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Autore: NorthStar    23/05/2016    20 recensioni
La prima volta che la vedi hai l’impressione di averla già vista.
E’ già successo, innumerevoli volte, di imbatterti di nuovo con gente che hai conosciuto in giro per il sud est asiatico.
C’è una strana tendenza a ritrovarsi continuamente anche a distanza di mesi, come con quella Monique che continuavi a incontrare ovunque andassi e quasi pensavi fosse un segno del destino.
Ti sbagliavi, perché questo lo è.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E’ sempre strano riprendere la routine al ritorno da un lungo viaggio.

 

Stavolta è impossibile.

 

 

Finn ti aspetta in aeroporto con un mazzo di gerbere.

Odi le gerbere e Finn dovrebbe anche sapere il perché.

Evidentemente non è così.

 

Eppure, quando ti abbraccia, ti bacia, ti dice quanto gli sei mancata, gli credi.

Gli credi e ti dici che è tutto come prima e che non avete alcun problema.

Tutto è perfetto.

 

A parte quel quadro in camera da letto.

Lì non può più restare.

 

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Le cose vanno bene per un po’.

Decentemente, se devi essere sincera.

 

Ricominci a dipingere, ma non sei la solita.

Se ne accorgono tutti.


Solo Finn sembra essere assolutamente ignaro della tua diversità.

 

Ti cominci a domandare se ti conosce davvero.

Se in un anno e mezzo è riuscito a conoscerti come qualcun altro ha fatto in qualche giorno.

 

Scacci velocemente il pensiero dalla tua testa.

 

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Le cose tra te e Finn cominciano a cambiare qualche mese più tardi.

 


Lui non nota la tua diversità ma tu certamente noti la sua.


E’ distante, sempre impegnato, disinteressato.

Ti dice che è per lavoro ma non ci credi.

Fai finta di niente perché, sotto sotto, ti fa comodo.


Ti permette di essere altrettanto distante.

 

E’ la distanza che hai lentamente posto fra voi che ti impedisce di dare di matto quando le tue migliori amiche ti chiamano per dirti d’aver visto Finn (in atteggiamenti inequivocabili) in compagnia di un’altra donna.

 

Lo affronti a muso duro e ha persino il coraggio di chiederti di perdonarlo.

 

Non puoi.

Non potresti mai.

 


Non per il tradimento in sé.
Un tradimento a volte non è tutto.

 


Non puoi perdonarlo per quello cui hai rinunciato nello scegliere Lui.

 

 

Quella stessa sera svuoti l’armadio dai suoi vestiti e lasci tutte le sue cose fuori dal “vostro” appartamento, pagato con i tuoi soldi.

Quella stessa sera Finn esce dalla tua camera da letto e immediatamente rientra il tuo quadro.

 

 

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E’ piuttosto facile superare la storia con Finn.
Questo ti fa capire quanto sia stato davvero importante per te...

Più d’ogni altra cosa ti fa capire quanto tu sia stata miope e stupida, stupida, stupida.

 

Cerchi di andare avanti a testa alta, comunque.

 

Il problema è che c’è sempre quella cosa nella tua testa, quel pensiero, che ogni sera ti fa andare a dormire con un nodo in gola.

 

Il problema è che non riesci a perdonarti l’aver scelto Finn invece che Lei.

Non riesci a perdonarti perché non meriti il perdono.


Meriti l’angoscia e il rimpianto.

Meriti la malinconia e l’amarezza.

Meriti di rivivere ogni notte, impotentemente, infinite parole e immagini.

 

Sei infelice e ti convinci di meritarlo.

 

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Una afosa giornata d’agosto ricevi un pacco.

 

Lo scuoti e riscuoti cercando di capire cosa sia prima ancora di leggere il nome del mittente.

Proviene dalla redazione di una rivista apparentemente.

Il – oh…

 

“Breathtaking Landscapes”.

Leggi.

 

Lo sai.

Lo sai che non può essere altri che Lei.

 

Rabbrividisci e scatti in piedi.

 

Non apri il pacco.

Lo poggi sul tavolinetto del salone e ti alzi.


Passeggi per il tuo appartamento.

Apri una bottiglia di vino alle 11 del mattino.

Rispondi a duecento e più email ignorate.

Pulisci il frigorifero e vai persino a trovare tua madre.

 

Non sei pronta per aprire quel pacco.

 

Il problema è che quando torni, in piena notte e anche abbastanza alticcia, il pacco è ancora lì.

 

“Basta.” Sospiri.

Prendi un coltello dalla cucina e apri il cartone.

 

Ti sfugge qualcosa a metà fra una risata e un singhiozzo quando ne estrai quel libro.

Sempre più gonfio e rovinato.

Sempre più vissuto.

 

Lo sfogli e tra le pagine trovi una lettera.

E’ stampata su una carta di grammatura pesante, color avorio, liscissima e terribilmente elegante.

 

“Gentilissima signorina Clarke Griffin,

la redazione del “Breathtaking landscapes” vorrebbe avere l’onore della sua partecipazione alla mostra inaugurale del periodico, intitolata “La felicità”, che si terrà il giorno 21 settembre presso i nostri uffici.

Nel caso decidesse di partecipare le sarà riservato il pezzo centrale.

 

RSVP.

 

Il direttore e fondatore

 

Alexandria Woods.”

 

Sorridi.
Per un milione di motivi.

 

Perché Lexa ha una sua rivista, apparentemente.

Perché sei invitata a partecipare.

Perché ti ha riservato il pezzo centrale.

 


Perché potrai rivederla.

 

 

Ti ritrovi a sfogliare il libro per la milionesima volta.

Leggi qua e là, lo annusi, accarezzi le pagine.

Stai quasi per addormentarti quando arrivi all’ultima pagina, al foglio di guardia posteriore, e scopri che qualcosa è cambiato.

C’è una nuova frase.

 

“Spero di vederti di nuovo, Clarke Griffin.

 

Lo spererò per sempre.

 

 

Quella notte dormi con il libro stretto al tuo cuore.

 

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Il giorno seguente rispondi immediatamente con una mail al “Breathtaking Landscapes” e confermi la tua partecipazione.

 

Da lì parte una minuziosa ricerca del pezzo da portare.


Dipingi con la gioia nel cuore.

Dipingi quadri su quadri.

Olio, acquerello, tempera, acrilico.

Pennello, spatola, matita, dita.

 

Paesaggi, persone, momenti.



Eppure niente ti soddisfa.

 

 

Ricevi l’illuminazione in una notte di inizio settembre (quando i tempi cominciano davvero a stringere), affacciata al balcone, guardando la città e le sue mille luci.

 

L’immagine ti fa scattare qualcosa in testa e all’improvviso sai cos’è la felicità.

 

La felicità è trovarsi tra milioni di persone nel luogo giusto, nel momento giusto.

La felicità è un silenzio condiviso con confortevolezza.

La felicità è un lungo bacio sotto un pontile.

La felicità è ritrovarsi, insperatamente e contro ogni possibilità.

 

La felicità è un’alba condivisa con l’amore della tua vita, in una minuscola camera da letto a Bali.

 

D’un tratto sai quale sarà il pezzo centrale.


Prendi il telefono e comunichi immediatamente agli organizzatori le dimensioni del quadro.

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Il giorno dell’apertura della mostra arriva prima che te ne accorga.

Non ricordi d’esser mai stata così agitata.

 

Passi l’intero pomeriggio a provare vestiti.

Alla fine opti per un semplicissimo vestito bianco che ritocchi con una cinta di camoscio poco sotto il seno, cui abbinare gli stivali.

Lasci i capelli sciolti, opti per un filo di trucco e scegli i gioielli più sobri che possiedi.

 

Ti guardi e ti riguardi mille volte e la tua insicurezza ti fa sorridere perché non sei mai stata così ed ora, tutto d’un tratto, ti senti una quindicenne alla sua prima festa.

 

Passi il tragitto in taxi a sfogliare e risfogliare il libro, incapace di stare calma.

Ma come potresti star calma?

 

 

Arrivi alla redazione (un non proprio modesto palazzo) e sei subito accolta all’ingresso.

Sanno benissimo chi sei, Lexa deve aver dato delle indicazioni precise.


Ti guidano fino alla sala dove si tiene la mostra.

I pezzi sono ancora tutti coperti e non riesci a capire dove si trovi il tuo.

 

Ti guardi attorno nervosamente e scruti i volti della gente che passa nella sala.

Quasi ti sembra di esser tornata a quella notte a Densapar, a cercarla fra la folla.

 

Quando le luci si abbassano e rimane un unico faro puntato su un podio, ti manca il respiro.


Eccola là.

Sale sul con il microfono in mano e un bicchiere nell’altra.


“Signori e signore, grazie per la vostra presenza in questa serata di nuovi inizi.”

Comincia col suo discorso e, devi essere sincera, non riesci a comprendere una parola nello stato in cui ti ritrovi.


Lexa indossa un vestito.

Non l’hai mai vista con un vestito e qualcosa fa corto circuito nella tua mente.


Cerchi di concentrarti sulle parole ma tutto quel che senti è la sua voce, la sua posatissima e controllatissima voce.

 

Quando senti partire un applauso capisci che deve aver finito il discorso e non ti interessa minimamente dei pezzi che vengono scoperti, nemmeno del tuo.


Sei così concentrata nel seguire con lo sguardo ogni singolo movimento di Lexa che per poco non fai cadere un povero cameriere con tutto il suo vassoio di tartine.

 

Ti avvicini ed hai la fortuna di poterla osservare, a sua insaputa, da vicino.

Non ti ha ancora visto fra le decine di persone che la circondano e le stringono la mano e continua a guardarsi attorno, con discrezione, cercando di non apparire disinteressata alle chiacchiere dei suoi ospiti.

 

Ti fermi ad aspettare alle sue spalle.

Lasci che la gente finisca di assillarla e solo quando comincia nervosamente a giocherellare col bicchiere di champagne che ha in mano decidi che è il momento di palesarti.


“Dovresti saperlo che, delle due, quella brava a trovare l’altra sono io.”.

Si volta di scatto, con un sorriso sulle labbra e replica “Potrei contestare questa affermazione...”

“No, non puoi.  Sono stata io a trovarti.  Sulla spiaggia, prima; alla tua mostra, poi.” Spieghi “E non era la prima volta che ti vedevo quella in spiaggia.”

“Ah si?” domanda.

“Già…” replichi fiera “Ti avevo visto qualche giorno prima tra la gente di Densapar.  Ti ho cercata per giorni.”

“E chi è che ti ha trovata a dipingere al tempio?”

“Mpf! Una volta contro quante?” replichi sollevando un sopracciglio a mo’ di sfida.

 

Lexa non risponde.

Sorride e basta.

 

“Come stai?” domanda, avvicinandosi a te.

“Me la cavo.” Replichi “E tu?”

“In questo momento benissimo.” Replica guardandoti negli occhi.

Non sai che dire perché è tutto davvero troppo.

 

“Posso accompagnarti nel giro della mostra?” propone.

“Con molto piacere.” Accetti.

 

Non parlate.

O meglio, parlate dei pezzi, commentate qualche dettaglio qua e là.

 

Arrivate al tuo pezzo, al vostro pezzo dovresti dire, e Lexa ti guarda.

Ti guarda come può guardarti solo chi conosce tutto quel che c’è dietro quel brandello di tela.

Ti guarda e sorride.

 

“Questa è la felicità, per te?” Domanda, lo sguardo rivolto al pezzo.

“Si.” Replichi con sicurezza.

“Un’alba…”

“E tutto quel che racchiude.” Aggiungi sorridendo.

“Ottima scelta.” Osserva, rispondendo al tuo sorriso.

“Ti ringrazio.”

 

Restate in silenzio a guardare, o meglio, a rivivere il quadro.

 

“E tu, Lexa?”

“Cosa?”

“Non hai esposto la tua idea di felicità?”

“Ovviamente.”

“E dov’è il tuo pezzo?”

“Qualcosa mi dice che te ne accorgerai quando ci passeremo davanti.”

 

La guardi confusa e cerchi di immaginare cosa possa essere.

Ripassi velocemente tutti i vostri momenti insieme, inutilmente, perché Lexa aveva sempre con sé la sua macchina fotografica.

E, anche se fosse, potresti non essertene accorta come nella foto del tempio.

 

Acceleri inconsapevolmente il passo, dedicando sempre meno tempo agli altri lavori.

 

E Lexa, nemmeno troppo sorprendentemente, aveva ragione.

 

Ti trovi di fronte ad una composizione composta da una serie di dodici foto.

Disposte su quattro file.

 

Il soggetto delle foto sei tu.

 

Tu che insegui il tuo cappello per le vie polverose di Densapar.

Tu che ridi a crepapelle, inseguendo il tuo cappello per le vie polverose di Densapar.

Tu che recuperi il cappello da un bambino, che sorride con te.

Tu che ti rificchi il cappello in testa, ancora con un sorriso sulle labbra.

 

 

Resti a bocca aperta e ti volti verso Lexa.

 

“Tu mi hai trovata per prima...” Sospiri appena.

Sorride, e annuisce con un pizzico d’orgoglio.

“Quella notte sei scomparsa e pensavo non ti avrei mai più rivista, e invece…”

“Apparentemente è tipico di noi.  Pensare che non ci rivedremo mai più per poi ritrovarci ancora e ancora.”

“Questa è la tua felicità, Lexa?”

Annuisce e dopo qualche istante specifica “Tu lo sei.”.

“Tu sei la mia.” Replichi per poi aggiungere “Perché non lo abbiamo da capito subito? Perché abbiamo perso così tanto tempo? Cosa stiamo aspettando?”

“Io aspettavo solo te.” Replica con un sorriso.

 

Prendi un lungo respiro e decidi di calare l’asso nella manica.

 

“Sto per farti una proposta e, per l’amor del cielo, Lexa: non dire di no.”

“Aspetta, stai per chiedermi di sposarti!?” ti domanda a metà fra il serio e il faceto.

“No, no…” replichi “Non ancora, comunque…”

Frughi nella tua borsa ed estrai velocemente il suo libro.

Glielo offri e ti guarda confusa.

“Non credo di capire la proposta…”

“Aprilo.” Sorridi.

 

Quando trova la busta da lettere ti guarda curiosamente.

“Avanti. Cosa aspetti?” domandi ansiosamente.

Lexa apre la busta con mani insolitamente tremanti, noti.

Quando capisce cosa ha in mano ti guarda meravigliata.

 

“Sei seria?”

“Mai stata così seria.”

“Quando?”

“Quando vuoi, Lexa.”

“In qualunque momento?”

“Si.” Sorridi.

“Stanotte.” Replica.

“E stanotte, sia.”

 

 

 

 

 

Quella notte, alle 3 e 25 del mattino, partite per Bali.

 

Insieme, per la prima volta.

 

 

 

 

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EPILOGO

 

 

E un pomeriggio cupo e piovoso a Denpasar.

La gente è chiusa in casa e l’unico rumore nella vostra stanza è il ritmico gocciolare dell’acqua dal tetto.

 

Siete sdraiate sul vostro letto.

Lexa è a pancia in giu, poggiata sui gomiti, a sfogliare distrattamente una rivista.

Le accarezzi la schiena, mentre continui a spostare lo sguardo fra il soffitto e la finestra.

“Lexa?”

“Mh…” replica distrattamente.

“Ci pensi mai a noi?”

“Clarke…” chiude la rivista e ti guarda con un sorriso “Noi è praticamente tutto quello cui penso da quasi due anni…”

“No…” cominci “Intendevo, ci pensi mai che… Non so, dopo tutto quello che è successo… ora siamo qui?”

“Certo, che ci penso.”

“E non credi sia assurdo?”

“No…” ci pensa un po’ su e aggiunge “Magari un po’, ecco.”

“Un po’?” domandi sollevando le sopracciglia.

“Ok, sì, è abbastanza assurdo.”

“Non credi che la nostra storia sia… No, lascia stare.”

“Cosa?”

“No, niente… è una cosa stupida…”

“Clarke…” sbuffa poggiandoti il mento sulla spalla “Sono pronta per qualsiasi cosa sdolcinata tu stia per dire…”

“Come fai a sapere sempre cosa sto per dirti?!”

“E’ un dono…” sorride “Avanti, dimmi.”

“Mi piace pensare che in un modo o nell’altro noi ci ritroveremmo sempre, come ci sia un qualcosa di voluto dal destino. Se le cose non fossero andate così, ci saremmo comunque ritrovate prima o poi. Se tu domani partissi senza lasciare traccia, sono sicura che finiremmo per ritrovarci in qualche modo.”

“Vuoi testare questa tua teoria?” sorride divertita “Perché se vuoi domani posso sparire e-”

“Non dirlo nemmeno per scherzo!” sorridi colpendole la spalla “Non voglio mai più lasciare Bali senza di te.  Non voglio mai più stare senza di te.”

Si avvicina a baciarti poi continua a guardarti e sai che sta per dire qualcosa.

“Sei felice, Clarke?”

“Con te, sempre.” Sorridi “E tu? Sei felice, Lexa?”

 

“Con te, sempre.”

   
 
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