L’oscurità
della mia cabina è la prima cosa su cui si imbattono i miei
occhi, dopo che la
tua immagine è stata inghiottita dalle profondità
della nave. Ti ho sognata di
nuovo, forse sto diventando pazzo. Sicuramente ne è un segno
il fatto che stia parlando
con un fantasma che esiste solo nella mia testa, forse
perché mi sei stata
strappata così bruscamente che non ho avuto il tempo di
accorgermene. O forse
perché eri l’unica persona che mi era rimasta e ho
paura di restare
completamente solo con me stesso. Il capitano Flint non ha paura di
niente, è
temuto da tutti, rispettato, inarrestabile, ma James… James
non lo conosce più
nessuno, non c’è più nessuno a
chiamarmi così. Non so nemmeno se esista ancora,
probabilmente è morto anche lui in quel maledetto pavimento
a Charles Town, anche
se a volte si azzarda ad emergere per un istante; è un
attimo, poi se ne va
come quel ricercato di nome Flint di cui mi raccontava mio nonno. Che
paradosso, credevo fosse Flint ad essere provvisorio, invece
è finita che lui è
rimasto e James è svanito nel nulla, come svanisci tu nei
miei sogni.
Era
quasi giunto il momento: eravamo a un passo dalla libertà.
Nassau era a un
passo dalla libertà, senza più paura che
l’Inghilterra arrivasse da un momento
all’altro e radesse al suolo tutto ciò che era
stato costruito con fatica in
questi anni. Stava per realizzarsi quello che Thomas aveva voluto, per
cui
aveva lottato e che gli era costato la vita, il suo testamento
spirituale che
spettava a noi portare avanti.
Non
c’è vita qui, non
c’è gioia, non c’è amore!,
mi avevi gridato quel giorno e
avevi ragione, l’ho sempre saputo. Non era posto per te,
Nassau, eppure ci sei
rimasta per anni, come Penelope hai pazientemente aspettato ogni volta
che
tornassi a casa, che tornassi da te come un naufrago abbattuto dalla
tempesta e
dai flutti del mare. Ed eri lì, pronta a curare le mie
ferite e ad ascoltare i
miei silenzi, senza chiedere niente in cambio se non la promessa, la speranza di una vita migliore. Riuscivo
a vederla quella vita migliore, Miranda: saremmo andati
nell’entroterra e ci
sarebbe stata vita, gioia, amore; io avrei smesso queste luride vesti
da
capitano Flint e sarei tornato ad essere James McGraw, un nome e
un’identità
che avevo sepolto da tempo. Sai- certamente lo sapresti già,
per via di quella
tua sete insaziabile di conoscenza che scovavi in qualsiasi libro ti
capitasse
per le mani- nel mito di Odisseo si racconta che, nel suo viaggio di
ritorno ad
Itaca, sia stato visitato da uno spirito. Lo spirito gli dice che, una
volta
ritornato a casa, una volta che ha ucciso i suoi nemici e sistemato gli
affari
della casa, deve fare un’ultima cosa prima di potersi
fermare. Dice che deve
prendere un remo e camminare nell’entroterra e continuare a
camminare finché
qualcuno non scambia il remo per una pala. Perciò quello
sarebbe stato un posto
dove nessuno è mai stato travagliato dal mare, e
lì è dove avrebbe trovato la
pace. ¹ La pace, la pace… Sembra una parola
così lontana, così estranea,
adesso, così insensata. Ho osato, abbiamo
osato sperare di poterla trovare, ma era un miraggio che si
è portata via
la corrente nel momento in cui mi sono lasciato alle spalle la
città in preda
alle fiamme e, con lei, il tuo corpo esposto e martoriato.
Non
avrei dovuto permettere che accadesse, ma una cosa l’ho
fatta: ho bruciato
quell’intera dannata città e ho visto la faccia di
Peter Ashe mentre gli
conficcavo un pugnale nel petto, oh sì, ho visto quel
bastardo stare a guardare
mentre tutto ciò su cui aveva investito veniva divorato
dalle fiamme e
dall’odio, come ti eri augurata nelle tue ultime parole. Ma
questo non è
bastato a placare la mia sete di vendetta: avevi ragione anche in
questo quando
dicevi che combatto per ignorare e dimenticare i mostri che mi
tormentano. Lo
fanno anche adesso e mi tengono sveglio; mi chiedo se smetteranno mai
finché
avrò vita. Avrei dovuto chiederti scusa per come ti ho
trattata a volte, perché
non lo meritavi, Miranda. Miranda, ho sempre associato il tuo nome al personaggio de La tempesta di
Shakespeare, nonostante foste diametralmente opposte. Ricordava lei,
piuttosto,
Abigail Ashe, con la sua innocenza e purezza, ma questo di te era vero:
se
avessi avuto il potere di un dio avresti sommerso il mare entro la
terra prima
che esso avesse inghiottito la bella nave con tutto il carico delle
creature
che conteneva.²
Fra
poco sarà l’alba e io dovrò ritornare
ai miei doveri di capitano, indossare la
giacca e sfogare la ferocia che mi divora, ormai mia fedele compagna
giornaliera. Ma adesso è ancora notte e posso permettermi,
anche se per poco,
di cedere al canto delle sirene che mi attirano a loro, posso
permettermi di
seguire la tua ombra e di fingere che sia reale. Prima che sia mattina
devo
fare un’ultima cosa: mi alzo dal giaciglio che è
il mio letto e mi dirigo verso
la libreria. Scorro con le dita fra le tante copertine di cuoio e mi
soffermo
su di una in particolare, la estraggo; poi, cercando di fare piano per
non
svegliare gli altri (a volte penso che Silver sia talmente scaltro che
finga di
dormire, ma in realtà vigili su ogni minimo rumore, anche se
è un pensiero
assurdo), esco e mi fermo sul ponte della nave. L’acqua
è calma, si sente il
lento e cullante sciabordio delle onde: sembra che stia in silenzio per
ascoltare. Mi rigiro il libro tra le mani, accarezzo la sua copertina
rossa
un’ultima volta e lo getto in mare.
Adesso
puoi andare, Miranda. Ti ho portato anche stavolta un libro, il mio
ultimo
dono, che siano le onde a fartelo pervenire. Addio, penso mentre guardo
la mia
copia de L’Odissea
scivolare via
piano piano e con essa l’ultima fiammella di James McGraw e
di pace. Che il
vento ti sia propizio e il mare una dolce superficie su cui riposare
per
sempre, finalmente libera.
Il
cielo si sta lentamente rischiarando e il libro si sta allontanando
sempre di
più dalla mia visuale. È tempo di tornare,
constato: mi reco di nuovo verso la
porta della cabina, afferro la mia giacca nera dalla sedia dello
scrittoio e la
indosso. Per sempre, stavolta.
¹
citazione riportata quasi fedelmente del discorso di Flint a Eleanor
nella
prima stagione.
²
citazione da La tempesta di Shakespeare, battuta di Miranda.
Il titolo è l'ultimo verso
del canto XXVI della Divina
Commedia, il canto di Ulisse. Non perché sia d'accordo nel
collocare
quest'ultimo all'Inferno (anzi), ma mi è sembrato
particolarmente calzante: con
la morte di Miranda è come se Flint stesso si sia avviato
verso l'Inferno
e ho immaginato appunto che il mare si sia richiuso
sopra di loro,
insieme a ogni speranza di pace. Tutti i riferimenti
letterari sono
un accenno alla grande cultura di entrambi, spesso mostrata dalla serie
con il
loro amore per i libri.
Ho scritto questa One-Shot di getto,
amo alla follia Flint
e ho amato Miranda dal primo istante in cui l'ho vista; visto che non
ci sono
molte storie su di loro ho cercato di immedesimarmi nel nostro capitano
e di
dar voce ai suoi tormenti nel miglior modo possibile, per
quanto lui sia
un personaggio complicatissimo... Spero che possa comunicarvi
qualcosa e
che possiate immergervi, anche solo per un secondo, nei pensieri di
James.