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Autore: M4RT1    16/05/2016    3 recensioni
Tenry | 650 words | Missing Moments | Post!8x10
Così trascorreva minuti interi a fissare quella foto, quel nome, quell'elenco interminabile di chiamate che si fermava a una settimana prima, all'improvviso, alle 18.47 di una sera qualsiasi, dieci minuti prima che lui entrasse in sala operatoria per non uscirne.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Burton, Teddy Altman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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**Questa storia partecipa come riserva al Contest "Il telefono" indetto da MontyDeeks sul forum di EFP


"[...] you’ll feel a lot of things. First you’ll feel like you could’ve done more to help her, but that’s not true. You did everything you could. It won’t feel that way, but remember me telling you this: You did everything you could. And it’ll hurt every time you think of her. But over time it will hurt less and less. And eventually you’ll remember her and it’ll only hurt a little.”

[Grey's Anatomy - 6x21, Cristina Yang]




Avrebbe voluto chiamarlo. Solo chiamarlo, per sentire la sua voce.

Le sarebbe piaciuto poter schiacciare quel maledetto tasto e passeggiare mentre il suono monotono degli squilli si ripeteva fino a lasciar spazio a un: "Ciao, tesoro!"

Così continuava a guardare il cellulare. Non potendo fare altrimenti, le dita intorpidite e la mente vuota, trascorreva minuti interi semplicemente fissando il telefono e pregando un Dio in cui aveva smesso di credere durante la guerra che suo marito le telefonasse.
Anche se era impossibile, anche se ne era andato.

Certe volte scorreva la rubrica fino al nome "Henry Burton" - non l'aveva mai modificato in cose come "tesoro" o "Henry conuncuorevicino": era rimasto il freddo e formale "Henry Burton" del giorno in cui si conobbero - e fissava quella stupida foto che l'uomo aveva impostato come immagine alle sue chiamate. Era un selfie che lo immortalava in un'improponibile smorfia con gli occhi sgranati e la bocca aperta in un inquietante sorriso a trentadue denti. Se l'era scattato in ospedale, un giorno in cui gli avevano detto che probabilmente l'avrebbero dimesso quel pomeriggio. Indossava il camice dei pazienti e aveva i capelli leggermente arruffati dal lato dove poggiava la testa sul cuscino ed era allegro. E accanto a lui, sulla destra, si intravedeva un pezzettino di Teddy: una ciocca di capelli, l'orecchio, metà occhio sinistro. Anche lei era felice.

Così trascorreva minuti interi a fissare quella foto, quel nome, quell'elenco interminabile di chiamate che si fermava a una settimana prima, all'improvviso, alle 18.47 di una sera qualsiasi, dieci minuti prima che lui entrasse in sala operatoria per non uscirne. 

Si era conclusa con un "Ti amo", "Sì, anche io". Le sarebbe piaciuto risentirlo.

Così, fissava lo schermo. Pregava che il cellulare suonasse. Certe volte, quando era esausta e arrabbiata col mondo, provava l'impulso di prendere quel dannato telefono e gettarlo via, lontano, a frantumarsi in mille inutili pezzi. Ma lui non avrebbe voluto. Non avrebbe voluto niente  di tutto quello, né i pianti, né il fissare quella foto, né l'impulso di chiamare ancora al suo numero e poi riagganciare rendendosi conto che nessuno avrebbe risposto.

Non aveva neppure una segreteria, un "Ciao, sono Henry Burton. Lasciate un messaggio dopo il bip!" a cui aggrapparsi.
Semplicemente, era sparito. Lui, le risate, la sua voce. Come se non fosse mai esistito; come se improvvisamente Teddy si fosse risvegliata da un sogno, un bel sogno, e fosse invece finita in un incubo spaventoso. 

Proprio come dopo una nottata piena di immagini e pensieri, Teddy si era destata per ricordarsi il motivo per cui non usasse mai un cellulare, prima, e per cui la sua suoneria fosse un banale motivo preimpostato dal cellulare - e non quella bizzarra e rumorosa scelta da suo marito. All'improvviso non aveva più senso il dare uno sguardo al telefono ogni dieci minuti, in ansia e trepidazione contemporaneamente: era tornato ad essere l'inutile apparecchio fautore solo di brutte notizie e chiamate improvvise al lavoro. Come non controllava più che ci fosse del succo di frutta in frigo e che i suoi turni non prevedessero troppe notti di seguito, così Teddy Altman prese a evitare di guardare il cellulare, ignorando volutamente l'idea di cancellare tutti i suoi messaggi o di rileggerli. 

E poi, una sera, poco prima di entrare in sala operatoria, si decise a farlo. Si decise a scorrere l'elenco fino al nome di suo marito e a posarci sopra un dito, aprendo la cronologia degli SMS che si erano scambiati nell'ultimo mese. Ed era così bello, così pieno di Henry, con quei "Il mio collega vicino di scrivania ha scambiato il mio ordine con il suo... credi che a Vancouver utilizzino costumi hawaiani???" e "Non fare tardi, ti aspetto pieno di popcorn :)" che, per un momento, Teddy si sentì a casa. E decise che non avrebbe cancellato nulla di tutto quello. E decise che, se Henry aveva amato quella sua versione così allegra e un po' folle, un motivo doveva esserci. 

Il mattino successivo, tornando a casa, si fermò a prendere del succo di mela.

  
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