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Autore: Adeia Di Elferas    13/05/2016    1 recensioni
“Storia partecipante al contest “Quattro modi di vivere l’amore” indetto da MissChiara sul forum di EFP”. In queste quattro brevi storie si analizzano quattro diversi tipi di amore. Il titolo della raccolta richiama il modo in cui chi è amato si sente 'guardato' da chi lo ama. Non necessariamente questo modo particolare di essere 'visto' sottintende un amore passionale tra un uomo e una donna. A volte può trattarsi di un amore fraterno o anche di un amore platonico.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~ La Scimmiaccia stava attraversando uno dei corridoi della Shuei, più immersa che mai nei suoi pensieri.
 Non vedeva nemmeno quelli che le stavano passando accanto, né sentiva i loro discorsi, così infantili e insulsi.
 Da quando aveva visto per la prima volta il nobile Someya, nulla le era più sembrato come prima. Ogni altra cosa che non fosse il nobile Someya, per lei non aveva più alcuna importanza. Il mondo era diventato grigio, spento, inutile. L'unico colore, l'unico sapore era lui, il nobile Someya. Quando c'era lui, il grigio scompariva, la luce tornava prepotente e il vento ricominciava a profumare di fiori e libertà.
 Così la Scimmiaccia camminava a testa bassa, tenendo la borsa a tracolla, le mani strette attorno alla cinghia.
 Stava passando distrattamente davanti alla porta di un'aula, non avrebbe saputo bene dire quale, quando proprio da lì uscì l'unico uomo sulla faccia della terra in grado di suscitare il suo interesse.
 Il professor Someya restò immobile un istante, quel tanto che bastava per far capire alla Scimmiaccia che anche lui non le era indifferente. Non quanto volesse far credere al resto del mondo.
 Trattenendosi a stento, lottando contro la tentazione di fermarsi lì e di prendergli una mano, o almeno dirgli qualcosa, anche solo salutarlo, la Scimmiaccia riprese a camminare, il cuore in subbuglio e la mente confusa.

 La sera stava scendendo e presto la scuola sarebbe stata deserta.
 La Scimmiaccia aveva fatto tardi senza nemmeno accorgersene. Radunò in fretta tutte le sue cose, buttandole nella borsa alla rinfusa.
 Non le piaceva la scuola, quando restava vuota. Un ambiente tanto grande era spettrale, quando non c'era più dentro nessuno e fuori il sole tramontava.
 Quel pomeriggio, poi, il cielo si era annuvolato sempre più e ora la luce che filtrava dalle finestre era veramente poca. Se non fosse stato per gli ultimi neon rimasti accesi, la Shuei non sarebbe stata dissimile da una location per un film horror.
 La Scimmiaccia camminava rapida per i corridoi. Scese la prima rampa di scale quasi di corsa. Sapeva che qualcuno doveva ancora essere nell'edificio, ma potevano essere al massimo tre o quattro persone in tutto. La cosa le metteva i brividi. Anche se razionalmente sapeva di non dover temere nulla, il suo sesto senso la portava a temere di imbattersi in un fantasma da un momento all'altro.
 Quando finalmente fu al piano terra, si impose di non correre verso gli armadietti. Metteva un piede avanti all'altro con moderata rapidità, guardandosi in giro con aria circospetta e il cuore in gola.
 Un'ombra, all'angolo opposto del grande ingresso, attrasse la sua attenzione. Quasi decisa a gettare alle ortiche la studiata calma della sua andatura, la Scimmiaccia aumentò il ritmo del passo.
 Improvvisamente, appena fu sotto la luce del neon, l'ombra prese forma. Era il nobile Someya.
 Come sotto un incantesimo, la Scimmiaccia tornò a passeggiare con una lentezza esasperante e anche Someya fece altrettanto.
 Forse quella volta si sarebbero parlati. Praticamente erano soli. Era la loro occasione. Potevano parlarsi, dirsi tutto quello che nascondevano nel profondo della loro anima...
 Ormai Someya e la Scimmiaccia erano vicini, tanto vicini che in un paio di passi si sarebbero trovati esattamente l'uno di fronte all'altra.
 “Ehi, Someya! Ancora qui?!” la voce di un professore che la Scimmiaccia non conosce, le risuono alle spalle.
 Someya distolse lo sguardo da lei e si rivolse al collega: “Già! Giornataccia...”
 “Già che sei qui, vieni un momento che devo farti vedere una cosa...” fece il collega di Someya, agitando un registro.
 “Arrivo.” annuì Someya, rimettendosi a camminare.
 Anche la Scimmiaccia ricominciò a fare un passo dopo l'altro. Non si era accorta di essersi fermata.
 Quando furono alla stessa altezza, Someya allargò impercettibilmente le dita di una mano e così fece anche la Scimmiaccia. Si sfiorarono appena, per la frazione di un secondo, per messo battito di cuore.
 La Scimmiaccia era senza fiato, avrebbe voluto afferrarlo, per quelle dita, e tirarlo a sé e baciarlo, anche con un altro che li guardava. Ma non lo fece.
 Someya raggiunse il suo collega e, appena prima di dedicare la sua attenzione a lui, lanciò un'occhiata di sguincio alla Scimmiaccia, che stava raggiungendo gli armadietti a passo di marcia.
 Quando le aveva sfiorato la mano con le punte delle dita, il suo cuore aveva perso un colpo, il suo stomaco si era contratto e la sua gola si era chiusa. Possibile che una ragazza come lei avesse un tale potere su un uomo come lui?
 Quando fu agli armadietti, la Scimmiaccia si voltò appena, con discrezione, appena in tempo per vedere il nobile Someya seguire il suo collega in una delle aule.
 Mentre si cambiava le scarpe, la Scimmiaccia non faceva altro che ripensare al calore della pelle di lui sulle sue dita. Quel gesto, così piccolo e innocente, le aveva scatenato una tempesta.
 Il nobile Someya per lei era una condanna e una gioia al tempo stesso, era una crudeltà e una dolcezza, era il suo destino.
 “Un segno che non passa mai...” sussurrò tra sé, mentre andava all'uscita, stringendo il pugno, come a voler tenere stretta a sé ancor di più quella straordinaria sensazione.

   
 
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