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Autore: clepp    19/05/2016    1 recensioni
Si alzò da terra: guardò prima il profondo taglio sul braccio e in seguito i tre uomini che si stavano dirigendo verso l’uscita.
Bucky aveva gli occhi puntati su di lei. Non era in grado di capire se l’espressione sul suo viso fosse di dispiacere per averle fatto male o per non avergliene fatto di più.
[BUCKY/NUOVO PERSONAGGIO] [POST Captain America: Civil War]
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(1)

 
Kamila si sciolse i lunghi capelli bagnati  dalla stretta coda che si era fatta dopo una meritata doccia: un premio per l’impegno durante il pomeridiano allenamento con il Capitano. Una volta terminato, Kamila era rientrata nel suo alloggio, si era levata i vestiti sporchi e reduci di un intenso pomeriggio di lotta, si era lavata e aveva deciso di uscire fuori dall’enorme struttura, posta lontana dalla civiltà, immersa nella fitta giungla del Wakanda.
Un numero spropositato di agenti e guardie giravano vicino e nei pressi dell’entrata dell’edificio. Kamila alzò gli occhi al cielo: era lì da un paio di giorni e non si era ancora abituata a tutta quella sicurezza.
I suoi stivali pesanti camminavano sul terreno umido che T’Challa non si era ancora deciso a ricoprire con del cemento.
Kamila si diresse verso l’unico punto all’esterno dell’edificio adibito allo svago.
Si sedette su una delle quattro panchine e aprì il libro che si era portata dietro da camera sua. Fece in tempo a leggere solo qualche pagina, perché una voce squillante la interruppe dal suo passatempo preferito.
Sua sorella Tanka stava correndo verso di lei con quel suo solito sorriso spensierato stampato sul giovane viso felice. Le sedette accanto, gettandole le mani attorno al collo.
«Cosa ti ho detto Tanka? Il Capitano non vuole vederti scorrazzare in giro per il rifugio. Devi rimanere in camera tua.» la rimproverò ma con ben poca convinzione. Entrambe conoscevano bene il debole che il grande e grosso Steve serbava nei confronti della piccola Tanka. Lei avrebbe persino potuto piombare urlando e correndo nel bel mezzo di un meeting internazionale, che Steve avrebbe semplicemente riso e scrollato le spalle, com’era abituato a fare quando c’entrava la bambina.
«Scusami Kamila.» replicò la piccola eccitata, incapace di rimanere ferma. «Ma questo posto è davvero triste. Mi annoio in camera mia. Non c’è nulla da fare!»
L’espressione di Kamila si addolcì per un momento, consapevole di essere proprio lei la causa della noia della sorella. Facendo parte della squadra speciale messa in campo dal Capitano, e non avendo altri parenti a cui affidare la piccola, la maggiore era stata obbligata a portarla dietro ovunque andasse, incurante del livello di pericolosità della missione. Si sentiva in colpa ogni volta che doveva dirle di rimanere in camera – cosa che succedeva quasi tutti i giorni – perché per una bambina di 9 anni era davvero difficile stare rinchiusa all’interno di quattro mura.
«Lo so, Tank. Ma è pericoloso girovagare in questi posti, soprattutto perché potresti perderti.» le scompigliò i lunghi capelli biondi così simili ai suoi, tranne per il fatto che quelli della maggiore avevano una sfumatura ancora più chiara.
«Steve mi troverebbe subito.» replicò lei innocentemente.
Kamila alzò gli occhi al cielo e chiuse il libro che aveva tenuto aperto speranzosamente sulle sue ginocchia.
«Posso farti una treccia Kam?» la sorellina la implorò fino a che Kamila non dovette cedere per l’esasperazione. Tanka sorrise soddisfatta e salì con i piedi sulla panchina, mentre la maggiore le dava le spalle.
Cominciò a passarle le piccole dita tra i folti capelli ancora umidi, setacciandoli e sciogliendone i nodi. Mentre le divideva i capelli in tre grossi gruppi, Tanka cominciò a raccontarle della lezione privata di quella mattina con la sua nuova insegnante, una giovane donna dal sorriso amichevole e la pelle lucida come quella di un bambino. Non potendo lei avere una vita normale per diversi motivi, Kamila si era sentita in obbligo di rendere quella della sorella il più felice possibile, senza farle mancare niente. Per questo aveva chiesto a Steve molti favori che lui non aveva esitato ad esaudire.
«Quel signore mi spaventa.» Tanka si era bloccata proprio mentre le raccontava ciò che aveva imparato durante la lezione di geografia. Kamila aggrottò la fronte e aprì gli occhi che aveva momentaneamente chiuso per godersi meglio le coccole della sorella. Sbattè più volte le palpebre e cercò il soggetto della sua frase.
Presunse che stesse parlando dell’uomo appena uscito dalla grossa porta a vetri dell’edificio. Socchiuse gli occhi per vederlo meglio contro la luce del sole.
Era James Barnes, soprannominato Bucky dal Capitano Steve e Soldato d’Inverno dal resto del mondo.
Kamila non ci aveva mai parlato, nonostante avesse combattuto contro e con lui più di un paio di volte. Si erano scambiati qualche occhiata, le tipiche occhiate diffidenti e inquisitorie di chi è costretto a lavorare insieme. Aveva letto il suo fascicolo e ascoltato le mille storie di Steve sul migliore amico Bucky Barnes, ma non aveva mai avuto il piacere – o dispiacere – di conoscerlo direttamente.
L’uomo si incamminò verso il punto di svago dove si trovavano le due ragazze, ma quando si rese conto che questo era occupato, fece dietrofront senza preoccuparsi di risultare maleducato, e si diresse verso il limitare della giungla. Si fermò a pochi passi dalla folta foresta, in contemplazione.
«Ha soltanto una storia difficile dietro le spalle, Tank.» le disse. Negli anni aveva cercato di insegnarle quante più lezioni di vita possibili, e la più importante era proprio quella di non giudicare le persone dal primo impatto. Lei, per esempio, non l’aveva fatto. Aveva letto il suo fascicolo, ascoltato Steve, analizzato i suoi comportamenti e i suoi modi di fare, ma, a parte un giudizio come combattente, non si era lasciata andare ad altri pensieri su di lui. Non lo conosceva, perciò non aveva il diritto di giudicarlo.
«Lo so. Ma mi fa paura comunque.»
James Barnes indossava una semplice maglietta bianca a maniche corte, un paio di pantaloni larghi di un verde spento e stivali pesanti. Era vestito esattamente come lei e come molti altri lì dentro, eppure era completamente diverso da tutti loro.
Da sotto l’orlo della manica della maglietta, la protesi in metallo del suo braccio sinistro spiccava tra il fogliame degli alberi. Avesse avuto anche lei 9 anni, Kamila avrebbe avuto paura.
«Ti ricordo che hai una sorella che spara ghiaccio, perciò sei l’ultima persona che può avere paura qui.»
Tanka scoppiò in una fragorosa risata mentre con l’elastico fissava la lunga treccia.
James Barnes venne attirato da quel gran trambusto. Si voltò con il capo verso le due ragazze. Nonostante fosse parecchio lontano, Kamila riusciva a vedere i suoi occhi azzurri come il ghiaccio puntati su di lei. S’irrigidì e perse il sorriso.
«Torniamo dentro.» prese Tanka per mano e insieme rientrarono nel rifugio di 6 piani.
Non era stata una reazione dettata da un pregiudizio: ma Kamila era cresciuta con la diffidenza impiantata nelle ossa.
 
*
 
Kamila continuò a rigirarsi e rigirarsi nel letto, incapace di trovare una posizione abbastanza comoda per potersi addormentare. Si guardò in giro, cercando di figurarsi gli oggetti della sua camera racchiusa nel buio. Vide la sagoma della sedia, dell’armadio, degli scaffali, dei suoi libri e dei vestiti per il giorno dopo ma nonostante avesse tutto completamente sotto controllo, non riuscì a distendere i nervi.
Accese la luce e si alzò dal letto. Sua sorella dormiva nella camera accanto: non aveva mai avuto problemi di insonnia o paura del buio, per questo aveva una camera tutta per sé.
Kamila indossò la sua vestaglia da notte in seta e, a piedi scalzi, uscì da camera sua. Gli alloggi erano posti al penultimo piano dell’edificio, così come la mensa e la cucina in comune. Passò davanti a qualche guardia notturna che le fece un cenno di saluto prima di tornare a concentrarsi sul proprio lavoro.
Kamila aprì la porta della cucina e rimase sorpresa di trovare la luce già accesa.
Seduto su uno sgabello vicino al bancone, scorse una figura china sulla superficie in marmo. Non appena si accorse del rumore, la figura che si rivelò essere quella di un uomo, si alzò di scatto stringendo con forza i pugni in una posizione di difesa.
Kamila scrollò le spalle. «A riposo.» mormorò, dirigendosi passivamente verso i fornelli.
Mentre si muoveva stancamente tra i mobili della cucina, sentiva gli occhi di James Barnes addosso. Non poteva biasimarlo, anche Kamila ogni qualvolta ne avesse avuto  la possibilità non perdeva mai occasione di studiare le persone che le stavano attorno.
«Vuoi del tè?» chiese per cortesia. «E’ ottimo per chi ha problemi di insonnia.»
Rendendosi conto che lui non aveva ancora aperto bocca, Kamila si girò con un sopracciglio alzato.
«Non ti hanno insegnato l’educazione?» mormorò, accigliata.
Il “soldato d’inverno”, che ora era seduto con la schiena retta e gli occhi vigili, scosse la testa. «No grazie.» aggiunse.
Kamila riscaldò l’acqua in un pentolino e una volta calda lasciò cadere la bustina di tè. Prese la tazza e si diresse verso il bancone.
«Posso?» domandò, indicando lo sgabello di fronte all’uomo. Lui annuì semplicemente, mentre con gli occhi non smetteva di fissarla. A Kamila non dava fastidio il suo sguardo insistente. Il suo aspetto fisico aveva destato molta curiosità e parecchie occhiate indiscrete in tutti i suoi 22 anni di vita: ormai ci aveva fatto l’abitudine da non accorgersene neanche più.
Per i primi minuti rimasero in silenzio. Era un silenzio teso, timoroso.
Kamila soffiava lentamente sul tè perché questo si raffreddasse mentre Barnes stringeva ritmicamente i pugni, senza rendersene veramente conto.
«Comunque io sono Kamila.» irruppe lei, alzando gli occhi verso il viso stanco del suo interlocutore. «Mi sembra doveroso che io mi presenti in quanto tu sei l’artefice di questa – si indicò una lunga cicatrice che le attraversava il collo – e di questo.» si toccò il sopracciglio destro, tagliato a metà da un piccolo graffio. Frammenti della dura lotta fra le strade di New York un giovedì di qualche mese prima le riaffiorarono distrattamente nella mente. Ricordava quasi tutto di quella giornata. Ricordava il viso dell’uomo che le stava di fronte in quel momento, allora coperto da una maschera, avvicinarsi verso di lei e colpirla con quel suo arto di metallo, scaraventandola lontano. Ricordava il suo tentativo di rialzarsi per combattere e il colpo finale che l’aveva definitivamente buttata al tappeto. Ricordava ben poco, eppure il suo viso se lo ricordava molto bene.
Barnes non sembrò scosso da quella rivelazione, probabilmente non era la prima volta che qualcuno gli rinfacciava ciò che aveva compiuto con le sue azioni.
Scrollò le spalle e si passò la mano fatta di carne tra i lunghi capelli castani. «Mi dispiace.»
Kamila sentì che le sue scuse erano sentite. Nonostante fosse abituato a sentirsi rinfacciare i suoi errori, era evidente che gli dispiaceva davvero per tutti i crimini che aveva commesso a causa dell’HYDRA.
Kamila abbozzò un sorriso. «Ho innumerevoli cicatrici, due ferite d’arma da fuoco e segni di percosse su tutto il corpo. E tu sei il primo a scusarti per due di queste.» bevve un sorso di tè.
«Accetto le tue scuse, dopotutto mi hai anche salvato la vita.»
Ricordò come lui l’avesse afferrata in tempo prima che un palo le cadesse addosso durante lo scontro contro Iron Man e i suoi alleati, qualche giorno prima.
Lui annuì brevemente. «Io sono...» cominciò deciso, ma poi il dubbio e l’insicurezza pervasero il suo sguardo, obbligandolo ad aggrottare la fronte e ad abbassare il capo.
Chi era lui? Un rinomato assassino e criminale, o una vittima di un sistema più grande e forte di lui? Era ancora il ragazzo di 27 anni che aveva vissuto durante la seconda guerra mondiale o di lui era rimasto solo il suo stupido soprannome?
Kamila lo lesse nel pensiero. Distrattamente, come se nulla fosse, bevve un altro sorso di tè. «Sei James Buchanan Barnes, soprannominato Bucky da quel simpaticone di Steve.» abbozzò un sorriso dietro la tazza del tè.
James prese a giocherellare con le dita. «Si,» annuì, più per convincere se stesso che lei. «Sono James.»
Kamila spostò i lunghi capelli sulla spalla destra e inclinò la testa, osservandolo. «Siamo qui da tre giorni e io non ti ho ancora visto nella stanza degli allenamenti.» constatò.
James stirò le labbra. Parve innervosirsi. I muscoli delle spalle si irrigidirono così come quelli del viso. Gli occhi parvero perdere per un momento colore.
«Non credo… non credo sia il caso.» replicò, cauto.
Kamila non riusciva a capire cos’avesse detto di tanto sconvolgente da causare un drastico cambiamento del suo umore. Non che inizialmente fosse la persona più amichevole e vivace del mondo, ma in quel momento poteva percepire la tensione nell’aria.
«Beh, io credo sia un ottimo modo per sfogarsi. E soprattutto è l’unico passatempo divertente in questo buco dimenticato da Dio.» sorrise per cercare di allentare la tensione. Bucky la fissò senza dire niente, perciò lei riprese a parlare.
«Inoltre, è davvero gratificante riempire di calci il bel faccino di Steve.»
La battuta parve farlo rilassare, persino sorridere. Tuttavia l’uomo si alzò in piedi e le lanciò un’occhiata di congedo.
«E’ meglio che io vada.» disse.
Kamila annuì mestamente. «Buonanotte.»
«Buonanotte.»
Lei lo osservò da dietro la tazza di tè mentre lui si dirigeva lentamente verso la porta. Non era troppo alto, forse gli arrivava alle spalle, ma il suo fisico era possente e capace di incutere la giusta dose di timore.
Kamila bevve un altro sorso di intruglio e chiuse gli occhi: sentì il solito mal di testa fare capolino da chissà dove e lei sapeva già che anche quella notte non avrebbe chiuso occhio.





Buongiorno a tutti! :)
            Allora faccio subito una piccola premessa: non ho mai pubblicato nulla su questo fandom, nè su altri fandom riguardanti film/libri, perciò sono un po' agitata ahahah
            In più non ho mai scritto una fanfiction il cui genere è quello di azione/fantascienza. Spero davvero quindi che non esca una grande stronzata, ma che la mia idea vi possa piacere.
            Allora come avrete ben capito, per tutti quelli che l'hanno già visto, questa ff è ambientata subito dopo Captain America: Civil War. Voglio subito dirvi che io non sono molto brava con i dettagli, le date e le tempistiche, perciò se ci sarà qualche contrapposizione con i vari film non me ne vogliate male.
            Comunque dopo aver visto il film ho deciso di approfondire un po' il personaggio di Bucky di cui, si lo ammetto, mi sono profondamente innamorata ahahah ho 20 anni e sembra che io sia tornata indietro a quando ne avevo 15. Ma a parte questo, il suo personaggio mi attira molto proprio per le sue mille sfumature che spero di cogliere in questa storia.
            Non so più cosa dire, se non che spero davvero che la storia vi piaccia e spero che vi invogli a lasciarmi qualche vostro pensiero!
            Cercherò di aggiornare puntualmente ma non vi garantisco nulla ahahah
            Grazie dell'attenzione e di essere arrivati fino a qui.
            Un bacio,
            clepp


 
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