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Autore: rihal    13/05/2016    2 recensioni
Bella ed Edward sono fidanzati, e vivono a Phoenix. Dopo sette mesi di convivenza, Edward porta la ragazza a conoscere i suoi genitori a Forks; per sei settimane saranno ospiti dalla famiglia, ma quei giorni saranno infernali per Bella.
Cosa succede quando si ritroverà a mettere in discussione il rapporto con Edward? Cosa succede quando ti scopri attratta dal futuro suocero?
Avevo conosciuto lui, e la mia vita era cambiata: tutte le convinzioni radicate nel mio essere erano crollate, riviste con un’ottica nuova, una prospettiva a cui non ero pronta. Lui mi aveva fatto scoprire cosa volesse amare, farlo intensamente, riversando tutti i sentimenti che il mio cuore potesse contenere.
Ero folle, era folle, ma non poteva essere altrimenti.
Pensavo di essere innamorata di Edward, ma mi sbagliavo.
Mi ero innamorata di suo padre.

CRACK PAIRING; WHAT IF; TUTTI UMANI.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Carlisle/Esme
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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C’erano giorni in cui desideravo estraniarmi dal mondo.

C’erano momenti in cui pregavo, sperando che la vita vissuta finora potesse essere solo uno stupido scherzo del destino. Qualcuno o qualcosa di indefinito doveva essersi preso gioco di me, delle mie facoltà mentali, della razionalità a cui ero tanto aggrappata.

Sono cresciuta con una famiglia spaccata a metà: dopo avermi messa al mondo, i miei genitori si separarono, rendendosi conto che gli attuali compagni erano i più adatti al loro stile di vita. Una sorta di amore al secondo tentativo.

Seppur circondata da quella situazione, mia madre mi fece crescere con l’ideale del principe azzurro, della persona da amare per tutta la vita.

Credevo fosse così: credevo di aver trovato l’agognato principe, colui al quale sarei rimasta accanto con un “per sempre” tipico delle favole.

Non volevo fare la fine dei miei genitori, sprecando un’unione per aprire gli occhi; scioccamente, non mi ero sottratta a quell’errore, a quella promessa che stavo bellamente infrangendo.

Pensavo di essere innamorata di Edward; bravo ragazzo, bello, un ottimo partito.

Ma mi sbagliavo.

Avevo conosciuto lui, e la mia vita era cambiata: tutte le convinzioni radicate nel mio essere erano crollate, riviste con un’ottica nuova, una prospettiva a cui non ero pronta. Lui mi aveva fatto scoprire cosa volesse amare, farlo intensamente, riversando tutti i sentimenti che il mio cuore potesse contenere.

Ero folle, era folle, ma non poteva essere altrimenti.

Pensavo di essere innamorata di Edward, ma mi sbagliavo.

Mi ero innamorata di suo padre.

 

 

 1. Piacere, signori Cullen!

 

La mia valigia è pronta e chiusa ermeticamente.

La osservo con emozione mista a paura; lo ammetto, me la sto facendo sotto, è il mio primo viaggio in aereo e non so cosa mi aspetta.

Tra poco conoscerò i genitori di Edward: li ho visti solo in foto e sentiti al telefono, e sono una gran bella coppia; Esme è una maestra di scuola elementare che dirige anche la struttura stessa; Carlisle è un primario di chirurgia. Entrambi dai nomi sicuramente raffinati, sono ansiosi di conoscermi.

Così ha detto Edward; mi spaventa relazionarmi con persone che non ho mai incontrato, ma per il mio ragazzo supererò anche questo ostacolo. Sempre se da quell’aereo ne uscirò viva.

Edward minimizza da giorni su questo tarlo, ma sa che sono un tipo pensieroso, e se qualcosa può spaventare, su di me farà effetto immediatamente.

“Tesoro! Non trovo il mio kit da barbiere!”

È il tipo più ordinato e precisino che conosca; quel kit da barbiere ho sempre cercato di buttarglielo via, ma il signorino ha insistito e si è impuntato nel farmelo tenere. Sono curiosa di vederlo con la barba incolta, a lui starebbe bene visto che sarebbe bionda.

“In bagno!” urlo sbuffando. Si è ricordato di quel kit, diamine!

“Dove?”

Se è precisino, allo stesso tempo ci mette anni a trovare le cose.

Lo raggiungo, aprendo l’armadietto sopra il lavabo e mostrandogli sul ripiano più in alto un astuccio trasparente.

“Eccolo lì!” esclama, prendendolo e dandomi un bacio al volo. Lo mette nella sua valigia, inserendo le ultime cose che ha sopra il divano; computer, carica batterie del portatile, libri di anatomia e un paio di magliette a maniche corte bianche, che usa per la notte.

“Tre ore!” annuncia lui, e l’ansia comincia ad aumentare. Tra tre ore prenderemo quel maledettaccio aereo, ma non so quanto durerà il viaggio, né lo voglio scoprire. Meno cose so, meglio sto.

Do un’ultima occhiata alla cucina, controllando che il gas sia spento e che tutto sia al suo posto; sei settimane di viaggio saranno dure da gestire, non mi sono mai allontanata troppo da Phoenix.

Edward ed io stiamo insieme da quasi due anni, ma non abbiamo mai avuto occasione di passare del tempo con la sua famiglia; come il padre si sta specializzato nell’ambito della medicina, e ha svolto il tirocinio qui in città durante i primi tre anni della laurea; per questo ci siamo conosciuti. Ebbi un capogiro un pomeriggio e lui era di turno al primo soccorso; mi aiutò e mi piacque sin dal primo istante, anche se la pressione era bassissima e potevo incorrere in un miraggio.

Dopo due settimane ci siamo incontrati per caso in una caffetteria vicino l’ospedale, e non credevo potesse riconoscermi. Per ringraziarlo prendemmo un caffè e da lì la nostra storia ha preso il via; nel giro di sette mesi siamo andati a convivere in un delizioso appartamento.

Spesso mi parla di Forks, il suo paese natale, dove abitano i suoi genitori e sua sorella minore; lei ha diciotto anni, mentre Edward ne ha venticinque. So che i loro genitori lo hanno avuti quando erano adolescenti; Carlisle aveva diciassette anni come sua moglie Esme, facendo due rapidi calcoli ora ne hanno quarantadue, mese più mese meno. Come siano riusciti ad intraprendere quei lavori rimane tuttora un mistero, perché studiare con dei figli a carico non deve essere facile, oltre che dispendioso; Ed però mi spiegò che aveva vinto una borsa di studio per l’università, che copriva buona fetta delle rette, perciò poté studiare e laurearsi a poche spese.

Io sono un po’ più grande del mio ragazzo, di ben due anni. Inizialmente ero scettica per questa differenza d’età, ma col tempo mi sono abituata, e considero intrigante questo scarto tra noi; è ciò che dà alla nostra relazione un input in più.

“Edward, vuoi un panino prima di partire?” gli chiedo, la fame sta salendo per il nervosismo.

Lui nega, e decido di prepararne uno per me; so che me ne pentirò, avrò lo stomaco sottosopra e mangiare è l’ultima cosa consigliabile, ma è l’unico modo per allentare lo stress che conosco.

Ovviamente ce ne sarebbe un altro, ma rischieremmo di perdere l’aereo.

Guardo fuori, il piccolo giardino di cui mi prendo cura; spero che i vicini si ricordino di abbeverare le mie piante. Ho il forte sospetto che se ne dimenticheranno, ma lo faranno senza innocenza; sono due fratelli sulla cinquantina burberi e spilorci, e se domandi loro un favore te lo fanno pesare sulla coscienza come se avessi arretrati di affitto da pagare. Fortunatamente non sono loro i proprietari del nostro immobile, altrimenti vivrei in un eterno inferno sulla terra. Attacco briga di frequente con quei due, Edward ha un animo più pacato e cordiale, preferisce non affrontare certi argomenti; io alla minima situazione scatto senza controllo, sono troppo irosa.

Dovrei calmarmi un po’ di più, ma con quelle palle di lardo proprio non riesco e non voglio quietarmi. Non che siano in sovrappeso, ma è uno dei tanti nomignoli dispregiativi che amo affibbiargli nel mio tempo libero.

Cerco di respirare correttamente, ma non ricordo come si faccia. Sento il cuore che batte all’impazzata al contare le ore che mi separano dal volo. Edward mi comunica che è ora di metterci in macchina, anche se l’aeroporto è vicino vuole arrivare in anticipo, per essere sicuro di fare il check-in in tutta tranquillità.

Mi viene incontro, abbracciandomi e sussurrando parole dolci per tranquillizzarmi; mi sento una vera fifona.

“Mi stringerai la mano al decollo?”

“Certo Bella, sai che farò qualsiasi cosa per metterti a tuo agio.”

Ecco perché lo amo. Sa quali sono i miei punti deboli, le mie insicurezze, e sa esattamente cosa fare per tirar fuori il mio lato più coraggioso.

Mentre carica i bagagli in auto, guardo casa nostra un’ultima volta: la camera da letto, il bagno piccolo ma confortevole, la zona living e la cucina. Mi mancherà questo porto sicuro, ma allo stesso tempo sono curiosa della prospettiva di conoscere i suoi genitori, di visitare una nuova cittadina e incontrare i suoi amici.

Qui lui ha conosciuto tutti: il mio fratellastro Jacob, adottato quando aveva due anni, ora è un mostro del basket all’università; i miei genitori, zia Sue con i miei cugini Leah e Seth, Jessica ed Angela, le mie più strette compagne del liceo… Qui chiunque lo adora, e spero a Forks di poter essere di gradimento anche alla sua cerchia.

Salgo in auto, direzione aeroporto. Lui cerca di fare conversazione, io provo a regolare il mio respiro.

Aiuto, ho bisogno di aiuto!

“Come sono i tuoi amici?” domando, un po’ per sviare le mie paure, un po’ per tastare il terreno.

“Beh, simpatici…” la sua risposta non placa la mia sete di curiosità. Anzi, è così generica da aumentarla.

“Sì, ma come sono? Che tipi sono?”

Edward assume un’espressione pensierosa.

“Beh… Spassosi, e semplici. Hai paura che possano giudicarti?”

Forse devo smetterla di farmi così tante paranoie; ormai lui le conosce come le sue tasche.

“No, no, voglio solo sapere con chi avrò a che fare. Tutto qui.”

Cerco di mettermi sulla difensiva, ma lui non molla. Ha compreso perfettamente, e cerca di incalzarmi con le sue solite accuse.

“Sei troppo ansiosa, dovresti rilassarti…”

Rilassarmi… lo appunterò, nel mio quadernetto che si chiama non mi sei di aiuto. Come posso calmarmi se sto andando in un altro stato, in una famiglia che non ho mai incontrato, in mezzo a persone sconosciute con i miei cari a centinaia e centinaia di miglia?
Perché non considera anche questo punto di vista? È così facile per lui parlare, è abituato a stare lontano da casa per lunghi periodi. Sa benissimo che nel mio caso è la prima volta che compio un viaggio dal tragitto così lungo, e forse dovrebbe considerare di più il mio umore.

“Potresti venirmi incontro, Ed. Sai che faccio fatica a relazionarmi con la gente.”

“Hai quasi trent’anni Bella. Non puoi essere sempre così pessimista.”

Eccolo lì. Quando non sa cosa dire usa la scusa dell’età; sei più vicina ai trenta, Bella… Odio quando dice così, quando rimarca puntigliosamente la nostra differenza, e lo fa in virtù delle sue esperienze di vita, perché lui ha lasciato casa dei suoi a vent’anni eccetera, eccetera.

“Perdonami, mister perfezione. Non intendevo disturbare il suo ego.”
Assumo un cipiglio arrabbiato, cosa che sono ai massimi termini. È vero, non sarò particolarmente audace come lui, ma se ha scelto me ci sarà un motivo. O forse ero la prima di passaggio?

“Bella…” il suo sospiro accresce il mio stato d’ira. Mi volto verso il finestrino, i negozi e le strade di Phoenix scorrono salutandomi. Non rispondo ad Edward, fino a che non giungiamo in aeroporto, nel mentre mi preparo a dire un amarissimo arrivederci alla mia meravigliosa Arizona.

 

********

Stiamo atterrando nella penisola di Olimpia. Guardo fuori dal finestrino, stringendo i braccioli del sedile come se fossero il mio salvagente. Quando siamo partiti Edward è stato di parola, come se quel battibecco in auto non fosse mai avvenuto. Ero grata del suo aiuto, ma mi sentivo – e mi sento- ancora in ansia per queste sei settimane. Il paesaggio è completamente differente da dove vivo, freddo, uggioso, quasi spettrale.

Non posso però non soffermarmi sulla bellezza di questi paesaggi: i boschi sono fitti e pieni di arbusti delle più disparate specie, le montagne si ergono all’orizzonte con le loro cime innevate, e anche se non è il caldo clima a cui sono abituata, devo dire che questo posto è puro spettacolo per gli occhi.

Mi sono ricreduta, vero: mi volto verso il mio ragazzo, sorridendo. Vedo che lui è felice di essere a casa, e allora cerco di tenere quella conversazione alle spalle, guardando quanto mi ispiri tenerezza vedendolo così allegro. Gli stampo un bacio sulla guancia, poi l’aereo fa un leggero sobbalzo, tanto basta a spaventarmi a morte.

“Non te lo aspettavi, eh?” mi chiede divertito, e mi scompiglia i capelli. Io quasi soffoco con la cintura allacciata, e lo fisso truce.

“Questi aggeggi sono diabolici.”

“Quando arriveremo a casa ti preparerò una tazza di tè caldo.”

Adoro il tè caldo! Mi rilassa totalmente, e ne bevo litri e litri ogni giorno.

L’aereo atterra, e vedo il mio ragazzo sprizzare di energia in tutti i sensi; quasi si toglie la cintura con anticipo, è impaziente di scendere. L’ho visto poche volte così raggiante, e ha contagiato anche me.

Non potrebbe andare peggio di così, questa giornata sta prendendo una piega piacevole!

È quasi sera, il fuso orario è di un’ora indietro; sono le sei, e fortunatamente siamo arrivati in orario di cena. Il mio stomaco è abbastanza chiuso, ma so che davanti alle prelibatezze della signora Cullen magicamente la fame tornerà.

Parole di Edward, ovviamente. Gli credo, essendo una buona forchetta è difficile che mi tiri indietro quando so che mangerò qualcosa di buono!

Possiamo toglierci le cinture; ci alziamo entrambi, prendendo la borsa che avevo messo sul cruscotto sopra i nostri sedili. Le valigie le recupereremo quando saremo scesi; spero che nessuno si porti via la mia, ci ho messo così tanto a prepararla!
“Sono così impaziente!” sembra che Ed sia punto dagli spilli; saltella ovunque come un canguro. Cerco di tranquillizzarlo, l’aria di casa lo sta mandando in tilt!

Percorriamo il corridoio, Edward cerca di aguzzare la vista per vedere i genitori; intravede il padre, una chioma castano chiaro che spicca tra gli altri in altezza. Lui alza il braccio, e subito si lanciano letteralmente incontro.

“Figliolo!” esclama l’uomo, dandogli un abbraccio poderoso. Poco dopo è il turno della signora Cullen, io sono ancora sotto shock per aver volato in aereo!

Avanzo timidamente, cercando di non guastare quel quadretto familiare. Li osservo dal vivo: Esme è minuta e piccolina di statura, ma è molto bella: i suoi capelli chiari cadono in dolci boccoli sulle spalle, e ha un modo di fare pacato e gentile.

Poi vedo Carlisle; è davvero affascinante. La foto non gli rende giustizia; sembra di vedere Edward tra vent’anni. Posato, composto, elegante, è un personaggio che subito mi conquista; incede verso di me, un sorriso illumina il suo volto, risaltandone i lineamenti tipicamente adulti.

“Isabella, è un vero piacere conoscerti!” mi stringe la mano, e la sua stretta è ben vigorosa. Mormoro un “piacere” a bassa voce, quelle movenze mi hanno letteralmente rapita; è come se fosse un uomo di altri tempi.

“Bella, lei è Esme!” la voce di Ed mi riporta nella realtà. La donna è amichevole, e mi abbraccia subito, come se già fossi di famiglia.

“Mio figlio ci ha parlato tanto di te! Ed ora posso conoscerti dal vivo, non solo sentire la tua voce!” tutte le volte che la salutavo al telefono non posso contarle come conoscere i suoi.

“È un vero piacere conoscervi, grazie per la vostra ospitalità!”

“Figurati, siamo contenti di averti tra noi per qualche settimana. Sarà fantastico!”

E poi realizzo.

Starò sotto lo stesso tetto con il signor Cullen, colui che al momento sta deliberatamente scombussolando il mio duodeno; anche lui esprime la felicità nell’averci tra loro, e so che la mia è stata una semplice reazione ormonale davanti ad un uomo di indubbio fascino.

Insomma Bells: hai Edward, ti ama e vive con te! Cosa può andare storto?

Prendiamo le valigie, allontanandoci dall’aeroporto e salendo nella jeep di suo padre.

In silenzio guardo il panorama, mentre lascio che il mio ragazzo e sua madre si aggiornino sulle ultime cose. Di sottecchi, lancio qualche occhiata a Cullen senior, e mi accorgo con imbarazzo che una di queste occhiate è ricambiata, grazie allo specchietto centrale.

Sto delirando; sarà il volo che mi sta dando allucinazioni.

E se fosse così? E se davvero mi avesse guardata?
Non posso abbandonarmi a dubbi adolescenziali; quell’età è passata da un bel pezzo.

Sei settimane; devo resistere sei settimane, non devo fare congetture o ipotesi fantascientifiche: è sposato, diamine!

Se prima non poteva andare peggio, ora ho cambiato idea.

Il peggio è iniziato adesso.

 

 

 

Lo so, lo so! Ho altre due storie all’appello, ma questa idea ronzava da tempo; colpa di una canzone, che mi ha fatto pensare ad una possibile what if.
So che il pairing è inusuale, anzi, magari solleverà qualche polemica; ma io amo sperimentare, e prendete questa storia per quello che è, un mero esperimento di una mente che sogna troppo invece di studiare.
Il prologo ha un tempo verbale differente dal capitolo; la storia sarà narrata in prima persona esclusivamente da Bella, al presente, in modo tale che tutti possiamo avere un unico punto di vista, e scoprire pezzo dopo pezzo come andrà a finire. È voluta questa differenziazione dei tempi verbali, quindi no, non è un errore di distrazione!
Per Carlisle, non vorrei mantenere quel biondo platinato che aveva nella saga; l’attore mi ispira di più come appare in “Supergirl” (dateci un occhio, castano è molto meglio!)
Che dire, dopo questo primo capitolo di apertura, spero che questa storia possa piacervi ed incuriosirvi. Aspetto vostre notizie, anche se non la gradite.
Alla prossima!
Anna
   
 
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