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Autore: eyes_in_the_fire    17/05/2016    4 recensioni
C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo. Per non sentirsi maledettamente l'unico che, in un mare di sorrisi delle persone a sé accanto, lacrima.
[...]
Gli occhi sanguinano. Sanguinano come può sanguinare il cielo.
Sanguinano in un modo cristallino... puro.
Quel tipo di sangue era come un diamante, ma meno raro. Purtroppo meno raro.
E lei ne sapeva qualcosa.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo. Per non sentirsi maledettamente l'unico che, in un mare di sorrisi delle persone a sé accanto, lacrima.
Ma lei non le chiamava lacrime.
​«Non è semplicemente acqua che scorre sulle nostre guance» diceva; «Anche gli occhi sanguinano, no? Ecco. È sangue, sangue cristallino. Puro»
E a lei non importava di piangere in compagnia o in solitudine. A lei oramai non importava di niente.
​C'era un via-vai di pensieri nella sua testa ingegnosa e creativa - che però di ingegnoso o creativo in quei momenti non aveva niente - impregnati di tristezza e ricordi malinconici di quegli occhi di ghiaccio. Quegli occhi di ghiaccio che apparivano ovunque. Collegava ogni cosa a lui.
​E giaceva lì ogni sera, stringendosi le ginocchia e guardando fuori dalla finestra di vetro trasparente, sperando di vederlo tornare. Vederlo tornare con quel sorriso che solo a lei rivolgeva, solo alla sua Stella.
​Perché Gwen era come una stella: così chiara la pelle, così misteriosa la sua figura. In mezzo ad un milione di altre ragazze, però sempre diversa.  Ed era così bello guardarla: rimanevi incantato dalla sua bellezza.
Ma da quando lui scomparve, guardarla faceva male. Faceva male vedere come orgogliosa sfoggiava i tagli rosei sulle sue braccia senza temere i giudizi altrui, faceva male vedere il suo sguardo profondo e tenace, di una che non ha mai mollato e mai mollerà, arrossato, appannato, decorato da scure occhiaie. Faceva malissimo. Uno schiaffo in piena faccia.
​E se la vedevi piangere, oh, quanto doleva. Un viso di porcellana senza imperfezione alcuna, rigato da lacrime, che lei chiamava sangue cristallino. Quel liquido limpido che usciva dai suoi occhi d'ossidiana, che scorreva lungo le sue guance pallide e che si fermava, talvolta, sulle labbra ripassate da un rossetto scuro, per poi venire tolto dalla lingua, rossa come una fragola matura, di Gwen. Dopotutto le piaceva quel sapore salato nella sua bocca.
​In ogni caso, tagli o no, pianti o meno, era sempre lì a reggersi le ginocchia e a guardare fuori. Nella luce sanguinolenta del tramonto sperava di cogliere la figura di lui, correre, entrare in casa e prenderla, e farla volare cingendola per la vita, per poi farle appoggiare la testa sul suo petto e poter così inspirare il profumo dei suoi capelli scuri che parevano seta.
​A Gwen piaceva sentirsi accarezzare dalle sue mani. Preferiva le dita di Duncan alla lama fredda del coltello, ma non poteva farne a meno.
​Come non poteva fare a meno di osservare la sfera che pareva di fiamme e sangue tramontare, mentre ripeteva al vuoto:«Tornerai... tornerai...» come una preghiera lanciata alla notte che stava per incombere. Ma lui se n'era andato ormai, e per sempre.
​Il loro rapporto era il parco giochi dei sentimenti, non litigavano mai, si amavano da impazzire, era sempre un'altalena di "Ti amo" e di "Anch'io", uno scivolo di baci e risate, un prato di carezze e sussurri. Ed era quando uscivano da quel posto magico ed entravano in casa e si adagiavano sul letto, che il silenzio era come un onda: a volte s'increspava diventando più assoluto o si abbassava, spaccato da parole dolci e risatine e schiocchi di baci.
​Poi, però, tutto scomparve. Scomparve il parco, il silenzio e scomparve Duncan.
​Rimase solo Gwen. In quella casa grande e vuota. In quella casa dove erano rimasti solo lei e i suoi ricordi. Solo lei e le sue speranze. Solo lei e le sue lacrime.
   
 
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