non si sarebbe mai avvicinato troppo a casa Olsen, a casa mia.

All’improvviso, da sinistra vidi un uomo con un grande e malconcio ombrello nero che affrontava con notevole coraggio il temporale; bastò che riconoscesse il cupo cancello di casa Olsen per far sgonfiare come un palloncino tutta la sua temerarietà. Veloce come i lampi che sfilavano vanitosi in cielo, l’uomo attraversò la strada, fiondandosi sul marciapiede opposto.

Trattenei a stento un ghigno, ma poi scoppiai a ridere. Troppo divertenti quei mortali, davvero, quasi più di mio zio Alfred.

-Ora non esagerare.

“Ciao, Joseph.” salutai distrattamente il mio gatto, grigio come quelle stupide nuvole che si stagliavano alte sopra di noi. “Però, quante volte t’ho detto che non devi interrompere i miei pensieri, eh, inutile palla di pelo?!”

-Me ne frego altamente.

“Lo vedo. E poi, cos’è questo silenzio, il gatto ti ha mangiato la lingua? Anzi, te la sei mangiata da solo? Di’ la verità.”

Stuzzicarlo era il mio passatempo preferito. Dopo fare i dispetti a Jessica, è chiaro.

“Oggi sei più rompiscatole del solito, Isabella.” replicò lui, decidendosi finalmente a sollecitare le sue corde vocali. “Vieni giù, è pronto da mangiare.”

Joseph, senza nemmeno aspettarmi, uscì dalla stanza e prese la via delle scale.

Lo seguii poco dopo, con la lentezza di una lumaca.

“Bellaaaaaaaaaa!” gridò mia sorella Mary, dal piano di sotto “Stiamo tutte aspettando te, per tutti i malocchi! MUOVITI, o ti vengo a prendere con la forza!”

E poi era io la rompiscatole di famiglia…

Feci il mio ingresso nella sala da pranzo come uno zombie e sapevo bene che a nessuna delle mie familiari sarebbe sfuggito.

“Che hai, Isy, stai male?”

Come previsto, mia zia Clarisse si preoccupò all’istante.

“No, sono semplicemente annoiata da morire.”

Mia zia mi osservò bene e capì che c’era qualcosa di cui non volevo parlare: come se niente fosse, riprese in mano il cucchiaio e continuò a mangiare la sua zuppa.

-Dopo parliamo. Mi disse nel pensiero, dandomi un’occhiatina per essere sicura che le avessi prestato attenzione.

Non risposi nulla. Non che ce ne fosse bisogno, con mia zia Clarisse: quando decideva una cosa, era quella e basta.

Occupai l’ultima sedia disponibile. Ora, il nostro speciale tavolo pentagonale era al completo.

“Allora, com’è andata oggi a scuola?” chiese zia Louise, rivolgendosi a tutte e a nessuno in particolare.

“Benissimo!” saltò su mia sorella minore, Sophia, sempre esaltata per qualsiasi cosa succedesse “Ho fatto quindici canestri per la mia squadra, durante ginnastica! Quindici! Praticamente abbiamo vinto grazie a me.”

“Grazie tante, Sophy, hai barato!” esclamai indignata. A questo punto, ero capace anch’io!

“Oh, Sophy, hai usato la magia?!” sbottò zia Clarisse, con uno sguardo di rimprovero. “E se qualcuno se ne fosse accorto?!”

“Sono stata attenta.”

Sophia abbassò lo sguardo sul suo piatto, rossissima in volto, ma ciò non le impedì di dirmi nel pensiero: “Spia, spia, spia, spiona!

Cavolo, non l’avevo fatto apposta, ma mi capitava spesso di parlare senza alcun freno non pensando alle conseguenze che sarebbero potute scaturire.

-Scusa, Sophy, lo sai che non lo faccio per cattiveria.

-Tranquilla. Ma neanch’io lo sto per fare per cattiveria.

-Che cos…?

“E Bella” riprese mia sorella, con un’espressione che non mi piaceva per niente “ha rigettato il malocchio sulla signorina Hope.”

Chiusi gli occhi di scatto, inorridita. Sentii distintamente i cucchiai delle mie zie cadere con un tonfo nel loro piatto. Presto sarebbe seguito un interrogatorio pazzesco e io sarei finita in punizione. Senz’ombra di dubbio.

“E perché mai, Isabella?” chiese Clarisse, incrociandosi le mani davanti al viso.

“Beh, ecco…”

-Sophy, sei proprio una figlia di…

-Attenta: siamo figlie della stessa madre!

“Beh, vedete…”

“Ma cose le hai fatto? Niente di grave, spero!” Questa era zia Louise.

“No, solo un piccolo raffreddore.”

Le sentii rilassarsi, ma sapevo che si sarebbero agitate di nuovo se avessero saputo il motivo che mi spingeva a torturare la segretaria della mia scuola.

“E perché l’avresti fatto?”

Ecco, avevo cinque secondi per inventarmi una scusa credibile.

“Vedete…”

“Ma nulla, zie, è che è stata un po’ sgarbata con noi, tutto qui.” venne in mio soccorso Mary, la mia sorella maggiore, più vecchia di me di un anno, anche se sembrava già una ventenne piuttosto che una diciottenne.

-Mary… Grazie.

-Figurati. Domani sistemiamo questa faccenda una volta per tutte.

Sophia sembrava un po’ delusa, forse perché ero riuscita a cavarmela, cosa che a lei non capitava mai.

“Non importa, Bella, qualsiasi cosa sia successa tra voi, non ricorrere più alla magia. Ricorda, se l’incantesimo fosse fatto con poca attenzione, si ritorcerebbe su di te…”

“Tre volte più forte, lo so, zia Clarisse.”

“Bene.” Clarisse sembrava soddisfatta, forse perché era certa che avessi imparato la lezione.

Continuammo a mangiare in religioso silenzio fino a che la scopa appoggiata allo stipite della cucina cadde per terra.

La osservammo con attenzione maniacale, per poi ricavarne le ovvie (almeno per noi) conclusioni.

“Sta arrivando qualcuno.” bisbigliò zia Louise, con un tono di voce tetro e misterioso.

“Di non gradito.” continuò Clarisse.

“Ma non ostile.” chiarì Mary, prestando attenzione alla direzione del manico.

“E non a casa nostra, ma in città in generale.” Ero sicura della mia “diagnosi”.

“E ci sono anche dei ragazzi.” concluse Sophy, dopo un attimo di esitazione.

Tutte ci voltammo a guardarla, stupite e incredule.

“E come diavolo hai fatto a capirlo?!” quasi gridò Louise, probabilmente arrabbiata perché non era riuscito a capirlo lei stessa.

Sophia si fece piccola piccola, e prima che si decidesse ad aprir bocca, io avevo già capito. Non so come, riuscii a non scoppiare a ridere.

“Beh, dal momento che avevate detto tutte qualcosa, mi sentivo esclusa e così…”

“Hai improvvisato.” finì per lei Mary, evitando accuratamente di guardarmi, altrimenti sia lei che io, come ben sapevamo, non avremmo resistito a darci alle risate.

Le zie si lanciarono un’occhiata esasperata, ma gli angoli delle loro bocche, traditori, erano rivolti all’insù.

 

 

 

Dopo che finimmo di sparecchiare, ci sedemmo tutte e cinque al tavolo e ci prendemmo per mano, pronte per l’ennesima delusione, anche se un barlume di speranza rimaneva sempre.

Chiudemmo gli occhi, provammo a concentrarci e a isolarci dal resto del mondo.

Dopo cinque minuti in quella posizione, zia Clarisse iniziò la seduta: “Oh, Julie Olsen, nostra ava, noi ti invochiamo…”

“E vedi di fare in fretta perché ho sonno…”

“Mary!”

“Ho capito, ho capito: serietà.”

Risi piano, incapace di trattenermi.

Clarisse sospirò e, dopo qualche istante, riattaccò, ma con un tono di voce più forte.

“Julie Olsen, nostra ava, noi ti invochiamo, possiedi una di noi e svelaci…”

“Ma non me, per favore.”

“Isabella!”

“Sì, lo so: serietà.”

Seguirono tre secondi di silenzio, poi io, Mary e Sophia ci spalmammo sul tavolo dalle risate. E’ sempre così: quando sai che non bisogna ridere, trovi divertente anche il fatto più insignificante.

Udivo a malapena le voci delle zie che ci riportavano all’attenzione, ma non m’importava. Prima che riuscissimo a calmarci ci sarebbero voluti dieci minuti. Come al solito in quelle occasioni, ci alzammo tutte e tre in piedi e ognuna andò in una camera diversa; io mi recai in cucina, ancora scossa da leggeri risolini. Joseph, il mio gatto, mi saltò in braccio, bisognoso di coccole.

Mi sedetti sul pavimento e me lo posai sulla gambe.

“Voi tre siete impossibili.” dichiarò Joseph, tra le fusa.

“Forse.”

“Niente forse. Poveri gli uomini che vi avranno per mogli.”

Feci una smorfia di disgusto e, alla richiesta di spiegazioni di Joseph, come se stessi ammettendo un grave peccato in confessionario, sussurrai: “Io non mi sposerò mai.”

Joseph si drizzò e mi guardò bene negli occhi, con il suo unico occhio sano.

L’altro, quello sinistro, non avrebbe mai visto nulla a causa di un incantesimo andato male.

Per solidarietà, chiusi anch’io un occhio, ma quello destro.

“Perché no, Isabella?”

“Perché non mi innamorerò mai.”

Joseph scoppiò a ridere, divertito da quella che, secondo lui, era una decisione irrealizzabile già in partenza.

“Non dire sciocchezze! Tutti si innamorano, prima o poi! Dai, vuoi farmi credere che in diciassette anni non ti sei mai presa una cotta per nessuno?!”

“Mai!” Sorrisi orgogliosa.

“Impossibile.”

“Certo, ma dimentichi che sono una strega.”

Joseph spalancò la bocca, mettendo in risalto i suoi dentini affilati.

“No.” sussurrò, raccapricciato.

“Invece sì. Ho fatto un incantesimo, quando avevo sei anni.”

In quel momento, col corpo, ero nella cucina con Joseph, ma, con la mente, ero tornata indietro di undici anni.

“Ma come hai fatto, Bella?! Non esiste alcun incantesimo per eliminare l’amore!”

“Lo so perfettamente.”

“E quindi?”

Sospirai, un po’ seccata dalla sua curiosità, ma anche un po’ divertita.

“Semplice: ho fatto una magia per cui mi sarei innamorata di un uomo solo nel caso avesse avuto determinate caratteristiche…”

La voce di mia zia Clarisse, che mi chiamava affinché concludessimo la seduta spiritica, interruppe la nostra conversazione.

“E che caratteristiche deve avere?” volle sapere Joseph, saltando giù dalle mie gambe per permettermi di alzarmi.

Si aspettava davvero che mi ricordassi?

“Boh, non ricordo… Devo avere messo il foglietto con l’incantesimo da qualche parte nella mia cassapanca, di fronte al letto, ma non ne sono sicura…”

Joseph, ignorando bellamente la mia insicurezza, inserì la quinta e si lanciò all’arrembaggio al piano superiore. Ovvio, voleva sapere quali qualità dovesse avere il mio principe azzurro.

Mi veniva da ridere di nuovo, ma mi imposi un certo contegno; non appena ci fummo sedute tutte, ci riprendemmo per mano e mia zia Clarisse continuò l’invocazione.

“Oh, Julie Olsen, nostra ava, noi, tue discendenti, ti …”

“Bellissime e intelligentissime discendenti, oserei aggiungere.”

Questa volta, anche le zie si lasciarono andare alla battuta di Mary.

La serietà albergava così lontana da casa nostra che non sapevo proprio come avremmo fatto a metterci in contatto con Julie, ma la cosa non mi importava più di tanto. Chissà, magari, nell’Aldilà, aveva comunque da fare…

 

 

Mary e Sophia dormivano già da un pezzo.

Ogni tanto sentivo che dicevano qualcosa, immerse nei sogni.

Mary era la più divertente, senza dubbio.

“Pezzo di idiota!” aveva appena finito di sbraitare, chissà contro chi, poi.

-Isabella?

-Joseph? Cosa c’è?

-Beh, ho trovato il foglietto su cui avevi scritto l’incantesimo. La cassapanca era aperta, così ci sono saltato dentro e… eccolo qui..

-Mmm…

Stavo iniziando ad addormentarmi e facevo fatica a mantenere ancora l’attenzione sulle parole del mio gatto.

-Vorrei parlarne con te, se non ti dispiace.

-Mmm…

Non ero molto sicura che quel ronzio fastidioso fosse la voce di Joseph… Forse era una zanzara… Ma ogni tanto distinguevo qualche parola. E le zanzare non parlavano, mi sembrava. Mi sembrava…

-Isabella, l’unico uomo di cui ti potresti mai innamorare, in base all’incantesimo che hai scritto, dovrebbe avere gli occhi che cambiano colore, essere freddo come il ghiaccio, ma in grado di farti accendere di passione, essere duro come la pietra, saper correre più veloce di un treno ed  avere la meglio anche contro un puma inferocito! Non solo, dovrebbe pure saper cantare come un angelo, esprimere i suoi sentimenti come melodie e non invecchiare mai! Isabella! Non esiste NESSUNO con queste caratteristiche! Isabella? Bella, stai dormendo?

Qualcuno mi stava leccando il naso.

Mi riscossi dal dormiveglia in cui ero caduta, mettendomi seduta con uno scatto e facendo cadere giù dal letto Joseph.

-Joseph! Cavolo, stavo per addormentarmi!

-Hai sentito cosa ti ho detto?

-Ho sentito i tuoi pensieri, ma non me ne ricordo uno.

Joseph soffiò, come faceva sempre quando era frustrato o seccato.

-Ti ho detto che nessun uomo può avere le caratteristiche che hai scritto!

Mugugnai indispettita, non ricordando cosa avessi scritto nell’incantesimo, ma sapendo perfettamente in base a cosa avessi scelto doti che nessuno poteva avere.

-Infatti! Così non mi innamorerò mai, perché l’unico che mi possa far innamorare non esiste!

Joseph stette in silenzio per un bel po’.

-E’ atroce, Bella. E’ veramente atroce.

Joseph continuò con i suoi commenti, ma io mi ero già addormentata. “”

 

 

 

 

 

 

 

Arrivate alla scuola di Forks, era chiaro che tutti gli alunni erano in fermento.

“Che diavolo sta succedendo?” chiesi a Mary.

Tyler e Mike, due galletti talmente pieni di sè che mi stupivo riuscissero a camminare, si stavano controllando i capelli negli specchietti delle loro rispettive auto, mentre Jessica e Lauren si truccavano e controllavano che il vestito fosse impeccabile.

“Credo sia perché oggi arrivano cinque ragazzi nuovi.” ci spiegò Sophia, alzando gli occhi al cielo.

Io e Mary la guardammo stralunate.

“Che c’è?” Sophia si mise sulla difensiva non appena notò come la fissavamo.

“E questa cosa non potevi dircela ieri, quando è caduta la scopa?! Avresti risolto un bel pezzo di mistero, imbecille!”

“Beh, Mary” intervenni io, prima che la situazione degenerasse “Per lo meno ci ha azzeccato: ci sono anche dei ragazzi.”

“Ecco!” Sophia si erse in tutta la sua statura e raddrizzò le spalle, ma il suo orgoglio finì presto, non appena incrociò la mia espressione scettica ed esasperata.

“Vabbè, non capisco comunque cosa sia tutto ‘sto casino!” borbottò Mary.

Anch’io non capivo.

Avremmo potuto leggere nella mente altrui, ma era molto difficile quando non si aveva un rapporto di nessun tipo con la persona in questione. A scuola, quasi tutti ci evitavano e non era neanche tanto difficile capire il perché. Tutti lo pensavano, anche se nessuno lo diceva: le Olsen sono streghe. Alcuni potevano giurare di averci viste cavalcare la scopa o danzare nel bosco invocando spiriti maligni.

Andasse pure per la prima, ma la seconda mi accendeva di indignazione.

L’arrivo di una macchina fece scorrere un’ondata di eccitazione, ma durò poco, giusto il tempo di accorgersi che non erano i nuovi studenti, ma Angela, l’unica mia vera amica.

“Angela!” le corsi incontro, rischiando di inciampare due volte lungo il tragitto. Io e la mia maledetta mancanza di equilibrio!

“Ciao, Bella! Come stai?”

“Benissimo. Tu?”

“Il solito.” Prese i libri dal sedile posteriore e chiuse la macchina con un pulsante del telecomando.

“Senti, come mai sono tutti in fibrillazione per l’arrivo dei nuovi?”
Angela rise.

“Ti spiego: ieri Jessica li ha visti al supermercato, e ha detto che sono, parole testuali, degli strafighi da paura. A suo modestissimo avviso, anche le ragazze sono carine, e tu sai che nel suo gergo ‘carina’ vuol dire bellissima.”

“Quindi Jessica ha fatto un paio di telefonate e tutti ne sono al corrente.”

“Esattamente!”

Ci prendemmo per braccetto e ci avviammo all’entrata.

La voce di Mary, nella mia testa, mi ricordò che avevamo una missione: Missione-Hope, l’avevamo chiamata.

“Scusami, Angela, devo parlare con la signorina Hope… Ci vediamo dopo.”

Mi allontanai da lei e raggiunsi Mary, ferma davanti alla segreteria.

“Ok, Bella. Ricordati: ti voglio cattiva.”

“Come no.” bofonchiai, ben sapendo come in passato fossero naufragati miseramente tutti i miei tentativi di risultare “cattiva”.

Entrammo in segreteria con il passo di due donne in carriera, le spalle dritte e il petto infuori.

La signorina Hope alzò lo sguardo dalle sue scartoffie e ci rivolse un’occhiata di puro disgusto.

“Ancora voi?! Cosa volete, ‘sta volta?!”

Feci un bel respiro, pronta a scagliarmi contro quella ladra, ma Mary fu più veloce di me.

“Signorina Hope, lei ci deve consegnare il braccialetto di mia sorella.”

La signorina Hope strabuzzò gli occhi e diventò rossa come un peperone dalla rabbia.

“Basta con questa storia! Vi ho già detto che non ho trovato alcun braccialetto!”

-Bella, cattiva adesso! Fammi vedere!

Ok, ora dovevo solo intimorirla…

“Vede, quel braccialetto, come le ho già spiegato, è molto importante per me e…”

-E questo tu lo chiami essere cattiva?! La stai praticamente supplicando! E una Olsen non supplica MAI!

“Ti ho già detto ieri che mi dispiace molto che tu l’abbia perso, ma io non ne so niente!”

Si soffiò il naso. Bene, almeno il raffreddore le era rimasto.

“Noi sappiamo che ce l’ha lei.” continuai, sicura della mia affermazione. Le mie visioni, rare ma utili, non sbagliavano mai. L’avevo vista trovare il mio braccialetto per il corridoio e metterselo in tasca, proprio tre giorni prima.

Era molto antico, se ne sarebbe accorto anche un cretino, e ovviamente la cara signorina Hope aveva giusto pensato che non sarebbe stata una cattiva idea venderlo per aggiustare la lavatrice con il ricavato.

“Mi dispiace, carissime, dovete aver preso un granchio! E poi io…”

Si bloccò all’improvviso, il suo sguardo fermo su qualcosa alle nostre spalle. Qualcosa, o qualcuno.

-Oh, mio Dio, quanto sono belli!

Mi stupii di sentire i pensieri della signorina Hope, dal momento che non eravamo così in armonia, ma evidentemente qualcosa doveva aver sciolto le sue misere protezioni da umana.

-Cazzo, Bella! Siamo nei guai!

Il pensiero di Mary fu così assordante che quasi caddi per terra.

Mi girai di scatto e mi trovai di fronte cinque persone, tre ragazzi e due ragazze, belli come degli dei caduti per sbaglio su questa terra dall’Olimpo.

Molto belli, troppo belli per essere umani…

Vampiri, pensai esasperata.

E io non avevo il mio braccialetto. Il mio braccialetto di protezione.

-Cazzo. pensai.

-Cazzo. mi fece eco Mary

-Cazzo.

“Cazzissimo!” esclamammo in coro, volgendoci di nuovo verso la signorina Hope, ora animate da una fretta disperata.

“La pagheremo!” gridai io, nello sconforto più assurdo.

“Eccome! Quanto vuole? Cinquecento dollari?!”

La signorina Hope spalancò gli occhi, stupita da un tale mutamento.

“Ma anche mille!!!”

“Bella, non esagerare, però…”

“Va bene, vada per mille.” concesse la signorina Hope, con gli occhi che brillavano per l’affare appena concluso.

Tre secondi dopo mi resi conto che noi non li avevamo mille dollari, a meno che non si chiedesse aiuto alle zie, il che voleva dire ammettere di aver perso il braccialetto protettivo della mia ava Kate.

Presa da un attacco di rabbia, provai a farla cadere dalla sedia, ma non successe nulla: cavolo, quindi stava indossando il mio braccialetto, a differenza del giorno prima.

Non passarono neanche cinque secondi che mi ritrovai per terra: il malocchio, respinto dal mio braccialetto, si era ripercosso contro di me tre volte più forte, eccome, a giudicare dal male che sentivo al fianco su cui ero rovinata.

“Bella!” esclamò Mary, inginocchiandosi per accertarsi delle mie condizioni.

-Ce l’ha addosso, giusto?

-Tu che dici?

Mary mi aiutò ad alzarmi. Nel farlo, mi accorsi che tremava un po’: era preoccupata per me a causa dei vampiri dietro di noi. Se avessero attaccato, io sarei stata molto vulnerabile.

“Ok, ora lei ci dà il braccialetto e domani le diamo i soldi.”

“Neanche per idea. Prima i soldi, poi il braccialetto.”

Parlavamo piano, ma sapevamo benissimo che i vampiri, con il loro udito sopraffino, avrebbero sentito tutto.

“Signorina Hope, per favore…” pregai io, con gli occhi lucidi.

“A domani, ragazze. Voi!” sorrise ai nuovi arrivati, cercando di mettere una nota di seduzione nella sua voce “Venite avanti, cari!”

Io e mia sorella ci gelammo sul posto. Si stavano avvicinando.

Mary mi prese per mano, si frappose fra me e i cinque vampiri e, quasi di corsa, mi spinse fuori dall’ufficio.

“Ok, Bella.” proclamò “Siamo ufficialmente ed inequivocabilmente fottute.”

 

 

 

 

Qualcuno è riuscito ad arrivare fino a qui?

Spero di sì…

Credo sia il caso di dare alcuni chiarimenti: chiedo scusa per le descrizioni inesistenti, ma le sorelle di Bella, le zie e casa Olsen verranno descritte più avanti, dal momento che non volevo interrompere la narrazione e volevo creare un’atmosfera di quotidianità, non so se mi sono spiegata…

 

Bene, vedete quella scritta “Vuoi inserire una recensione”? Ecco, che ne dite di cliccarci sopra e di dirmi che ne pensate? Please?

Per favore, è molto importante per me sapere come scrivo o se vale la pena continuare questa storia!!!

 

Un’altra cosa, chiedo umilmente venia anche per tutti gli errori di battitura che sicuramente ci saranno, ma sono talmente imbranata con la tastiera del computer e talmente distratta che quando rileggo non me ne accorgo! Ecco perché preferisco scrivere a mano… ;)

 

Un bacione a tutti!

 

Maschera Blu

 

  
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