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Autore: Lady Stark    20/05/2016    1 recensioni
«Per lei, tutto è possibile, ufficiale.» con un gesto delle braccia, il taverniere l'invitò a seguirlo.
Len sapeva che quello che stava per fare era sconsiderato, irrazionale e pericoloso.
Era perfettamente a conoscenza del fatto che quel comportamento l'avrebbe potuto distruggere.
Avrebbe potuto demolire tutto ciò che per anni aveva così faticosamente costruito...
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

Il sole si svegliò dal suo torpore, stiracchiandosi dietro le rotondeggianti colline situate sullo sfondo. La natura era rigogliosa, gli alberi punteggiavano le distese color smeraldo, stagliandosi verso il terso cielo estivo.

Nella pace del mattino, una donna si rigirò nel tiepido involucro del proprio letto, sfiorando con la punta del naso la federa del cuscino. Di fronte alla branda, incassata nella parete di legno, una finestrella rotonda permise ai primi raggi solari di penetrare nella stanza. Questi colpirono la testiera del letto, intiepidendo i piedi della fanciulla, nudi sotto le lenzuola.

La giovane si coprì gli occhi con l'avambraccio, inveendo a denti stretti contro quella notte decisamente troppo breve.

Con uno sbadiglio, inarcò la schiena contro il materasso riempito di fieno. Le palpebre sembravano pesare come sassi; se solo avesse potuto, si sarebbe volentieri rimessa a dormire. Disgraziatamente, la giornata era ormai cominciata ed il sole non le avrebbe concesso un solo minuto in più di penombra.

«Rin.. Sei sveglia?!» una voce bambinesca crivellò il silenzio, ridestandola in maniera definitiva da quello stato di semi-incoscienza. Prima che potesse anche solo pensare di rispondere, un minuscolo uragano di capelli scuri si precipitò nella stanza e le si gettò addosso a capofitto.

«La colazione è pronta. Mamma mi ha ordinato di venirti a chiamare.» un sorriso sdentato la illuminò, inoculandole nel corpo una dose di allegria. Rin le appoggiò una mano sulla fronte e, con tenerezza, scostò le crine indomabili per sistemargliele dietro l'orecchio.

«Non c'era bisogno che venissi a svegliarmi.»

«Invece sì!» rise, buttandole le braccia al collo prima di scoccarle un bacio umido e bavoso sulla guancia. Nell'entrare, la ragazzina aveva lasciato la porta spalancata e, così facendo, aveva portato con sé l'inconfondibile aroma del pane fresco.

Il suo stomaco si ridestò, gorgogliando con un'intensità imbarazzante. La bambina le diede una pacca amichevole sulla pancia, quasi si aspettasse di ricevere una risposta e poi scivolò giù dalla branda per correre ad aiutare sua madre.

Rin si scostò le coperte dalle gambe, appoggiando la pianta dei piedi contro il pavimento di legno grezzo, freddo quando la pietra.

Una scarica di brividi si arrampicò su per i suoi polpacci, percorrendo ogni capillare e cellula che si muoveva sotto il superficiale strato di pelle.
Rin reclinò indietro il capo; i folti ricci si riversarono come una cascata di sabbia lungo la sua schiena, solleticandole la pelle nuda.

Fuori dalle protettive mura domestiche, il canto della natura si faceva esponenzialmente più intenso con il graduale risvegliarsi del sole.

L'abbaiare festoso del cane di famiglia si fuse al ragliare cocciuto dell'asino, imprigionato nella sua claustrofobica stalla.

La ragazza si vestì in fretta per raggiungere la famiglia nell'umile locale adiacente. Una donna dalla corporatura formosa stava sistemando le posate sul piano del tavolo, controllando che fosse tutto presente per l'abituale colazione.

Rin, con un solo sguardo, abbracciò la stanza, sorridendo al cospetto di quei semplici pezzi di mobilio che rendevano la casa squisitamente accogliente.

La ballerina aveva cominciato a gradire lo sbozzato tavolo rettangolare le cui irregolarità erano terribilmente evidenti.

Adorava il suono scoppiettante delle lingue di fuoco nel camino, costituito da spessi mattoni rosi dal fumo. Amava il sapore che il cibo acquisiva una volta cotto a diretto contatto con la fiamma.

«Ci hai messo di tempo per svegliarti, ragazza mia! Pensavo non avessi fame.»

«Mi dispiace aver fatto tardi, Petra.» la giovane corse a sedersi al solito posto, scrutando con appetito la composta di frutta che la cuoca aveva preparato il giorno prima.

«Figurati, tesorino.» Con un goffo movimento, la signora si sedette e, in risposta, la panca di legno scricchiolò quasi per lamentarsi del peso eccessivo con cui era stato caricata.

«Dov'è Paul? Non mangia con noi?»

La ragazzina, al suo fianco, afferrò con la punta delle dita una spessa fetta di pane per poi spalmarvi sopra una generosa dose di confettura.

Petra scosse la testa e con un gesto distratto della mano si portò alle labbra un'infusione di fiori di campo. «Questa mattina la battuta di caccia è patita prima del solito.»

Il pasto si consumò velocemente e le tre donne si spartirono equamente i compiti da assolvere. «Non è giusto che tocchi sempre a Rin andare al mercato!» la bambina si mise a strillare, incrociando le braccia sul petto, incurvando le labbra in un broncio capriccioso.

Petra, che nel frattempo si era dedicata al lavaggio delle stoviglie, asciugò le mani sul grembiule e catturò la figlia in un abbraccio soffice e protettivo.

«Quando diventerai grande, ranocchietta, ti permetterò di andare al mercato.»

«Ma io sono già grande!!»

La ballerina osservò di nascosto la scena, provando un indefinito senso di dolcezza e sconforto alla bocca dello stomaco.

Lei non avrebbe mai conosciuto quale calore è in grado di garantire la stretta di una madre; in nessun caso sarebbe riuscita a comprendere quale dolcezza si celasse dietro la parola “casa”

«Fai attenzione, ragazza mia.» Petra le si avvicinò trascinandosi appresso la bambina, tranquillizzatasi grazie ad una promessa che probabilmente le era stata sussurrata all'orecchio. Rin annuì, aggiustandosi sulle spalle il cesto di vimini in cui avrebbe dovuto disporre gli acquisti.

«Conosco la strada come le mie tasche, Petra.»

«Stai attenta e guardati comunque le spalle.» la donna le depositò in mano un sacchetto di cuoio, contenente la precisa somma di denaro che quel giorno avrebbe dovuto spendere. La ragazza strinse tra le dita lo spesso materiale, avvertendo i rotondeggianti contorni delle monete che vi erano nascoste. Qualche anno prima, il suo cuore avrebbe cominciato a battere impetuosamente alla vista di quel gruzzolo di rame e argento rosso.

«Sarò di ritorno tra qualche ora.»
Con un sorriso, la ragazza abbandonò la casa e si mise in cammino.

 

Settimanalmente, nel paese vicino si svolgeva un mercato in cui Petra la mandava a far qualche magra compera. Rin raggiunse la cima di una collina, ammirando dall'alto l'agglomerato urbano, situato ad appena un chilometro di distanza.

La ragazza inspirò a pieni polmoni l'aria frizzante del mattino, beandosi del diffuso solletico causato dalla salsedine. Alle spalle del paese, maestoso ed interminabile, si stagliava l'oceano.

Tutte le volte che la ballerina aveva attraversato quel crinale, non aveva potuto far a meno di soffermarsi a contemplare quella sconfinata distesa di acqua salata.

In lontananza, il richiamo dei gabbiani si confondeva con il rombo prodotto dalle onde che, cadenzatamente, si infrangevano sul bagnasciuga.

Ricordava come se fosse ieri la prima volta che si era ritrovata di fronte a quell'azzurro gigante naturale. Come una bambina, la ragazza si era tolta le scarpe, distrutte dal tanto camminare e si era messa a correre sulla sabbia. Quando quei ruvidi granuli le erano scivolati tra le dita, tiepidi al contatto, si era messa a ridere di cuore. La sensazione che per anni aveva immaginato non si era neanche avvicinata a ciò che stava provando in quel momento.

Poi, dopo aver giocato un po' con le conchiglie, Rin si era voltata in direzione dell'oceano ed era inspiegabilmente scoppiata a piangere.

Scuotendo il capo, la ragazza scacciò la nebbia dei ricordi e ripetette mentalmente ciò che Petra le aveva ordinato di acquistare.

«Barbabietole, porro, carote..barbabietole, porro, carote..» la lista degli ingredienti divenne una sorta di mantra; un incantesimo in grado di esorcizzare i tentacoli del passato.

Non appena varcò i confini del paese, un muro di rumore le rovinò addosso rischiando di stordirla. Il caos regnava sovrano; le bancarelle erano assaltate da centinaia di donne, uomini ed anziani che tentavano di strappare al commerciante un prezzo di favore.

Qualche ladruncolo, approfittando della situazione, faceva scivolare sotto la tunica tutto ciò che era in grado di arraffare: carote, patate, e mele erano i premi più ambiti.

I più coraggiosi cercavano di rubare la merce più costosa come frutta secca e carne, controllate meticolosamente dai negozianti.

Rin si fece coraggio e, respirando a pieni polmoni quel calderone di aromi, si gettò nella mischia. La massa la fagocitò all'istante, privandola dell'autonomia che sino a pochi istanti prima aveva stretto tra le mani. I suoi movimenti vennero condizionati dalle mosse delle altre persone, ammucchiate lungo la strada della cittadina. Spintonando, puntando i piedi e stringendo i denti per sopportare il dolore delle gomitate, la ragazza riuscì ad approdare alla prima bancarella.

La verdura era profumata; le foglie verdissime, simili a pennacchi, campeggiavano sulle loro teste vegetali. Aggrappandosi al bordo del banchetto, la fanciulla si insinuò a forza tra due gigantesche matrone e prescrisse l'ordine all'aiutante del mercante.

Nell'attesa, Rin si guardò attorno, scorgendo alla sua destra un banco pieno di delicatissimi oggetti di vetro e cristallo. Orecchini, collane e braccialetti si alternavano sul piano di legno, coperto da un effimero panno color neve.

Gli agganci dei gioielli erano costituiti da lavorati pezzi d'oro, argento e rame che, colpiti dalla luce del sole, ammiccavano in direzione dei passanti quasi pregandoli di acquistare uno solo dei tanti fratelli della loro numerosa famiglia.

In mezzo a tutti quegli articoli, fu un collier ad attirare l'attenzione della ballerina che, stregata, lo osservò ad occhi sgranati. La catenella era d'argento bianco; a ciascun anellino era stata agganciato un ciondolo a forma di foglia di acanto. La sua forma era perfetta e, per incrementarne la credibilità, punte di tormalina verde erano state inserite al loro interno.

Chiudendo gli occhi, la ragazza riuscì ad immaginare il piacevole peso del monile, agganciato al suo collo. La sua mano si protese ad accarezzare la pelle nuda sopra la bordatura della tunica, trovandola tristemente liscia.

Con un sospiro, Rin precipitò nel mondo reale dove solo i più ricchi avevano il piacere di conoscere quella differente e piacevole tipologia di peso.

«...Sei monete di rame rosso.»

La fanciulla voltò il capo e sbatté le palpebre nel tentativo di afferrare ciò che il garzone le aveva appena detto.

«Fanno sei monete di rame rosso, signorina.» ripeté cordialmente, scuotendo la busta di tela che conteneva ciò che aveva richiesto. Le foglie alte ed arruffate delle carote si mossero, lambendo le mani incrostate di terra del venditore.

Rin arrossì di colpo e farfugliando per scusarsi rovesciò sul palmo il contenuto del borsellino che Petra le aveva prima consegnato.

Cinque monete ruzzolarono tra le sue dita, tintinnando nell'urtarsi. La ragazza le contò un paio di volte prima di accorgersi che non erano sufficienti a pagare la merce.

Il garzone si giustificò dicendo che il prezzo di certe verdure era aumentato sensibilmente per via della siccità che aveva colpito i raccolti.

«Come sarebbe a dire!? Le piogge sono state più che abbondanti quest'anno.»

«Ma non sufficienti a soddisfare la richiesta del raccolto.» Il ragazzo aveva nel frattempo allontanato il braccio dalla compratrice, quasi nel timore che lei potesse afferrare la merce e scappare.

«Questa non può essere che una bugia!»

«Puoi sempre andare da un'altra parte a prendere le tue verdure!» ringhiò lui di rimando, inasprendo il proprio tono per difendersi dalle imputazioni.

«Voglio parlare con..»

«Ecco qui la tua moneta. Ora consegna la spesa alla signorina.» il braccio di uno sconosciuto apparve al fianco del suo capo, stringendo tra l'indice ed il pollice una piatta sfera di rame.

Il garzone scrutò in cagnesco il denaro e la donna, indeciso sul da farsi. Poi, vinto dalla brama di denaro, forzò le labbra in un sorriso di convenienza e le porse la busta come l'uomo gli aveva ordinato. Rin non reagì, rimase immobile come se una folata di vento gelido le avesse immobilizzato gli arti.

Sarebbe riuscita a riconoscere quella voce tra mille.

Quel timbro aveva per anni popolato i suoi pensieri come un'indelebile macchia.

I pensieri si ammassarono contro la diga del suo raziocinio che, con un allarmante crepitio, si disintegrò lasciandola in balia di un torrente di sentimenti contrastanti.

La fanciulla si voltò e cominciò a correre, sgomitando come una belva per farsi spazio tra la folla sempre più densa.

Il sudore le gocciolò lungo la schiena, incollandole la tunica bianca ed i capelli alla pelle. Lacrime salate le inumidirono le gote e singhiozzi silenziosi le scavarono il petto, lì dove un tempo il suo cuore aveva intonato la dolce melodia dell'amore.

Rin si fermò solo quando i suoi piedi scivolarono sulla ghiaiosa strada di campagna che l'avrebbe ricondotta a casa, come ogni giorno.

Alle sue spalle, l'ansimare pesante di un'altra persona confermò il fatto che la sua non era stata una semplice allucinazione.

Rin inspirò, stringendo convulsamente i pugni per dominarsi; poi, ruotò rigidamente su sé stessa e trovò Lui ad attenderla.

Len era proprio lì a qualche metro di distanza, chinato in avanti per contrastare la fatica di quell'improvvisa corsa tra i gremiti vicoli del paesino.

«Rin, per l'amor del cielo, sto diventando troppo vecchio per queste cose.» l'uomo si ricompose, rivolgendo alla donna uno dei suoi deliziosi ghigni arroganti.

«Sei qui

La ballerina non riuscì a dire altro. Il suo cuore, dopo ben due anni di silenzio, sembrava essersi ridestato con un singulto ed ora ogni battito le faceva atrocemente male.

Len era cambiato. Il suo corpo sembrava più asciutto e magro rispetto all'ultima volta che l'aveva visto; sul viso, una brutta cicatrice gli tagliava a metà il sopracciglio, sfiorato dagli arruffati capelli color miele. Ma malgrado ciò, gli occhi che l'avevano fatta innamorare erano sempre lì: malinconici e più profondi di qualsiasi oceano mai esistito.

«Sì. Sono qui solo per te.»

Rin fece qualche indeciso passo avanti, attratta irrimediabilmente da quella figura slanciata che aveva turbato i suoi sogni per centinaia di notti consecutive.

Lui le andò incontro; le sue mani prudevano dal desiderio di sfiorarla. Non appena furono sufficientemente vicini per potersi toccare, una fiamma di rabbia avvampò nel petto della fanciulla che, digrignando i denti, lo colpì in viso con uno schiaffo.

Len quasi crollò a terra per la sorpresa e, coprendosi la guancia colpita, scrutò attonito la compagna. Un tremolio furibondo si era diffuso lungo le membra di Rin, le sue iridi erano tempestate da accecanti bagliori di tuono.

«Sono passati due anni, Len.»

La furia ben presto si sciolse ed i tuoni che offuscavano il suo sguardo si convertirono in una pioggia torrenziale. Tirando su con il naso, la ragazza pianse senza ritegno davanti al suo uomo, conficcandosi le unghie nella pelle della mano.

«Sei solo un idiota! Pensavo tu fossi morto!»

«Lo sono stato, fino ad oggi.» sorrise lui, alzando la spalla e cancellando così il ribelle grumo di una lacrima.

«Non ho più avuto tue notizie.. ho vissuto nei ricordi come solo un fantasma può fare.» Rin singhiozzò, tentando di cancellare il fiume di stupore e felicità che le rigava il viso.

«Ma ora sono qui! Ed è tempo di riprendere in mano il nostro presente..» Len afferrò le mani della ragazza con timore, scavando nei suoi occhi alla ricerca di quell'antico sentimento che gli aveva bruciato l'anima. Possibile che la lontananza avesse cancellato tutto ciò che avevano passato insieme?? Poteva la distanza aver annullato quel rovente e spinoso sentimento che li aveva uniti? Rin alzò il viso, naufragando nelle iridi cristalline di lui.

«Mi ami ancora, Len?»

«Come il primo giorno in cui i ti ho vista danzare sul palco di quella squallida taverna.»

Rin gli si lanciò praticamente addosso, avvolgendogli il collo con le braccia. Le lacrime bagnarono la guancia dell'uomo mentre lui la faceva volteggiare in aria e la baciava, strappandole la ragione. Nel momento in cui le loro labbra si toccarono, un inferno di passione divampò nel loro petto, riscoprendo i petali fiorenti della loro rosa.

Fu come tornare a respirare dopo un lungo periodo di apnea.

«Mi sei mancata così tanto. Ora nessuno potrà più portarmi via da te..»

«Ti amo, Len.» bisbigliò la ragazza, intrecciando le dita della propria mano a quella del giovane. L'ufficiale le carezzò la guancia, soffermandosi su quel delizioso rigonfiamento.

Poi, con dolce lentezza, i ragazzi si voltarono in direzione della strada che si snodava verso l'orizzonte, serpeggiando tra le colline. Passo dopo passo, l'ufficiale e la ballerina cominciarono a parlare di quei due anni di lontananza.

Il rumore della ghiaia ed il grido lontano dei gabbiani accompagnò le loro risa, i loro effervescenti racconti.

Secondo dopo secondo, le ferite si cicatrizzarono e l'alba di un nuovo futuro insieme si profilò all'orizzonte, lì dove rifulgeva la sfera solare.

Il vento cantò per loro, le chiome degli alberi si inchinavano al loro cospetto, frusciando.

Le foglie sembravano essersi trasformate in un rosso tappeto su cui i due si ritrovarono a camminare con solenne lentezza. D'improvviso, un'idea folle ma deliziosa come miele sfrecciò nella mente dell'ufficiale, inumidendo i suoi occhi con lacrime di commozione.

«Rin..?»

«Dimmi, tesoro.»

«Sposami.»

Len si fermò di colpo, inginocchiandosi di fronte alla compagna con un sorriso emozionato incollato sul viso. La ballerina, annichilita dalla sorpresa, socchiuse la bocca senza sapere cosa rispondere.

«Forse non potrò offrirti una vita ricca e sfarzosa ma ti giuro che mi impegnerò per regalarti quella felicità che così tanto ti meriti.»

Rin cominciò nuovamente a piangere, stringendo con forza la mano del suo compagno.

Era davvero realtà ciò che stava vivendo? Oppure era solo un bellissimo sogno da cui, prima o poi, si sarebbe dovuta svegliare?
La realtà era che non voleva saperlo. Ora, tutto ciò che contava era la felicità soffocante che le opprimeva il petto.

«Avremo la nostra libertà. La nostra famiglia. Una vita insieme.»

Rin si inginocchiò a sua volta di fronte all'uomo e, sfiorando le sue labbra con un bacio, annuì.

«Sì, Len. Voglio che sia per sempre

 

   
 
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