Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Lily97    16/05/2016    0 recensioni
Annie Cresta è una ragazza del Distretto 4, lo stesso dal quale proviene il bel Finnick Odair, il giovane affascinante mentore che, nei 65esimi Hunger Games, vinse all'età di 14 anni.
Lei lo ritiene un ragazzo superficiale, attaccato più alla fama e alla sua bellezza che alla vita, eppure quella è l'unica facciata che Odair lascia trasparire.
Capitol City non è un luogo che realmente assicura un totale cambio di vita ai vincitori; gli abitanti dei Distretti rimarranno sempre tali e la Capitale non mancherà mai di ricordarlo.
"Prima le signore.. Annie Cresta"
Il mondo si fermò per la ragazza. Sentiva il suo nome rimbombare nelle sue orecchie e nella bocca di tutti. Si voltò, incrociando lo guardo terrorizzato di sua sorella.
Non poteva scoppiare a piangere, non davanti a lei.
Quante possibilità aveva di vincere contro altre ventitré persone, molte delle quali letteralmente superiori a lei?
Zero.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Solo un nome.
Finnick Odair.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
CARO LETTORE, AMICO O SCONOSCIUTO, 

DOPO TRE ANNI DI SCRITTURA, SIAMO GIUNTI ALLA FINE. 
LA STORIA DEGLI HUNGER GAMES DI ANNIE CRESTA SI CONCLUDE IN QUESTO MODO. 
E' STATA LUNGA, LO AMMETTO. ERO PARTITA CARICA ED ENTUSIASTA DI UNA NUOVA STORIA DELLA QUALE AVEVO CENTINAIA DI IDEE: SCRIVEVO DUE CAPITOLI AL GIORNO, AVEVO TANTISSIME PERSONE CHE MI SEGUIVANO E CONTAVANO SU DI ME. UNA FAVOLA, IN POCHE PAROLE. 
DOPO UN PO', COME NORMALE CHE SIA, L'ENTUSIASMO HA INIZIATO A SCEMARE E SONO ENTRATA IN UN PERIODO DI RASSEGNAZIONE, BLOCCO DELLO SCRITTORE, PROBLEMI VARI.. CHE NON MI HANNO PIU' PERMESSO DI DEDICARMI COME AVREI VOLUTO ALLA MIA STORIA. 
HO LASCIATO CHE PASSASSE DAVVERO TROPPO TEMPO TRA UNA PUBBLICAZIONE E L'ALTRA E QUESTO E' RICADUTO SU DI ME E NE HO ASSAGGIATO TUTTE LE AMARE CONSEGUENZE. 
AMMETTO CHE AD UN CERTO PUNTO SCRIVERE CAPITOLI ERA DIVENTATO QUASI UN PESO. DOVEVO SEDERMI ALLA SCRIVANIA E REALIZZARNE UNO, ALTRIMENTI MI SAREBBE RIMASTO UN PESO SULLO STOMACO. 
NONOSTANTE LE MIE RARE PUBBLICAZIONI, VI ASSICURO CHE MAI PER UN SOLO ISTANTE MI E' USCITA DALLA MENTE QUESTA STORIA. ERA SEMPRE LI', IN UN ANGOLO, CHE ASPETTAVA IL MOMENTO GIUSTO PER RICORDARMI CHE ANCORA ESISTEVA E CHE ANCORA ESISTEVATE VOI. 

MI MANCHERA'? DA MORIRE. 
HO AVUTO IL MAGONE, QUANDO HO DOVUTO CLICCARE SUL TASTO CONCLUSA PERCHE' NON VOGLIO ASSOLUTAMENTE DIRE ADDIO AI MIEI PERSONAGGI. 
ANNIE E FINNICK, COME OCEAN E GLAUCO.. EUER SOPRATTUTTO, SONO DIVENTATI UNA PARTE DI ME. 
DOPO TRE ANNI AD INVENTARE AVVENIMENTI E DIALOGHI E AD IMPERSONIFICARMI IN LORO PER RENDERE CREDIBILI LE SITUAZIONI, NON E' FACILE LASCIAR ANDARE TUTTO. 
VORREI POTER DIRE CHE MI METTERO' DI IMPEGNO A SCRIVERE UN SEQUEL O UNA STORIA IN CUI RACCONTO QUELLO CHE E' ACCADUTO AD OCEAN DURANTE GLI HUNGER GAMES DI SUA SORELLA, MA PER IL MOMENTO SO DI VOLER SOLO PRENDERE UNA PAUSA. UN MOMENTO PER ELABORARE NUOVE IDEE. MAGARI SU UN ALTRO RACCONTO TOTALMENTE DIFFERENTE. CHI LO SA. 

ARRIVATA A QUESTO PUNTO, VORREI RINGRAZIARVI. VOGLIO RINGRAZIARE LA PERSONA CHE LEGGE E RECENSISCE, QUELLA CHE METTE LA STORIA NELLE PREFERITE O NELLE SEGUITE, QUELLA CHE ASPETTA CON ANSIA IL CAPITOLO SUCCESSIVO E QUELLA CHE RIMANE COME SPETTATRICE NASCOSTA. TANTO SO CHE LA LEGGI EHEHE. 
VORREI RINGRAZIARE TUTTI VOI, PERCHE' SIETE VOI CHE MI AVETE SPINTO A CONCLUDERE IL RACCONTO.
SE NON AVESSI AVUTO L'APPOGGIO DI COSI' TANTE PERSONE NON CREDO CHE LA STORIA SAREBBE MAI DECOLLATA.
VI MERITATE TUTTI MOLTO PIU' CHE UN BACIO O UN ABBRACCIO. VI MERITERESTE DI ESSERE TUTTI AUTORI DI QUESTA INCREDIBILE STORIA. 
E SOPRATTUTTO AMMIREVOLE CHI E' ANCORA QUI CHE LEGGE QUESTO MONOLOGO STRAPPALACRIME. 
COMPLIMENTI DAVVERO! :) 
UN BACIO ENORME, 
LILY

BUONA LETTURA DEI 70esimi HUNGER GAMES E POSSA LA FORTUNA SEMPRE ESSERE A VOSTRO FAVORE

 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Return home 
 
 
La fase di recupero di Annie fu particolarmente lunga rispetto al normale. 
Finnick non aveva mai avuto la possibilità di assistere ad un Tributo Vincitore, ma la consapevolezza che la sua Annie era dentro ad una stanza piena di medici di Capitol City era qualcosa che lo faceva rabbrividire. Era passata più di una settimana e mezza e ancora non volevano farla risvegliare. 
Dissero che la ragazza aveva riportato varie fratture al braccio e a qualche costola. Inoltre aveva subito un trauma cranico abbastanza importante, che aveva interessato l'ippocampo, la sezione del cervello in cui risiede la memoria. 
"Una volta sveglia, la signorina Cresta sarà nelle migliori condizioni fisiche ed il coma farmacologico che abbiamo indotto è solo una misura precauzionale, siccome è possibile che, una volta sveglia, riporti amnesie di breve o lunga durata" gli disse un medico, uscendo dalla stanza e levandosi la cuffia medica. 
Amnesie?
"Quanto potrebbe rimanere senza memoria?" domandò Finnick, percependo una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco. 
L'uomo scrollò le spalle. "Non si può dire con esattezza. Potrebbe essere anche solo per qualche giorno, oppure per mesi interi". 
"Mesi?!".
Il ragazzo si lasciò cadere su una sedia lì vicino. Non riusciva a crederci. 
Forse però sarebbe stato meglio: non avrebbe ricordato gli avvenimenti dell'Arena. Sarebbe stato più semplice per lei. 
Chissà quanto tempo di ricordi avrebbe attaccato l'amnesia. Solo l'Arena o anche prima, la loro storia, le giornate nel Distretto..
Si strinse la faccia tra le mani, affondando le dita nei capelli biondi come il grano. 
"Maledizione" sussurrò tra i denti. "MALEDIZIONE!" urlò, sbattendo le mani sulla sedia. 
Quando sollevò lo sguardo, incontrò gli occhi verdi e colmi di preoccupazione di Mags, in piedi a qualche metro da lui, con una tazza di caffé stretta tra le mani rugose. 
Rimasero in silenzio ad osservarsi. Non servivano le parole per esprimere quello che entrambi stavano provando al momento. 
La donna si sedette lentamente al suo fianco, passandogli dolcemente un braccio intorno alle spalle. 
"Hanno detto che ci potrebbe essere la possibilità di un'amnesia" spiegò Finnick, lo sguardo perso nel vuoto. 
Mags annuì tristemente. 
Gli passò una mano sulla guancia, costringendolo a guardarla. 
Andrà tutto bene. 
Il ragazzo stiracchiò un sorriso mesto, scuotendo la testa. "Non so cosa sia meglio. Che lei dimentichi qualsiasi cosa: l'Arena, Euer e.. me. Ma non riesco a pensare una vita senza di lei" ammise. 
La vecchia gli sfiorò il petto all'altezza del cuore, ammiccando con lo sguardo alla porta della stanza di Annie. 
Lei sceglierebbe comunque te.
"Lo so". 
In quell'istante, Typhlos uscì dalla camera della ragazza, col volto illuminato da un sorriso di sollievo. "E' sveglia" annunciò.
I due scattarono in piedi e si diressero a passi veloci verso il letto sul quale era adagiata Annie.
 
 
 
Un bip lento e fastidioso svegliò Annie. 
Percepì di essere sdraiata su qualcosa morbido, profumato e fresco, e subito le sensazioni la riportarono alla sua camera nel Distretto 4, quando d'estate amava rigirarsi nel letto di prima mattina, ad ascoltare il rumore del mare in sottofondo. 
Tentò di aprire gli occhi, ma era come se le palpebre non volessero rispondere ai suoi comandi. 
Il suono si ripresentò, forse ancora più forte di prima, cosa che la innervosì. Voleva capire da dove provenisse per farlo tacere. Era come se, ad ogni bip, la sua testa rimbombasse come una campana, provocandole fastidiose fitte alle tempie e alla nuca. 
"Annie" la chiamò una voce e lei fu sicura di averla già sentita prima di allora. 
Typhlos, le suggerì la sua mente. 
Impegò qualche momento per visualizzare l'immagine della donna dai capelli rossi, cieca, che le aveva realizzato il vestito più bello che la ragazza avesse mai visto.
Girò la testa nella direzione della voce e subito due mani piccole e fresche si avvolsero intorno alle sue.
"Sono qui" le disse dolcemente. 
Lentamente, Annie aprì gli occhi ed il mondo le apparve davanti come una macchia sfuocata e luminosa. Dovette battere le palpebre più e più volte per incominciare a distinguere le forme.
Tentò di parlare, ma dalla gola uscì un suono gruttuale che la sorprese.
La Stilista le sorrise. "Non ti preoccupare. Sei stata a letto per una settimana intera, diciamo che le tue corde vocali sono un po' arrugginite".
Finalmente i suoi occhi riuscirono a mettere a fuoco la stanza bianca e spoglia. 
Dove si trovava? 
"Sei in una delle sale mediche di Capitol City. Ti hanno dovuta ricostruire per bene" le spiegò pazientemente Typhlos, senza mai lasciarle la mano. "Ho chiamato Mags e Finnick, dovrebbero arrivare a momenti" continuò.
Finnick
Il Vincitore, il ragazzo violentato da Capitol City, il Mentore, l'amico.. chi era Finnick Odair per lei? L'avrebbe ancora amata, con tutti i demoni che sarebbero arrivati a perseguitarla? Le parole che le aveva detto appena fuori dall'Arena sarebbero state ancora valide? Lei gli avrebbe permesso di amarla, così distrutta?
Li vide entrare dalla porta, entrambi con dipinta in volto un'espressione preoccupata e spaventata.
Mags le si avvicinò e le accarezzò dolcemente una guancia, gli occhi luccicanti di lacrime. 
Annie percepì la mano morbida e rugosa disegnarle cerchi immaginari sulle guance e non riuscì a non sorriderle di rimando.
Sono felice che tu sia viva, le dissero gli occhi verde mare. 
"Anche io, Mags" sussurrò. 
Quando la ragazza spostò lo sguardo verso Finnick, lo vide sussultare impercettibilmente, senza che nessun'emozione permeasse dall'espressione neutrale sul volto del Mentore. 
"Ciao Annie" la salutò.
Rimasero ad osservarsi per interminabili secondi e l'unico suono ad eccezione del bip dei macchinari era quello dei respiri lenti dei presenti nella stanza. 
"Ciao Finnick" rispose lei.
Appena ebbe pronunciato il nome del ragazzo, questi rilassò le spalle contratte e distese le labbra in un sorriso che non aveva bisogno di parole per essere spiegato. 
"Cosa mi sono persa?" domandò.
"Sei stata in coma farmacologico per più di una settimana, ma ti hanno sistemata bene" le spiegò il ragazzo, sedendosi accanto a lei sul letto. "Avevi un braccio e qualche costola rotta ed un trauma cranico nella zona dell'ippocampo" concluse gravemente.
Annie aggrottò le sopracciglia. "Mi devo preoccupare?" chiese. 
Mags e Finnick si scambiarono un breve sguardo, prima che quest'ultimo riprendesse. "L'ippocampo è la zona del cervello in cui risiede la memoria. E' possibile che tu possa essere affetta da amnesie di breve.. o luna durata".
La ragazza spalancò gli occhi, improvvisamente spaventata dalla prospettiva. "Significa che potrei aver rimosso dalla mente alcuni ricordi? Quali? Non mi ricorderò della mia infanzia? Di Ocean? Che cosa succederà?". "Per ora non possiamo sapere nulla di certo. Potrebbe anche essere che non si manifesti nessun tipo di amnesia. Al momento, per esempio, non sembra che tu stia dimenticando nulla" tentò di rassicurarla Typhlos.
La Vincitrice prese un lungo respiro. "Quando potrò uscire da qui?" domandò. 
"Anche subito, se desideri" affermò una voce alle loro spalle. 
Tutti i presenti si voltarono di colpo. 
Un uomo sulla trentina molto affascinante li scrutò con un sorriso appena accennato. Aveva i capelli neri come la pece e così anche la barba, tagliata in modo egregio ed accurato, che creava eleganti ghirigori sul volto e terminava appena sotto il mento. Era vestito in maniera impeccabile: camicia rossa, giacca e pantaloni di seta neri e una rosa rossa appuntata al taschino. 
"Crane" salutò Finnick con voce piatta.
"Odair" rispose l'altro, lanciandogli uno sguardo di sufficienza. 
Il Mentore alzò gli occhi verdi al cielo e si girò verso Annie. "Lui è Seneca Crane, il capo degli Strateghi" presentò. 
L'uomo abbozzò un inchino educato nei confronti della ragazza. "Un grande piacere, signorina Cresta" le disse. 
D'altro canto, la ragazza lo osservò guardinga. "Non l'ho mai vista" commentò, invece di rispondere al saluto.
La cosa sembrò infastidire il capo degli Strateghi, ma nonostante questo non perse il sorriso mellifluo ed avanzò verso il letto per andare a posare la rosa rossa del suo taschino sulle gambe della Vincitrice.
"Il presidente Snow voleva che lei ricevesse questo omaggio, in quanto Vincitrice" le spiegò. 
Beh, il presidente Snow avrebbe benissimo potuto strozzarsi con questa rosa, della quale non me ne faccio proprio un bel nulla, avrebbe voluto rispondere lei, ma si limitò a lanciare un'occhiata noncurante al fiore, prima di tornare sul volto di Seneca. 
"Me ne posso andare, ha detto?".
Per la seconda volta, la mancata risposta di Annie lo infastidì, ma ancora riuscì a contenersi, nonostante un tic nervoso gli fece arricciare un angolo della bocca. 
"Ma certo" sorrise Crane. 
"Bene". 
Annie scostò le coperte che le avvolgevano il corpo e gettò le gambe giù dal letto. La pelle dei piedi, a contatto con il pavimento freddo, venne attravesata da brividi e pelle d'oca. 
"Aspetta, Annie" la fermò Finnick. "Sei sicura di star bene?".
La ragazza lo fissò. "Sono stata qui per più di una settimana, senza che nessuno sapesse nulla delle mie condizioni. I miei genitori, Ocean.." fece una pausa, perché l'immagine della sorellina venne subito rimpiazzata prepotentemente da quella di Euer, deceduto nell'Arena qualche minuto prima che la proclamassero Vincitrice. 
La sua testa che rotolava.. il sangue...
Annie scosse la testa e scacciò il pensiero, almeno per il momento. "Devo tornare" affermò, forse più a se stessa che agli altri. 
"Fantastico!" esclamò Seneca Crane.  Se possibile, il suo sorriso divenne ancora più ampio e spalancò la porta della stanza. "Stasera si terrà la Cerimonia per incoronare la Vincitrice" dichiarò soddisfatto, prima di voltarsi e sparire. 
La ragazza venne accompagnata da Mags e Typhlos, perché Finnick avrebbe dovuto comunicare a tutto lo staff e al Presidente Snow che finalmente la Vincitrice si era svegliata e sarebbe stata pronta per presentarsi all'intera capitale. 
Appena Annie aprì la porta d'ingresso, un paio di mani l'afferrarono per le braccia e la sollevarono da terra con impeto.
D'improvviso, tornò nell'Arena. Davanti ai suoi occhi scomparve l'appartamento ed il volto rubicondo di Jean-Claude, che venne sostituito da alberi e volti di Tributi che la osservavano famelici, puntandole contro armi insanguinate. 
La morsa divenne troppo forte ed abbassando lo sguardo lungo le sue braccia, vide del sangue stillare fuori dalla pelle, perché quello che la stringeva non erano mani, ma lacci di pelle spessa, nella quale erano inseriti degli spuntoni di metallo che le si conficcavano nella carne. 
Urlò, dimenandosi, finché la voce di Typhlos la richiamò alla realtà. 
Batté le palpebre più volte, col fiato grosso e le lacrime che ancora le solcavano le guance paonazze. 
Jean-Claude la osservò dispiaciuto, mentre Marcus la scrutò attento senza parlare, stringendo al petto Katherine che, a differenza degli altri due gridava e piangeva senza ritegno, anche se per un momento Annie pensò che tutta quella scena le servisse solo per farsi abbracciare dal ragazzo. 
"Scu..scusatemi" balbettò, tentando di darsi un contegno. "I gesti improvvisi mi destabilizzano ancora" si giustificò con Jean-Claude. 
L'uomo abbozzò un sorriso lieve, ma si mantenne ancora a distanza, tamponandosi la fronte con un fazzolettino lilla.
"Bentornata Annie" la salutò Marcus, unico ad aver mantenuto la calma ed il solo che non sembrava minimamente preoccupato dal cambiamento improvviso della Vincitrice. 
"Grazie" rispose lei, finalmente sentendo una sensazione di piacevole calore al petto. 
Aveva perso Euer, Jace, Lily, forse anche Ocean.. e sicuramente aveva perso se stessa, ma in quel momento era come se si sentisse di nuovo a casa. 
 
Dovettero prepararla per la serata, stabilendosi in una camera affianco a quella di Euer e la cosa mise a disagio la ragazza. 
Non voleva pensare all'amico, perché se l'avesse fatto avrebbe incominciato a piangere e non era sicura che sarebbe riuscita a smettere. 
Voleva essere forte, ma sapeva perfettamente di non esserlo mai stata.. o di non esserlo più. L'unico modo per non cedere nuovamente era quello di non pensare, ma non aveva idea che la cosa le sarebbe risultata più difficile del previsto. 
Non appena i suoi preparatori incominciarono a toccarla, un infinito numero di sensazioni l'assalirono, mandandola nel panico più assoluto. 
Non voleva essere toccata. Non poteva essere toccata: il suo corpo rispondeva al contatto con la paura e con la sottrazione. 
Ogni pressione le mozzava il respiro in gola; ogni unguento che le spalmavano sulla pelle le ricordava il sangue della bambina del Distrtto 12. 
Ogni strappo alle gambe la riportava alla montagna, quando le pietre appuntite le avevano lacerato la carne. 
Era come se i suoi ricordi si riattivassero solo se indotti, mentre rimanevano latenti se nessuno dava loro il pretesto di riaffiorare. 
Forse era quella l'amnesia di cui aveva parlato Finnick.
Alla fine, per poter continuare indisturbati, dovettero somministrarle un tranquillante che acquietò i demoni dell'Arena. 
Col medicinale in corpo, poté addirittura fare conversazione con i tre preparatori, che le raccontarono per filo e per segno tutto ciò che era successo nella Capitale da quando erano incominciati gli Hunger Games. 
"Hanno intervistato tua sorella quando siete rimasti in otto" le disse Jean-Claude, spazzolandole dolcemente i capelli. "E' molto carina e molto particolare, con gli occhi grigi e i capelli neri".
Annie sorrise. "Sì, è sempre stata la più bella della famiglia" annuì e gli occhi le si appannarono di lacrime. 
"Per l'amor del cielo! Non piangere, bambina" esclamò l'uomo, porgendole il proprio fazzolettino. "Anche tu sei bellissima" la rincuorò, certo che fosse per quello che la Vincitrice fosse scoppiata a piangere. "Anzi, ti dico di più: sei la più bella di tutte le ragazze del mondo!".
Marcus sbuffò, strappandole una striscia depilatoria dal braccio. "Non stava piangendo per quello Jean" dichiarò. "Le manca".
L'uomo osservò Annie in silenzio e poi iniziò a singhiozzare commosso. "E' una cosa così dolce" balbettò.
"Sarebbe più dolsce se tu guardassi cosa stai fascendo, al posto di piangér" lo rimbeccò Katherine, impegnata a ritoccare le sopracciglia della Vincitrice. 
 
Dopo qualche ora, Annie era nuda in una stanza, sdraiata su un tavolo di metallo ad osservare il soffitto illuminato. 
Sentiva il corpo pizzicare e bruciare, ma non le dava fastidio. Non da quando aveva affrontato l'Arena.. 
Serrò i pugni con forza. Non doveva pensare all'Arena. Non doveva ritornare con la mente a.. 
Vuoto
Aprì gli occhi, tirandosi a sedere di scatto. 
Non ricordava. Non ricordava nulla. Aveva vinto gli Hunger Games ma non si ricordava come. Eppure era sicura che, qualche istante prima, stava pensando a quello che era successo all'interno dell'Arena.
Avevano dovuto sedarla, mentre era stata con i preparatori, perché il trattamento la rimandava a quello che le avevano fatto.. ed in que lmomento non aveva idea di come avesse fatto ad arrivare viva alla fine degli Hunger Games. 
Nella testa aveva solo nomi e volti che si susseguivano velocemente: Euer, il ragazzo di sua sorella. Jace, il tributo del Distretto 7 e Lily, la sua compagna. Il tributo con i capelli rossi e lo sguardo folle; la ragazza dagli occhi azzurro come il ghiaccio.. 
Di loro, in relazione agli Hunger Games, sapeva solo una cosa: erano tutti morti perché lei era viva. 
Il rumore della porta che si apriva la distolse da quei pensieri. 
Typhlos avanzò piano e le si sedette di fianco, prendendole una mano tra le proprie. 
Annie scacciò la nausea causata dal contatto.
"Sei agitata?" le domandò. 
"Non mi ricordo nulla". 
Vide l'espressione preoccupata della Stilista comparire e svanire in un battito di ciglia. 
"E' normale. Hai subito un trauma cranico". 
"Non ricordo le cose finché qualcosa non induce la mia mente ad un certo pensiero. Come faccio a raccontare dell'Arena se non mi ricordo nemmeno quello che ho fatto?!" le spiegò. Aveva bisogno che qualcuno sapesse. "Mi hanno dovuto somministrare un tranquillante perché non riuscivo a permettere ai preparatori di aiutarmi".
Senza capire perché, scoppiò a piangere. 
"E non voglio piangere!" gemette "Non so perché sto piangendo" si giustificò, mentre il corpo veniva sconquassato da singulti violenti. "E' così imbarazzante..". 
Improvvisamente, l'idea di aver perso la testa davanti a Typhlos le sembrò la cosa più assurda che le fosse successa in molto tempo e, senza poterlo impedire, il pianto si tramutò in una risata isterica, accompagnata da lacrime salate. 
La Stilista rimase in silenzio, permettendole di tranquillizzarsi. "Hai subito tanti traumi uno dopo l'altro, Annie. E' normale che il tuo corpo reagisca in maniera così inaspettata" le disse. 
"Io voglio avere il controllo del mio corpo! Non posso permettere che gli Hunger Games mi portino via l'unica cosa che mi avevano promesso sarebbe stata salva!!" urlò la ragazza, con le guance rosse. "Hanno ucciso tutte le persone che amavo! Euer, Jace, Lily! Chissà se Ocean mi guarderà come una sorella o come l'assassina del suo ragazzo! Io volevo solo essere normale e sono diventata un mostro!" gridò fuori di sé. 
Afferrò brutalmente il vaso di fiori poggiato su un mobile e lo scagliò a terra, godendo nel sentire la ceramica rompersi. Non soddisfatta, colpì il ripiano stesso con un calcio, che cedette con un colpo secco. 
"Voglio solo che la mia testa stia zitta!!" strillò, accasciandosi a terra ed afferrandosi il piede dolorante. Singhiozzò disperata, ma tra le lacrime si accendevano piccole risate, scaturite dall'ironia della sorte che la voleva come la Vincitrice perdente dei 70esimi Hunger Games. 
La mano di Typhlos le accarezzò i capelli e la sentì inginocchiarsi davanti a lei. 
"Devi essere forte, Annie. Forte per quelli che sono ancora vivi". 
Nel sentire quelle parole, la mente della ragazza tornò all'Arena, quando aveva avuto una visione di sua sorella e Finnick che le dicevano di tornare, per quelli che avrebbero continuato a vivere dopo quei giochi. 
"Finnick" sussurrò flebilmente. 
"Esatto, Annie. Per Finnick, per Ocean e per i tuo genitori. Per i tuoi amici nel Distretto e per me".
La Vincitrice sollevò la testa ed osservò la Stilista sorriderle, fiduciosa. 
"Ho paura di me" le rivelò, in un bisbiglio.
"Anche io ho paura di me; ognuno ha paura della propria parte oscura. Il problema sta nel lottare per impedirle di dominare le nostre azioni. Sono le persone a decidere chi vogliono essere". 
Rimasero in silenzio e le parole della donna aleggiarono nella stanza per minuti interminabili. 
Poi, Typhlos si alzò in piedi e si spazzolò la gonna. "Il tuo vestito è pronto. Se te la senti possiamo andare a provarlo" le disse, tendendole la mano. 
Annie si asciugò le lacrime dalle guance e sorrise. "Andiamo".
 
La preparazione insieme a Typhlos fu molto più tranquilla della precedente, probabilmente perché era riuscita a sfogarsi del mare di emozioni che la stavano invadendo.
Il vestito per il più bello che le aveva confezionato dall'inizio degli Hunger Games ed esprimeva appieno quello che avrebbe voluto far emergere davanti a tutta Capitol City: il suo furore, il lutto per la perdita di Euer e la volontà di apparire ancora forte e sicura. 
La gonna era lunga oltre i piedi, nera come le ali di un corvo e si apriva in uno spacco mozzafiato venti centimetri sotto il fianco destro, lasciando che la gamba venisse scoperta ad ogni passo. 
Sul ventre, il tessuto scuro iniziava a diventare sempre più trasparente, fino a coprire la pelle del petto solo con un sottilissimo strato che permetteva di vedere completamente la pelle. Sopra a questo, erano stati ricamati centinaia di ghigirori di pizzo elegantissimi , che si avvolgevano tra loro e si infittivano per coprire i seni. 
La scollatura a cuore permetteva di lasciar libere spalle e collo, al quale era stata allaciata una collana che aveva come ciondolo il sassolino di Finnick ed Annie. 
La schiena era completamente libera ed il vestito riprendeva a livello dell'osso sacro. 
I capelli di Annie erano stati scuriti ed acconciati in una treccia laterale molto gonfia, alla quale erano state appuntate vere perle, che luccicavano alla luce. 
I preparatori avevano insistito molto sul trucco: deciso, che facesse risaltare gli zigomi, ma non volgare, senza eccedere con colori troppo scuri sugli occhi e sulle labbra. 
A lavoro completo, Annie, osservandosi allo specchio, pensò che apparisse spaventosamente bella e al contempo terribilmente triste. 
Inoltre, il nero era il colore di lutto nel Distretto 4 e si commosse nel pensare che, in quel modo, avrebbe onorato la memoria dell'amico. 
"E' bellissimo come sempre" disse a Typhlos. 
La Stilista sorrise, compiaciuta "Tu sei stupenda, quindi il vestito ti calza a pennello. Ora devi essere forte, perché là fuori ti aspetta l'intera Capitol City, che gioirà per la morte degli altri 23 tributi".
Annie strinse le labbra. "Lo sarò" affermò.
Fece per uscire, quando Katherinne la rincorse e le afferrò il braccio sinistro. 
Nel sentire il contatto, la ragazza trasalì e ricacciò indietro una delle tante immagini degli Hunger Games. 
"Mi sono dimenticata una cosa" le disse la donna e tese una mano, in modo che Annie appoggiasse il braccio.
Dopo alcuni istanti ad osservarla, acconsentì.
Con gesti veloci e precisi, le tracciò sulla parte interna dell'avambraccio un tridente stilizzato e molto bello. "Evidentemònte ti porta fortuna". Le strizzò l'occhio, prima di scomparire dietro una tenda. 
La ragazza osservò il disegno. Non riusciva a capire quella donna, ma le era grata per quello che aveva fatto. Il tridente rappresentava Finnick e sapere di poterlo portare sul palco le infondeva calma. 
Appena udì il segnale per uscire, andò a sbattere contro una schiena muscolosa e, sollevando lo sguardo, non poté non riconoscere l'ammasso di capelli biondi e ricci del Mentore. 
Lui si voltò e spalancò gli occhi, senza parole. "Sei.. bellissima" sussurrò.
"Ho bisogno di te sul palco" gli disse concisa. Sapeva che avrebbe perso il controllo durante la Cerimonia. Tutti gli occhi degli abitanti l'avrebbero solo agitata e le avrebbero fatto ricordare dei momenti spiacevoli nell'Arena. Se non ci fosse stato qualcuno ad infonderle coraggio, avrebbe rovinato qualsiasi cosa. 
Il ragazzo sospirò. "Vorrei evitare di dare un pretesto a Snow per dividerci" rispose.
Gli occhi della Vincitrice luccicarono di lacrime e dovette mordersi forte il labbro inferiore per obbligarsi a non piangere. 
"Annie, cosa c'è?!" chiese Finnick allarmato, prendendole il volto tra le mani e constringendola a guardarlo. 
Lei sobbalzò e si dibatté, finché il Mentore non si staccò dal suo viso. Sorrise amaramente "Questo è quello che succede ai Vincitori che perdono" sussurrò. "Non ricordo i miei Hunger Games" ammise "Ho un vuoto nella mente e..".
"E' l'amnesia, Annie".
"No! Non è amnesia! Sono io. Io, solo io. La mia mente non vuole ricordare. E quando ricorda io.. non riesco a farmi toccare. Nemmeno da te! Appena qualcuno mi sfiora io ritorno nell'Arena e.. c'è sangue.." balbettò.
Il ragazzo l'afferrò per le braccia, ignorando i suo tentativi per sottrarsi. "No, Annie. Sono io. Sono Finnick. Non ti faccio del male e lo sai. Non sei più nell'Arena, tu hai vinto. Sei con me e sei al sicuro. Ho promesso che nulla ti avrebbe più fatto male d'ora in avanti ed intendo mantenere la parola. Tu sei una delle persone più forti che io conosca. Non devi farti spaventare da quello che sei diventata dopo gli Hunger Games. Lo sapevamo entrambi: non esistono vincitori, ma solo sopravvissuti. Ma siamo insieme anche in questo. Io mi prenderò cura di te per sempre. Ora devi andare su quel palco e dimostrare che non hai paura. Io sarò qui ad aspettarti" concluse, senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi verde mare di Annie. 
Lentamente, la ragazza si avvicinò a lui ed appoggiò la testa al suo petto, respirando profondamente. 
Rimasero abbracciati per qualche istante, finché il segnale acustico non si fece risentire. 
"Devo andare". 
"Ti guarderò da qui". 
 
 
 
"Signori e signore! Ma che spettacolo!" urlò Caesan nel microfondo, indicando Annie. "Una vera regina d'eleganza!".
La ragazza si sedette sulla poltrona e cercò di calmare i battiti del cuore. 
"Ti vedo in forma smagliante, nonostante siano quasi due settimane che ti celi alle telecamere. Mi hanno detto che sei stata tenuta a riposo dai medici. Racconta".
"Beh.. ho subito un forte trauma cranico abbastanza pericoloso e hanno deciso di mantenermi in coma farmacologico per qualche tempo. Ora sto bene, anche se hanno detto che potrei riportare qualche amnesia" spiegò, imponendosi di sorridere. 
"Amnesie? Signori ma è sconvolgente!! E dimmi, Annie, ti sei dimenticata qualcosa degli Hunger Games?". 
Lei annuì e dal pubblico si alzò un coro dispiaciuto. "Non è niente di tragico" aggiunse a bassa voce. 
"Ma certo che è tragico! Non lo pensate anche voi?!" e gli abitanti di Capitol City urlarono la loro approvazione. 
Poi l'uomo tornò serio. "Abbiamo visto tutti come tu ti sia separata drammaticamente dal tuo compagno di distretto, Euer".
Nel sentire il nome dell'amico, Annie chiuse istintivamente gli occhi. 
Una serie di immagini si presentarono prepotentemente nella sua mente e, senza che potesse impedirlo, dovette assistere per la seconda volta alla decapitazione del fidanzato della sorella. 
Sapeva che sarebbe successo.. era sicura che Caesar avrebbe detto qualcosa che l'avrebbe indotta a ricordare. 
Tentò di scacciare il pensiero, nascondendolo al pubblico con il gesto di sistemarsi i capelli sulla fronte, ma questo, se possibile, si impiantò nella sua testa ancora più ferocemente, facendola gemere. 
"Annie, tutto okey?".
La voce del conduttore le risuonò ovattata nelle orecchie, poiché il rumore nauseabondo della lama che lacerava la carne del collo dell'amico avvolse tutto il resto. 
Davanti a sé non c'era più il pubblico, ma l'espressione folle del tributo dai capelli rossi che decapitava Euer. 
La testa dell'amico cadeva a terra con un tonfo sordo e poi le rotolava tra i piedi, gli occhi ancora spalancati a guardare un cielo che non avrebbero mai visto. 
Istintivamente, Annie si alzò ed indietreggiò, per schivare la testa mozzata, ma nel farlo si accorse di essere sul palco e non nell'Arena ed urtò la poltrona dietro di sé, cadendo a terra.
Caesar accorse in suo aiuto, afferrandola per un braccio e la mente della ragazza fu invasa dall'ennesimo ricordo di Katherinne che la colpiva in volto. 
Si dimenò, osservando il viso concertato dell'uomo che tentava di capire cosa stesse succedendo senza preoccupare troppo il pubblico. 
Altre due mani l'avvolsero da dietro, rimettendola in piedi. 
Prima che potesse urlare di lasciarla, la voce calma di Finnick le accarezzò l'orecchio. "Sono io" le disse. "Stai tranquilla". 
Come tutto era incominciato, finì ed Annie si trovò a fissare centomila paia di occhi spalancati, che non capivano cosa stesse succedendo alla Vincitrice. 
"Dovete scusarla" intervenne Finnick, prendendo il microfono di Annie e sfoggiando il sorriso più affascinante del suo repertorio. "Una cosa che non vi è mai stata detta sulla nostra bella Vincitrice, Annie Cresta, è che è terribilmente aracnofobica e questo" continuò, indicando la ragazza "è quello che succede quando un aracnofobico vede un ragnetto grande come un'unghia" sorrise. 
Si piegò sulle ginocchia e fece finta di prendere in mano un ragno immaginario, ben sapendo che il pubblico si sarebbe bevuto qualsiasi cosa fosse uscita dalle sue labbra. 
"Come potete vedere, signori e signore, c'è sempre bisogno di Finnick a Capitol City" concluse sarcastico.
Gli abitanti proruppero in urla di giubilio, acclamando il grande Finnick Odair con risate e baci volanti, tirando rose e altri oggetti. Alcune donne addirittura gli chiesero di sposarlo, soffrendo anche loro di aracnofobia. 
Annie intercettò uno sguardo d'intesa tra il Mentore e Caesar, che fu abile nel riportare l'attenzione del pubblico su altri argomenti senza più far parlare la Vincitrice, se non per chiederle pareri banali che comunque andavano a soddisfare il gusto del pubblico. 
"Signore e signori, un bell'applauso per la nostra giovane e bellissima Vincitrice, Annie Cresta!!" urlò l'uomo dai capelli arancio nel microfondo, fingendo di avvolgere la mano in quella della ragazza, nonostante non ci fu nessun contatto.
Lei gli sorrise grata e poté giurare di aver visto Caesar farle l'occhiolino. 
Dopo i saluti ed una marea di rose, Annie poté abbandonare i riflettori e rifugiarsi dietro al palco. 
Si appoggiò ad una parete, respirando profondamente e toccando il ciondolo della collana. 
Dopo l'attacco di panico, la sua mente si era come svuotata di ogni pensiero e di ogni ricordo. Non sapeva se esserne felice o disperata: sarebbe andata avanti così per tutta la vita? A fuggire dal contatto con le persone ed urlare in pubblico, in preda a momenti di pura follia? 
La sola idea la terrorizzava. 
"Annie" la chiamò Finnick, comparendole accanto. 
"Grazie per la storia del ragno" mormorò, abbozzando un sorriso.
L'altro rispose al sorriso e si passò una mano tra i capelli. "Bisogna sempre avere la situazione in pungo.. e poi è la prima cosa che mi è venuta in mente" si giustificò.
"Direi che ha funzionato più che bene".
Si incamminarono verso gli appartamenti. Finnick non osava passarle un braccio intorno alle spalle o prenderla per mano, anche se sapeva che lei avrebbe sopportato quel genere di contatto con lui. 
Arrivati davanti alla porta della camera della ragazza, si bloccarono, non sapendo bene cosa dire o cosa fare. 
"Io.." incominciò Annie. "Volevo solo ringraziarti per prima. Mi hai davvero aiutata a mantenere la calma" disse, senza riuscire a guardarlo. 
Si vergognava della propria debolezza ed odiava il fatto che lui l'avesse vita in un momento del genere. Per Finnick avrebbe voluto essere la ragazza forte e spensierata che era stata prima degli Hunger Games. Non avrebbe voluto tramutarsi nel fantasma della vera sé. 
"Lo rifarei altre cento volte se servisse. Lo sai che io per te ci sarò sempre" rispose lui, allungando una mano per accarezzarle il volto.
D'istinto, Annie si spostò, evitando il contatto. 
Vide un'ombra passare negli occhi del Mentore e si odiò per la sua fragilità, soprattutto se questa implicava allontanarsi da lui. 
"Allora, buonanotte Annie. Ci vediamo domani. Si torna a casa" sorrise lui mesto.
La ragazza ricambiò debolmente. "Buonanotte". 
Si obbligò a sporgersi verso di lui, per dargli un bacio su una guancia, ma a qualche centimetro dalla sua pelle si bloccò, assalita dai soliti ricordi macabri e violenti. 
"Scusami" sussurrò.
"Non ti preoccupare". Finnick le sorrise un'ultima volta e se ne andò nella sua camera, lasciandola sola nel corridoio ad osservare la porta chiudersi. 
Entrò in camera e si sedette sul letto, ad osservare il nulla davanti ai suoi occhi e risendendo nelle orecchie la voce di Finnick. 
Perché non poteva avere una vita normale insieme a lui? Sarebbe stato molto difficile lasciarsi toccare da lui? Era quello che più voleva, giusto? Una vita insieme a Finnick. 
Eppure, non riuscivano neppure a guardarsi negli occhi.
Si distese, sempre tenendo gli occhi ben aperti. Aveva paura di quello che avrebbe ricordato, se avesse ceduto all'oscurità.
Rimase in quella posizione per qualche ora, finché la testa non le fece così male per l'assenza di sonno, che decise che non avrebbe potuto continuare così.
Si alzò ed uscì dalla camera. Le sue gambe si mossero automaticamente ed in poco tempo si trovò davanti alla porta di Finnick. 
Avrebbe dovuto bussare, oppure sarebbe potuta andare nella stanza di Typhlos a raccontarle quello che stava provando. 
Forse quella sarebbe stata la soluzione migliore. Si incamminò, ma a metà corridoio decise che non era giusto. 
Fece retrofront e, prendendo un profondo respiro e molto coraggio, bussò alla porta di Finnick. 
Non passarono due secondi, che il ragazzo le comparve davanti agli occhi, spettinato e scompigliato. 
"Annie, cosa c'è? Stai bene?" domandò preoccupato. 
Lei annuì. "Non riesco a dormire.. ogni volta che chiudo gli occhi c'è l'Arena" spiegò. 
Il ragazzo sospirò. "Ti capisco. Vieni" la invitò ad entrare. 
Entrambi rimasero ad osservare il letto in piedi.
Il Mentore si grattò la testa, indeciso sul da farsi. "Io posso dormire per terra, prendi pure il letto".
Annie si sedette sul bordo, appoggiando le mani sulle ginocchia. 
"Non voglio che tu dorma scomodo. Possiamo.. cioé.. possiamo dormirci entrambi".
Scorse un'espressione sorpresa comparire sul volto di Finnick. "Per me non è un problema" ripeté lui. 
"Nemmeno per me".
Il Mentore si sedette di fianco a lei e tra loro cadde il silenzio. 
"Perché ci comportiamo così?" ruppe il ghiacco Annie dopo un po'.
"Come ci dovremmo comportare?".
"Non lo so. Prima non ci sopportiamo, poi ci parliamo, dopo mi baci e mi dici che sei innamorato di me, poi io me ne vado per gli Hunger Games e quando torno non ci guardiamo nemmeno in faccia. Non so più cosa pensare!".
Finnick si voltò verso di lei. "Tu non sai cosa pensare? Hai paura di baciarmi e mi schivi se tento di toccarti!" ribatté.
"Non pensare che mi diverta ad allontanarmi da te! Pensi che mi piaccia sentirmi in questo modo?!". Ora Annie stava urlando, alzata in piedi ad osservarlo. 
Non le importava che qualcuno potesse sentirla. L'unica cosa davvero importante era che Finnick capisse. 
"Allora non farlo! Non andartene da me, Annie! Tu puoi combattere questa cosa, come abbiamo fatto tutti noi Vincitori". 
"Come puoi pensare che sia facile? Hai visto il tuo migliore amico essere decapitato da un folle all'interno dell'Arena? Dimmelo! L'hai visto?! Perché io si e la cosa mi uccide, giorno e notte. Non c'è momento in cui io non pensi all'immagine della testa di Euer che mi rotola sui piedi! Dimmi, tu l'hai visto?!". 
Aveva gli occhi intrisi di lacrime, che non volevano però scorrerle sulle guance ed il mondo le pareva così distorto e confuso. 
Anche Finnick si alzò e le si avvicinò lentamente. "No, non ho mai assistito alla morte del mio migliore amico. Però ho visto quasi morire la ragazza di cui sono innamorato per due volte e ti assicuro che, quando il tuo viso compariva sullo schermo, pregavo Dio di non vederti uccisa. Quindi si, so come ci si sente" ruggì.
Si guardarono agguerriti senza aggiungere altro, perché le parole che si erano detti avrebbero colmato qualsiasi altro silenzio. 
Entrambi aspettavano una reazione dall'altro. 
Un altro litigio? Una fuga? Uno schiaffo? Chi sarebbe stato il primo a ricominciare a parlare? Finnick non voleva saperlo, perché era così vicino ad Annie che poteva contarle le ciglia e distinguere ogni singola lentiggine sul suo naso e non voleva ricominciare a discutere perché gli era mancata e percepiva questa mancanza in ogni centimetro della sua pelle. 
"Al diavolo" ringhiò.
Circondò il volto della ragazza tra le mani e l'avvicinò al suo, baciandola. 
Percepì la sorpresa di Annie ed il tentaivo di respingerlo. Non cedette e continuò a stringerla, cercando di farle sentire la sua protezione, di farle capire che non l'avrebbe mai lasciata e che aveva bisogno di lei. 
Dopo un attimo, si accorse che le difese di Annie iniziavano a cedere.  
Le avvolse la vita con un braccio, costringendola ad avvicinarsi a lui, a farla sbattere contro il proprio petto. 
Sentì le mani piccole della ragazza risalire sul suo viso e stringerlo e poi affondare nei suoi capelli, tirarli e rigirarseli tra le dita. 
Non era un bacio dolce; era un bacio irruento, rabbioso, disperato e famelico, che sarebbe servito molto più di cento parole. 
Finnick assaporò il gusto salato delle lacrime della ragazza, che avevano ricominciato a bagnarle il viso.
Le dita di Annie arrivarono al primo bottone della sua camicia e lo slacciarono, passando al secondo e al terzo. L'indumento cadde a terra senza rumore, seguito dal vestito di lei, che rimase in intimo.
Continuarono a baciarsi anche quando si spostarono sul letto, senza lasciarsi, senza separarsi di un centimetro. 
Annie circondò il bacino di Finnick con le proprie gambe ed iniziò a passare le mani su tutto il petto del ragazzo, seguendone ogni muscolo e ogni cicatrice. 
Finnick non fece una piega: si sarebbe fatto toccare sempre e solo da lei. Non gli procurava più disgusto il proprio corpo e non si vergognava a farlo vedere com'era veramente.
Anche i pantaloni del ragazzo furono lanciati al di là del letto e, finalmente i due smisero di baciarsi, guardandosi negli occhi. 
"Non mi interessa cosa succede, Annie. Io vorrò sempre e solo te, così come sei. Ti amerò nei momenti migliori e in quelli peggiori" le sussurrò, col fiato corto. 
Annie si alzò quel poco per unire nuovamente le loro labbra. "Ti amo, Finnick" rispose a mezza voce. 
Ricominciarono a baciarsi, questa volta più lentamente, assaporandone ogni istante. 
Le mani di Finnick iniziarono ad accarezzare il corpo della ragazza ed ogni tocco generava scosse di piacere in entrambi. 
Sapevano cosa stava per accadere ed erano consapevoli che sarebbe successo comunque, ma Finnick cercò lo sguardo di Annie per essere sicuro che lei fosse d'accordo.
La ragazza annuì e gli diede un bacio a fior di labbra. 
"Solo fai piano" disse, per poi stendersi sul letto e chiudere gli occhi.
 
 
 
La mattina dopo, Annie osservava il paesaggio scorrere velocemente dal finestrino del treno e pensava a quello che l'avrebbe aspettata al Distretto. 
Odio? Rancore? Felicità?
Sentì la mano di Finnick appoggiarsi sulla sua e sorrise nel constatare che il contatto non le creava nessun disturbo. Gli permise di intrecciare le dita alle sue e stringerle. 
Forse quello era l'inizio di una sua lenta rinascita.
"Come stai?" le chiese, spostandole una ciocca di capelli da davanti al viso. 
"Agitata".
"Anche io lo ero. Andrà tutto per il meglio, Annie. Fidati di me". 
"Mi fido di te. Non mi fido di me".
Il ragazzo sospirò e si spostò verso di lei. La fece sedere sulle sue gambe ed incominciò a lasciarle lenti baci sul collo. "Io mi fido di entrambi e questo basta". 
In quel momento entrò Milly Botuline, che alzò un sopracciglio. 
"Non potete contenervi almeno finché non saremo arrivati?" domandò stizzita, afferrando un dolcetto e ficcandoselo in bocca. 
Finnick le fece il verso, ma Annie si alzò e si sedette su una poltrona, sotto sentite proteste del Mentore. 
"E preparatevi, perché tra qualche minuto arriveremo al Distretto". 
La ragazza percepì una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco e non riuscì più a scollare lo sguardo dal finestrino. 
"Cosa dirò ad Ocean?" mormorò "Mi odierà".
"Non può odiarti, Annie. Sei sua sorella. Capirà e ti vorrà bene come sempre" la rassicurò Finnick. 
Mags entrò dalla porta, seguita da Typhlos, che aveva deciso di accompagnarli per conoscere la famiglia della Vincitrice. 
"Abbiamo fatto le ore piccole stanotte, eh?" li canzonò la Stilista, con un ghigno beffardo in volto. 
Finnick scoppiò a ridere, mentre il volto di Annie si colorò di un delizioso rosso pomodoro. "Non.. non.. come..?". 
"Sono cieca ma ci sento ancora benissimo" rispose la donna e anche Mags abbozzò un sorriso. 
L'unica davvero scandalizzata era Milly, che dopo aver mimato molto elegantemente un conato di vomito, se ne andò, avvisandoli di stare pronti. 
"Sei pronta, Annie?" le chiese Typhlos. 
La ragazza posò lo sguardo su ognuno di loro e si fermò sul volto di Finnick, ancorando gli occhi con i suoi.
"Sono pronta". 
 
"Signore e signori, la Vincitrice dei 70esimi Hunger Games: Annie Cresta!".
La voce metallica di Milly Botuline echeggiò per tutta la piazza, amplificata dal microfono. 
Dietro di lei, si incominciò ad aprire una porta di legno, che rivelò ai cittadini del Distretto 4, la Vincitrice ed il suo Mentore.
Con le gambe che tremavano, Annie fece il primo passo, seguito dal secondo, sempre reggendosi al braccio di Finnick, che le aveva promesso che non l'avrebbe mai lasciata cadere. 
Respirò profondamente e poi uscì. 
Il sole caldo l'accecò per qualche istante e dovette socchiudere gli occhi verdi per intravedere qualcosa. 
Piano piano, si abituò alla luce ed incominciò a distinguere le sagome delle persone. 
A lei, però, non interessava la figlia del panettiere, o la moglie del sindaco. 
Lasciò vagare il suo sguardo finché un paio di occhi grigi come il metallo non incontrarono le sue iridi smeraldine.
"Ocean" sussurrò.
La sorella non assomigliava più alla ragazzina di quindici anni che aveva lasciato qualche mese prima. Ora, davanti a sé, aveva una giovane donna, provata dagli avvenimenti che avevano devastato la sua vita: aveva perso il fidanzato e aveva rischiato di veder uccisa anche la sorella. 
Accanto a lei, Glauco le avvolgeva le spalle con un braccio, mentre i due genitori, alla sua sinistra, piangevano di gioia. 
Ocean non disse una parola, si limitò a staccarsi dal gruppo ed avanzare lentamente, con la stessa cadenza dettata dai battiti del cuore della Vincitrice. 
Ogni passo era una coltellata nella schiena di Annie. 
Non aveva mai avuto più paura in vita sua. 
In quel momento, l'unica cosa che desiderava davvero era scappare il più lontano possibile da quei due occhi grigi, che l'avrebbero tormentata per tutta la vita. 
Quando le due sorelle Cresta furono l'una davanti all'altra, nel Distretto cadde il silenzio più totale. 
"Mi dispiace, Ocean. Ti avevo promesso che l'avrei salvato e non ce l'ho fatta. Puoi odiarmi, disprezzarmi, urlarmi contro e avresti ragione perché.." iniziò Annie di fretta, cercando di dare un senso al mare di parole che aveva in testa. 
La sorella non la fece continuare. Si sporse in avanti e la circondò con le braccia, tirandola a sé.
L'altra trattenne il fiato, aspettandosi l'ennesima crisi e con la coda dell'occhio vide Finnick fare un passo avanti. 
L'unica cosa che percepì, però, fu il calore del corpo di Ocean ed un immenso sollievo che si impossessava di lei. 
Ricambiò l'abbraccio con foga, affondando il volto nei capelli della sorella e scoppiando in lacrime.
"Mi dispiace" singhiozzò.
"Non piangere. Ti voglio bene, Annie! Sono contenta che tu sia viva" le sussurrò la sorella nell'orecchio. 
I signori Cresta corsero sul palco, unendosi all'abbraccio delle sorelle.
Appena, però, le mani della madre si posarono sulla schiena della ragazza, questa scattò come una molla, allontanandosi dalla famiglia col fiato grosso. 
"Non.." balbettò, serrando gli occhi e pregando di non ricordare nessun'immagine dell'Arena. 
Questa, invece, si presentò malignamente sottoforma di una mano insanguinata che conficcava un pugnale fino all'elsa nel corpo di una vittima. 
Annie si coprì gli occhi, incominciando ad urlare. 
Altre mani si appoggiarono sul suo corpo, questa volta grandi e calde. 
"Annie, va tutto bene. Tranquilla. Ci sono qui io" mormorò il Mentore. 
"Finnick" singhiozzò lei, aggrappandosi alla sua maglietta e lasciandosi tirare in piedi. 
Osservò Ocean piangere ed i genitori guardarla spaventati. 
La sorella si avvicinò. "Non possiamo più toccarti?" le domandò.
"Il contatto le fa ricordare gli Hunger Games. Ha subito un trauma cranico molto importante ed è come se la sua mente avesse cancellato i ricordi dell'Arena, che riemergono solo quando qualcuno la tocca. Con te no, però, Ocean." spiegò Finnick. 
La madre di Annie scoppiò nuovamente in lacrime, abbracciando il marito che serrò le labbra. 
L'avrebbero disprezzata, ne era sicura.
Chi avrebbe mai voluto una pazza in famiglia?
"Non mi importa" affermò il padre, attirando l'attenzione della figlia. "Non ci importa, Annie. Sarai sempre la nostra bambina, qualsiasi cosa succeda. Se l'alternativa è non rivederti più, allora preferisco mille volte non abbracciarti più. Ti vogliamo con noi. Sei stata via fin troppo tempo" concluse.
Gli occhi verdi della ragazza si riempirono di lacrime e scoppiò a piangere sommessamente.
"Andiamo a casa" disse Ocean, porgendole la mano. 
I cittadini del Distretto 4 aprirono un passaggio, quando la famiglia e Finnick passarono in mezzo a loro. 
Piano piano, qualcuno iniziò a battere le mani, forse Glauco, finché tutti non si unirono all'applauso, che li condusse fino alla porta di casa. 
Il Mentore si fermò sulla soglia ed Annie si voltò a fissarlo, interrogativa. 
"Io non entro" la informò. "E' giusto che tu passi del tempo con la tua famiglia".
La ragazza annuì. 
Si sporse verso di lui e lo baciò lievemente. "Grazie".
"Ci vediamo, Annie". 
 
 
 
 
Il sole stava tramontando davanti ai loro occhi. 
L'arancione, misto al rosa delle nuvole e all'azzurro del mare creava un contrasto mozzafiato che sapeva di casa. 
Annie osservò le propie dita intrecciate a quelle di Finnick e sorrise, sentendo il petto del ragazzo contro la propria schiena. 
"A che pensi?" gli domandò.
"Credo che questo sia il momento migliore della mia vita". 
"Forse lo è sul serio".
"Non sono sicuro. Sai, domani sarà un altro giorno e chissà che succederà qualcosa di straordinario insieme a te. Quindi non voglio essere troppo frettoloso per tirare le somme".
"Perché pensi che gli attimi migliori saranno quelli vissuti con me?" gli domandò, voltandosi a guardarlo e perdendosi nella profondità dei suoi occhi verde mare. 
Finnick le sorrise. "Perchè tu sei la cosa più bella della mia vita"
 
 
THE END
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Lily97