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Autore: Selenite    11/05/2016    9 recensioni
Mahel è un'allegra ragazza di 16 anni, il cui nome le è stato dato dalla madre, una scrittrice di libri per ragazzi, prendendo ispirazione da un personaggio delle sue stesse storie. Nonostante Mahel odi il suo nome, si ritroverà nell'universo delle fiabe di sua madre, per aiutare il co-protagonista Lagharta alla salvezza del mondo. Sembra una storia fantasy come le altre, ma non lo è... Perchè Lagharta non è un eroe come tutti gli altri. E odia Mahel dal più profondo del suo cuore.
Ho messo rating piuttosto alto, in quanto ci sarà la presenza di alcune scene abbastanza crude. Ringrazio in anticipo per la cortesia che chiunque vorrà riservarmi nel leggere ^^
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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*Dedicato a te. Che ogni giorno mi manchi in un modo che non posso spiegare.
E a Clarissa. Perché mi ricordi tanto la me stessa di tanti anni fa...e che vorrei essere ancora*


CAPITOLO 37

La vera maledizione


Bruciava.
Un dolore così pungente che non riusciva a respirare. Una fitta, continua e pesante, sul petto. Le stringeva il cuore e le faceva male.
Bruciava.
Gli occhi pesanti e bagnati, forse da lacrime di sofferenza...o di tristezza? Non riusciva ad accorgersene più. Era circondata dal dolore, era forte...troppo forte, più di quanto ne avesse mai provato prima.
Bruciava.
Un urlo straziante, che rimbombò attorno a lei. Occhi malvagi, neri Non c'era luce in quegli occhi che ridevano del suo dolore...e che ascoltavano estasiati quell'urlo.

Aprì gli occhi di scatto, senza che dalla sua bocca uscisse nessun suono.
Un sogno? Un incubo...
La sua gola bruciava ancora per l'acqua del Lago, il corpo caldo e stretto a qualcosa che, appena si rese conto di cosa fosse, la fece sorridere.
Le braccia di Lagharta la stringevano. Forte. Le toccavano i fianchi tenendola stretta a sé, la spada a portata di mano per qualsiasi evenienza.
La testa del guerriero appoggiata al suo collo, i capelli che le solleticavano le spalle.
Il suo profumo di erba e i vestiti ancora leggermente bagnati. Un sorriso.
Riuscì a liberarsi un poco da quella morsa ferma e si mise più comoda, spostando il corpo di Lagharta sulle sue gambe.
-Non si accorge proprio di niente quando dorme...- ridacchiò quasi soddisfatta.
Gli carezzava i capelli sorridendo, passando le dita sui lineamenti del suo volto. Studiò ogni curva, ogni difetto, ogni cicatrice. La forma delle labbra, degli occhi, la fronte e le orecchie, il mento e la linea del collo...era davvero bello.
I suoi profondi occhi blu, nascosti dalle palpebre chiuse...amava tutto.
Le sue mani andarono a prendere quella sinistra del guerriero. Una strana ombra passò davanti agli occhi di Mahel...appena toccò il suo dito sinistro.
-Tu..non vuoi sposarti. Eppure renderesti felice la tua sposa...- esitò un attimo, prima di continuare -...anche se non dovessi mai essere il mio sposo, come tu tanto temi...vorrei davvero vederti sorridere insieme alla tua sposa...voglio solo che tu sia felice...-
Respirava regolarmente, tranquillo. Non sapeva neanche come potesse dormire in quel modo, dopo la nottata appena trascorsa.
Eppure era con la testa sulle sue gambe, che respirava con la bocca socchiusa, senza fare alcun rumore. Un altro sorriso...e imbarazzo, non appena si avvicinò al suo viso, con l'intenzione di fare quel che voleva.

Il cuore le batteva fortissimo. Se si fosse svegliato, le avrebbe urlato contro di tutto.
Ma non riusciva a fermarsi...sapeva che se ne sarebbe pentita, ma voleva farlo lo stesso.
Le sue labbra si avvicinarono al volto del guerriero. Lentamente, tremanti, mentre il battito del suo cuore continuava ad aumentare.
Poi, di colpo, si fermò.
-No...non posso farlo...- borbottò completamente rossa in viso -Non me lo perdonerei mai- sentenziò ridacchiando, vergognandosi di sé stessa -Scusami...-
Le sue labbra toccarono la sua fronte, schioccando un bacio leggero.
Iniziò a ridere come una stupida, senza capire perché si sentisse comunque colpevole di aver fatto una cosa tanto carina e innocente.
Poi, d'improvviso, Lagharta aprì gli occhi e la guardò.

Il fiato le morì in gola.
Pensò che sarebbe successo qualcosa di orribile, perché quello che aveva fatto era una cosa che Lagharta odiava.
Ma non disse niente. Si limitava a guardarla negli occhi, senza proferire parola.
E Mahel fece altrettanto, mentre le sue gote continuavano a imporporarsi sempre di più. Quando le sue labbra fecero per parlare, una mano di Lagharta le raggiunse la guancia. La carezzò delicatamente, mentre i suoi occhi la fissavano senza muoversi di un solo millimetro. Mahel addolcì lo sguardo e la sua mano si posò sopra quella di Lagharta. Le sue labbra si distesero in un sorriso e dentro di lei sentì solo pace.
Poi, sorridendo a sua volta, il guerriero parlo -Sono così...felice, che tu sia viva...-
E, spontaneo come neanche lui credeva di essere, le stampò un bacio sul naso -...principessina-

Quando tutti furono svegli, fu il momento dei conti.
Alvexia già odiava quelle ninfe, sapere di quella notte non fece che montare il suo disprezzo. Velleda e Pixel si limitarono ad annuire agli avvenimenti, promettendo di intervenire solo se fosse stato strettamente necessario.
-Io le ammazzo, Lagharta- sibilò acida Alvexia, tenendo a freno a stento la sua trasformazione -Hanno cercato di uccidere Mahel-
-Non farai niente, o qui inizieremo una guerra che non possiamo vincere- la riprese lui paziente, senza lasciar trasparire alcuna emozione -Loro sono vicino le acque del Lago. Si rigenerebbero all'istante. Tu moriresti avvelenata. Chi credi che sia più in vantaggio...?-
-I veleni quando sono trasformata non...- intervenne lei prontamente, prima di essere ancor più prontamente ripresa -Non puoi niente contro il loro stesso corpo. E' un veleno che hanno solo loro in tutto il mondo. Non esiste antidoto, se volessero ucciderti davvero moriresti in meno di trenta secondi. Dove lo trovi un antidoto in trenta secondi?- chiede lui serio, lasciando la Lilith a pensarci a bocca aperta, infastidita e irritata.
-Le odio- sibilò di nuovo più a bassa voce, mentre Lagharta la guardava con sguardo di rimprovero -Provo la stessa cosa Alvexia...- la supportò la fatina, avvicinandolesi.
Per la prima volta nel loro accompagnarsi, entrambe si accorsero che la compagna di viaggio non era poi il peggio che poteva capitare.

-Non sono sicura che dovremmo accettare di allenare...quella cosa- sentenziò disgustata Nahael, guardando Lagharta con sguardo indignato -E penso che i tuoi compagni debbano andarsene. Tu rimarrai qui, per punizione. Mi hai molto deluso...-
Nahael era insieme alle sorelle, quando Lagharta cercò di nuovo un dialogo. Sulle rive del Lago, nella loro bellezza eterna, rispondevano alle sue domande in modo annoiato e distratto -Non siete più i benvenuti-
-Maestre, voi non capite...sta per iniziare una guerra!-
-Non è qualcosa che ci riguarda- rispose di nuovo Nahael, toccando i capelli delle sorelle con fare languido -Qui non può succedere niente che ci tocchi. Neanche una guerra. E finché il Lago non consumerà fino all'ultima goccia delle sue acque, i nostri corpi si rigenereranno all'infinito. Se rimani con noi vivrai in eterno...-
-...come uno di voi?- rispose a quel punto infastidito Lagharta, mentre Alvexia muoveva con rabbia una gabbia nel tentativo di trattenere le parole.
-Scusa? Non credo di aver capito...- rispose Nahael alzando un sopracciglio, mentre Vahael voltava lo sguardo verso Mahel, che indietreggiava inconsciamente.
-Non ho nessuna intenzione di accontentare questo capriccio. Non stavolta. La guerra vi riguarda, MI riguarda. La guerra si scatenerà per colpa mia e...-
-Per colpa SUA, non tua- lo interruppe Vahael, mentre le sue dita artigliate indicavano Mahel -Lei inizierà la guerra. Sarebbe dovuta non nascere mai, o morire affogata nelle acque del Lago questa notte...!- urlò sprezzante la ninfa, ridendo di gusto.
Alvexia fece per scattare verso di lei, ma venne trattenuta da Pixel, che scuoteva la testa -Stai ferma, farai solo il loro gioco!-
-Io la ammazzo. Sta giocando ad un gioco pericoloso, io...io...!-
-Tu- la apostrofò Kahael, inespressiva -Non farai niente. Non puoi niente. Torna al villaggio maledetto quale appartieni e muori seguendo il tuo codice d'onore. Nessuno sentirà la mancanza di un demone che non prova amore-
-Brutta...- esclamò Alvexia, liberandosi dalla presa di Pixel e lanciandosi contro le ninfe, fermandosi solo quando sentì la mano di Mahel afferrarle le vesti -Non farlo, ti prego-
Alvexia si voltò verso di lei. Il suo sguardo era furente. Ma appena vide gli occhi stanchi di Mahel ed il suo sorriso rassegnato, perse tutta la voglia di discutere che aveva.

Erano occhi stanchi. Occhi stanchi e delusi.
La sua presenza era qualcosa di cui quel mondo non necessitava. Si sentiva in colpa perché la sua presenza avrebbe fatto soffrire tutti.
Sua madre nel suo mondo, i suoi amici, che mai più l'avrebbero rivista.
Gli abitanti di Gaia, che avrebbero di nuovo conosciuto la guerra e la disperazione che porta con sé. La morte.
-Io porterò la guerra. Il dolore. Lo strazio. La morte- si fermò per respirare, ormai conscia di ciò che sarebbe successo, che lei volesse o meno -Io sono il motivo per cui la guerra scoppierà. Lo so. Ma la Leggenda dice che sarò anche il motivo per cui la guerra finirà. Ed io voglio crederci- guardò verso le Ninfe, che resero uno sguardo indefesso.
-Quindi?- chiese Vahael, annoiata -A noi non interessa della guerra. Abbiamo già conosciuto il suo strazio ed il suo dolore, eppure siamo ancora qua-
-Cos'è che di me ti spaventa tanto?- chiese Mahel ormai stufa, con gli occhi di chi quasi conosce la risposta -Di cosa hai tanto paura?-
-Paura?- chiese Vahael stupita, scoppiando poi a ridere tronfia -Io...noi, non abbiamo paura di niente. Niente ci può ferire, o uccidere. Niente ci tocca. E dovrei aver paura di un essere inutile come te...?-
Mahel roteò gli occhi, destando l'irrito della Ninfa -Che vuol dire quel gesto?-
-Che non ti credo- rispose Mahel scostandosi i capelli dal volto quasi annoiata e avvicinadosi a Lagharta, prendendolo sotto braccio.
Fu un attimo e l'atmosfera cambiò. Nessuno potè fare niente.

Lagharta non riusciva a capire. Saluss, Alvexia, Velleda o Pixel non riuscirono a capire.
Mahel si avvicinò a Lagharta e si alzò sulle punte degli stivali, avvicinando il volto di Lagharta al suo. Le loro labbra erano così vicine, bastava un soffio.
Vahael socchiuse gli occhi e fischiò, guardando Mahel che le rendeva uno sguardo di sfida.
-Hai ragione. Non è paura, è invidia. Invidia perché Lagharta non mi ama...ma potrebbe unirsi a me, mentre invece tu non puoi averlo. Non così- le sue mani accarezzavano il volto di Lagharta, che guardava la scena atterrito senza aver idea di cosa poter dire.
-Togligli le mani di dosso, schifosissimo essere...- sibilò di nuovo Vahael, mentre anche le sorelle fischiavano senza muovere un muscolo -Non ti permetterò di toccarlo più di così, ti avverto...-
-E con questo? Uccidimi. Non cambierà la realtà delle cose. Io potrei unirmi a lui, anima e corpo, baciarlo con amore ed essere ricambiata. E se non fossi io, sarebbe qualcun'altra...e tu non puoi cambiare questo, non puoi modificare la realtà di questo mondo. Tu non potrai mai averlo. Averlo davvero. Lui non sarà mai tuo!-
-Lui è mio, sgualdrina...!-
Mahel vide la Ninfa scattare non appena le sue labbra schioccarono un bacio sul naso di Lagharta. I suoi occhi andarono subito a quelli del guerriero, come a scusarmi, mentre Vahael la lanciava lontano, per poi correre sopra di lei pronta ad ucciderla.
Kahael e Nahael si misero davanti al resto del gruppo per fermarli dal salvare Mahel, Saluss fu la sola a riuscire ad avvicinarsi alla ragazza.
Ma poi con la coda dell'occhio Nahael si accorse di un gesto, un'azione veloce che non si aspettava. I suoi occhi si dilatarono, spaventati, e la sua bocca cacciò un urlo disumano verso la sua sorellina.

I suoi capelli erano attorno al collo della Ninfa, che immobile la guardava con gli occhi sbarrati.
Una mano teneva i capelli, l'altra un pugnale, forse di Alvexia, che era in direzione della ciocca. Era un ricordo lontano, un frammento di memoria...ma Mahel ricordava cosa succedeva quando i suoi capelli venivano recisi di violenza.
-Tu sfiorami con un solo dito...ed io taglio i miei capelli. E tu sai cosa vuol dire...vero?-
Vahael saettava con gli occhi da una parte all'altra, il volto immobile e terrorizzato.
Lagharta non aveva mai visto le Ninfe con quell'espressione. Mai.
Nahael guardava da lontano impotente, insieme alla sorella mediana, che allo stesso modo guardava la scena senza muovere un muscolo.
-Non...non farle del male- chiese Nahael con un filo di voce -Lasciala andare e prometto io stessa che non ti faremo niente-
-No- rispose Mahel, stringendo la ciocca attorno al collo di Vahael e tenendo ben stretto il pugnale -Voi ci aiuterete. Vero?-
-Non cediamo ai ricatti!- sibilò la Ninfa, intenzionata a secernere di nuovo il veleno che l'aveva corrotta una volta -Tu avvelenami, e tua sorella muore-
-No- urlò di nuovo, mentre Vahael rimaneva immobile nella stessa posizione, senza muovere un muscolo -Non ne avresti il coraggio...- cercò di dire sprezzante, ma negli occhi di Mahel non c'era più paura.
-Non ho paura di morire. Mi dispiace. Avrei solo il rimorso di non aver fatto quello per cui sono stata chiamata qui- Vahael continuava a guardarla, forse confusa -Esatto, chiamata. Vie mi ha voluta, ed eccomi- ribadì di nuovo, stringendo ancora i capelli -Avete due scelte. Mi dilani con il tuo veleno, ma ti porto via con me...- Vahael spalancò ancor di più gli occhi, genuinamente terrorizzata -...oppure mi allenate. Aiutate me e Laghata, il vostro discepolo. Aiutate Vie. Il vostro mondo-
-Perché continui a insistere? Perché ci minacci? Forse non sei così buona come vuoi credere ai tuoi compagni, dico bene?- la imbeccò Nahael, ridacchiando maligna.
-Non sono mai stata buona. Non so bene chi o cosa vi abbia fatto credere il contrario- rispose secca Mahel, stavolta guardando Vahael e cercando di essere il più chiara possibile -Io amo Lagharta. Lo amo, con tutto il cuore. Darei la mia vita per la sua...e già l'ho fatto, una volta. Con secondi fini. Quindi come vedi...anche se lo amo, continuo a pensare più di ogni altra cosa a me stessa-
Le Ninfe ascoltarono, senza proferire parola.
-Io non...sono perfetta. Non lo ero nel mio mondo e non lo sarò qui. Ma mi è stata data una possibilità per salvare questo ed anche il mio...di fare qualcosa di grande e di essere ricordata da qualcuno. E parlo dei miei amici, delle persone che amo. Potrei combinare qualcosa di importante nella vita...molte persone questa fortuna non ce l'hanno. Quindi voglio farlo-
Fece un profondo respiro, e continuò.
-Mio padre non c'è più. Lui ha dato, nel mio mondo, il nome a Gaia. Vuol dire “Terra”, che è il nome del mio mondo. Mia madre, per lui, per tutta la vita, ha continuato a scrivere di Gaia, di Lagharta e di...Mahel. Della Sibilla. Solo ed unicamente perché non era pronta a dire “addio” a papà. Io ho la possibilità di fare in modo che lei ci arrivi. Anche se io non fossi accanto a lei...fisicamente. Se mamma può continuare a scrivere a papà finché non sarà il momento di lasciarlo andare...io devo fare di tutto. Anche morire- la sua voce si ruppe un attimo, ma i suoi occhi non cedettero -Io amo mia mamma. Mike. Zio. I miei amici, il mio mondo. Tutti. Voglio solo...voglio solo non lasciare che tutto svanisca. Non ancora. Anche io vorrei dire come si deve addio a papà...cercherò di farlo anche da qua. Anche se non fosse possibile...ma voglio proteggere questo mondo che lui ha creato finché è possibile. Se lui fosse vivo e fosse al mio posto, farebbe la stessa cosa...-

Lagharta guardò le Ninfe. Sapeva che loro non capivano.
Amare qualcuno, dedicarsi a qualcuno...? Neanche lui era sicuro di capire.
Quando Laherte aveva preso la sua strada, Lagharta non aveva neanche cercato di comprendere. Lo aveva odiato perché era più facile. Ma la verità è che avrebbe voluto una parola, una spiegazione, prima di andare alla ricerca di un ultimo combattimento.
Mahel era oltre il concetto di giusto e sbagliato classici...per lei importava solo la motivazione. Il profondo significato, il perché.
Il legame.
Era stata costretta a dire addio a qualcuno che amava. Nessuno aveva fatto niente di male...eppure non era stata capace di dire addio come avrebbe voluto.
Quindi per lei ora esisteva solo quello...dire addio in un modo per cui tutto avrebbe assunto senso. Il fatto che sua madre avrebbe sofferto era purtroppo un effetto collaterale del tutto...credeva che avrebbe chiesto a Vie di farle vedere sua madre un'ultima volta. Era sicuro che gliel'avrebbe concesso. Sicuramente, lo avrebbe fatto.
Quindi capiva il profondo disagio delle Ninfe a capire quel concetto così basilare d'amore che per loro era inesistente, ormai, dopo tutti quegli anni.
Eppure non si aspettava quella risposta. Nè quell'espressione.
Ma sorrise ugualmente, perché Mahel poteva anche quello.

-Non fare del male a mia sorella. Ti prego- chiese poi Nahael, comprendendo che Mahel non avrebbe mai fatto del male a nessuno se anche loro si fossero impegnate a fare altrettanto -Nessuno morirà. Non oggi-
-So-sorella- balbettò Vahael sconvolta, guardando il suo sguardo rassegnato. Umano.
-Vahael, mi dispiace. Ma la tua vita vale più dell'orgoglio, per me...- rispose Nahael, toccandosi la fronte, comportandosi anche se con sforzo come un essere umano -Non voglio vederti più morire. Non davanti ai miei occhi. Dopo quest'ultimo millennio non lo sopporterei...-
-Che diamine stai divendo...?- disse Vahael, mentre sentiva la stretta dei capelli di Mahel farsi più leggera -Non provare neanche a...-
-Non la ucciderai, sorella- gridò imperativamente Nahael, mentre Kahael si avvicinava alla minore per metterla al sicuro -Lei può ucciderci. Ha detto che non lo farà. Quindi basta-
-Ma è solo uno stupido essere umano...- sibilò Vahael mentre la sorella l'allontanava, e mentre le parole della maggiore incalzavano -...ma in questo mondo è una divinità e può farlo. Non è uno stupido essere umano. È l'emissaria di Vie, anche se non vuoi ammetterlo-

Era la prima volta che vedeva Nahael così umana.
La sua voce, le sue movenze. La vide abbracciare la sorella sospirando di sollievo, baciandole la fronte e voltandosi verso Mahel con sguardo crudele ma sinceramente grato -Grazie per non averle fatto del male-
-Non avrei fatto niente di male a nessuno. Ma dovevo in qualche modo proteggere anche la mia vita- rispose Mahel alzandosi, restituendo il pugnale ad Alvexia -Scusa, non dovevo prenderlo in prestito senza chiedere-
Alvexia accolse la cosa con entusiasmo e un po' di stupore -Per quanto mi riguarda puoi uccidere con i miei pugnali tutte le volte che vuoi. È stato magnifico...è...-
-È stato stupido. Vi chiedo scusa...- disse verso le Ninfe -Non succederà più-
Vahael era stretta tra le braccia della sorella, tremando di rabbia. Guardava Mahel in un modo che definire crudele non è neanche lontanamente paragonabile alla verità.
-Morirai sola, con il tuo cuore compassionevole. Non potrai dire addio al tuo papino, né alla tua mammina. Rimarrai sola come un cane mentre passi l'eternità in un mondo che non ti appartiene e che fra un centinaio di anni non ricorderà neanche il tuo nome...-
-Verissimo- la interruppe Mahel, stupendola -Io non vedrò mai più mio padre. O mia madre. Probabilmente il mio addio non sarà mai all'altezza della mia volontà. Ma posso far qualcosa per questo mondo...e se questo è tutto ciò che posso fare per difendere le persone che amo, allora così sia-
-Stupida umana, tu...- la schernì Vahael, ma la voce della sorella la interruppe bruscamente -Basta, Vahael- disse stanca Nahael, guardando verso la sorella con uno sguardo sinceramente preoccupato -...basta davvero...-
-Sorella, ma cosa ti prende? Ricordi i nostri piani...? Lei non merita di vivere, lei non merita di essere felice. Dobbiamo incatenare Lagharta a questo Lago, deve rimanere nostro per sempre, noi...-
-Noi non faremo niente di tutto ciò. Lagharta è libero di andare, se lo desidera- rispose Nahael, sorridendo amaramente -La tua maledizione non è mai esistita, Lagharta. Sei libero-

Libero.
Quella parola lo riportò indietro di tanti anni. Anni di quando era bambino e giocava con il fratello, ancora ignari di ciò che sarebbe successo.
Sorrisi innocenti e affetto sincero.
Fratelli.
-Non credo di aver capito bene, maestra...- disse Lagharta confuso, con voce stralunata -Libero...? Sono sotto l'effetto di una Panacea Notturna, o sbaglio...?-
Nahael sorrise, sbuffando -Panacea Notturna...è una brutta parola. Le Panacee Notturne sono maledizioni con un aspetto di miracoli. Noi non avremmo mai potuto fare una cosa del genere senza ucciderti. Era solo una...minaccia. Non sei mai stato legato qua-
-Come...?-
-Non sei mai stato legato qua- ribadì di nuovo, mentre le sorelle stesse la guardavano confuse -Sei sempre stato un uomo libero-

Lagharta ci pensò bene. Gli ci volle un attimo per collegare la frase con la realtà dei fatti, alla sua situazione.
Tutti gli anni in cui nella sua testa c'erano solo le sue maestre, il dover tornare al Lago. Gli allenamenti devastanti, le iniziezioni dei veleni...tutto quanto.
Scoppiò a ridere istericamente, buttandosi a terra con il volto tra le mani. Sconvolto.
Mahel lo guardava con uno sguardo rammaricato, quasi colpevole. E continuò a guardarlo anche quando iniziò ad urlare bestemmie ed improperi contro le Ninfe, lo sguardo cattivo -E quindi per tutti questi anni io sono stato legato ad una bugia? Un gioco...? Avete accusato Mahel di qualcosa che voi avete fatto in misura ben più grande. E perché, per puro divertimento? Cosa speravate di ottenere, tenendomi legato qua per sempre...?-
Mahel fu la prima a parlare, ancor prima della Ninfa -Nahael lo ha fatto per le sorelle. Perché tu eri loro necessario. Tu sei Lagharta...e lo sai cosa significa il tuo nome, vero...?-
Lagharta guardò verso Mahel. Poi guardò verso Nahael, che in quel momento sostenne lo sguardo e strinse Vahael a sé -Lo rifarei ancora-
-Che cazzo state dicendo...?- esordì al limite il guerriero, prendendo Mahel per il colletto della maglia e strattonandola forte, mentre Alvexia tentava inutilmente di mettersi in mezzo -C'è qualcosa che tu sai ed io no...? Che giochetto è mai questo, eh?-
-Semplicemente, se loro pronunciano il tuo nome io ne comprendo il significato. Non so se dipende dalla loro maledizione, o da cosa. Quando loro hanno pronunciato il mio nome, subito il mio cervello ha letto il mio nome come “speranza”. Il tuo invece significa...-
-So benissimo cosa significa il mio nome. Significa “distruzione”- rispose secco Lagharta, la voce rotta dalla rabbia -E adesso non venirmi a dire che...-
-No- lo interruppe lei, confusa -Il tuo nome non significa “distruzione”, assolutamente...- Mahel si voltò verso le Ninfe, Nahael abbassò subito lo sguardo, colpevole -Lagharta...le Ninfe non ti hanno mai detto che il tuo nome, in lingua antica...significa “salvezza”...?-

Una menzogna durata tutta una vita.
La Sibilla a volte confondeva i loro nomi, se lo ricordava bene. Chiamava Lagharta con il nome di Laherte e viceversa, pensava fosse normale perché si somigliavano moltissimo.
Anche se correvano diversi anni tra di loro, i loro volti erano identici.
Invece la Sibilla scuoteva la testa ridendo, dicendo che era la radice dei loro nomi a confonderla. Il loro significato era diverso ma la radice era la stessa.
Portatore di distruzione” era Lagharta.
Portatore di salvezza” era Laherte.
Così gli era stato insegnato e così era rimasto convinto per tutta la vita. Sapeva che era suo fratello ad essersi presentato alla Sibilla con quei nomi, uguali a quella della Leggenda. Sapeva di averlo sempre odiato, perché era un nome sventurato.
-Il mio nome significa...salvezza?-
Mahel annuì, guardando le Ninfe -Anche loro sono abbastanza antiche da potertelo confermare. Loro dovrebbero saperlo...- continuava a guardarle in cerca di una risposta -Perché lui è convinto del contrario...?-
Nahael fece un profondo sospiro. Ed i suoi occhi andarono a centinaia, migliaia di anni prima, durante la prima guerra.
Il dolore che aveva nascosto dentro di se...tornò a squarciarle il petto come una volta.

La guerra era dura...non c'era più cibo, o acqua potabile, a cui avessimo accesso.
Vahael aveva tredici anni, quando iniziò. Kahael solo sedici. Io ne avevo ventidue.
Nostra madre morì cercando di proteggerci dai soldati sotto il vessillo di Exitio. Noi eravamo fedeli alla chiesa di Vie, cercavamo rifugio nei Templi a lei dedicati, ma durante la guerra solo il grande Tempio rimase in piedi. A quel tempo non era così facile entrarvi, perciò fummo costrette a rifugiarci nelle case di contadini a lei devoti, o in grotte delle Semidee abbandonati.
Dopo una settimana di digiuno, Vahael venne colta da una febbre alta e da strane vesciche su tutto il corpo. Forse erano le scarse condizioni igeniche, o la fame. Ma stava morendo, ed io non potevo far niente per salvarla. Kahael aveva appena iniziato ad avere gli stessi sintomi, e neanche il mio corpo avrebbe retto a lungo.
Sentivamo da ovest provenire racconti macabri di demonesse dagli occhi rossi e di morti che camminano, mangiando le carni dei feriti e moribondi. Avevamo paura che sarebbero arrivati presto alle pianure, dalle montagne sulle quale imperversava la guerra.
Quando Vahael peggiorò al punto che iniziò a vomitare sangue, andai alla ricerca di cibo e acqua da qualcuno nelle vicinanze, senza successo.
Una lunga scia di morte aveva infestato le pianure, corpi in via di decomposizione e sangue rappresso avevano ormai riempito i prati che una volta abbondavano di primizie e cereali. Era la fine.
Trovai un tempio abbandonato della Semidea dell'Acqua. Vi erano brocche d'acqua e frutta ancora commestibile. E gioielli. Lasciai tutto ciò che non era cibo, pregai chiedendo clemenza e portai tutto alle mie sorelle.
Non so se furono le mie preghiere, o l'acqua benedetta o il cibo o chissà cos'altro...ma nel giro di due giorni entrambe guarirono da quella febbre maledetta. Ma erano ancora troppo deboli per riprendere il cammino e attorno a noi non vi era più un luogo sicuro.
Sentivamo i corni da guerra e i fumi neri della battaglia avvicinarsi. Dovevamo andarcene...ma era complicato.
Perciò tornai al Tempio abbandonato con le brocche ed i piatti ormai vuoti, nella speranza che una preghiera alla Semidea dell'Acqua ci avrebbe garantito almeno un po' di protezione.
E invece...
L'allora Semidea dell'Acqua capì che ero stata io a rubare le offerte e mi attaccò senza pietà. Mi ferì selvaggiamente e mi accusò di essere una ladra. Cercai di spiegare le mie motivazioni, ma era troppo furiosa. Mi spiegò che quelle erano offerte che lei aveva donato a Vie, che quindi io avevo rubato a Vie stessa.
Non posso spiegare il mio senso di colpa in quel momento...rubare le offerte della Dea che veneravo era il peggiore dei crimini. E mi spiegò quasi divertita che la guerra che si stava combattendo era inutile, visto che le Semidee erano devote a Vie.
Perciò, nonostante io cercassi di spiegarle che era solo per salvare le mie sorelle che avevo rubato...mi maledisse.
Mi rubò il cuore e lo trasformò in acqua, lasciando che bagnasse la terra di quel Tempio abbandonato. Iniziai a sentirmi male e a vomitare acqua, niente altro che acqua.
Mi disse che anche le mie sorelle sarebbero state maledette come me. Che saremmo morte dopo infinito dolore, quando il nostro stesso corpo non si fosse trasformato in acqua.
C'era un solo modo per salvare me stessa e le mie sorelle...avrei dovuto trovare un grande Lago in cui vivere per il resto della vita. Io e le mie sorelle avremmo dovuto vivere lì per l'eternità, senza conoscere mai la pace della morte.
Come Ninfe delle Acque, che senza le acque del Lago da cui prendono la vita evaporano e muoiono.
E così ho fatto.
Ho preso le mie sorelle ancora non colpite dalla maledizione e portate via. Percorso ettari ed ettari di strada, in salita su questa distesa montuosa, per arrivare questo Lago sacro, che si diceva comunicasse con il cielo stesso. Stupidamente speravo che avrei potuto pregare a squarcia gola così che Vie mi avrebbe sentito...ma mi sbagliavo.
Vie non ascoltò mai le mie preghiere. E nei secoli a venire, io e le mie sorelle abbiamo subito la mutazione che ci ha fatto diventare...esseri oscuri.
Non ho mai rimpianto, mai, neanche un'istante, di aver rubato per sfamare le mie sorelle, ormai morenti. Rimpiango di averle maledette a loro volta, visto che il mio desiderio era solo di salvarle.
Finita la guerra ho provato ad allontanarmi dalle acque del Lago...ma il mio corpo non resiste lontano dalle sue rive. Perciò ho letto...
Sono venuti migliaia di pellegrini in visita a questo Lago, viaggiatori, bardi, cavalieri. Ho sempre chiesto loro di raccontarmi gli esiti della Guerra, cosa succedeva al mondo esterno. Mi sono fatta regalare monili e libri e ho letto...fino a quando non ho letto le parole della Leggenda e ho capito che qualcosa, forse, in futuro, sarebbe potuto cambiare.
Avremmo potuto avere una nostra vendetta...grazie alle mani del “portatore di distruzione”...Laherte.
Ma poi, appena dopo un millennio dal nostro forzato esilio, arriva questo bambino. Un moccioso che piangeva sempre...insieme ad una vecchia, rugosa e brutta, a chiederci di allenarlo. Ci dice di chiamarsi Lagharta...fratello di Laherte. Colui che avrebbe distrutto il mondo.
Le parole della Leggenda mi accarezzarono le orecchie come niente altro prima di allora, Laherte era proprio il “portatore di distruzione” che io avevo tanto atteso. Era già nato e stava per portare il mondo alla distruzione. Forse addirittura distruggere Vie ed il mondo stesso.
Però quel bambino continuava a dire che era lui “distruzione”, così convinto...quella stupida vecchia che lo accompagnava probabilmente non sapeva tradurre dalla lingua antica, essendo la radice dei loro nomi uguali. Aveva cresciuto colui che avrebbe salvato il mondo come colui che lo avrebbe distrutto.
Per me non poteva che essere ancora meglio...non pensate?
Crescere e allevare il salvatore del mondo così che Vie avesse un debito, verso di me. Poterle chiedere di annullare una maledizione minore come quella di una Semidea. Tornare a vivere una vita normale, fino agli ultimi giorni, fino alla nostra meritata morte.
Eppure...eppure quel bambino assumeva sempre un'ombra scura, quando parlava del fratello. E la sua forma demoniaca prendeva forma...
Un bambino che crede di essere colui che distruggerà il mondo...crescerlo dicendo che a noi siamo le uniche persone, gli unici esseri, a cui non importa, modellarlo a mio piacimento. Fargli credere ciò che voglio, affinché segua esattamente i miei desideri e le mie disposizioni...credi che sarebbe stato altrettanto malleabile, se avesse saputo la verità...?
Ma ora non ha più importanza. Ormai lui sa. Che qualsiasi cosa succeda, lui salverà questo mondo. Con o senza di noi.
Perché così è scritto nella Leggenda.
Mi dispiace, ragazzo...ma dovevo fare in modo che tu salvassi le mie sorelle...

Lagharta rimase senza parole.
Lui avrebbe salvato il mondo. Lui era la salvezza, non la distruzione.
Aveva sempre creduto che i suoi unici alleati, in quel mondo che lo odiava, fossero le sue maestre. Ma la realtà è che se avesse detto ad alta voce il vero significato del suo nome, nessuno lo avrebbe più odiato...mai più! Avrebbe potuto vivere normalmente, insieme agli altri abitanti del villaggio...essere un eroe.
Guardò le Ninfe, Vahael e Kahael che guardavano la maggiore con riverenza. Capì cosa diceva la maggiore, ma la rabbia nel suo corpo non accennava a smettere.
Per tutta la vita era stato sotto una maledizione ben più grave della Panacea Notturna di cui credeva esser affetto. Era il suo nome, la sua vera maledizione.
Con questo anche la Leggenda...assumeva un altro significato. Poteva non morire nessuno...perché dipendeva da lui, la salvezza del mondo.
Poteva scegliere.
In un attimo tutto quanto si sgretolò.
Guardò Mahel e i suoi occhi si spensero per un istante.



***



Ci sono tante cose che vorrei dire. Ma non mi bastano le parole.
Devo fare qualcosa per farmi perdonare...perciò aggiorno alle cinque di mattina, dopo aver scritto quasi 3 ore filate.
Questo racconto, un giorno, diventerà qualcosa di speciale. Lo voglio far diventare qualcosa di speciale.
Perciò vi dico solo grazie. Perché chiunque mi legga, da ora in avanti, merita uno spazio eterno nel mio cuore.
  
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