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Autore: Thiare    17/05/2016    3 recensioni
Il Franny's Saloon era una catapecchia tenuta insieme solo per forza di volontà sulla riva del fiume Ocmulgee, un chioschetto carino, in verità, con tutti quei piccoli dettagli che piacevano alla gente, come i tavolini pieghevoli all'aperto e il bancone di legno lucido.
Andava sempre lì durante le ferie dal lavoro, era il suo posto preferito al mondo, aveva scoperto. E poi stava anche simpatico alla proprietaria. Franny era una di quelle donnone tutta tette e ciccia che si portano avanti dall'adolescenza, scuretta di carnagione e al collo sempre collane di perle grosse come un dito che sparivano nel suo doppiomento. Una bonacciona, essenzialmente, sempre con quei dannati ferri a lavorare a maglia e a fumare il sigaro. Era strana, Franny, ma per lei lui era come un figlio.

{La storia di Lance e Bobbi percorsa attraverso la fortuna di un portachiave}
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobbi Morse, Lance Hunter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Key Chain



Franny's Saloon

Il Franny's Saloon aveva la strana capacità di isolare quella sua quindicina di metri quadri dal mondo esterno e in essa farci vivere le leggende. Infatti non era più un mistero che le minigonne di jeans fossero passate di moda da poco meno di un ventennio o che la carta da parati fucsia facesse rivoltare lo stomaco, eppure in quella catapecchia niente passava a miglior vita.
Molti giovani di quella nuova generazione potevano giurare che il 2005 fossel'anno dei cambiamenti e delle innovazioni, quello che forse fra tutti era stato l'anno meno fruttuoso tranne che per l'uscita della nuova serie di Doctor Who o per la ricostruzione nasale di Ozzy Osbourne. Neanche per lo SHIELD era il suo anno migliore ma le reclute non erano poi tanto male, dopotutto.
Il Franny's Saloon era una catapecchia tenuta insieme solo per forza di volontà sulla riva del fiume Ocmulgee, un chioschetto carino, in verità, con tutti quei piccoli dettagli che piacevano alla gente, come i tavolini pieghevoli all'aperto e il bancone di legno lucido.
Andava sempre lì durante le ferie dal lavoro, era il suo posto preferito al mondo, aveva scoperto. E poi stava anche simpatico alla proprietaria. Franny era una di quelle donnone tutta tette e ciccia che si portano avanti dall'adolescenza, scuretta di carnagione e al collo sempre collane di perle grosse come un dito che sparivano nel suo doppiomento. Una bonacciona, essenzialmente, sempre con quei dannati ferri a lavorare a maglia e a fumare il sigaro. Era strana, Franny, ma per lei lui era come un figlio.
Primogenito denigrato, fratello odiato e studente scarso fin dall'asilo, Lance Hunter aveva trovato in quel nuovo 2005 una nuova fissazione.
Le donne gli erano sempre piaciute, per carità, ma ciò che aveva scoperto piacergli ancora di più erano le immagini delle donne, ecco perché ormai nel tempo libero se ne andava in giro con una vecchia macchina fotografica a rullino appesa al collo.
"Dovresti smetterla con questa cosa..." James Richards, ventitré anni freschi freschi e un taglio di capelli troppo alla moda da sembrare serio, gli imbruttiva dall'altro lato del drink seduto al suo stesso tavolo fuori dal Franny's. Era suo amico da che aveva memoria e si incontravano quando potevano tra il lavoro da tenente di Hunter e quello da mercenario di James.
Lance si voltò verso di lui, i capelli un po' più lunghi, la barba un po' più acerba. "Intendi con la macchina fotografica?"
James annuì. "Sei un tenente, perdio, non un fotografo del college, devi saperti dare un contegno!"
Lance era certo che fosse la trentesima volta che sentiva quella ramanzina nell'arco di un anno ma era sempre stato un osso duro a cambiare idea.

Cercò di ascoltare i cantilenanti e monotoni insulti di Richards ma una voce più armonica lo fece destare.
"Ho soltanto un dollaro..." ribatteva dispiaciuta una ragazza alta e bionda rivolta a Franny. La proprietaria sospirava affranta, conosceva benissimo quel sospiro.
"Mi spiace dolcezza, non che non mi fidi di te eh, ma ho già avuto un sacco di situazioni come la tua e la gente ormai si sa che è furba, non posso più lasciar passare certe cose, i conti poi non tornano a fine mese..." mormorò dispiaciuta, il terzo mento che ballonzolava da una parte all'altra del collo.
Lance si alzò di colpo lasciando James interdetto e lasciò una banconota da dieci sul bancone lucidato che zia Franny aveva a cuore, ammiccando alla bionda stretta in una gonnellina rossa. "Faccio io per questa volta, Frey"
La donna alzò le spalle e afferrò la banconota. "Mi dispiace, zuccherino, ma non ho da cambiare." lo informò frugando con i ditoni tra gli spicci della cassa. Lance si guardò intorno, la ragazza lo fissava in silenzio con uno sguardo degno delle migliori spie, come se lo stesse studiando, leggendo dal profondo. La guardò per poco e poi si girò dall'altra parte afferrando uno dei portachiavi appesi alla parete del chioschetto di legno.
"Prendo anche questo, Frey, così siamo pari." La donna annuì soddisfatta a incassò la banconota, così Lance si allontanò dal bancone e, come aveva previsto, la ragazza lo seguì. James guardava la scena da lontano a bocca aperta, Lance Hunter, per sempre il suo grande buddha del rimorchio.
"Tienilo tu se vuoi." disse all'improvviso rivolto alla ragazza, questa lo guardò tra il confuso e il sarcastico.
"Il portachiavi?"
"Il portachiavi. Puoi tenerlo se ti va."
"Non ho delle chiavi."
"Tutti hanno delle chiavi, chiunque abbia una casa o una macchina ha delle chiavi."
"Io non ho né una casa né una macchina."
"Oh, ricevuto." asserì lui specchiandosi nei suoi occhi trasparenti. Si voltò e fece per andarsene ma, come previsto, la sua voce lo bloccò. James aveva cominciato a riempirsi di noccioline neanche fossero pop corn.
Si voltò con un sorriso stampato in faccia e la vide a braccia strette al petto impugnare una banconota da dieci dollari con l'indice e il medio della mano destra; gli si avvicinò un po' di più. "La prossima volta cerca di non intrometterti in affari governativi, tenente." e se ne andò.
Lance Hunter, rimorchiatore per nomina e nascita e colui che mai aveva mancato una preda, si ritrovò a lasciarla andare. Impugnò la macchinetta e scattò qualche foto mentre James gli si portò al fianco.
"E quelle per cosa sono?" domandò stizzito.
L'obiettivo inquadrava perfettamente il viso di lei, una perfetta maschera di menzogna e recitazione mescolate in modo da non capire mai quale fosse quale; bellissima.
"I soldati non tornano sempre indietro." sussurrò, più a sé stesso che a Richards. "Queste sono per ricordarmi i motivi per cui vale la pena tornare..."
"L'amore?"
"Le gnocche."




Guadalupe Street_California (Tre anni dopo)

Guardò le sue ferite nel vecchio specchio e se le pulì come un animale ferito.
Un neomercenario a protezione di una spia, pff, non si sentiva dai tempi delle prime missioni di Barton e della Romanoff come un'unica squadra, quando lei lo proteggeva come fosse il suo padrone solo per averle salvato la vita - per aver salvato la sua intera, irrecuperabile, vita - una volta. Sembrava un cagnolino addomesticato i primi tempi, non parlava con nessuno tranne che con lui, e in quel momento non poteva benissimo ammettere che la sua situazione non fosse identica.
Sì, poteva dire che si era ustionato metà faccia per proteggerla, ma lui era un uomo libero. Cercò di scollare i pezzi di garza che erano rimasti incollati alla carne fresca della guancia dopo l'ustione di secondo grado ma così facendo si provocò solo una grossa fitta di dolore. Alzò gli occhi lucidi e incontrò la bellissima foto di lei che le aveva scattato la prima volta che l'aveva incontrata, al Franny's Saloon, incollata come sempre allo specchio del bagno.
"Ma perché mi devi far penare sempre?" chiese alla fotografia abbassando lo sguardo, neanche si era accorto della porta che aveva sbattuto sui cardini all'ingresso.
"Con chi stai parlando?" Bobbi comparve all'improvviso dietro la porta del bagno minuscolo e alzò semplicemente un sopracciglio quando lui saltò letteralmente di un metro per lo spavento farfugliando qualcosa e staccando quella che sembrava una foto dallo specchio sul lavabo. Aveva ancora il viso sporco di sangue, lei, ma a differenza di Hunter non era il suo. Lei stava bene, stava bene grazie a lui.
"Con... co-con te."
"Con me?"
Hunter inghiottì il groppo di saliva che sentiva essere cresciuto il triplo in un paio di frasi e annuì.
Bobbi sospirò e andò avanti. "Non dovresti curarti da solo."
"E' così che facciamo noi mercenari."
"E' così che fate voi stupidi."
Hunter avrebbe voluto tanto sorridere ma il dolore alla guancia era così forte da bloccargli qualsiasi espressione facciale, così quello che doveva essere un sorriso affiorò sul suo viso come una smorfia distorta.
"Lascia che ti dia una mano."
Il tocco di Bobbi era leggero e delicato mentre passava le sue mani sulla sua pelle, la bagnava e la disinfettava come una madre. Ormai aveva capito com'era fatto Hunter, voleva essere capito e coccolato e baciato quando ce n'era bisogno. Con un'altra donna lui non ci avrebbe pensato più di tanto ma con lei era diverso, la conosceva da tre anni e per tre anni aveva desiderato di baciarla e per tre anni non ci era riuscito. Era per questo che quando Bobbi si avvicinò al suo viso così tanto da sfiorargli le labbra, lui quasi non si abbandonò all'idea che volesse baciarlo e morderlo e averlo con sé. Ma Bobbi era sempre Bobbi, così quando si portò abbastanza vicino ad un punto equivoco del suo viso, lo accarezzò con l'indice pulendo via una macchia di sangue incrostato.
Non ricordava come si erano incontrati per la seconda volta dopo il Franny's Saloon, forse non l'aveva mai saputo per davvero e quello era stato solo l'ennesimo raggiro della letale Barbara Morse, ma qualcosa gli diceva che era colpa del fato.
"Prendilo tu." le disse nel vuoto mentre stava per uscire dalla catapecchia che era diventata la sua casa.
"Che cosa?"
"Il portachiavi."
"Il portachiavi?"
"Sì, quello del Franny's Saloon. Prendilo tu, così quando ce l'avrai saprò che sei al sicuro."
"Non ti facevo un tipo superstizioso, Hunter."
"Io invece pensavo che i gesti dolci ti colpissero."
Bobbi si fermò sul ciglio della porta alzando il capo e tendendo la mano. "Comunque non ho ancora né una casa né una macchina."
"Puoi tenere le chiavi che ci sono attaccate allora, se vuoi." mormorò.

Bobbi avrebbe saputo dopo che quelle erano le chiavi del suo monolocale e del suo Suv nero.




Baghdad_Iraq (Un anno dopo)

Il sole dell'Iraq, come avrebbe sempre detto in seguito, ha una luce diversa. Non si sapeva spiegare come, ma era così, quel sole era più bello, più luminoso, più speranzoso.
James Richards era scomparso da sette mesi e lui aveva portato a termine i propri incarichi da solo, senza quel vecchio amico. Non sapeva dove fosse finito o chi l'avesse rapito, alcuni parlavano della mafia russa, alcuni dell'EIPM, lo SHIELD si era divertito ad immischiarsi.
Era seduto ad uno dei tanti bar nella piazza principale, questo aveva un delizioso giardinetto cosparso di tavolini da té adorabili e piante di tutti i tipi tra le aiuole intorno, le cameriere erano gentili e formose e lui guardava troppo.
Il suo cellulare suonò, numero sconosciuto, rispose sapendo già chi trovare dall'altro lato della cornetta. "Spiegami perché ogni volta che ho a che fare con lo SHIELD ci sei tu di mezzo."
Bobbi sospirò dall'altro lato. "Perché qui tu non piaci a nessuno."
Rimase in silenzio. Forse si ricordava come si erano incontrati la seconda volta, a causa di quella donna il suo corpo era tappezzato di cicatrici che facevano ancora male. Una in particolare, quella che bruciava più di tutte, era diventata poco più di un piccolo taglio bianco nel corso degli anni ma le immagini di quel giorno gli ritornarono in mente come flashback in bianco e nero. Frederick Uneghin che mirava la pistola, lei che si abbassava a prendere un bambino rimasto sulla linea del fuoco, lo sparo, lui che si gettava per proteggerla, la ferita al collo, il sangue.
Il suo filo di pensieri venne interrotto all'improvviso dalla sua voce squillante che trillava nel cellulare. "Alle tue ore tre, hai sette minuti, poi dovremo scomparire."

Annuì nel vuoto e si diresse verso il punto indicato da Bobbi, svoltò l'angolo e quasi non le andò a sbattere contro quando se la ritrovò di fronte. "Barbara"
Quel nome, oh quel nome, sulle sue labbra aveva tutto un altro sapore, lei lo sapeva bene. Si guardarono negli occhi per un lungo secondo, poi la donna si fece strada tra la schiera di agenti che la seguivano a pistole sguainate e ne tirò fuori, tenendolo per la collottola del giaccone, quello che era rimasto del mercenario James Richards.
Lo strattonò non tanto gentilmente e glielo buttò ai piedi con poca grazia. Lance gli si gettò addosso abbracciandolo, incurante di quello che potessero pensare i presenti e pensò di stare per mettersi a piangere ma è incredibile fin dove può arrivare il contegno di un uomo - avrebbe poi pianto come si deve quando sarebbero stati di nuovo soli.
"Tieni a bada i tuoi amici la prossima volta, cacciatore, è dovuta intervenire la Romanoff con la mafia russa e per salvargli il culo si è beccata una pugnalata al petto..."
"Vuol dire che non era abbastanza attenta." commentò Lance mentre aiutava James ad alzarsi.
"..mentre combatteva contro tre squadroni da dieci soldati ognuno... da sola."
"Uhm."

Bobbi non rimase a continuare la conversazione, si girò sul posto ordinando agli agenti la ritirata ma proprio mentre si stava allontanando una mano chiusa attorno al suo polso la fermò. Si girò incontrando gli occhi nocciola di Lance.
"Tu come stai?" le sussurrò piano, lei sorrise dolcemente, poi si voltò e scomparì lasciando il mercenario da solo con un amico ferito e i suoi sospiri.




Amsterdam (Due anni dopo)

Non dormiva da trentanove ore, il giorno prima si era svegliato alle quattro e mezza della notte e poi aveva fatto tutto un tiro. Non ricordava bene come o chi fosse stato a svegliarlo ma sapeva che era una cosa molto importante, per questo era scattato a sedere immediatamente. Mentre il sole tramontava sulle case che coloravano Amsterdam, lui guardava l'orologio da polso che aveva rubato ad un grassone coi baffi e accarezzava la valigetta di metallo.
Era sempre stato così tra loro due, si salvavano la vita a vicenda di nascosto, senza dirsi niente, usando metodi più o meno ortodossi, era questo il loro hobby preferito.
Qualche mattina prima gli era arrivata una telefonata, era un "collega" di lavoro, portava brutte notizie. Gli erano sempre piaciute le donne pericolose, ma lei lo era troppo e questa volta aveva passato il limite. Hunter sapeva che lo SHIELD ti dava un lavoro e una paga ma non la protezione da ciò che combatti, per questo la stimatissima agente Barbara Morse ora come ora si trovava con la merda fino a quei suoi occhi azzurrissimi. La mafia russa era un conto, si era ritrovato a pensare, ma l'EIPM era tutt'altro. Che il KGB non si fosse ancora intromesso era un bene, menomale che la Morse non era pericolosa a tal punto.
L'uomo gli arrivò di spalle e lui capì di essere in trappola nel momento in cui sentì la canna della pistola contro la spalla. Lo straniero si piegò su di lui come a far vedere che gli stava sussurrando qualcosa nell'orecchio, così che le poche persone che passavano a quell'ora nei pressi di quella panchina non si accorgessero della situazione.
"Hai la valigetta?" chiese lui e Lance alzò gli occhi al cielo sbuffando.
"Certo, idiota, e non provare più ad avvicinarti alla Morse."
Era passato quasi un anno da quando aveva buttato in mare la sua fede, ma sapeva che non era mai stato l'anello a tenerli legati.
Da quel momento era stato solo una volta al Franny's Saloon, per affogare i loro dissapori nell'alcool, ma la vecchia signora gli aveva ricordato che lo sguardo di una donna, quando ti entra dentro almeno una volta, ti rimane per sempre, zucchero, e il vino non lo cancellerà mai. Lui aveva sorriso... come cancellare lo sguardo di quella ragazza che portava tutti insieme con sé l'inverno gelido della Russia, tutti i mari d'Italia e tutto il sole che si può trovare ovunque si cammini?

Lo straniero rise. "Come se tu possa fermarmi..." Lance strinse gli occhi e con un movimento fulmineo si liberò dalla presa della pistola e gli ruppe una mano con un calcio.
"Non ti avvicinare più alla Morse, ho detto. Prendi la tua garanzia e sparisci." gli disse lanciandogli la valigetta, lui andò via.
E non si fece più vedere.

Lui guardò il portachiavi appeso alle chiavi del suo Suv e sospirò.
"Ma perché mi devi far penare sempre?"




Bruges, Belgio (2015)

"Stavolta sono venuto io da te." pensò, ma non ne era neanche tanto convinto, non era certo che quello che li aveva fatti riunire fosse stato proprio il fato, non aveva mai creduto in questo genere di stronzate.
Come al solito insieme erano stati formidabili, come pezzi mancanti dello stesso puzzle lì a completarsi, infinitamente, l'un l'altra, come se non ci fosse fine. Dove mettercela una fine ad una storia del genere?
Lance Hunter, l'uomo che aveva sempre lavorato da solo, fatta eccezione di solo poche persone incontrate sul suo cammino, lì ad iniziare una nuova vita, a scrivere una nuova storia. Era incredibile, ora che ci ripensava, a come lei fosse riuscita ad arrivare persino lì.

Barbara Morse era ovunque.

Lo SHIELD non sembrava una buona prospettiva di vita, ma di sicuro era un inizio.
Avevano ucciso molti nemici quel giorno, loro erano ancora in piedi. Strano il destino a volte. Stavano impacchettando le loro cose prima di andare via e il tempo sembrava quasi scandito nel battito di un secondo.
Quando Bobbi si avvicinò a lui accovacciato per terra, Lance nascose un portachiavi, lo stesso che, anni prima, lei gli aveva lanciato dietro gridando che non avrebbe mai immaginato una fine così brutta sposandolo.
Hunter si rimise in tasca quell'oggetto come un tesoro inestimabile che deve essere protetto e non la guardò in faccia, per paura che lei, con la sua astuzia così sottile, potesse leggere nei suoi occhi molto più di quanto le era concesso.

"Solo non morire lì fuori, okay? Ma se vuoi restare, resta."

Quelle sue ultime parole ad aleggiare nell'aria come sogni inespressi, lui aveva persino paura di respirare, avrebbe potuto rovinare qualcosa.
Quello stesso portachiavi, all'apparenza inutile, li aveva fatti incontrare un giorno e li avrebbe fatti ritrovare un altro, come lei che mai gli rivelerà di aversene voluto separare soltanto una volta, quando, credendo di non poter tornare, voleva farglielo avere come suo ultimo dono.
Ma quello, come il suo compito iniziale, l'aveva protetta.




Crab Cay, Caribbean (ai nostri giorni)

Non sapevano dove sarebbero andati, né che cosa sarebbe stato delle loro vite, sapevano solo che volevano costruirne una insieme ed amarsi come se non si fossero mai lasciati.
Stesa su un asciugamano, sotto il sole dei Caraibi e sulle loro spiagge, Barbara Morse si rigira tra le dita il loro portachiavi.
Ci erano passati qualche mese prima da Franny, insieme, e lei si era lanciata in uggiolati contenti smaniando sul fatto che era stata lei a farli incontrare per la prima volta, nessun altro, è solo merito suo.
Ormai Franny è diventata troppo vecchia per essere contraddetta e il Franny's Saloon giace sulle sponde del fiume Ocmulgee come un'ombra stanca nella piega dei giorni. Lance pensa di occuparsene lui d'ora in poi, ma è soltanto un'idea.
Sovrappensiero, Bobbi gira il viso puntando gli occhi dietro gli occhiali da sole su un uomo che si stava avvicinando da lontano sulla sabbia bollente.
Si alza su un gomito e si toglie gli occhiali. "Mi scusi, ha visto mio marito?" chiede al giovane e lui si ferma all'istante, a qualche metro da lei, sfoggiando il suo più perfetto accento americano.
"E' per caso un uomo alto, molto attraente, con dei muscoli ben scolpiti? Gira anche voce che sia un ex agente segreto?"
Bobbi ride. "Sai che non dovresti dire queste cose in pubblico."
Lance si toglie la camicia e si tuffa sull'asciugamano accanto a lei, riempiendola di sabbia. "Che mi vengano a prendere, aspetto solo che arrivino per atterrarli con i miei super muscoli!" urla mettendo in mostra i bicipiti.
"Calma, Rambo, o ti stirerai qualcosa." ride di nuovo lei baciandolo sulle labbra.
"In effetti mi sento un po' fuori forma, potresti aiutarmi a sciogliermi un po'?" stavolta però gli arriva uno schiaffo in piena faccia e si mette a ridere ricandendo sulla sabbia.
"Sai..." dice lui dopo un momento di silenzio. "Stavo pensando che quella volta sono venuto io da te."
"Uhm?" mugugna lei spaesata.
"Voglio dire che" lui si avvicina un po' di più. "L'ultima volta che si siamo ritrovati, allo SHIELD, sono venuto io a casa tua, diciamo, sono io che ti ho ritrovata, quindi sono in vantaggio." gongola dolcemente.
Lei sorride. "A me piace pensare che ci siamo incontrati a metà strada."

Quel portachiavi poi, attorcigliato tra le loro mani, che aveva segnato l'inizio di una nuova era e la conclusione di un'altra, era l'unica cosa che aveva continuato a scrivere la loro storia e a tenerli insieme.
Ora le chiavi di Lance erano anche quelle di Bobbi.











N.d.a.
Ehilà! Da quanto tempo non pubblicavo qualcosa, feels good!
Quei due sono sempre stati l'ammmmore, quindi mi pare giusto che li abbiano fatti fuori, anzi già è tanto che non sono morti - giusto, solo Teen Wolf è così spietato da uccidere due personaggi in due puntate.
Spero vivamente che questa mia vi sia piaciuta, la dedico come al solito al mio spicciolo scricciolo, Becca, e a tutti coloro che come lei e me sono strabuttati sui libri per evitare i voti bassi di fine anno ma che alla fine rinunciano a Diocleziano o allo spagnolo per un buon sano shipping.
Un grazie a chiunque sia arrivato fin qui.
Just words, fantasies and fortune,
Erika


 
   
 
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