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Autore: charliespoems    15/05/2016    5 recensioni
Il dolore e l’odio di Sasuke erano troppi per essere contenuti in quell’esile corpo. Lo spirito combattivo di Naruto, invece, gli lacerava l’anima. Tutte quelle emozioni erano esagerate anche per loro, quelli che sarebbe dovuti diventare gli eroi, ma che morirono da tali, uccidendosi a vicenda.
In una pozza di amore e sangue, con le parole non dette sulle labbra, le lacrime incastrate nelle ciglia e il cuore che, debolmente, batteva. Eppure a tutti è data una seconda possibilità, e Sasuke deve ancora riscattarsi. Deve riscattare lui, gli Uchiha, l’amore del ragazzo che giace al suo fianco.
E tutto si racchiude in un fascio di luce, che lo accoglierà accarezzandolo. Gli ricorda il suo Naruto, e ci si tuffa dentro.
Sasuke sconterà la sua pena, capirà i suoi errori in modo giusto seppur doloroso. Lo stesso dolore che, a causa sua, ha subito Naruto.
Perché nel nuovo mondo - quello di città, dove nessun coprifronte o casata conta - Sasuke dovrà rincorrerlo, e fare di tutto per essere di nuovo suo.
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Storia nata da una fanart trovata su Tumblr. É un esperimento; considerata un AU, ma sempre collegata al mondo del manga.
É la mia prima storia, spero vi incuriosisca!
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Sorpresa | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Com'è che si diceva? Ah, sì: chi non muore si rivede.
Ebbene, dopo questi luunghissimi mesi di pausa, rieccomi qui, a scrivere di questi due.
Questa storia era un progetto troppo importante per essere messo da parte, stipato dentro una cartella di un computer. Per me era doveroso terminarla, e spero di riuscirci.
Ordunque, facciamo un po' il punto della situazione per coloro che, giustamente, attendevano il seguito di questa storia:
Naruto e Sasuke sono stati praticamente obbligati (il primo da Indra e Ashura, il secondo da Hashirama e Madara) ad avere un insegnante privato. Naruto avrà l'occasione di portare i suoi quadri ad una prestigiosa mostra dell'università di Tokyo. Naruto sta cercando di ricordare sempre di più, e lo farà soprattutto grazie all'arrivo di qualcuno in particolare.
Bando alle ciance, ecco a voi il tredicesimo capitolo:





 
Capitolo tredici.
I ricordi non muoiono mai.
 
         «Io non capisco a cosa mi possa servire la matematica se il mio lavoro è dipingere, disegnare, creare! La mia competenza sono le cose astratte, la fantasia, non dei numeri. Kakashi-sensei, non possiamo lasciare questa parte della lezione?» piagnucolò Naruto, incapace di continuare avanti con l’equazione. Non le sopportava, specie i sistemi. Se pensava che il suo insegnante voleva anche accennargli la trigonometria, s’immaginava di spararsi in testa. Avrebbe preferito di gran lunga girare nudo per Tokyo con meno quaranta gradi, che continuare con quella logica e addizioni e numeri che si spostano da una parte all’altra. Di matematica non ci capiva niente e non c’era nulla da fare. «Mi hai fatto lo stesso discorso per letteratura, Naruto. Stiamo passando da materia a materia e ti stai rifiutando di studiare continuamente. Non farmi usare le maniere forti, per favore» sbuffò il professore, alzandosi dalla sedia e guardandolo minaccioso.

        Il biondo batté la testa sul tavolo, dimenandosi poi come un bambino piccolo. Si rifiutava categoricamente di studiare: lui voleva solamente dipingere. «La mostra sarà tra una settimana, io ho un sacco di idee e quadri inconclusi. Tutto questo schifo porta via il mio tempo pre-zio-so!» rialzò il capo, guardandolo fisso negli occhi. D’un tratto un colpo alla nuca lo fece gemere dal dolore lancinante. Sakura Haruno, in tutta la sua compostezza e al contempo ferocia, si era seduta al suo fianco e con parole gentili lo invitava a studiare. «Razza di imbecille, lo capisci che è solo per il tuo bene? Come pensi di poter affrontare il mondo, in caso diventassi famoso, se poi non sai nemmeno risolvere una stupida equazione come questa? Vent’anni suonati e ancora non sai risolvere un’equazione simile?» sbuffò, prendendo in mano la sua penna e cercando di risolvere il problema matematico.

        Naruto si stava innervosendo. Non solo aveva quei due fratelli-pazzi-suonati alle calcagna che gli ricordavano ogni maledetto giorno la data della mostra, la testa che si spaccava a metà dal dolore per i ricordi improvvisi e il desiderio di vedere quella faccia di bronzo dell’Uchiha per avere sempre più risposte, no, in più doveva anche fare quei dannatissimi compiti. Sentiva i capelli andare in fiamme. Non ne poteva più. Riguardò la serie di più e di meno sul foglio, sospirando e pregando che qualunque cosa avrebbe potuto cambiare quella situazione. E probabilmente la sua buona stella lo aveva ascoltato, poiché immediatamente dopo il telefono di Kakashi suonò, facendolo sobbalzare per un istante. «Pronto?» sbuffò l’insegnante, evidentemente contrariato da quell’intromissione. «Oh, non pensavo fossi tornato in città. Com’è andato il viaggio?» chiese, il volto più rilassato. Spostò uno sguardo da Sakura a Naruto, che lo guardò accigliato. «Allo zoo, mh? Bene, arriviamo» chiuse la chiamata, per poi guardare l’ex salvatore della Foglia attentamente. «Per oggi te la scampi. Andiamo, è il momento di far tornare in vita qualche tuo ricordo»
 
 
          Stava disponendo i tavoli, le tovaglie e i tovaglioli in modo tale che, una volta aperto il locale, tutto potesse essere pronto. Decideva quali colori usare, come sistemare le posate e i bicchieri, se aggiungere il vasetto di fiori al centro del tavolo o sistemarlo leggermente a sinistra. S’immaginò sua madre intenta in quelle faccende e sorrise senza nemmeno accorgersene. Era inaspettatamente perfetta per quel lavoro. Se l’immaginava con quel gentile sorriso sulle labbra, seguito dal tono pacato. Sentì, chiudendo gli occhi, il delicato «Benvenuti» seguito da un inchino: i capelli che si spostavano verso il basso, i denti bianchi e gli occhi stirati in un’espressione cortese e felice. In quella vita era certo avesse amato il suo lavoro, magari accompagnata da uno sbuffo qua e là di suo marito. Pensando a loro gli venne una morsa al cuore. Cercò di usare sia i ricordi del Sasuke di Konoha e sia di quello della sua attuale vita. Faceva male rivivere le carezze, i «Forza Sasu-chan, cammina verso la mamma! Bravissimo, così!», la sua risata, le sua braccia che lo accarezzavano in una maniera che solamente lei poteva avere. Si ritrovò con le lacrime agli occhi e i denti stretti. Faceva male, ma rivivere il ricordo di sua madre era forse una delle poche cose belle che la vita – indipendentemente da quale fosse – gli aveva donato.

          Sentì un bussare alla porta d’ingresso, seguito da un tossicchiare incerto. Fece in modo di non farsi vedere con una smorfia infelice nel volto, per cui si ricompose, voltandosi verso l’ospite. Era strano, il cartello fuori diceva che il bar era chiuso. «E-Emh, scusami, sto cercando Itachi-kun. Oh, tu devi essere il suo fratellino, Sasuke, giusto? Quanto vi somigliate!» si portò le mani alla bocca, nascondendo quello che doveva essere un bellissimo sorriso. Sembrava emozionata di vederlo lì e, probabilmente a causa delle emozioni appena provate e accantonate in un angolo del suo cervello, si sentì in soggezione. «Itachi arriverà tra poco» le rispose, probabilmente un po’ troppo sgarbato, poiché la vide sgranare gli occhi. «Però se vuoi puoi accomodarti. Desideri qualcosa?» rimediò, cercando di cancellare per quanto possibile l’espressione menefreghista dalla faccia. Gli riusciva molto bene, essere apatico, e gli serviva parecchio, in quanto in quel momento aveva la testa scombussolata. Aveva capito immediatamente chi fosse quella donna e incontrarla senza preavviso lo aveva in qualche modo scioccato.

        «Oh no grazie, anzi scusami se ti ho disturbato, penso che lo aspetterò fuori» sorrise evidentemente dispiaciuta, per poi aprire la porta e chiudersela alle spalle. Era praticamente scappata via. La vide sedersi nel gradino davanti alla porta dello Sharingan, per poi darsi del cretino da solo. Era la ragazza di suo fratello e l’aveva trattata come uno zerbino usato. Non voleva fare conversazione, anzi, fu grato alla ragazza di essere uscita senza dire quasi una parola, ma sapeva quanto avrebbe dato dispiacere ad Itachi. E lui doveva riscattarsi, giusto? Prese un respiro profondo, per poi mordersi la lingua. Lui non rincorreva nessuno, però. Ed era difficile avere una parte di cervello contro l’altra, ma quando aprì la porta e la vide sobbalzare per lo spavento quasi ghignò, resettando la porzione di mente che gli comandava di chiuderla fuori e lasciarla perdere. «Aoyama, giusto? Entra dai» «Oh-ma-ma figurati! Non volevo disturbarti, veramente» si scusò ancora lei, facendo un piccolo inchino. Dopo averla costretta ad entrare si prese due secondi per guardarla meglio e, a vederla, constatò che era proprio quel tipo di ragazza che, a Konoha, poteva essere una tipica Uchiha. Ad eccezione degli occhi.

        Aoyama aveva i capelli nero carbone tagliati sino alle spalle, era piccola e con le forme al proprio posto, le fossette nelle guance e gli occhi più azzurri che avesse mai visto. Quasi si diede un colpo da solo quando pensò agli occhi di qualcun altro, definendoli come migliori. Seduta sul gradino sembrava ancora più piccola e pensò che, probabilmente, Itachi era perfetto per una come lei. Non sapeva se fosse una sua stagista o una ragazza che seguiva come insegnante, ma la immaginò presa a braccetto con Itachi, seduti sul bancone del locale, mentre facevano battute e scherzavano con gli altri camerieri del Team Taka. Sembrava il classico quadro perfetto.

       Dopo una buona mezz’ora, Itachi Uchiha entrò con il fiatone dalla porta d’ingresso, rimanendo evidentemente sorpreso nel vedere la sua ragazza aiutare suo fratello con la disposizione dei tavoli. «Secondo me il centrotavola va benissimo al centro. Poi per il bancone potresti mettere questi due vasetti ai lati» si girò per indicare il bancone, vedendo così Itachi osservarli sorridente. Arrossì, sorridendogli a sua volta. «Ciao, Itachi-kun» «Ciao» sussurrò. Sasuke si sarebbe sotterrato: il tutto stava diventando troppo melenso per i suoi gusti. «L’ho torturata, adesso che sei arrivato a salvarla potete andare. Fate schifo» sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Era stato scortese come suo solito, ma a discapito di questo sentì Aoyama ridere di gusto. Quella volta non si coprì la bocca e vide che, nonostante la dentatura imperfetta, il suo sorriso era caloroso e spontaneo. «Sasuke, lei è-» «Aoyama Hiraki, la tua ragazza che lavora insieme a te perché sta per prendersi la laurea e tu l’aiuti con lo studio. Lo so, ne abbiamo parlato mentre non c’eri, adesso levatevi dalle palle: devo aprire il negozio» gli fece segno con la mano di andarsene. Rimase di sasso quando sentì le labbra della ragazza poggiarsi sulla sua guancia. «Grazie per la compagnia, Sas’ke-kun. Posso chiamarti così?» dopo di che uscirono, sempre con quel sorriso felice sulle labbra.

        Non fece in tempo a sospirare frustrato che, quando girò il cartellino con scritto “Aperto”, Suigetsu entrò di soppiatto dalla porta del retro e, avvicinandosi quatto quatto, urlò: «SASUKE!». Quello saltò sul posto, sbattendo la fronte contro la vetrata della porta a causa di uno spasmo della mano poggiata sul pomello. Dopo aver preso un respiro bello forte, si girò verso il cretino con uno sguardo talmente inceneritore che Suigetsu era sicuro: gli erano tornati i poteri. «Ma tu così ci sei proprio nato, allora!» gli inveì contro, prendendolo per il colletto. Suigetsu non poté fare a meno di notare la fronte arrossata, per cui scoppiò in una fragorosa risata, indicandolo e prendendolo in giro in modo sempre più evidente. A Sasuke prudevano le mani. «E ringrazia che non ti ha visto nessuno! Non vedo l’ora di avere la confidenza con Naruto per raccontargli tutte le tue più graziose figure» si liberò dalla sua stretta, il cretino, per poi andare a cambiarsi. «Tu starai ben lontano dal Dobe, emerito idiota. È scemo abbastanza di suo, non ha bisogno anche della tua eccessiva intelligenza da pesce morto»

 
      «Come mai stiamo andando allo zoo? Non ci siamo stati da poco?» chiese Naruto, impiastricciandosi un occhio come un bambino. «Non fare domande, non ne hai bisogno. Appena vedrai speriamo che il tuo cervello capisca da solo» gli rispose Kakashi, continuando a camminare con noncuranza difronte a lui. Guardò Sakura in cerca di un aiuto, ma lei evitò in tutti i modi il suo sguardo. Era un qualcosa che solamente lui avrebbe potuto ricordare. Il suo unico compito era quello di accompagnarlo, di non farlo sentire solo in quello squarcio di vita che non gli apparteneva. L’ex ninja di Konoha ancora non sapeva riunire tutti i tasselli, ma vedendo chi lo aspettava probabilmente ci sarebbe riuscito nel minor tempo possibile. O almeno, questo era quello che tutti speravano. «Ci aspettano davanti alla gabbia di Kurama. Hanno portato via tutte le altre volpi apposta» li informò il sensei, cercando i diretti interessati. Dopo un po’ questi si fecero vedere.

        Naruto riconobbe il ragazzo con i capelli rossi che gli aveva permesso di avvicinarsi a Kurama, mentre l’animale si leccava una zampa noncurante di ciò che gli accadesse intorno. Non appena si avvicinò, però, gli sembrò quasi che avesse cominciato a scodinzolare. Fece un cenno con la testa al ragazzo, per poi vedere avvicinarsi a lui due ragazze un altro ragazzo. La prima aveva i capelli lunghi lasciati mossi sulle spalle, un sorriso tenero e l’aria imbarazzata. La seconda, i capelli lunghi e biondi raccolti in due codini, teneva per mano il ragazzo con la nera coda alta che adesso lo guardava con aspettativa. Non appena li vide bene in faccia, notò che il rosso aveva uno strano tatuaggio sulla fronte che – era sicuro – l’altra volta era praticamente inesistente. Continuò ad osservarli anche lui, Kurama compreso. Bentornato, ragazzo. Sentì il vuoto sotto ai piedi, l’aria mancare e la testa farsi sempre più pensate. Tutto girava così in fretta che non fece nemmeno in tempo ad accorgersene: era già svenuto, immerso dalla sabbia, dal vento, da quella che un tempo avrebbe ricordato come Suna, il villaggio della sabbia. 







Angolo autrice:
Charlie è tornata! É tornata con un capitolo un po' misero (si poteva fare di più, lo ammetto) ma, per lo meno, è tornata.
La terza liceo mi sta trascinando in un abisso senza fine e io non vedo l'ora di terminarla. Dopodomani, il 17, sarà pure il mio compleanno e quindi ho detto: sì! Facciamo un regalo a quelle poche ma carissime persone che seguono la mia storia (e che spero continueranno a seguirla!).
Questo tredicesimo capitolo parla, finalmente, di Aoyama. Aoyama è un personaggio che mi piace particolarmente, perché aiuterà molto Sasuke a fare chiarezza nel suo cuore e nella sua testa (non diventerà un panda da coccolare, lo annuncio di già. Sasuke è comunque una checca bastarda), e poi sinceramente ce la vedo molto bene nella famigliola Uchiha. Spero sia lo stesso per voi.
Per quanto riguarda Naruto, bè, descrive perfettamente la mia situazione in matematica. Domani ho persino il compito e voglio sopprimermi. Ma questa è un'altra storia.
Abbiamo nuovi personaggi! Personaggi che, fra parentesi, non potevo non inserire. Sarà divertente vederli collaborare tutti insieme per far tornare a Naruto questa dannata memoria.
Perdonate eventuali errori, come al solito.
E niente, credo vada bene così.
Spero di non avervi delusa e che qualcuno di voi possa ancora seguire la mia storia.
Un bacione graaandissimo!
Charlie;
   
 
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