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Autore: Lovingit    20/05/2016    2 recensioni
"Ho diciotto anni da due settimane, una vita sociale inesistente, sono depressa, vivo la mia vita tra casa e ospedale e il mio fegato è andato. Come se non bastasse il mio dottore mi ha abbandonata, lasciando letteralmente la mia vita nelle sue mani. E Dio solo sa se non preferirei affidarla al diavolo in persona."
Dal primo capitolo: "Cercherò di essere più chiaro: ci sono due tipi di pazienti. Il primo tipo: quelli rassegnati, le vittime quelli che ormai non sentono più nulla. Il secondo tipo è quello degli incazzati- non potevo credere che avesse appena usato una parolaccia -che ti attaccano per ogni cosa- dice per poi sedersi sul mio letto, con mio enorme disgusto -Per quanto mi riguarda non sopporto nessuno dei due tipi ma se possibile sopporto ancora meno quelli incazzati che però non reagiscono"
Questa è la storia di una ragazza rassegnata e di un uomo fin troppo duro. La medicina non è mai stata più amara.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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POV LEAR CROW

Il signor Blake, il direttore della baracca è in piedi, attento e fiero, difronte a noi con la sua espressione severa e il viso leggermente arrossato: giurerei di sentirlo borbottare nella mia mente "uno di questi giorni mi verrà un infarto", lo dice sempre... è un po' la sua frase...tutti hanno una frase... 
-Dottor Crow le dispiacerebbe dirmi cosa sta succedendo e perché la paziente del dottor Stein- inizia riscuotendomi dai miei pensieri alzando il tono della voce per rafforzare il concetto -non era in ospedale questa mattina?-
Mi scoccia dare spiegazioni. Da sempre, anche se, come ora, so di avere torto marcio. 
-Senta- inizio. 
-Sono scappata- sbotta Max affianco a me. Mi volto a guardarla stupefatto, che diavolo sta dicendo?
-Mi scusi signorina?- Chiede Blake sorpreso quanto me. 
-Si. Sono scappata- lei ripete lentamente come se stesse parlando con un bambino -mi era stato impedito di andare al funerale di un mio amico. Non mi è andata giù, sono scappata e il dottor Crow mi ha riportata qui- spiega fermamente: è così convincente che se non sapessi la verità potrei addirittura crederci. 
Max mi lancia una veloce occhiata cercando un'intesa: mi sta dicendo di confermare. 
-Crow?- Mi incalza il direttore. 
Avanti pensa: se dicessi la verità sarei nella merda. Concordare con la sua versione invece mi consentirebbe di uscirne pulito e di poter ancora avvicinarmi a lei...
-La signorina dice la verità: ero venuto a trovarla e non era nella sua stanza, ho fatto due più due ed eccoci- dico velocemente.
Il direttore mi guarda sospettoso, sposta lo sguardo da me a lei più volte. 
-Le dispiacerebbe scambiare due parole con me dottore?- Mi domanda guardando Max -Fuori- aggiunge grave. 
-Affatto- cerco di suonare tranquillo -vogliamo andare?- Chiedo aspettando una sua mossa per uscire e lasciare finalmente in pace Max: ha fatto fin troppo per me. Vedo Blake avvicinarsi e assieme lasciamo la stanza e non faccio in tempo a chiudere la stanza che...
-Vorrei un caffè- mi dice -vuole un caffè?- Chiede rivolgendosi a me. Vorrei rispondere che è l'ultima cosa a cui penso e che può prendere la sua dose di caffeina e andarsene al diavolo ma...
-Certo, dopo di lei- e lui mi fa strada sino alla mensa dell'ospedale. Ci avviciniamo al bar, prendiamo due caffè e lo seguo al tavolo: lui si siede, butta circa un chilo di zucchero nella sua tazzina piena e poi mi guarda. 
-Avevamo un accordo- dice diretto. 
-Lo abbiamo ancora- ribatto. 
-Oh andiamo, non crederai che io mi sia bevuto la storia di quella ragazzina- faccio una smorfia sentendo chiamare da lui Max in quel modo. 
-Non c'era nulla da bere, era la verità- cerco di convincerlo mentre mi concentro sulla sua tazzina ormai vuota. 
-Crow ti ho detto che non dovevi crearmi problemi: il dottor Stein non è un tipo che tace...stamattina è arrivato, non ha trovato la sua paziente, lo ha detto a circa dieci infermiere che in meno di due minuti lo hanno fatto sapere al resto del personale ospedaliero, diavolo!- Esclama arrabbiato -Persino chi pulisce questi dannanti tavoli lo sa! E sai qual è il problema?- Mi domanda retorico -Che tu non c'eri! Eri di turno e non c'eri!- Dice ormai paonazzo. Tutto quello zucchero deve davvero fargli male. 
-Ero in permesso- spiego -Stein dovrebbe pensare a fare il suo lavor- 
-Il dottor Stein farebbe il suo lavoro se tu glielo permettessi!- Mi riprende -Lear io sto facendo il possibile per te ma tu devi capire che non sei un adolescente, non sei stupido e non lo sei mai stato! Agisci da professionista! Sai, l'ultima volta che ci siamo parlati non te l'ho detto, non sono stato completamente sincero ma ora devo dirtelo: penso che tu sia pazzo- lo fisso incredulo -stai rischiando tutto e so che ti è successo qualcosa anche se non ne conosco i dettagli ma in qualunque cosa sia non può essere una giustificazione per ciò. La tua idea va oltre ogni limite. Stai solo provando compassione, non provi davvero per lei ciò che pensi di provare!- Conclude. 
Io mi prendo un attimo per pensare. Mi sono ripetuto tante volte queste stesse parole. 
"Sei un pazzo" mi dicevo quando mi mettevo accento a lei nel letto, "non farlo" quando la baciavo...
-Lei non sa nulla di me- dico gelido -e non sa nulla di lei- aggiungo -passi una buona giornata signor Blake- gli dico alzandomi -e faccia attenzione: un giorno di questi tutto quello zucchero le farà davvero venire un infarto- 

Mentre percorro i corridoi dell'ospedale mi sento diverse occhiate addosso e dopo aver sentito le parole di Blake non è difficile capire il perché. Cerco di non pensarci mentre torno a fare il mio lavoro e, mentre svolgo le mie ore di ambulatorio, che sembrano durare un'eternità, non riesco a non pensare a Max. Devo davvero essere impazzito per provare queste emozioni. Non ho nemmeno io una spiegazione del perché ma credo sia amore: lei mi piace, il suo viso, il suo carattere, il fatto che mi risponda, che sia giovane ma matura...mi piace tutto. Certo, ogni tanto si rivela essere una spina nel fianco con le sue domande impertinenti ma non mi importa,
Sono talmente ossessionato da lei da contrattare con Blake e da chiedermi costantemente se Max prova lo stesso per me. Non sappiamo davvero poi nulla uno della vita dell'altro eppure ci siamo trovati.
Io le nascondo ancora una grande parte di me e so che non potrò mai essere me stesso a pieno senza dirglielo e per la prima volta in vita mia non vedo l'ora di potermi aprire con qualcuno. D'improvviso vengo distratto da un messaggio, guardo l'ora e ci risiamo. Puntuale come ogni giorno: è mio padre, che ancora non si arrende. Ogni giorno da anni mi manda lo stesso messaggio al quale non rispondo, non l'ho mai fatto; prendo in mano il telefono e leggo: 
"Ciao figliolo, come stai? Io e la mamma ti aspettiamo" 

Quando anche l'ultimo mio paziente smette di tediarmi con le sue infondate paure di morire, è ormai sera e ciò significa solo che sono finalmente libero di andare da lei. Mi ricordo del suo desiderio di avere una cena diversa dalla schifezza che servono qui e mi affretto a prenderle un brodo di pollo dal ristorante. È ancora fumante quando rientro e mi avvio verso la sua camera. 
Spero di non trovare Stein, ma se ho fatto bene i miei calcoli, è talmente metodico da aver già terminato il suo giro di visite ed essere tornato a casa da sua moglie. 
Apro la porta con difficoltà, visto le mani impegnate a reggere il cibo e la vedo: è girata su un fianco e ha il telefono in mano, sembra stia giocando; ha i lunghi capelli scuri sparsi su tutto il cuscino. Mi sembra talmente fragile e delicata, di cristallo, quasi che se la toccassi potrei spezzarla. 
Appena mi sente entrare si gira velocemente e mi regala un enorme sorriso. Ho aspettato tutto il giorno per questo momento. 
-Buonasera- le dico appoggiando la cena su un carrellino che trovo nella stanza.
-Lo sapevo- mi dice.
-Cosa?- 
-Che saresti venuto- mi spiega. Sono davvero così ovvio?
-Fossi in te non ci conterei, come al solito sopravvalutati le tue capacità di intrattenimento. A dire la verità spesso mi annoi- le dico scherzando. 
-So che sei abituato a ben altri intrattenimenti- insinua provocandomi. Mi sembra strano parlare con lei di queste "cose" ma d'altronde è stata Max ad iniziare quindi perché non divertirmi un po'?
-Lo sono- comincio -o almeno lo ero...quasi ogni sera c'erano sempre delle bellissime donne pronte a stare con me: due, tre volte a notte erano davvero...- mi fermo per cercare una parola adatta -disponibili- continuo sotto voce e avvicinandomi al suo viso. Max non indietreggia ma le sue pupille dilatate tradiscono il suo imbarazzo. 
-E ti soddisfacevano queste gentili signore?- Mi domanda. Non posso credere che voglia continuare a provocarmi ma se vuole giocare... Faccio una risata sommessa e torno a fissarla. 
-Vedi Max- dico cercando di accarezzare con la mia voce il suo nome -mentalmente non mi tenevano impegnato per più di un minuto ma fisicamente- enfatizzo -fisicamente non potevo chiedere di meglio: belle donne, "esperte", disposte a tutto, i loro corpi, i suoni, le loro labbra sul-
-Basta ne ho abbastanza- mi interrompe lei decretando la mia vittoria. 
-Sei davvero una ragazzina- la prendo in giro -ti imbarazzano questi discorsi- constato. 
-Non tutti siamo navigati come te- mi risponde con astio.
-Sei gelosa?- Chiedo d'impulso per poi pentirmene.  
-No- dice veloce. 
-Non devi- cerco di convincerla.
-Non posso vorrai dire: non posso essere gelosa di qualcosa che non raggiungerò mai...-
Cosa?
-Da come molto dettagliatamente hai detto, sei stato con donne meravigliose...io non sono una di loro e mai lo sarò quindi perché struggermi?- 
La osservo in silenzio per alcuni istante mentre lei si mangia nervosamente le unghie. 
-Sei davvero un'idiota- sentenzio -quando crescerai e capirai molte più cose imparerai che scopare- dico senza trattenermi e risultando più crudo di quando non avrei voluto -non vale niente: certo è fantastico e appagante ma non rimane nulla...solo la noia. Gli esseri umani vogliono di più e ti sembrerà strano sentirlo dire da me ma tutti noi cerchiamo l'amore- concludo. 
-Wow- mi sento dire -hai ragione: non me lo sarei aspettato da uno come te- fa sorridendo. 
-A te non serve un'altezza da modella, non ti servono vili trucchetti a letto...hai già la mia più totale attenzione- le dico avvicinandomi pericolosamente alla sue labbra. Max rimane in silenzio, forse colpita dalle mie parole. 
-La cena si sta freddando- le faccio presente cercando di distrarla; le avvicino un vassoio. 
-Si è un semplice brodo, ma è il migliore- spiego vedendola storcere il naso. 
Si fida e ne prova subito un po'. 
-I tuoi discorsi degni di una scrittrice di romanzi erotici lo hanno fatto raffreddare ma hai ragione, di nuovo...è meraviglioso- dice felice mentre mi siedo sul suo letto. 
-Sono contento. Allora immagina quanto possa essere buona la mia pasta e le mie crocchette di pollo e-
-Ho afferrato l'idea- mi interrompe scocciata. 
Rido mangiandomi una prima forchettata; continuiamo così in silenzio e ben presto finiamo tutto. Riesce persino a convincermi a farle mangiare un piccolo pezzo di pollo fritto. Stein a questo punto mi avrebbe fatto portare via dalle guardie armate. 
-Grazie per la cena- 
-Figurati, ora però dovresti trovare qualcosa da fare o me ne andrò ucciso dalla noia- le dico sfiorandole una guancia.
-Che ne diresti di giocare?- Mi propone. 
-Ragazzina so che sei giovane ma tornare alle bambole mi sembra esagerato perfino per te...-
 -Parlo di altro idiota- fa per darmi una spinta con la mano non riuscendo a smuovermi di un millimetro -che ne dici se io ti faccio una domanda e tu ne fai una a me?-
-Non mi sembra un gioco- le faccio presente -ma piuttosto un interrogatorio, l'ennesimo tra l'altro- 
-Che posso dire, voglio conoscerti- 
-il gioco sarebbe impari: conosco già il tuo più grande segreto, sei giovane e la cosa peggiore che hai fatto è stata diverti una sera- le dico veloce. 
-Il bello però è che puoi chiedermi qualsiasi cosa e io non posso rifiutarmi di rispondere- 
-Ho come l'impressione che tu stia inventato le regole- ribatto scettico. 
-Zitto. Non rovinare tutto. Avanti, puoi cominciare- mi dice sorridendo. Io mi sistemo meglio sul letto e inizio a pensare. 
-Sei mai stata fidanzata?- Chiedo a corto di idee.
-Alle elementari. Domanda sprecata. Tocca a me- dice battendo le mani eccitata -Se potessi scegliere preferiresti vivere senza un braccio o senza una gamba?-
-Che razza di domanda è?- Chiedo stranito. 
-È la mia domanda, allora?- 
-Senza braccio- dico sbuffando -Pensi mai a me?- Chiedo prendendo la palla al balzo per dissipare i miei dubbi. 
-Si- risponde laconica -E tu?- 
-Costantemente- dico sincero -a come darti fastidio- aggiungo veloce -e pensi mai a cosa mai potrebbe esserci tra noi?- 
-Ovvio. Vedo il buio comunque. Insomma abbiamo quasi dieci anni di differenza, tu sei un medico affermato e io una ragazzina. Credo che una gran parte del nostro rapporto sia dettato dalle situazioni: siamo solo due tipi strani che si sono trovati- spiega lasciandomi con l'amaro in bocca. 
-Il che ci porta alla mia domanda: cosa ti è successo Lear Crow? Cosa ti ha reso strano?- Chiede stringendo gli occhi. La guardo e penso che potrei uscirne con una battuta ma ormai è finito il tempo delle scorciatoie. Non posso e non voglio più nascondermi:
-Avevo 24 anni quando ho conosciuto una ragazza- la guardo di sottecchi per vedere la sua reazione: sembra turbata ma forse lo è per il fatto che io abbia finalmente deciso di parlare -si chiamava Alice, era bella, bionda, insomma, me ne sono innamorato subito. Abbiamo passato 2 anni sereni, eravamo letteralmente la coppia perfetta: lei era già laureata e io stavo per esserlo in medicina- mi interrompo un attimo -una mattina si sveglia, aveva mal di testa, sembrava soffrire molto ma è andata avanti due o forse tre giorni con gli antinfiammatori, ma il dolore non diminuiva: io mi ero preoccupato ma come sempre non si pensa mai male quando si tratta di chi ti sta più a cuore, però la convinco ad andare al pronto soccorso. Passiamo un'intera giornata in attesa poi ci vengono incontro due medici...sapevo già che era finita. Avevo studiato anche io quei metodi all'università: faccia impassibile ma con un velo di tristezza, sempre in due per gestire al meglio le reazioni...-
-Cosa aveva?- Mi chiede lei impaziente.
-Tumore al cervello, fase terminale- Max mi prende la mano e la stringe asciugandosi poi una lacrima. 
-Ero paralizzato: non potevo credere che due giorni di mal di testa avessero portato a tutto ciò poi, ho capito: quando le chiesi delle spiegazioni lei mi disse che aveva dei mal di testa già da un po'...a volte aveva anche la nausea, era spossata ma pensava fosse per il nuovo lavoro. Non mi aveva detto nulla per permettermi di concentrarmi sui miei ultimi esami...io stavo per diventare medico e non ero nemmeno in grado di accorgermi che la donna che amavo stava male- dico arrabbiato. 
-Studiavo malattie e sintomi dalla mattina alla sera, persino di notte e non mi ero accorto di nulla...le sono stato accanto per altri due mesi e poi se ne è andata...i suoi genitori una volta mi hanno chiesto se mi fossi reso conto di ciò che stava accadendo, era una domanda innocua, loro mi volevano bene, eppure suonava come un'accusa. La stessa che mi ero rivolto da solo- finisco con la voce spezzata. 
-Lear ti conosco abbastanza da sapere che odieresti sentirtelo dire ma...non è stata colpa tua: e non avresti mai potuto immaginare che lei, così giovane, potesse avere un così terribile male- 
-Hai ragione: lo odio, ho allontanato tutti quelli che cercavano di convincermi di questo: i miei genitori, i suoi...- 
-Sei sempre in tempo per chiedere scusa Lear, per il tuo comportamento nei loro confronti, non per quelli nei confronti di Alice: sei un uomo fantastico e un medico ancora migliore, cavolo!- Esclama -Hai persino trovato una medicina per le mie nausee in un altro stato- 
-Max io non voglio medaglie, non voglio riconoscimenti...il giorno in cui ti ho conosciuta, quando sono entrato nella tua stanza, sai qual è la prima cosa a cui ho pensato?- Le chiedo. 
-Lo ricordo bene, mi hai dato del "ragazzino"- mi ricorda arrabbiata.
-L'ho detto ma non è ciò a cui ho pensato...ho pensato a quanto si fosse sbagliata quella infermiera a quanto mi fossi sbagliato io a definirti così quando in realtà eri giovane, bella e perfetta. Per un secondo mi hai ricordato lei, poi ti ho conosciuta e ho capito che eri completamente diversa e che questo faceva sì che tu mi piacessi ancora di più- la accarezzo 
-ti ho odiata tanto...-sussurro -non potevo credere che la vita per la seconda volta mi riservasse un tale dolore, avevo già perso Alice e ora mi stavo affezionando ad un'altra ragazza in condizioni disperate. Ti ho evitata e trattata male poi ho capito che non potevo e non dovevo...ti chiedo scusa Max- 
-Non devi- mi dice veloce lei -sono felice che tu mi abbia racconto tutto ciò- si avvicina a me e inaspettatamente mi abbraccia. Io ricambio restando in silenzio. 
-Lear- mi richiama ancora avvinghiata a me -forse ti sembrerò una ragazzina stupida ma credo di amarti anche io- 
Sento il cuore diventare pensate e pieno. 
-Non ho mai pensato che tu fossi una ragazzina- la rassicuro -tu sei Max e non mi sfuggirai anche tu- e lo spero. Lo spero davvero e non posso fare altro che quello. Pregare, si addirittura pregare, che il mio piano vada in porto. Perché se non sarà così non so proprio cosa farò. 



Autrice: Buonasera! Woh, capitolo difficile da scrivere ma fondamentale...se vi va fatemi sapere cosa ne pensate. Vi ringrazio per l'affetto e per il fatto che continuiate a seguire la storia. A presto! 
   
 
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