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Autore: Loop    10/04/2009    2 recensioni
Alla morte di Lilith, Stephan aveva abbandonato la vita per ritirarsi ai confini del mondo, seppellendosi in eterno sotto la neve degli Urali, in un antico castello dimenticato da Dio. E' Raushana a richiamarlo alla vita, mettendogli fra le braccia una bambina che sostiene essere la reincarnazione di Lilith, e l'unica speranza di salvezza per un popolo che ormai corre incontro alla sua fine. Ma è un essere umano, e i pericoli soffocano ogni strada: le minacce di una aristocrazia corrotta, l'incertezza di una vita che la fanciulla non ricorda, la paura cieca di perderla di nuovo, confondono e stremano lo spirito di Stephan. Ma il destino è irremovibile, e chi è morto non può tornare. Eppure, nella notte, le regole del mondo mostrano il loro rovescio, alterando la realtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lilium2

Capitolo Secondo




La notte in cui Cassandra finì i suoi giorni alla luce del sole, mentre Hansel le appoggiava con delicatezza la bocca al collo, ebbe una visione come era raro che le capitasse, tanto vivida e tanto sconvolgente che passò attraverso il sangue da lei ad Hansel, che si trovò scaraventato contro una parete, in preda alle convulsioni.
Quello che Cassandra vide fu il caos più assoluto, un nero tanto penetrante che affondava nelle ossa, e occhi rossi, invasati, e sangue cattivo, di Hansel e dei suoi simili, che istoriava pareti nere col suo rosso accecante, tanto violento che sembrava emanasse luce propria; sentì l'aria morirgli in gola, e cellula dopo cellula, sentì il suo organismo rigettare quella trasformazione che non poteva essere interrotta se non con la morte, fino a quando una luce, al centro dell'oscurità, squarciò il sangue, il dolore, squarciò quel caos di natura malata, e irrorandola di nuova vita, le concesse quella immortalità pura che lottava contro la sua umanità, semplicemente, armonizzando con se stessa.
Al centro di quella luce, bella come una santa, stava una donna vestita di bianco, con una aureola dorata a coronarle la testa, e i suoi occhi dolci, il sorriso rassicurante, scacciavano il caos come un morbo contagioso, lasciando solo una purezza commovente.
Si ritrovò in ginocchio, piangente, con le mani giunte come in preghiera, e così rimase per un tempo lunghissimo, fino a quando non si scosse per cercare con lo sguardo Hansel, ancora privo di coscienza, che giaceva nell'angolo del giardino dove aveva avuto luogo il rito.
Quando Cassandra vide per la prima volta Hansel, riconobbe nei suoi lineamenti il giovane pallido dai tratti delicati che tante volte, sin da bambina, era apparso nei suoi sogni.
Cassandra non aveva famiglia.
L'avevano trovata – gente caritatevole e semplice – sulla riva del mare, in una isoletta greca tanto piccola da non rientrare nelle carte geografiche.
Aveva forse pochi anni, e non parlava, passeggiava cantando una neina in una lingua sconosciuta a piedi nudi sulla sabbia, coperta appena da quello che poteva sembrare un peplo.
Ma era una visione così incantevole, quella creatura onirica, che un pastore si fermò ad ascoltarla, e con la gentilezza delle persone di buon cuore, la accolse nella sua casa fra i suoi figli e la moglie, che di femmine in tanti parti non ne aveva mai avute, e che subito si commosse all'idea che quella bambina scendesse dal paradiso, tanto limpidi erano i suoi occhi neri.
Cassandra la chiamarono, quando scoprirono che poteva vedere quello che gli uomini non possono vedere, e le insegnarono a leggere e a scrivere e le altre scarse nozioni che possedevano, fino a quando non fu lei a lasciarli, per andare incontro al suo avvenire.
Fu con dolore che si separò dalla gente che l'aveva amata, ma senza rimpianti abbracciò l'incertezza di un destino che la chiamava prepotentemente a sé, perché una cosa di cui Cassandra era certa, era che niente succede per caso.
Fu sulla strada per Alessandropoli che incontrò per la prima volta Hansel.
Si riconobbero nella notte, come si riconoscono soltanto le anime che si cercano attraverso i secoli, con un senso di smarrimento e di nostalgia, con rabbia e con rassegnazione per un qualcosa più grande di loro.
Hansel aveva i capelli quasi bianchi alla luce della luna, e il viso adolescente strideva con i suoi occhi antichi, stanchi, pregni di una malinconia che raccontava solitudine; si muoveva lentamente, con una grazia straniera agli abitanti di quella terra, e sembrava che la sua voce fosse il canto del vento tra le foglie.
Sparì come era arrivato, senza rumore, lasciando che Cassandra procedesse per il suo cammino, per tornare soltanto la primavera successiva, quando lei già viveva a Costantinopoli, e la gente la conosceva come una creatura saggia, fuori dal tempo, e a lei si rivolgeva quando soffriva e non riusciva ad affrontare i crucci, portandole in dono le offerte che si tributavano agli idoli, cibo, frutta, oro e oli profumati, che lei per educazione non rifiutava mai.
Poco dopo il tramonto, Hansel bussò alla sua porta senza inutili pretenziosità, chiedendole con garbo se volesse accompagnarlo per la città.
Costantinopoli, di notte, è un regno incantato che trascende qualsiasi dimensione; il profumo dei gelsomini, la dolcezza del vento, le luci dorate, donano alle strade un'aria sacrale che impone silenzio e rispetto.
Cassandra, cosciente a metà di cosa fosse la creatura che le camminava accanto, non osava parlare.
Hansel cercava nella sua mente le parole più dolci per dirle che cosa voleva, e che cosa avrebbe ottenuto ad ogni costo.
Poteva sentire l'anima di Cassandra espandersi come luce, e il suo calore denso che cercava di toccarlo; e una inebriante sensazione di familiarità, quasi di euforia gli annebbiava i sensi, impedendogli di mettere un piede davanti all'altro.
E la sensazione di averla cercata per tutta la vita, Cassandra, con i suoi occhi neri e la sua voce sensualmente graffiata, era tanto forte da abbattere ogni tentennamento, ogni paura, e ogni rimpianto.
Lei lo sapeva – come sempre, meglio di Hansel – che cosa sarebbe successo.
E sapeva anche che era inevitabile così come è inevitabile la morte.
Si fermò, e voltandosi incrociò i suoi occhi.
E porse il collo.


*


Hansel e Cassandra furono tra i primi ad arrivare per la cerimonia di debutto.
Trovarono il palazzo di Lancelot, quell'elegante miscuglio di stili architettonici e etnici, in perfetta armonia british, nel più elettrico fermento: un eccesso inaudito di fiori, panneggi in broccato, cristalli e argenteria assediava il salone centrale, dove la cerimonia avrebbe avuto luogo, e in perfetta sintonia con l'ambiente, Christian.
Nessuno dei due era cambiato, dalla prima volta che si erano visti, nessuno dei due era maturato abbastanza da dimenticare le vecchie divergenze.
Christian, che voleva essere il preferito di Marcus, e che per questo gli aveva strappato con le unghie quel brandello di felicità che gli era stata concessa.
Hansel, che lo aveva quasi ucciso, per ricompensare l'onore calpestato da un giovane presuntuoso, marchiandolo per sempre con la cicatrice dei suoi denti.
E infine Marcus, che si era visto costretto ad allontanare entrambi, per il bene di un Clan già incrinato dalle lotte interne.
In un momento tornarono vivi e pulsanti i ricordi della sua vita passata, prima dell'arrivo di Cassandra: Marcus che lo aveva creato, suggellando col suo sangue un legame indissolubile, Venezia, bella e incantata sotto la luce della luna turca, e l'incoscienza dionisiaca di anni sempre a metà fra il reale e l'irreale, dove tutto era odore e sensazione, e la vita stillava dalle sorgenti bionde dai colli nobili a fiotti lenti, tragici, di una bellezza sconvolgente.
Cassandra, accanto a lui, lo sentiva tremare.
E un fastidio leggero, inconfessabile, acuì la sensazione di estraneità a quel luogo, abituata com'era ai deserti orientali.
Con un gesto nervoso lasciò il braccio di Hansel, mentre Christian si voltava, sorridendo con tutta la dolcezza del suo viso perfetto.
“Hansel, fratello” E venendogli incontro lo abbracciò con foga, sincero e appassionato come era sempre stato nei suoi affetti.
In un certo qual modo, aveva sempre amato Hansel, al di là delle rivalità e delle incomprensioni: per tanti anni avevano convissuto insieme a Venezia, alla corte di Marcus, dove Hansel stesso lo aveva guidato attraverso quel mondo oscuro, per insegnargli a vivere, a sopravvivere, ed avevano condiviso l'intimità fatale delle notti di caccia.
Christian aveva sempre ricordato con un misto di dolcezza e invidia Hansel così come i secondogeniti guardano con ammirazione inconfessabile i fratelli maggiori, con il desiderio di guadagnarsene l'affetto e la tentazione di scavalcarli.
Con l'eleganza umana dei più giovani della loro specie, si sciolse dall'abbraccio per osservare Cassandra, per sorriderle fiducioso.
“Sorella.. gli anni accrescono la tua grazia.”
Lei lo abbracciò maternamente, lasciando che lui affondasse il naso nell'incavo del suo collo, per assorbire il suo profumo, l'odore di rose damascee della sua pelle.
“Caro Christian..”
Per un attimo sentì dissiparsi la sensazione di estraneità, e l'angoscia che le opprimeva l'anima dall'inizio del viaggio si acquietò un poco: non c'erano solo nemici, intorno a lei.
“La prossima notte ci sarà la cerimonia, Lancelot ha ordinato che tutto fosse pronto entro oggi. Immaginate il subbuglio che sta creando, tra fiori e mobilia, lo conoscete: l'ostentazione è la sua passione, senza non vive..”
“Immaginate quanto Stephan vedrà tutto questo?”
“E' proprio perché Stephan veda tutto questo, che Lancelot si sta impegnando a sradicare le rose di tutta l'Inghilterra.”
“E' molto irrispettoso, da parte sua.”
“Hansel, Stephan ci ha abbandonati di sua spontanea volontà. Non ha diritto di irritarsi se non seguiamo i suoi gusti.”
“La questione è molto più complicata di così.”
“Non c'è niente di complicato, nel fatto che non ha avuto la forza di guidarci quando ne avevamo più bisogno.”
“Non c'eri. Non sai come stanno le cose. E non dovresti pendere così scioccamente dalle labbra di Lancelot. Come hai detto tu, lui ama l'ostentazione.”
Christian s'incupì, ma non essendo nel suo temperamento dare troppo credito alle divergenze, sorrise nuovamente pochi attimi dopo, proponendosi come guida per far loro strada verso le stanze degli ospiti.
Li portò al piano di sopra lungo la scalinata in marmo rosa, altra ostentazione di dubbio gusto da parte del mecenate, e mostrò loro una stanza ampia, riccamente arredata, che avrebbero potuto occupare durante i festeggiamenti.
“Sono felice che siate arrivati.” Sorrise ancora Christian, con la dolcezza infantile dei suoi occhi, “Mi farebbe tanto piacere, che voi poteste rimanere qualche giorno qui.”
Hansel sorrise senza sbilanciarsi, salutando infine Christian e richiudendo la porta dietro di lui; gli costava fatica, non cedere a quei sorrisi fiduciosi, che per tanti anni si era sforzato – vanamente – di odiare.
La luce della luna illuminava il volto di Cassandra, che guardava con preoccupazione Hansel.
“C'è qualcosa che non va.”
“Non capisco..”
“E' nell'aria.”
Hansel chiuse gli occhi, come per mettersi in ascolto.
Una inquietudine leggera, come un velo trasparente, gli si era poggiato sulla mente, allertandone i sensi; sapeva che Cassandra non poteva sbagliarsi, ma il desiderio che questa fosse soltanto una rimpatriata per tutti, che fosse solo un modo di ritrovarsi dopo secoli di buio, gli impediva di valutare la situazione lucidamente.
Per un momento, il viso di Stephan gli passò sotto le palpebre, fulmineo e doloroso, per ricordargli tutta la sofferenza della separazione.
Mi ricorda? Si chiese scioccamente, per poi scacciare il pensiero così come era venuto.
Cassandra lo guardava ancora, seria, impassibile, come la statua di una Athena vergine, scrutando i suoi pensieri con circospezione.
“C'è qualcosa di preciso che senti?”
“Non saprei.”
“Potrebbe essere soltanto stanchezza?”
“No.”

Hansel sospirò, venendole incontro.
Le tese le braccia, ma lei non si mosse: lo guardò ancora, con tutta la forza dei suoi occhi scuri, sforzandosi di di riporre tutta la sua fiducia nei suoi sensi, come sempre aveva fatto e come sempre era stato provvidenziale.
Ma nel buio gli occhi di Hansel si erano fatti più bambini, più innocenti, e non c'era altro nelle sue iridi chiare che il desiderio di pace, di felicità.
Sospirò.
E, infine, sorrise con dolcezza.
“Aspetterai Stephan?”
“Con te, se non ti da noia farmi compagnia.”


*


Si erano messi in viaggio poco dopo il tramonto.
Raushana, con loro, aveva predisposto un viaggio lento, per potersi fermare di giorno, e perché Liliane non s'affaticasse.
Attraversarono l'antica Europa che Stephan aveva ormai dimenticato, rievocando quei luoghi dell'anima dove avevano vissuto, amato, dove si erano abbandonati a quella natura crudele che, in certi casi, sapeva ripagare della sventura d'esser relegati alle ombre.
Stephan non guardava mai fuori, limitandosi a fissare asetticamente la strada davanti a lui.
Raushana, accanto a Liliane, intratteneva la fanciulla con le storie del passato, quelle favole delle sue terre che erano tanto antiche quanto le mura di Babilonia, raccontandole delle gesta di Gilgamesh, degli dèi crudeli, delle regine bellissime, e dell'oro che era fonte di vita e di potere.
“Con il tempo, gli uomini si sono fatti volgari: prima era l'oro lucente il loro scopo, la gioia più grande per il loro cuore cupido, ora corrono dietro ai composti puzzolenti che fermentano sottoterra. Che non sia fosse l'ancestrale fascino del putridume, a spingerli così fortemente verso il petrolio.”
Liliane rise, come se tutto ciò non la toccasse: umana che fosse, non era mai appartenuta alla sua specie, e non sentiva nessun attaccamento a quelle creature lontane, quasi fantastiche.
Un tempo, Stephan aveva amato gli uomini, li aveva guardati con benevolenza, a volte si era adoperato per il loro bene.
Poi, la più grande disgrazia aveva incrinato il suo spirito, e gli uomini non erano stati più che una razza abbietta ai suoi occhi, animali provvisti di pollici opponibili votati alla distruzione, incapaci del benché minimo sentimento altro fra di loro.
Non li odiava: si limitava a disprezzarli, cercandoli qualora ci fosse da placare la sua fame.
Per questo, non aveva voluto che Liliane fosse inquinata da una razza tanto meschina; aveva lasciato che crescesse fra le creature del suo rango, che Raushana per prima si occupasse di quelle esigenze educative laddove lui non poteva agire, che Cassandra del Deserto le portasse la conoscenza e la saggezza, e che da lei imparasse quanto nella sua vita precedente aveva già acquisito e tramandato a sua volta proprio a queste creature.
Sin dal primo momento, l'avevano amata: per i suoi occhi, per il suo viso, per quelle fattezze così familiari, ma soprattutto per quella saggezza che dimorava nel suo spirito antico.
Stephan aveva voluto che fra i primi, potesse vederla Cassandra.
Fu da lei che attese quel verdetto che tanto avrebbe influito sulla sua vita.
Voltandosi un poco, diede uno sguardo a Liliane: come sempre vestita di bianco, le mani posate sul grembo, come una Vergine Maria in tutta la sua dolcezza di donna, riluceva di una bellezza antica, possente, e Stephan sentì una lacrima pungergli l'angolo dell'occhio, al ricordo di quelle medesime forme, in un era più antica, in un tempo che ormai era stato dimenticato.
















Ringraziamenti


Miss Gwen: Sono felicissima che la storia ti risulti appassionante, e soprattutto che i personaggi ti piacciano, perché io li adoro ^^ Mi raccomando, fammi sapere che ne pensi anche di questo, un bacio, ciao!




Treatsterischi: innanzitutto, scusami se ho sbagliato a scrivere il tuo nome, ma è uno scioglilingua ^^ ad ogni modo, ti ringrazio per il commento e per la solidarietà verso i brutali massacri al genere, che insomma, io non sono proprio appassionatissima, ma ho amato alla follia quasi tutta la prima saga della Rice, ed è principalmente per questo che sono accorsa gioiosamente anche all'arrivo di Twilight, la quale autrice è osannata come l'erede della cara Anne. Da chi, non chiedermelo, perché sto ancora cercando quell'idiota per pestarlo a sangue.
Comunque, ti confesso che l'idea della divisione in famiglie viene proprio da Underworld, che ok, non era questo gran capolavoro (no, decisamente non lo era), ma mi era piaciuta l'aria aristocratica dei vampiri.
Spero che continuerai a seguirmi, e a darmi buoni consigli magari ^^ ci tengo a sapere che ne pensi. Un bacio, ciao!
  
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