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Autore: Haedeas    12/05/2016    1 recensioni
Il povero re dei Daoine Sidhe è annoiato. Cosa lo porta la noia? Ad avvicinarsi al villaggio dei contadini!
Ma, ahimè, proprio mentre corteggia una fanciulla sarà proprio questa a fargli una brutta sorpresa!
Genere: Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tanto tempo fa, nelle umide foreste dell’Irlanda, viveva un popolo che gli irlandesi chiamavano con il nome di Daoine Sidhe dopo che gli antichi li scacciarono sotto terra; difatti i Daoine Sidhe avevano un altro nome prima dell’arrivo degli umani: essi si chiamavano Tuatha de Danaan. Ed il loro re, il saggio e donnaiolo Finvarra, amava sfidare a scacchi tutti quegli uomini e quelle donne che avevano un’astuzia tale da arrivare fin lì.
Purtroppo gli umani che riuscivano a trovare quel posto erano davvero pochi, ed il povero re delle fate si annoiava molto spesso. Però, quando arrivavano le fresche serate estive, e il popolo irlandese si riuniva attorno ai falò per ballare fino all’alba, il re usciva dall’entroterra e si mascherava da uomo per mischiarsi tra i mortali e rapirne le belle fanciulle.
«Così non mi smaschereranno mai!» disse fra sé e sé il re delle fate. Appese alle sue orecchie una finta e lunga barba bianca ed in testa si infilò un largo cappello di campagna, affinché nessun umano, né uomo né bambino, potesse intravedere i suoi tratti fatati.
Quando Finvarra arrivò al villaggio più vicino al di fuori della foresta, trovò la scena che aveva immaginato. Perciò si avvicinò ad una quercia e le chiese il permesso di poter usufruire dei suoi rami per creare una scacchiera e le rispettive pedine di gioco.
«Oh mia forte e saggia quercia!» esordì il re delle fate, «Tu che sei immensa e forte, resistente e giusta come la Madre! Permettimi di staccare alcuni dei tuoi rami più forti e trasformarli nel gioco degli scacchi!»
La quercia, purtroppo, non si piegò innanzi alle lusinghe del re delle fate e così, offeso Finvarra si allontanò dall’albero per aspettare la pioggia estiva.
Si sedette sotto un salice piangente, e difeso dai suoi rami e dalle sue foglie, osservò la prima pioggia estiva nutrire il raccolto degli umani. Ma d’un tratto sentì alcuni singhiozzi, ed allarmato cominciò a guardarsi attorno.
Ah! Non c’era nessuno se non lo stesso salice, e proprio da lui il re si rese conto che provenivano i singhiozzi.
«Perché piangi, o dolce salice?» domandò il re delle fate. «Tu che tra tutti ascolti e nascondi e proteggi le creature dalla pioggia, dimmi cosa ti rende triste!»
Allorché il salice tirò su con il naso, e si sporse verso Finvarra.
«Oh, mio saggio e donnaiolo re dei Daoine Sidhe, ti ringrazio per l’attenzione e per la tua preoccupazione.» gli sorrise il salice. «Purtroppo nulla potrà colmare la mia tristezza, però per ringraziarti ti lascerò usufruire di alcuni dei miei rami più belli.»
Gaio, il re si alzò dalla radice dove sedeva, e cominciò a spezzare dei rami sufficienti per la creazione della scacchiera e dei rispettivi pezzi.
Una volta concluso il suo lavoro, lo mostrò al salice che gli diede la sua benedizione e dunque il re poté tornare al villaggio.
Quando arrivò, tutto era colorato. Era il giorno di Beltane, e ritardati dalla precedente pioggia, i contadini del villaggio si apprestavano a tagliare nove alberi diversi e ringraziarli per il falò, i fanciulli e le fanciulle si decoravano i vestiti per il ballo attorno al fuoco e le signore dei contadini a preparare squisiti pasti da consumarsi durante tutta la notte. Tutti erano affaccendati in qualcosa ed il re per un primo momento era sconsolato dal non trovare nessuno da poter sfidare a scacchi.
Una fanciulla che si ritrovò a passare accanto al re delle fate, per l’occasione appariva un anziano, si fermò e gli domandò se stesse bene.
«O saggio anziano, cosa vi turba così tanto? Oggi è la festa di Beltane, la primavera sboccia i fiori più belli e la Madre danza gravida del figlio tra tutti noi!» disse la ragazza.
Il re, affascinato dalla bellezza della giovane, le sorrise e tirò subito su col naso.
«Nessuno vuole sfidarmi al gioco degli scacchi! O bella e leggiadra fanciulla, giocheresti con questo povero e noioso vecchio?»
Impietosita, la ragazza acconsentì e così il re dellw fate la portò vicino al campo dove pascolavano le capre. Si sedettero per terra e, carezzandosi la barba, Finverra disse: «Non è bello giocare non scommettiamo un po’! Se vinco io, verrai con me; mentre, se vincessi tu, dovrò esaudire un tuo desiderio!»
La giovane, con le sopracciglia corrugate, si chinò in avanti per osservare meglio il viso dell’anziano. Le sembrava troppo sicuro su quello che le diceva, e solo le anziane sagge del villaggio, o i loro mariti, erano capaci di esaudire i più bei segreti dei contadini.
«Se mi concedete, vorrei, in caso io vincessi, di avere metà della sua magia affinché io possa usarla come e quando io voglia!» esclamò la ragazza, ed il re, incuriosito sul da farsi, assentì col capo e cominciò a sistemare le pedine sulla scacchiera.
E così il gioco ebbe inizio. Il re Finvarra concesse alla fanciulla di iniziare per prima, poiché era saggio e gentile.
In poco tempo mossero tutti i pezzi della scacchiera: a partire dal forte pedone fino al limitato cavallo, finché, come di consueto, Finvarra non fece scacco matto al re della fanciulla, vincendo al gioco.
«Ho vinto io!» esordì il re, felice e soddisfatto sul dubbio della fanciulla. «Ed ora dovrai venire con me!»
«È vero, avete vinto voi, anziano ma vorrei che mi concedesse la libertà di salutare i miei cari prima di andar via!» e quando il re delle fate acconsentì alla richiesta della fanciulla, la seguì fino alla sua dimora.
Non vi era nessuno, la casa era piccola ma accogliente. Tutto era in legno, ed il fuoco, ancora caldo ed acceso, riscaldava quella casa con il dolce odore della marmellata di arance nella pentola.
Però Finvarra non notò i genitori né alcun familiare della fanciulla. Indispettito, la seguì fino in cucina, dove la vide osservarlo con un pugno chiuso all’altezza dei seni.
«Cosa succede, mia leggiadra fanciulla?» domandò il re, con lo sguardo fisso sulla mano della ragazza.
Ella, però, senza rispondere gli lanciò addosso tutto lo zucchero che conteneva chiuso nella mano e ridendo, osservò il re delle fate attratto da esso fino a chinarsi per contare ogni chicco di zucchero presente sul pavimento di legno.
«Che tu sia maledetta! Costringere un anziano a contare lo zucchero per terra!» tuonò il re, senza però rivolgere alcuno sguardo alla ragazza.
«Avvenite! Avvenite, popolo del villaggio! Il re degli Daoine Sidhe è qui!»
Tutti i contadini del villaggio accorsero alla chiamata della fanciulla, e spogliando del travestimento l’anziano videro che le parole della ragazza erano vere.
Nonostante il re avesse vinto la partita a scacchi, non poté vincere contro un intero villaggio di contadini e contadine, e così venne costretto a far ritorno nell’entroterra dal quale era uscito per pura noia.
   
 
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