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Autore: AnnVicious    24/05/2016    0 recensioni
Londra, 1977.
Dominick è un ragazzo di 16 anni trasferitosi a Londra da un anno con sua madre, Sheila, dopo la morte del proprio padre. Vivono con i pochi soldi che hanno e Sheila farebbe di tutto per assicurare un futuro al figlio.
Steven ha 19 anni, il suo unico obbiettivo nella vita è quello di divertirsi, ma non a casa. Ogni sera, al suo ritorno, sarà come un tuffo nella cruda realtà.
Entrambi sono amici da quando l'anno prima si conobbero e da allora, si vedono sempre in una vecchia fabbrica abbandonata.
I due ragazzi dovranno far fronte a diversi problemi, a volte uniti ed altre no.
In un luogo dove il lavoro e le opportunità scarseggiano, dove la speranza viene divorata dalla realtà di tutti i giorni, ce la faranno a superare gli ostacoli che si presenteranno loro davanti e ad essere felici?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Dei passi in lontananza cullavano il delirante sonno di Dominick.

Aprì appena gli occhi, giusto quel tanto che bastava per riuscire a mettere a fuoco il portone distrutto dell'ingresso a quella struttura decadente dimenticata da tutti.

Le palpebre pesavano così tanto...

Desiderava solo dormire in eterno.

Fuori si era scatenata una bufera di neve e Dominick non riuscì a distinguere i lineamenti di una sagoma alta che gli si avvicinava.

Aveva dei capelli, lunghi, biondi come un bellissimo campo di grano ad inizio estate, degli occhi di un azzurro così bello da far invidia ad un dio, le labbra che sembravano scolpite direttamente da Michelangelo.

Forse era un angelo.

Era venuto a prenderlo?

"Dominick".

Quella voce roca, ma allo stesso tempo dolce, portò il ragazzo alla realtà. Spalancò gli occhi e nel vedere Steven davanti a sè offrirgli una mano per alzarsi, sorrise e pianse al contempo.

Quel ragazzo non si stancava mai di salvarlo.

Afferrò la sua mano calda e si alzò in piedi con il suo aiuto.

"Ancora una volta, eccoti qui". sussurrò Dominick con un sorriso a trentadue denti che contagiò anche Steven.

"Sei il mio principe, ricordatelo".

I due si commossero e si scambiarono un bacio appassionato, stringendosi forte l'uno all'altro.

In quel bacio Dominick impiegò le poche forze che aveva in corpo.

Sentiva che non avrebbe resistito ancora a lungo, si sentiva sempre più debole e decise che non avrebbe detto nulla a Steven.

Non voleva essere la sua preoccupazione ancora una volta, non voleva più chiedergli aiuto.

Spesso, soprattutto nell'ultimo periodo, si era comportato da egoista con lui e per una volta non voleva che Steven non guardasse lui come un malato bisognoso di cure, ma come il ragazzo che amava.

Dopo il bacio, lo guardò negli occhi e ci si perse per la millesima volta: voleva essere sicuro di ricordare i suoi occhi così belli per altri mille anni. Steven non aveva una sola imperfezione e Dominick si era sentito così perfido da averlo messo alla prova.

"Scusa..." sussurrò.

Steven accennò un sorriso che abbagliò Dominick e sussurrò sulle sue labbra.

"Per cosa?"

"Per Tutto". Sussurrò Dominick in risposta, mentre quasi poteva vedere negli occhi del suo eroe scorrere tutte le paure e le ansie che gli aveva dato Dominick.

Steven poi, posò una mano sul suo viso e sussurrò: "Ora sei qui con me". Dominick stava per piangere, ma si trattenne e strinse ancora le braccia attorno a lui, come se avesse paura che quell'angelo sparisse.

"Resti qui con me, vero?" sussurrò tra i suoi capelli biondi.

"Sempre" fu la risposta di Steven.

Si sedettero per terra e a Steven sfuggì una breve risata.

"Che c'è?" chise Dominick con un filo di voce.

"Guarda il muro".

Dom si voltò e vide che le loro schiene era appoggiate su della vernice verde scuro: S+D. Sorrise e si strinse all'amore della sua vita. Steven accarrezzò le spalle del ragazzo e posò dei baci sulla sua testa: era così premuroso, così dolce che Dominick poteva quasi riuscire a sentire quell'energia, quell'amore impagabile che Steven sentiva per lui.

"Ti va di tornare a casa tua?" chiese dolce.

Dominick socchiuse gli occhi. "Si...ma prima restiamo ancora qui per un pò, ti va?".

Sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta ad arrivare a casa vivo date le sue condizioni, ma non voleva che Steven si preoccupasse per lui ancora una volta.

"Vorrei tornare a scuola, prendere il diploma, iscrivermi all'università e rendere felici te e mia madre. Siete le uniche persone che davvero contano per me".

Steven non si aspettava quelle parole.

Aveva sempre saputo che Dominick odiava quella scuola, che avrebbe voluto altro nella sua vita, avere successo successo con la sua arte, i suoi dipinti e quelle parole per lui, erano una sorta di rinuncia quindi sussurrò: "Piccolo, devi fare ciò che ti rende felice. L'amore non deve essere sacrificio".

Dominick alzò gli occhi su quelli azzurri di Steven e gli accarezzò il viso, le proprie mani scorrevano piano su di esso, coccolandolo e facendolo addolcire in un sorriso che avrebbe sciolto il ghiaccio più solido ed annaffiato il deserto più arido.

"Sei tu che mi rendi felice e farò qualunque cosa pur di farti sorridere come stai facendo ora". Detto ciò, Dominick asciugò una lacrima che scorreva sulla guancia del biondo.

"Sai, avrei voluto avere il coraggio di mettermi con te mesi fa" rispose con voce roca.

"Non fa niente". Disse Dom.

"Siamo qui ora. E' tutto ciò che conta, no?".

Steven annuì in sienzio, incapace di esprimersi a parole, così accarezzò anche lui il suo viso pallido, poi gli si avvicinò per dargli un bacio che lui ricambiò, dolce ed appassionato, senza usare la lingua, non ce ne era bisogno.

Bastava un semplice sfiorarsi di labbra e quele carezze così dolci.

"Ti amo, Dominick" sussurrò poi Steven.

"Anche io". Sussurrò semplicemente lui.

Steven aprì le gambe e fece spostare Dominick, in modo da averlo tra le suue braccia e poi sussurrò a voce bassissima, quasi inudibile, al suo orecchio.

"Ti amo".

Dominick sorrise e si strinse tra le sue braccia, lasciando scivolare la testa sul suo petto coperto dalla giacca chiusa.

"Perché stai sussurrando? Ci siamo solo noi qui..."

"Perché voglio che lo senta solo tu, mio dolce principe. Ti amo e ti amerò per sempre, oltre lo spazio, oltre il tempo, oltre la memoria. Sei l'unico che abbia mai amato, l'unico che mi abbia fatto sentire vivo davvero, l'unico per cui sarei disposto a fare e ad essere qualsiasi cosa pur di vedere un sorriso sulle tue labbra.

Vorrei poter aver fatto di più.

Sono stato debole con te..."

Ora, entrambi piangevano.

I loro singhiozzi erano gli unici suoni che si sentivano in quella fabbrica abbandonata, così lontana dalla realtà, così surreale...

"N-non importa cosa sei stato prima, ma ciò che sei adesso" sussurrò Dom tra i singhiozzi mentre con la sua manica della giacca, si asciugava le lacrime calde che gli scendevano sul viso come piccole cascate.

Steven lo stringeva forte tra le sue braccia, aveva una tremenda paur che fosse scomparso ancora una volta il suo piccolo e dolce principe.

"Se si potesse tornare indietro nel tempo, non ti avrei mai lasciato in quel modo, Dominick".

Il moro sapeva a cosa si riferiva: delle immagini nitide e chiare si facevano largo nella propria mente. Dominick che dopo essere scappato, aveva fatto ritorno a casa e aveva trovato Steven nella propria stanza, il quale con quelle cinque e semplici parole, lo aveva lasciato. Ma non era stata colpa sua.

"Ho chiesto troppo da te. E tu avevi già trope cose a cui pensare, avrei dovuto aspettarmi una reazione del genere da parte tua e invece ho pensato solo a me in quel momento, incolpandoti e facendoti stare ancora peggio..."

Ora sembrava tutto più chiaro per Dominick e non capiva perché ci avesse messocosì tanto a capire tutte quelle cose che prima non gli erano chiare".

"Stai diventando molto profondo, sai?" sussurrò Steven mentre accarezzava i suoi capelli scuri.

Dominick ridacchiò per poi essere scosso da una tosse secca che sembrava non volersi arrestare.

"Ehi, sta bene?" chiese Steven, spaventato.

Dom annuì e si voltò mentre continuava a tossire, poi cercando di non fasi vedere da Steven, sputò qualche fiotto di sangue che mascherò con altra tosse.

Quando smise di tossire, posò di nuovo la testa sul petto di Steven, il quale gli posò un bacio sulla fronte, poi gli indicò una siringa.

"E' tua quella, vero?".

"Si... Daniel mi ha venduto un paio di dosi". Sussurrò lui sperando con tutto il cuore che Steven non si fosse arrabbiato.

Steven, infatti si limitò ad annuire.

"Era l'ultima, voglio smettere con l'eroina. Non ne ho bisogno se ho te".

Dominick sentiva che la propria voce si faceva sempre più fioca ed il respiro sempre più debole.

Sperava solo che Steven non se ne accorgesse.

"Ce la farai. Io ti starò vicino in ogni attimo". Sussurrò Steven con voce dolce, poi cambiando discorso, disse: "qui sono racchiusi tutti i nostri momenti più belli, lo sai? Deve essere una sorta di posto incantato, sebbene non sia esattamente uno di quei castelli che si vedono nelle favole". Ridacchiò restando stretto al suo amato.

"Hai ragione. Venivamo sempre qui ogni pomeriggio questa estate, ricordi?"

"Si... il nostro primo bacio..." proseguì Steven.

"La prima volta in cui abbiamo fatto l'amore..." sussurrò Dom.

"E soprattutto ora che ti ho ritrovato, non ti lascerò andare mai più".

Concluse Steven, spostando il viso per baciare le labbra di Dominick, il quale si era commosso ancora una volta.

Fece il solletico a Dominick, il quale si spostò appena, ridendo e facendo qualche altro colpo di tosse che sembrava volergli lacerare i polmoni ogni volta.

"Scusa..." sussurrò Steven sentendosi in colpa.

"Non è colpa tua". Disse Dominick quando la tosse si arrestò.

"Ti va di andarmi a prendere una pizza? Sono affamato ed ho mangiato solo tonno e fagioli ultimamente..."

Dominick sentiva che il suo momento era arrivato.

"Certo" rispose Steven alzandosi cautamente.

Dom non voleva assolutamente che Steven lo vedesse morire, sarebbe stato troppo straziante per lui e voleva evitargli almeno quel dolore, visto quanti gliene aveva procurati ultimamente.

"Grazie. Poi andiamo a casa mia. Devi ancora sentire il cd che mi avevi regalato per il mio compleanno, ricordi?"

Steven sorrise e si abbassò a dargli un bacio sulla fronte.

"Certo che me ne ricordo. Tu resta qui, io torno prestissimo amore mio".

Dominick gli sorrise e posò una mano sul suo viso, fissandolo per un momento che gli sembrò eterno.

Voleva ricordare ogni dettaglio del suo volto: i suoi occhi, le sue labbra, i suoi capelli, il suo profumo, la sua espressione felice e gioiosa che aveva in quel momento e quel sorriso che avrebbe voluto non si spegnesse mai.

"Che fai?" sussurrò dolce Steven.

"Osservo il tuo sorriso. Voglio che resti dentro di me per sempre".

Steven, ancora una volta senza parole, baciò Dominick.

Lui lo strinse a sè con le ultime forze che gli restavano, così forte da rischiare di fargli male.

Non voleva lasciarlo andare, ma dentro di sè, sapeva che era la scelta giusta da fare.

"Torno presto". Sussurrò Steven quando lentamente, si staccarono.

Lasciò un bacio tenero sulla fronte del ragazzo, poi si allontanò da lui ed una volta che fu uscito dalla fabbrica, Dominick si lasciò andare, sdraiandosi a terra.

Ora era completamente solo.

E stava morendo.

Il silenzio in quel posto si fece stranamente assordante per Dominick.

Era consapevole del fatto di essersi scelto lui quel destino, sapeva dentro di sè che prima o poi, sarebbe andata in quel modo ed anche se per molte altre persone, morire da sole sarebbe stata come un'ultima coltellata al cuore, un'ultima sofferenza, per lui andava più che bene restare da solo con sè stesso. D'altronde, anche se aveva sbagliato tutto, anche se aveva fallito miseramente venendo ricordato dalla società come niente di più che un tossicodipendente, almeno nell'ultimo breve periodo di vita, aveva potuto scegliere di agire a modo suo, di fare come meglio credeva.

E ciò non significava per lui, che aveva fatto la cosa giusta, sapeva bene di aver toppato alla grande, ma aveva sbagliato perché lui aveva scelto di sbagliare e su questo non aveva rimpianti.

Chiuse gli occhi, respirando sempre più a fatica e stese le braccia per terra.

Non aveva mai creduto nel paradiso e nell'inferno, nello Shan-gri-là qualunque altra cosa s'inventavano le persone per illudersi del fatto che una volta morte, sarebbero state meglio o peggio in base alle loro azioni sulla Terra.

Tutte quelle religioni forse racchiudevano un fondo di verità, ma nella società erano utilizzate soprattutto per mettere le persone le une contro le altre, per fare loro il lavaggio del cervello, per dare loro la falsa speranza che un buon Dio avrebbe perdonato i loro squallidi peccati e che avrebbe mandato all'inferno persone che odiavano.

E Dominick ad occhi chiusi, non riusciva ad immaginare nulla che somigliasse vagamente ad un luogo bellissimo e spensierato.

Forse dall'altro lato, c'era semplicemente il nulla.

A lui andava bene così.

"Scusa mamma". Sussurrò con voce talmente bassa e debole che anche una persona fosse stata di fianco a lui, non lo avrebbe sentito.

"Non ti ho dato quello che ti ho promesso. Sono stato solo una delusione e tu, invece hai sempre fatto così tanto per me. Avrei... Avrei tanto voluto vederti un'ultima volta, m-ma forse è meglio così...

Ridott in queste condizioni, non avrei fatto altro che deluderti un'ultima volta prima di andarmene... Spero tu viva una vita lunga... E serena...".

Le parole inudibili gli si spensero tra le labbra.

Delle ultime lacrime calde scorrevano sui suoi zigomi, accarezzandoli, per poi scivolare per terra.

"Ti amo, mamma, ti amo Steven..." sussurrò con un ultimo sforzo.

Il cuore di Dominick, lentamente cessò di battere.

Tutto il suo corpo si arrestò piano, senza fretta, come se stesse scivolando in un sonno beato e pacifico.

Il silenzio regnava ora sovrano nella fabbrica abbandonata.

Steven era in un fast-food aperto fino a tardi, ad un paio di chilometri dall'edificio abbandonato.

Era lo stesso dove quella volta dopo il rave, aveva preso quei tranci di pizza che a Dominick erano sempre piaciuti molto.

Steven era felice, ma al contempo agitato ed un pò nervoso.

Non vedeva l'ora di tornare da Dominick, fargli mangiare la pizza e tornare a casa con lui.

In quei giorni, era stato molto vicino a sua madre, Sheila, la quale si chiedeva continuamente dove avesse sbagliato con Dom, ma lei ovviamente, non aveva sbagliato nulla, era semplicemente andata in quel modo.

D'altronde, lei non era mai venuta a sapere di quei bulli che tormentavano il figlio, delle sue vere aspirazioni, di quanto ci tenesse a soddisfare a pieno la madre, di quanto lui si sentisse incapace di aiutarla o fare qualcosa per lei quando la sera tornava stremata dal lavoro, dalla vita.

Per Steven, ora era finalmente tutto più chiaro perchè era riuscito finalmente a capire cosa realmente volesse Dominick e non vedeva l'ora di essere felice con lui e di prendersene cura, di farlo felice in ogni attimo...

Mentre tornava a piedi alla fabbrica con in mano una busta contenente la pizza calda e fumante ed una sigaretta tra le labbra, Steven rifletteva sul comportamento di Dominick: aveva una strana sensazione su di lui, si era comportato in modo strano, ma forse era semplicemente troppo strafatto e lui si stava agitando per niente, ma non poteva farci nulla: c'erano delle preoccupazioni e dei pensieri che non volevano lasciare il suo cervello.

E se un giorno fosse morto per Overdose?

Magari avrebbe smesso e poi ricominciato con una dose eccessiva e quindi letale?

La mente di Steven continuava a mostrargli Dominick nel suo letto morto, come se stesse dormendo, oppure all'angolo della strada, in bagno con una siringa nel braccio...

Gettò la sigaretta a terra, nella neve e sbuffò.

Era troppo agitato.

Percorreva il sentiero sterrato che portava alla fabbrica, dove doveva solo camminare e fare un sospiro di sollievo nel vedere l'amore della sua vita ancora vivo.

Solo questo.

Steven in quei giorni, aveva desiderato così tanto che Dominick tornasse e di avere una vita serena con lui che ora non poteva credere di avere la propria felicità a qualche passo da se e ad ogni passo nella neve, si sentiva più sollevato, speranzoso...

Entrò nella fabbrica abbandonata e vide Dominick steso per terra, così accennò un sorriso pensando che si fosse addormentato e si accovaccio di fianco a lui posando la busta per terra, per poi spostargli con tanta dolcezza un ciuffo di capelli dalla guancia pallida.

"Ehi, piccolo, ti sei addormentato? Su, si torna a casa". Sussurrò premuroso il ragazzo che accarezzava il viso caldo del moro.

Non ricevendo risposta, strinse la sua mano fin troppo bianca e scarna e disse a voce bassa: "Dai principino, ti ho portato la pizza margherita, la tua preferita". Accennò un piccolo sorriso e sfiorò una sua guancia con le proprie labbra.

Lasciò scorrere la propria mano sul suo polso e fu allora che si accorse del fatto che non c'erano pulsazioni.

Incredulo, posò la mano sul suo petto, poi sul suo collo e poi di nuovo sul suo petto, lì dove c'era un cuore che ormai non batteva più.

"Dominick, no... ti prego..." La voce di Steven non era mai stata così intrisa di paura ed una profonda agonia.

Si spostò sopra di lui, mettendo rapidamente le proprie mani sul suo petto, una sopra l'altra e con gli occhi spalancati, che si rifiutavano di far scendere una sola lacrima, iniziò a dare colpi forti e secchi sul suo sterno privo di vita cercando di farlo riprendere.

"Non puoi abbandonarmi così..." disse sempre più spaventato mentre spingeva le mani sul suo petto diverse volte ad un ritmo preciso.

A scuola una volta avevano distribuito un fascicolo il quale spiegava le regole in casi di terremoti, incendi o di primo soccorso ed ora a Steven era tornato tutto alla mente, rapido come una tempesta.

" Tu devi vivere, Dominick!" Urlò con voce aggressiva, ma piena di tristezza.

"Devi salvarti, amore mio. Devi vivere ancora, devi essere il ragazzo più felice della terra, ti prego..."

Le sue mani continuavano a spingere, incontrastabili.

Decise di provare con la respirazione bocca a bocca, anche se sapeva che era meno efficace di un massaggio cardiaco, così velocemente, senza rimurginarci troppo, tappò il naso di Dominick e cominciò a soffiare nel suo corpo tutta l'aria che aveva nei polmoni, più di una ventina di volte, sperando fervidamente che qualcosa che in quel corpo così magro e scarno, si muovesse appena, gli bastava un piccolo tremolio della mano.

Ma il silenzio in quella fabbrica, era tale da togliere il fiato.

"Dominick..." sussurrò Steven ormai senza respiro, fermandosi un momento ad accarezzare la sua pelle morbida che stava diventando fredda.

Steven fece un urlo così forte, così pieno di dolore da ammutolire per qualche secondo, quel silenzio il quale lo soffocava.

Era finita, lui ne era consapevole.

Dominick era morto.

La persona per la quale non aveva mai smesso di combattere, era morta.

La persona che più amava al mondo era morta.

Il suo futuro con lui era morto.

Steven versava lacrime su lacrime sul corpo senza vita di Dominick.

Ora sentiva che anche la speranza, lentamente moriva dentro di sè.


 

FINE.

 

  
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