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Autore: Kara    18/05/2016    4 recensioni
Raccolta di shot legate alla saga Maharajakumar di Melanto.
I racconto "Dosti"; II racconto "Pyaar".
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Taki/Ted Carter, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Storia da collocarsi temporalmente il giorno dopo Shapath.

Pyaar
(Amore)


 

 

La luce del tramonto dipingeva la stanza di una calda sfumatura arancio.
Il lungo pomeriggio volgeva al termine e a oriente il firmamento aveva già iniziato a tingersi di un cupo color indaco.
I suoi occhi seguirono gli obliqui fasci di luce posarsi sui semplici mobili di legno che arredavano l'ambiente, rifrangendosi sulle rifiniture in ottone, per poi tornare ad appuntarsi allo scorcio di cielo che si intravedeva attraverso l'alta finestrella a volta. La tenda era stata tirata per lasciar entrare quel poco di frescura che il caldo intenso della stagione permetteva e il lento ma inesorabile avanzare della notte era chiaramente percettibile dalle variazioni della luminosità.
Ben presto il sole si sarebbe eclissato dietro le pianure a ovest, sancendo la fine di un'altra giornata e la luna avrebbe regnato incontrastata. Brillando alta nel cielo, avrebbe indicato la strada a coloro che avessero deciso di sfidare le tenebre notturne.
Quella notte, però, lui non sarebbe stato uno di loro.
Si mosse, allungandosi come un gatto per stirare la schiena e sciogliere i muscoli, e le braccia che lo avvolgevano accentuarono la stretta, attirandolo contro il corpo caldo alle sue spalle.
"Non dormi?"
La domanda, sussurrata tra i suoi capelli, gli fece curvare le labbra in un sorriso affettuoso, che si accentuò quando la nuca venne sfiorata da un bacio leggero.
"No... non ne ho voglia..." mormorò, chiudendo le palpebre e crogiolandosi nella sensazione di profondo benessere che quella stretta sapeva trasmettergli. Un sospiro appagato gli sollevò il petto al pensiero che non c'era nessun altro posto al mondo dove avrebbe voluto trovarsi in quel momento; era dove doveva essere, tra le braccia di Hajime, la persona per lui più importante.
La sua mano cercò e strinse quella del compagno, intrecciando strettamente le loro dita. "Ormai capita così di rado di stare da soli in questo modo che non voglio sprecare nemmeno un attimo nel sonno."
"Non posso darti torto." Hajime fece scivolare le labbra lungo il suo collo in tanti piccoli baci che non avevano lo scopo di riaccendere la passione quanto piuttosto di coccolarlo.
Sbuffò un sorriso tra i cuscini e si strinse, se possibile, ancora di più contro di lui. Amava sentirselo addosso: il contatto con la sua pelle nuda, il ritmo lento del respiro, il fiato caldo che lo solleticava, era un altro modo di godere dei loro corpi e della reciproca vicinanza. E in quell'essere soltanto loro due e nient'altro, il mondo acquistava una sua propria perfezione.
"Non riuscivo a credere alle mie orecchie quando Gamo ci ha concesso questo giorno di licenza premio per la nostra promozione a soldati effettivi. Erano quasi due mesi che non riuscivamo a passare una notte intera fuori dal palazzo."
E gli era pesato, gli era pesato tantissimo, non riusciva a dirgli quanto. Non soltanto per il bisogno fisico che aveva di lui, del suo modo di toccarlo, di amarlo, ma per la possibilità di poter esternare liberamente i propri sentimenti, senza doverli reprimere come al solito per timore di compiere qualche gesto inopportuno e mettere entrambi in pericolo. A volte gli sembrava di essere diviso in due: il Teppei che si mostrava agli altri e il Teppei che era davvero e che nessuno, a parte Hajime, conosceva; quello che non era costretto a fingere continuamente di essere qualcosa che non era.
"Non farmici pensare..." borbottò il compagno, sospendendo per un attimo le sue carezze prima di riprendere a lambirgli il collo con le labbra. "Stavo diventando pazzo."
Il tono frustrato con cui Hajime pronunciò le ultime parole lo fece sospirare con mestizia. Prima di arruolarsi era più facile riuscire a ritagliarsi del tempo in cui stare da soli. Bastava scappare fuori Mumtaz, tra i ruderi di Bhoot Bangla, l'antico villaggio che si diceva fosse infestato dai fantasmi e dove erano sicuri che non avrebbero incontrato nessuno. Ma da quando erano diventati cadetti anche raggiungere Bhoot Bangla era diventato complicato, praticamente impossibile con il buio ed era soprattutto di sera che gli veniva concessa, ogni tanto, qualche libera uscita.
"Fortuna che in questi giorni mia madre e Makoto hanno accompagnato papà nel suo viaggio commerciale lungo il fiume, così possiamo passare la notte qui a casa mia in tutta tranquillità. Spero, però, che nel futuro le cose cambino un po’. Ora che siamo passati a soldati effettivi dovrebbe diventare un po’ più semplice con le licenze e tutto."
"Sempre che Gamo ce le accordi e non credo sarà così facile come pensi tu."
"Forse... ma sicuramente sarà meglio di come è stato finor.." Hajime si interruppe e ridacchiò con ironia, scuotendo piano la testa. "Predico bene..."
"Cos'è che ti fa ridere?" Incuriosito, si girò tra le sue braccia e gli scostò il ciuffo ribelle dal viso, per guardarlo dritto negli occhi.
"Rido perché sono un idiota" rispose l'altro senza spiegare, infilandogli una mano tra i ricci scuri per avvicinare il suo viso e baciarlo. Un semplice scambio di fiato, uno sfiorarsi di labbra prima di allontanarsi di nuovo.
"L'importante è esserne consapevoli" convenne con un sorrisetto insolente, facendogli scorrere le mani lungo il torace per poi intrecciarle dietro al suo collo, sotto la massa dei neri capelli indisciplinati.
"Ma senti te che stronzetto" masticò Hajime con una smorfia, spostando l'altra mano dalla sua schiena per allungandogli un pizzicotto su un gluteo.
"La verità fa male?" ridacchiò, sporgendosi per posargli un piccolo bacio all'angolo della bocca. Hajime girò il viso per incontrare le sue labbra ma lui si tirò indietro, fissandolo malizioso da sotto le lunghe ciglia nere.
"Tu cerchi guai."
"E va bene, va bene" ridendo di gusto gli si avvicinò di nuovo per strusciare leggermente le labbra sulle sue. "Contento adesso?"
"No!" Hajime lo prese per la nuca e si impossessò a forza della sua bocca. Con decisione lo costrinse a farlo entrare per esplorare l'umida cavità a suo piacimento e soltanto quando fu pienamente soddisfatto lo lasciò andare, sogghignando nel vederlo annaspare in cerca d'aria. "Ora sì."
Guardandolo da sotto in su lo fissò ansante, mentre il suo petto si alzava e abbassava velocemente nel tentativo di riprendere fiato. Hajime aveva la capacità di imporsi su di lui con una determinazione che gli annientava la volontà, gli toglieva la ragione e gli faceva desiderare di assecondarlo in tutto e per tutto.
"Allora? Non vuoi dirmelo?" chiese in tono incerto, ancora leggermente affannato, cercando di calmare i battiti furiosi del cuore che gli martellava la cassa toracica.
Hajime si strinse nelle spalle e mosse la mano, inanellando un ricciolo intorno a un dito mentre con l'altra lo avvicinava un po’ di più a sé.
"L'altra sera ho rimproverato Mamoru per avermi detto pressappoco la stessa cosa. Anche lui era convinto che la nostra promozione gli avrebbe dato quel po’ di libertà in più." Un'espressione seria gli incupì i tratti del viso e lui avvertì distintamente il suo corpo irrigidirsi. Anche la mano sulla sua testa si fermò e le dita si contrassero, tirandogli leggermente i riccioli.
"Ma questo non cambia le cose. Né per lui né per noi. Non cambia la legge, non cambia il fatto che siamo uomini, non cambia il dannato fatto che saremo sempre costretti a nasconderci! Possiamo chiamarle come vogliamo ma rimangono comunque briciole e..."
Gli posò due dita sulle labbra, stoppando il suo sfogo.
"Per un affamato anche una briciola può fare la differenza." E pensava soprattutto a se stesso.
Per lui, quelle poche ore che riuscivano a passare insieme erano un tesoro inestimabile il cui ricordo rendeva meno gravosi i giorni in cui non riuscivano a scambiarsi nemmeno un bacio fugace. Hajime aveva ragione, quello che diceva era vero, ma anche lui come Mamoru voleva vedere ciò che avevano conquistato, più che soffermarsi su ciò che non avrebbero mai potuto avere, e se quello che avevano ottenuto erano solo una manciata di ore in più da trascorrere insieme, lui le avrebbe accolte come un dono degli dei.
Hajime ricambiò il suo sguardo per qualche istante, prima di stemperare l'espressione seria in una più dolce. "Hai ragione" rispose, coprendogli la mano con la sua e baciandogli prima un dito e poi l'altro. "Scusami. E' solo che a volte..."
"Ti senti in trappola."
Quella constatazione lo feri, perché alimentava il suo timore più grande: quello di perderlo. E quel pensiero non solo lo angosciava ma lo faceva sentire in colpa, perché gli sembrava di mancare di fiducia in quello che non era solo il suo amante ma anche il suo migliore amico. Non ricordava un solo giorno della sua vita in cui non si fosse fidato ciecamente di Hajime e proprio in virtù di questo, se il compagno diceva di amarlo, non avrebbe dovuto dubitare.
Ma l'amore, si era reso conto con il tempo, cambiava gli equilibri consolidati, creava ombre laddove un tempo c'era stata luce, sfiorava corde di cui non aveva sospettato l'esistenza e mostrava sentieri che abbracciavano spazi molto più estesi di quelli che avevano percorso in precedenza.
Conosceva l'Hajime amico ma l'Hajime amante era tutta un'altra storia, la cui pergamena aveva iniziato a srotolare da poco.
E questa insicurezza lo destabilizzava, perché non sapeva come affrontarla.
"Già, ed è una cosa che odio. Lo sai."
"Sì..." Certo che lo sapeva, lo conosceva bene e proprio per questo non riusciva a soffocare del tutto quella paura strisciante di perderlo che gli si insinuava ogni volta sotto la pelle, graffiandogli i visceri.
"Non mento se dico di desiderare che le cose siano diverse da come sono. Ehi!"
Le dita di Hajime strinsero forte le sue e solo in quel momento si rese conto di aver ritratto la mano in un gesto involontario di cui non si era accorto. Distolse lo sguardo, per evitare che l'altro gli leggesse negli occhi quanto si sentisse colpito e si divincolò dalle sue braccia, alzandosi di scatto dal basso materasso che fungeva da giaciglio. Senza curarsi della propria nudità attraversò la stanza per avvicinarsi alla finestra. Guardò, senza realmente vederlo, il piccolo cortile interno ancora visibile nel crepuscolo ormai avanzato, cercando di placare il tumulto interiore e riprendere il controllo di sè.
"Che hai?" Sentì confusione nella voce di Hajime e con gli occhi della mente lo vide corrugare la fronte con espressione perplessa.
"Niente" assicurò, poggiando le mani aperte sul davanzale di pietra. "Volevo solo prendere una boccata d'aria. Oggi fa molto caldo." Seguitò a rifuggire i suoi occhi, continuando a tenere lo sguardo fisso all'esterno. Sopra il grezzo muro perimetrale iniziavano ad accendersi le prime stelle della sera e la brezza notturna smuoveva le fronde delle palme che svettavano alte nel cielo.
"Si certo, come no." Percepì distintamente la confusione lasciare posto al nervosismo nella frase pronunciata a mezza voce. Se si fosse voltato avrebbe visto il viso di Hajime accigliarsi sempre di più.
"Che ne diresti di mettere qualcosa sotto i denti?" Ruppe nuovamente il silenzio, dando alla sua voce un tono volutamente leggero nell'intento di cambiare discorso, senza rendersi conto che così come lui conosceva Hajime, anche il compagno lo conosceva nello stesso modo e si era accorto del suo cambiamento d'umore.
"Ho una fame... prima però credo che dovrei darmi una ripulita, sono tutto appiccicoso." Sentì chiaramente il nervosismo nella propria risata e si rese conto che anche all'altro non sarebbe sfuggito, ciò nonostante continuò.
"C'è dell'acqua in casa? Forse no, andrò fuori a prenderne un po'..."
"Non prendermi in giro Teppei!" La voce di Hajime schioccò nell'aria come un colpo di frusta, bloccandolo nell'atto di dirigersi verso la porta. "E non provare a cambiare discorso. Lo capisco quando qualcosa ti frulla per la testa."
Il fruscio del materasso sul pavimento gli fece capire che si era alzato. Non sentì i suoi piedi nudi calpestare la pietra ma ne avvertì la presenza quando gli arrivò alle spalle. Le mani di Hajime gli sfiorarono le braccia, scivolando verso i gomiti in una lenta carezza, e lui si irrigidì.
"Perché non me ne parli? Non tacermi i tuoi pensieri, non lo sopporto."
Chinò la testa, spostando lo sguardo sulle proprie mani ancora adagiate sul bordo di pietra. Contrasse la mascella e strinse i pugni con ostinazione. Non aveva intenzione di rivelargli quanto l'avesse ferito la sua affermazione, perché non voleva che Hajime si sentisse in qualche modo costretto a misurare le parole. Il compagno doveva continuare a essere spietatamente sincero, come era sempre stato. Il suo parlare chiaro e senza peli sulla lingua era una delle qualità che più apprezzava in lui, così differente da se stesso, meno incline a rivelare con facilità i propri sentimenti e pensieri.
Trovare un nuovo equilibrio tra ciò che erano stati e ciò che erano adesso era un qualcosa che doveva fare da solo perché quell'insicurezza di fondo era un problema suo, Hajime non centrava nulla.
"Ti ho detto che non ho niente. Che poi... Non posso avere i miei pensieri? Non sono obbligato a dirti sempre tutto..."
"Dirmi tutto? E quando mai? Ma se devo sempre tirarti fuori le cose a forza!" Lasciando libero sfogo all'esasperazione Hajime lo prese per le spalle, costringendolo a voltarsi con la forza.
"Non farti pregare..." Lo sentì minacciare a bassa voce, il viso sempre più vicino tanto da sentirne il fiato caldo sulla pelle. E avvertiva, attraverso le dita che lo stringevano, i suoi muscoli contrarsi per la rabbia crescente.
"Non è vero che devi tirarmi fuori le cose a forza..." ribatté con riluttanza, girando la testa per evitare il suo sguardo deciso, non potendo negare che l'altro avesse ragione da vendere. Anche quella era una novità nel loro nuovo rapporto. In passato, quando erano solo amici, tendeva a confidarsi con maggiore facilità ma ora preferiva tenere il più possibile per sé le proprie preoccupazioni, per non caricare Hajime di altri problemi oltre a quelli che già avevano e non aumentare la sua insofferenza.
"Lasciami andare..." Lo pregò in tono sommesso, continuando caparbiamente a evitare i suoi occhi.
Dopo quella che gli parve un'eternità e nella quale si sentì quasi trapassare dal suo sguardo, Hajime mollò la presa e fece qualche passo per la stanza, dandogli le spalle.
"Per Shiva Teppei! Io davvero non ti capisco più!" esclamò esasperato, le mani sui fianchi e la schiena rigida per la tensione. Gli sentì prendere ampi respiri, nel tentativo di calmare la rabbia, mentre si avvicinava al mobile decorato sul quale campeggiava una piccola candela accesa.
Lo vide aggrapparsi con entrambe le mani al ripiano, la testa china e il respiro affannato, le dita che stringevano spasmodicamente il bordo di legno.
Per lunghi minuti rimasero immobili, mentre il silenzio scavava un solco tra di loro, innalzando un muro invisibile ma spesso quanto le mura del palazzo del maharaja.
Fissò la sua schiena nuda, la sagoma della spina dorsale che l'attraversava, i muscoli visibilmente tesi sotto la pelle e sentì la presa sulla propria ostinazione farsi più debole. Il senso di colpa lo spinse a fare un passo verso di lui, ma prima che potesse raggiungerlo Hajime si riscosse, passandosi una mano tra i capelli per scansare il ciuffo nero dalla fronte. Sembrava agitato e allo stesso tempo rassegnato, come se fosse venuto a patti con qualcosa all'interno del suo animo. Teneva le spalle basse, in un atteggiamento sconfitto. Quando parlò, lo fece con un tono sofferente, così inusuale in lui, da fargli corrugare la fronte.
"Teppei... hai intenzione di lasciarmi?"
Quella domanda lo centrò come un pugno nello stomaco, lasciandolo a bocca aperta.
Tutto si sarebbe aspettato, tranne una domanda del genere. La sorpresa lo aveva lasciato talmente sbigottito che gli ci volle qualche secondo per riprendersi e costringere il cervello a formulare un pensiero coerente.
Interpretando il suo silenzio come una conferma, Hajime riprese a parlare.
"Dovevo immaginarlo..." L'amarezza avviluppava la sua voce. "Pensavi davvero che non mi fossi accorto di quanto sei cambiato negli ultimi mesi? Non ti confidi più con me come facevi un tempo. Parli solo di cose senza importanza, non di quello che ti preoccupa veramente. E io lo so che c'è qualcosa che ti tormenta, ti conosco. Ho aspettato con pazienza, sperando che ti decidessi a parlarmene spontaneamente, ma non è cambiato niente. Continui a tenermi fuori, lo stai facendo anche adesso. Ti guardo e ti vedo lontano, chiuso in te stesso, dove non posso raggiungerti, nonostante tutti i miei sforzi. E mi chiedo perchè. Abbiamo sempre discusso di tutto, condiviso ogni cosa. Perché non mi parli più? Forse... è per colpa mia? Ti ho ferito in qualche modo? Non riesco a darti ciò di cui hai bisogno? Non sai quante volte me lo sono chiesto... ora... ora è diverso rispetto a prima, me ne rendo conto. E' più facile farsi male... E se ho fatto qualcosa che non va... dimmelo, cambierò atteggiamento, farò ciò che vuoi." Chiuse la mano a pugno e iniziò a colpire il ripiano con le nocche, prima piano poi sempre più forte. "Mi sono chiesto anche se la verità non fosse un'altra... Teppei... mi ami ancora? Se non mi ami più dimmelo chiaramente ma non continuare a tacere, ti prego, perché io sto impazzendo." Diede un ultimo colpo e si fermò, nascondendo il viso in quella stessa mano.
"Per gli dei non posso crederci..." riprese con voce soffocata, come parlando a se stesso. "La cosa che più temevo si sta avverando..."
Il dolore che trapelava dalle sue parole lo colpì come una scudisciata e in rapide falcate lo raggiuse, spinto dalla necessità di eliminare tutta quella sofferenza. Non riusciva a crederci. Non avrebbe mai immaginato che anche Hajime provasse i suoi stessi dubbi, i suoi stessi timori. Non il suo Hajime, così spavaldo e sicuro di sè. E invece... anche lui sembrava essersi reso conto che il cammino che avevano imboccato celava, sotto le rose dai colori cangianti, spine dalle lunghe punte aguzze.
"Hajime, Hajime, no! No!" Lo cinse alla vita, stringendosi forte contro la sua schiena. Nascose il viso nell'incavo della sua spalla e gli posò le labbra sul collo. "Ma come puoi pensare una cosa del genere? Come?" sussurrò sulla sua pelle, deponendovi tanti piccoli baci. "Non farlo! Non dubitare di me. Ti prego..." E continuò a stringerlo e a baciarlo, finché le mani di Hajime non si posarono sulle sue.
"Non devo?" Lo sentì chiedere con voce bassa e tesa, i muscoli che non accennavano a rilassarsi.
"No" sospirò, staccandosi da lui per dargli modo di girarsi e guardarlo.
"E allora dimmi tu cosa devo pensare, perché io non lo so più."
Cercò il suo sguardo, e nei suoi occhi neri come la pece non riuscì a trovare la solita sicurezza ma esitazione e incertezza.
"Vieni qui." Con dolcezza gli posò una mano sul collo e con l'altra prese una delle sue per portarsela sul cuore. "Lo senti? Senti come batte? Batte così solo per te, sai? E lo farà per sempre." Lo fissava dritto negli occhi, in modo che gli leggesse nelle iridi color cioccolato quanto fosse sincero. "Per sempre Hajime."
Su quello non aveva dubbi né incertezze. Non ne aveva mai avuti, fin dalla prima volta in cui si era accorto di provare per l'amico ben più di un sentimento fraterno. E guardando i suoi occhi che non nascondevano nulla, non era possibile fraintendere o confondere il sentimento che gli brillava tra le lunghe ciglia scure. Splendeva intenso e avvolgente, ardente come una fiamma e nulla al mondo avrebbe mai potuto estinguerlo.
"Tu mi dai già tutto quello di cui ho bisogno. E ti voglio esattamente così come sei, con la tua decisione, il tuo parlare chiaro, la tua insofferenza, il tuo modo di amarmi... perciò ti prego... non cambiare..."
Sotto la sua mano, sentì le dita di Hajime carezzargli piano il petto, proprio lì dove il cuore batteva forte. L'espressione del viso meno tirata ma ancora titubante, in attesa. E capì che non avrebbe potuto negargli ancora una volta una spiegazione.
Fece scivolare via la mano che teneva sul suo collo ma con l'altra continuò a premersi quella di Hajime sul petto.
"Quello che hai pensato... la tua paura..." Abbassò lo sguardo e non vide l'espressione del compagno farsi prima perplessa e poi attenta nel socchiudersi delle palpebre.
"Io mi fido di te Hajime, mi sono sempre fidato, credimi. Non è una mancanza di fiducia la mia. Però... non ero preparato a sentirmi così... così..." Scosse la testa, cercando, senza riuscirci, le parole giuste per spiegargli come si sentisse, quali sentimenti provasse. "Quando sono con te, quando penso a te... io... provo così tante cose... tu mi fai sentire felice..." Rialzò lo sguardo, lasciando che quelle stesse emozioni, che sentiva traboccare dal cuore, si riflettessero negli occhi. "E confuso... turbato... senza fiato... eccitato. Non avevo mai provato niente del genere prima."
Strinse più forte la mano di Hajime nella sua e con l'altra gli cinse la vita. "E anche impaurito." Lo confessò in un sussurro, nascondendogli il viso nel collo. "A volte ho così tanta paura di perderti che..."
Le parole gli si impigliarono in gola, invischiate in quella stessa paura che, come evocata, era tornata a far sentire il suo sapore acre. Riprese a parlare soltanto quando la mano di Hajime gli si posò sui ricci in una lieve carezza.
"Ma non volevo caricarti anche di questo, non volevo crearti ulteriori problemi, volevo risolverla da solo. E' una paura mia. Tu non centri nulla. Non volevo farti preoccupare, non quando già ti senti... quando la situazione è già pesante di suo." Si corresse all'ultimo momento e non si accorse del lampo che balenò nelle iridi nere del compagno.
Il gemito tra l'esasperato e il sollevato con cui Hajime rilasciò quel "Tu mi farai morire giovane." gli strappò una smorfia contrita.
Si sentì prendere per il mento e si scostò da lui, per ritrovarsi il suo viso a pochi centimetri dal proprio.
"Io e te dobbiamo parlare, abbiamo parecchie cose di cui discutere. Tutte queste emozioni e questi nuovi sentimenti ci hanno scombussolato e dobbiamo trovare il modo di affrontarli. Ma lo faremo insieme. E voglio sapere tutto quello che passa per quel tuo cervello che pensa troppo. Tutto Teppei. Intesi? Non voglio più passare settimane a rompermi la testa e a soffrire come un cane." Hajime fece scivolare la mano dal suo mento alla nuca. "Ricominciamo, vuoi?" Gli chiese sfiorandogli la tempia con le labbra e annuì in risposta al suo sì sussurrato.
"Ma adesso ho qualcos'altro da dirti, perciò apri bene le orecchie." Tornò a guardarlo in viso. Il tono e lo sguardo di Hajime erano di nuovo decisi come sempre. "Quando dico che mi sento in trappola... E non ti azzardare a negarlo perché l'ho capito che questo è uno dei problemi!" Si impuntò, storcendo le labbra. "Quando dico che mi sento in trappola, parlo della situazione e non di te, né del nostro rapporto. Della situazione Teppei! Ti è chiaro ora? Ma come diavolo puoi pensare che... Dannazione!" Hajime si interruppe, cercando visibilmente di calmarsi. Quando riprese a parlare il suo tono era più pacato. "Tu per me sei l'unico, lo sei sempre stato. Tutto il resto non ha importanza."
Le braccia di Hajime lo strinsero forte. E in quella stretta così familiare, amata, le sue paure persero consistenza, evaporando come la brina sotto i raggi del sole. Gli cinse il collo con le braccia e gli poggiò la fronte sulla spalla.
"Per gli Dei, Teppei, io per te darei tutto: i miei sogni, il mio ultimo respiro, la mia stessa vita." Hajime lo esalò premendo la bocca sulla sua guancia per poi cercare le sue labbra con una dolcezza che gli arrivò dritta al cuore.
E mentre rispondeva al bacio con tutto se stesso, Teppei non poté fare a meno di pensare che quella sera avevano iniziato a porre delle solide fondamenta per un nuovo rapporto, diverso da quello che avevano vissuto fino a ora.
Non più amicizia, non solo amore, ma il meglio che entrambi avevano da offrire.

Close your eyes, give me your hand, darlin'
 Do you feel my heart beating
 Do you understand
 Do you feel the same
 Am I only dreaming
 Is this burning an eternal flame

 I believe it's meant to be, darlin'
 I watch you when you are sleeping
 You belong with me
 Do you feel the same
 Am I only dreaming
Or is this burning an eternal flame

Eternal flame - The Bangles

Fine...

...e palla al centro.

Dedico la storia a Melanto che ha ideato questa bellissima saga e che mi ha dato l'opportunità di scrivere questi missing moment. I personaggi appartengono al Maestro.
  
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