Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |      
Autore: BebaTaylor    25/05/2016    3 recensioni
Sono passati alcuni mesi dalla sconfitta di Galaxia e la vita scorre tranquilla per le guerriere Sailor: scuola, compiti, verifiche, uscite con le amiche... tutto cambia quando in città arrivano tre persone, con un obbiettivo ben preciso.
Da subito le guerriere capiscono che i nuovi nemici sono forti, molto forti, più dei nemici sconfitti in precedenza, capiscono che non sarà facile eliminarli.
Ma quello che vogliono i tre non è conquistare la Terra. Loro vogliono solo distruggere Usagi e per farlo le porteranno via quello che ha di più caro, la persona che ama di più al mondo.
Le guerriere Sailor riusciranno a sconfiggere il nemico anche questa volta o sarà tutto perduto per sempre?
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Usagi/Bunny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve bella gente! Eccomi con una fanfiction su Sailor Moon, anime che ho amato tantissimo quando ero una ragazzina e che contino ad adorare
Un paio di noticine prima d'iniziare:
1. I personaggi dei cattivi nascono tanti anni fa, non sapevo in che storia usarli e così ho deciso di "sbatterli" nel mondo di SM.
2. Ho deciso il finale — e l'ho scritto! — prima di scrivere l'inizio.
3. I personaggi saranno, al 90%, OOC.
4. Il titolo è una canzone dei Westlife.
5. Spero che la storia piaccia a qualcuno.


How To Breake A Heart

«Quindi... questa è Tokyo.» esclamò Starkard alzando gli occhiali da sole.

«Sì.» disse Damian. «A meno che il pilota non abbia sbagliato strada...»

«Io non riesco a capire perché ogni volta che ci dobbiamo muovere dobbiamo usare uno di questi mezzi...» sospirò Jack, «Potevamo risparmiarci un volo di dieci e passa ore e uno scalo.»

Starkard guardò i due ragazzi accanto a lei, «Perché siamo persone normali.» soffiò sul viso di Jack. «Non lamentarti, tesoro.» continuò sistemando gli occhiali sul naso, «Almeno non è uno stupidissimo carro bestiame...»

Damian annuì, «Star, non ricordarmi di quell'orribile viaggio!» esclamò, «Due intere settimane accanto a stupide galline...» 

«Ma almeno avevamo uova fresche tutti i giorni.» disse Jack.

«Non dopo che voi due le avete sterminate quasi tutte...» ridacchiò Starkard, «Bene.» disse ritrovando la compostezza che la contraddistingueva, «Siamo qui per un motivo,» si girò, lasciando perdere il paesaggio che si ammirava dai grossi finestroni dell'aeroporto, «direi che è ora d'incominciare.»

Damian le sorrise, mettendo in mostra le fossette sulle guance, «Chi è l'obbiettivo?»

Starkard aprì la tasca davanti del bagaglio a mano, tirò fuori una cartellina rossa e l'aprì, «Mamoru Chiba.» lesse.

«Mamoru chi?» chiese Jack. «Non mi sembra un nome conosciuto.» esclamò.

«Nemmeno a me.» sospirò Damian.

«Principessa Serenity vi suggerisce qualcosa?» sorrise Starkard.

Damian spalancò gli occhi chiari, le labbra si piegarono in un ghigno, «Oh, sì.» disse.

«Quella Principessa?» squittì Jack e Starkard annuì, «Oh, perfetto.» esclamò, «Almeno spiegheremo loro un paio di cosette.» rise.

«Sono guerriere.» disse Damian mentre avanzavano nei corridoi dell'aeroporto di Tokyo, «Saranno forti, ogni battaglia le ha fatte diventare più potenti...»

«Damian, da quando ti preoccupi di queste cose?» chiese la giovane — non dimostrava più di ventidue anni — «Siamo noi i più forti.» esclamò, «Siamo più vecchi, più saggi,» si fermò e fissò un ragazzino che stava per andare a sbattere contro una colonna, lo guardo fisso sul seno di Starkard, messo in mostra da un maglia scollata «e siamo dei gran fighi.» rise.

«Bhe, quello è indubbio.» esclamò Damian, regalando un sorriso a un gruppetto di ragazze, che sembravano sul punto di svenire da un momento all'altro.

Come se fossero modelli in passerella sfilarono fra le persone, che si fermavano e lasciavano loro lo spazio per passare.

Fuori dall'aeroporto trovarono immediatamente un taxi — bastò che Damian facesse l'occhio a due donne e quelle cedettero immediatamente il mezzo, chinando la testa e scusandosi. —

«Dove andiamo?» domandò Jack mentre caricavano i bagagli nel baule dell'auto.

«Ho prenotato una suite.» rispose Starkard, «Hilton Hotel, Shinjuku.» ordinò al tassista quando furono tutti e tre nell'abitacolo.

✩✩✩

Usagi si bloccò di colpo quando raggiunse l'entrata del Crown, piegò il busto, portando le mani sulle ginocchia e ansimò, maledicendo la sua scarsa resistenza fisica; si passò il dorso della mano destra sulla fronte, respirò a fondo ed entrò nel locale.

«Sei in ritardo.» l'apostrofò Rei, «Come al solito.» aggiunse alzando gli occhi al cielo.

«Ho dovuto aiutare mamma a piegare le lenzuola!» si giustificò Usagi e si sedette accanto a Minako. «Questa volta non è colpa mia.»

«Sì, sì, hai sempre una scusa pronta.» replicò Rei.

«Ma è vero!» esclamò Usagi e si passò una mano fra i capelli biondi. Non erano più lunghi come prima, adesso le arrivano poco oltre i fianchi, ma non aveva perso l'abitudine di legarli nei soliti buffi codini.

Rei tacque, fissando l'amica, «Okay, facciamo che ti credo.»

Usagi sbuffò, poi agitò il braccio destro, attirando l'attenzione di Camille, una ragazza americana che studiava in Giappone e che lavorava come cameriera nel locale di Motoki. «Una coppa con cioccolato, crema, Nutella e una montagna di panna montata.» ordinò. Camille appuntò l'ordine e tornò al bancone.

«Domani pomeriggio dobbiamo incontrarci per preparare gli esami.» esclamò Ami, alzando gli occhi dal suo libro di Dan Brown. 

«Domani non posso.» fece Usagi, «Devo andare dalla nonna.»

«Usa-chan... dobbiamo studiare.» replicò Ami chiudendo il libro.

«Ma io devo andare dalla nonna per tutto il giorno.» sospirò la bionda, «Mica è colpa mia!» sbottò.

«Vorrà dire che recupererai il giorno dopo.»

Usagi fissò Ami, chinò il capo ed emise un lungo sospiro. «Va bene.» mormorò delusa, poi Camille tornò con la coppa di gelato e la giovane alzò il viso, gli occhi scintillanti alla vista del grande dolce.

«Oh.» esclamò Camille, girandosi verso le porte automatiche «È bellissima.» sospirò e le ragazze si voltarono, fissando la ragazza che attraversava il locale con passo sicuro e deciso, il portamento da modella. La giovane oltrepassò il tavolo dove erano sedute Usagi e le sue amiche e si sistemò nel successivo, mentre i ragazzi che l'accompagnavano si sedettero davanti a lei.

«Uh, com'è carino il moretto.» commentò Makoto.

«Per te sono tutti carini.» replicò Ami senza sollevare gli occhi dal suo libro. «Devono essere americani, a giudicare dall'accento.» aggiunse, ascoltando brevemente i discorsi dei tre — erano indecisi su quale gelato prendere.

«Bhe, che problema c'è?» replicò Makoto, «Lo sai che l'amore supera ogni barriera.» disse e annuì, convinta delle sue parole.

«Il problema, mia cara Mako,» esclamò Usagi agitando il cucchiaino, «è che tu non sai l'inglese.»

«Neppure tu.» replicò Makoto.

«Ma io ho Mamoru.» borbottò Usagi con la bocca piena, «Ciao Minako!» esclamò allegra, fissando l'altra ritardataria — giustificata, però: aveva un corso pomeridiano di teatro — «Tutto bene?» chiese.

«Sì!» trillò allegramente e ordinò un frullato alla fragola, «Cosa si dice di bello?»

«Stavamo parlando del nuovo amore di Makoto.» disse Rei, «Amore che non inizierà nemmeno, perché lui è americano e Mako lo sa a malapena.»

«Eh?» fece Minako, «Chi?»

«Lui.» rispose Makoto e glielo indicò, «Non è carino?» sospirò, quasi estasiata.

Il ragazzo si voltò appena, lanciando un'occhiata perplessa alle cinque ragazze, «Non è carino.» replicò Minako, «È un gran figo!» quasi strillò.

«Mina!» esclamò Ami, «Abbassa la voce.» disse.

«Bhe, se è americano non lo sa il giapponese, quindi...» Minako alzò le spalle, «È davvero bello.» sospirò.

Il colpo di fulmine di Makoto si voltò, posando il braccio sulla spalliera del divanetto, facendo voltare Usagi, Rei e Ami, «Grazie biondina.» esclamò in un perfetto giapponese, senza la minima traccia d'accento.

Minako e Makoto avvamparono all'istante, abbassarono la testa mormorando frasi sconnesse mentre Usagi e Rei ridevano.

Ami si voltò verso il ragazzo ma lui si era voltato di nuovo, ritornando a parlare con la ragazza e l'altro ragazzo — e dovette ammettere che erano tutti e tre molto belli, di una bellezza quasi irreale —, li osservò per qualche istante, indecisa se chiedere di dove fossero e cosa ci facessero lì, scosse piano la testa e tornò al suo libro, dicendosi che non erano affari suoi.

Ma c'era qualcosa in quei tre che la spingeva a guardarli, a sentire le loro chiacchiere, come se fossero calamite. Guardò le altre, anche loro erano distratte, troppo prese dalla bellezza dei tre americani

✩✩✩

«Che idiote.» sbadigliò Starkard.

«Bhe, mica potevano sapere che parliamo tutte le lingue del mondo.» esclamò Damian.

«Tu sei contento solo perché la ragazzina ha detto che sei figo.» disse Jack.

«Bhe, è vero.» sorrise Damian, «Non si può negare la verità!» rise passando le mani sull'ampio torace.

«Smettetela.» esclamò Starkard pettinandosi i capelli, «Sono ragazzine.» disse, «Vanno ancora al liceo, sono immature per forza.»

«Hanno più di mille anni, tesoro.» le ricordò Jack.

«Hanno più di mille anni solo perché sono morte e rinate.» ricordò Starkard, «Sono ripartite da zero, quindi sono ancora delle adolescenti stupide e immature.» disse e sospirò, posò la spazzola sul mobile e si voltò verso i due. «Pronti?» chiese, «Voglio vedere com'è Mamoru.» disse.

«Vuoi farti anche lui?» rise Damian.

Lei scrollò le spalle, «Bhe, se è davvero così carino, così bello, così buono, così tutto come dice Usagi... allora si potrebbe fare.»

«Una mantide religiosa, in pratica.» rise Jack.

«La mantide uccide il compagno durante il rapporto, io vorrei aspettare la fine, eh.» disse, «Non sono masochista.»

«In realtà non vuoi sporcarti di sangue e cervella.» rise Damian aprendo la porta della stanza dell'hotel dove alloggiavano.

«Anche quello. È difficile smacchiare il sangue dai vestiti.» disse Starkard, «Su, basta chiacchiere!» disse, «Abbiamo una missione.» esclamò, «Facciamo in fretta, prima portiamo a termine la missione, prima ce ne torniamo a casa.»

«E prima puoi startene al sole come un lucertola.» ridacchiò Jack.

Lei non replicò, limitandosi a sbuffare, e si diresse verso gli ascensori.


«Ancora gelato?» sbuffò Jack mentre entravano al Crown.

«C'è anche altro.» replicò Starkard.

«Ma io voglio...» jack abbassò la voce «lo sai cosa voglio.»

«Dopo.» replicò lei e si spostò verso un tavolo li vicino, proprio accanto a quelle delle guerriere Sailor. Nel momento in cui Starkard stava sedendosi, sopraggiunse Mamoru. La ragazza si abbassò verso il pavimento per raccogliere un orecchino che le era caduto "per sbaglio" — lo aveva tolto lei velocemente e lo aveva fatto cadere a terra senza essere vista —; quando si rialzò, colpì Mamoru al fianco con il gomito. «Oh, scusami.» disse in giapponese — neppure lei aveva la minima traccia d'accento — chinando il capo e avvampando un po', «Mio dispiace, non ti avevo visto...» aggiunse e alzò lo sguardo, incontrando quello quasi stupito di Mamoru. «E sarebbe stato un peccato non vederti.» civettò, sbattendo le ciglia e raddrizzando il più possibile la schiena, «Sei veramente bellissimo.» aggiunse.

«Ehm.. grazie.» disse Mamoru in evidente imbarazzo.

«Ehi! Lui è il mio fidanzato.» esclamò Usagi sporgendosi sulla panca e fissando la sconosciuta come se volesse tirarle i capelli.

Starkard la guardò appena, con lo stesso sguardo che avrebbe rivolto a un moscerino fastidioso, per poi chiacchierare con i suoi amici, mentre Usagi la fissava quai offesa

«Quindi?» domandò Damian dopo che ebbero ordinato crepes e frullati per tutti.

«Niente.» sospirò Starkard lanciando una breve occhiata a Mamoru, «È troppo ingessato, sembra avere una scopa nel culo.»

«Sono giapponesi, è normale.» disse Jack.

«Da quando sai qualcosa sulla cultura giapponese?» domandò Damian.

«Da mai.» rise Jack.

«Finitela.» sbottò Starkard, «Facciamo le persone serie, altrimenti penseranno che i turisti siano delle specie di scimmie sotto acidi.»

«Che cosa si stanno dicendo?» mormorò Makoto sporgendosi oltre le spalle di Rei, «Parlano in francese?» chiese, «Oh, com'è affascinante.» sospirò, «Giapponese, inglese e francese.» mormorò fissando Damian.

«Guarda che capisce quello che dici!» esclamò Usagi, «Ricordi oggi pomeriggio?»

«Sì.» pigolò Minako abbassando la testa, «Che figuraccia.»

«Qualcuno può spiegarmi qualcosa?» chiese Mamoru che ormai capiva ben poco, a parte che i tre seduti al tavolo a fianco parlavo tre lingue.

Rei sbuffò e gli raccontò tutto: dei commenti di Minako e Makoto, del fatto che il ragazzo avesse risposto in giapponese. «Il solito, in pratica.» sorrise.

Mamoru annuì, «Ho capito.» disse.

«Non è bellissimo?» sospirò Makoto. «Ha degli occhi blu meravigliosi.» mormorò fissando Damian che ordinava per tutte e tre, sorridendo alla cameriera, mettendo in mostra i denti e le fossette sulle guance.

«Lo abbiamo capito.» sospirò Rei, «Adesso basta, Mako-chan.» disse, «Stai diventando noiosa.»

Makoto sbuffò, «Bhe, almeno io lo ammetto.» sorrise, «Pensi che nessuna di noi abbia notato le occhiate che lanci all'altro?» chiese e rise quando Rei avvampò.

«Io non lo guardo che se fosse un gigantesco bignè.» replicò Rei, «E non ripeto che è bello ogni due secondi.» aggiunse incrociando le braccia.

Al tavolo accanto, Jack gongolava. «Piaccio.» sussurrò.

«Piacciamo tutti.» alzò gli occhi al cielo Starkard, «Vado in bagno.» disse e si alzò, sentendo su di sé lo guardo di Mamoru, puntato sul sedere e sulle lunghe gambe abbronzate, messe in mostra dalla minigonna.

«Belle gambe, eh?» commentò Damian fissando Mamoru, che lo osservò sorpreso, ignorando lo sguardo furente di Usagi, «Non fare il timido, non ti mangia mica.» sorrise Damian. Mamoru continuò ad osservarlo, ignorando Usagi che richiamava la sua attenzione, «Lei è così,» continuò Damian «piace a tutti.» sorrise, mettendo in mostra fossette e denti perfetti e di un bianco quasi accecante.

«Mamoru!» strillò Usagi, riuscendo a richiamare l'attenzione del ragazzo, che si voltò verso di lei, sbattendo piano le palpebre, come se si fosse appena svegliato.

«Scusami.» mormorò lui.

Usagi sbuffò, vide la ragazza arrivare, fissò il corpetto che metteva in risalto la vita sottile e il seno prosperoso, pensò che si stesse mettendo troppo in mostra.

D'altra parte, Starkard si divertiva ogni volta che Usagi le lanciava un'occhiataccia.

Una mezz'ora dopo Mamoru si alzò in piedi, diretto verso la cassa, il portafogli in mano. Starkard attese qualche secondo, afferrò la borsetta e si alzò anche lei, seguita dagli sguardi divertiti di Jack e Damian, che sapevano benissimo le intenzioni dell'amica.

Starkard raggiunse Mamoru, sistemandosi dietro di lui, «Belle spalle.» commentò.

«Scusa?» fece lui, voltando appena la testa.

«Ho dette che hai delle belle spalle.» sorrise lei, guardandolo negli occhi, «E anche un bel sedere.» soffiò, senza smettere di fissarlo.

«Ah, grazie.» mormorò Mamoru, sentendosi in imbarazzo per le avance sfrontate della ragazza. Pagò, poi si spostò verso destra, in attesa di salutare Motoki.

Anche Starkard pagò e si avvicinò a Mamoru e lo osservò, piegando la testa di lato. «Sei timido, eh?» domandò senza smettere di fissarlo con i suoi occhi di un azzurro così chiaro da sembrare vetro trasparente, Mamoru la fissò, sorpreso e quasi incantato; Starkard sorrise, fece schioccare la lingua e la passò sulle labbra, si avvicinò ancora di più al ragazzo, gli baciò la guancia. «Hilton Hotel, King Tower Suite Executive.» soffiò e se ne andò, sorridendo e fissando Usagi, che la guardava come se volesse incenerirla.

«Cosa ti ha detto?» domandò Motoki.

Mamoru deglutì, si passò una mano sul volto e sospirò, «Mi ha detto la stanza in cui alloggia.» rispose.

«Oh.» commentò Motoki, «Bhe, è una persona diretta.» disse.

Mamoru sospirò, «Meglio che vada.» esclamò, salutò l'amico e tornò al tavolo, trovando Makoto, Minako e Rei che discutevano su chi fosse più bello fra i due ragazzi, mentre Usagi continuava a ripetere che il più bello era Mamoru. L'unica che non partecipava era Ami, anche se ogni tanto buttava un commento qua e là. Pensò che quella ragazza — l'americana, francese o di qualunque nazionalità fosse — fosse strana, troppo sfacciata e provocante per i suoi gusti, anche se era bella, dannatamente bella.

Troppo bella per essere umana.

✩✩✩

Le guerriere Sailor erano riunite al tempio del nonno di Rei, sedute sui gradini esterni, per una chiacchierata fra amiche; quella sera erano dalla loro amica per un pigiama party. Erano quasi le dieci di sera quando una grossa sfera argentata apparve in mezzo a loro, facendo strillare Minako, che fece un piccolo saltello all'indietro, finendo contro Makoto che la sostenne, impedendole di cadere. «Co... cosa?» squittì Minako.

«Salve, Guerriere Sailor.»

La voce che proveniva dalla sfera era metallica e piatta, priva di sfumature.

«Cosa vuoi?» domandò Rei infilando una mano in tasca, alla ricerca di una delle sue pergamene, tutti i sensi all'erta: quella sfera, qualsiasi cosa fosse, non le piaceva per nulla.

«Cosa voglio?» domandò la voce, «Voi.» rispose, «Voglio voi.» disse. «Fra mezz'ora, al parco.»

«Quale parco?» chiese Makoto, non capendo cosa fosse quella cosa e cosa volesse da loro.

«Usate l'intelligenza e lo scoprirete.» disse la sfera rotolando su di loro, formando un grande cerchio e lasciando dietro di sé una scia di polvere luccicante, che calò sulle ragazze con leggerezza. «A fra poco.» aggiunse, la sfera si illuminò con un bagliore dorato che costrinse le ragazze a chiudere gli occhi e sparì con un botto.

«Ma...» fece Usagi, «Come fa a sapere che siamo Guerriere Sailor?» chiese.

«Non ne ho idea.» disse Rei, «E non ho sentito niente, nessuna negatività... niente di niente.» sospirò, quasi arrabbiata.

«Avvertite Haruka e le altre.» esclamò Ami dopo interminabili minuti di silenzio. «Non riesco a capire cosa sia, dove dobbiamo andare e abbiamo poco tempo» disse e alzò il viso dal piccolo palmare, incontrando lo sguardo delle altre che rimasero sorprese nel vedere il viso di Ami distorto in una smorfia di preoccupazione, paura e... terrore.

✩✩✩

Dopo una ventina di minuti, quasi allo scadere della mezz'ora, tutte le guerriere Sailor erano in uno dei vari parchi della città, in attesa di quel nuovo nemico — perché erano certe che ci fosse un nuovo nemico.

Non c'era stato bisogno di avvertire le altre: anche loro avevano ricevuto la visita di quella strana sfera. L'unico che non c'era era Mamoru, ma era impegnato con il turno di internato all'ospedale e Usagi non aveva voluto disturbarlo. Mancava anche Setsuna, impegnata anche lei con il lavoro.

«Non può essere un nuovo nemico.» sbuffò Sailor Uranus, «Eravamo in pace!» gridò e tirò un pungo pieno di frustrazione ad un albero.

«Lo pensavamo ogni volta.» sospirò Sailor Neptune, «Lo sconfiggeremo.»

«Io voglio sapere chi è.» sospirò Sailor Mercury, il piccolo computer fra le mani, «Non rilevo nulla, nessuna anomalia, nessun disturbo...» sospirò e sobbalzò quando la luna piena venne nascosta da grossi nuvoloni neri.

Sailor Jupiter e Sailor Mars corsero davanti Sailor Moon, decise a proteggerla.

Una risata argentina, da bambina monella, risuonò nel bosco, alle spalle delle guerriere, che si voltarono

«Chi sei?» gridò Sailor Mercury.

Sailor Uranus avanzò, ponendosi fra Sailor Moon e la fontana su cui, sopra la vasca più alta, stava in piedi il nuovo nemico, i cui lunghi capelli castani si muovevano in una brezza che non c'era.

La figura spiccò un salto, atterrando sul bordo della vasca della base, «Io sono Starkard.» si presentò e balzò a terra, fece un paio di passi, lasciandosi avvolgere da una nuvola di polvere argentata, «Dea Superiore.» disse quando la polvere si depositò. «Felice di fare la vostra conoscenza.» esclamò e la luna ritornò visibile.

Il Sailor Team rimase sbalordito davanti a lei: dalla schiena di Starkard partivano due grandi ali dalle sfumature blu e azzurre, che finivano nel bianco delle punte delle ali.

«Sei quella del Crown.» mormorò Sailor Venus.

«Esatto.» ridacchiò la nemica. 

«Cosa vuoi?» chiese Sailor Uranus, «Cosa vuoi?» ringhiò.

La nemica rise, una risata che fece muovere le foglie degli alberi del parco, «Io?» chiese portando la mano destra al petto, sopra al vestito senza spalline celeste, «Rimettere le cose al loro posto, perché così sono... sbagliate.» disse, «Ingiuste.» continuò, «Contro la legge dell'Universo...» sospirò e fece un paio di passi verso le guerriere Sailor

«Leggi dell'Universo?» domandò Sailor Mercury, «Di quali leggi stai parlando?»

Starkard piegò la testa di lato e sorrise, «Di quelle che la carissima Queen Serenity violò in passato e quelle che voi state violando adesso e che violerete in futuro.» rispose, «Un sacco di leggi che dovrebbero spedire tutte voi nell'angolo più remoto dell'universo...» continuò, scansando Sailor Uranus e piazzandosi davanti a Sailor Moon, «La tua cara mammina lunare dovrebbe stare in galera ma dato che è morta dovresti andarci tu.»

Sailor Moon la osservò e Starkard sorrise nel vederla mordersi il labbro inferiore, «Stai mentendo.» disse la guerriera, «Non ci sono leggi. Mia madre non ha violato nessuna legge.»

Starkard rise, «Quanto sei ingenua...» disse e le toccò il viso con la punta delle dita, «E stupida.» ghignò, «Queen Serenity non poteva dirti di nessuna legge... è così che fa chi commette un reato.» disse, «E se le colpe dei padri ricadono sui figli...» alzò le spalle, come se la cosa non le importasse troppo, «La colpa di Queen Serenity ricadrà su di te.»

«Deep submerge!»

Starkard si voltò verso Sailor Neptune e osservò la grossa bomba d'acqua avanzare verso di lei, aumentando la velocità mano a mano che avanzava. Il colpo si infranse contro di lei, alzando un muro d'acqua che avvolse la Dea.

«Tutto qui?»

Le guerriere Sailor fissarono, quasi con orrore, Starkard ancora in piedi, senza un graffio, con i capelli bagnati appiccicati al viso, le ali fradice e il vestito che grondava d'acqua. Starkard mosse le ali, alzando un muro d'acqua e scaraventando le guerriere Sailor a qualche metro di distanza.

Mars gattonò fino Sailor Moon e l'aiutò ad alzarsi, «Stai bene?» chiese e l'altra annuì in risposta.

«Shabon spray, freezing!»

«Supreme Thunder!»

Starkard alzò mano destra, assorbendo i colpi di Sailor Mercury e Sailor Jupiter; chiuse la mano a pugno e sorrise. «Ripeto: tutto qui?» domandò e alzò un sopracciglio con aria sarcastica, «Siete le leggendarie guerriere Sailor, da voi mi sarei aspettata qualcosa di più!»

«Mars! Flame sniper!» gridò Sailor Mars e il colpo si schiantò contro Starkard, che sbuffò quando la polvere si diradò.

«Ingenue.» ridacchiò lei e aprì il pugno, mostrando delle piccole bolle d'acqua avvolte dalle fiamme e da fulmini. «Non l'avete ancora capito?» disse, «Io sono invincibile!» esclamò e fece scattare il braccio in avanti, la mano aperta e il palmo rivolto verso l'alto, le sfere si mossero, rotolando su se stesse, avanzando e ingrandendosi sempre di più, per poi schiantarsi contro le guerriere.

«Space sword blaster!» gridò Sailor Uranus correndo verso Starkard con il suo talismano stretto nel pugno. La Dea rimase ferma, immobile, osservandola con l'aria annoiata e non batté ciglio quando la lama la ferì. Il vestito si squarciò così come l'addome. Dalla ferita, abbastanza profonda, iniziò a sgorgare sangue rosso vivo.

«È solo un graffio.» sbadigliò la Dea, la ferita si cicatrizzò all'istante e la pelle ritornò come prima, senza nessuna cicatrice, il sangue sparì e anche il vestito ritornò come nuovo. Sorrise e alzò le braccia, mostrò i palmi alle guerriere Sailor e dalle sue mani partirono centinaia di sfere che assomigliavano a bolle di sapone. Il colpo si infranse sulle Sailor, che iniziarono a gridare, in preda ai dolori e gli spasmi dovute alle scosse elettriche. Quando Starkard posò le mani sui fianchi quella tortura finì, lasciando le guerriere ansimanti e doloranti.

Starkard aspettò che si alzassero tutte quante, prima di congedarsi, «Questo è solo un antipasto!» esclamò sbattendo piano le ali, «Tornerò e non sarò così buona!» disse, spiccò un salto e sparì nel cielo nero della notte.

«Ma chi è?» ansimò Sailor Mars mettendosi in ginocchio, «Vuole fare del male a Sailor Moon?»

«E noi la proteggeremo.» esclamò Sailor Uranus, «Proteggeremo la nostra principessa e il pianeta da quella.» disse fissando il punto in cui Starkard era scomparsa. L'avrebbero sconfitta, ne era certa.

✩✩✩

Ami sospirò, chiuse il libro e ne prese un altro.

«Trovato qualcosa?» chiese Makoto.

«Niente di utile.» sospirò Rei digitando qualcosa nella casella di ricerca del browser.

«Allora vuol dire che quella Starkard non è una dea superiore, no?» esclamò Minako.

«Ma è pur sempre un nemico, Mina-chan.» le fece notare Ami, «Una nemica piuttosto forte.»

Minako sbuffò e chinò la testa sul libro, «Pensavo che dopo Galaxia ce ne saremo rimaste tranquille.» pigolò e si sporse verso Ami, alla sua destra, «Che lingua è?» domandò, «Francese?»

Ami le lanciò un'occhiataccia, «Latino, sciocca!» rispose, «Magari qui c'è qualcosa...» mormorò, girando la pagina dell'antico volume rilegato in pelle di capretto, «Se è così... vecchia come dice di sicuro troveremo qualcosa.» disse, «Io con il mio computer non ho trovato nulla di anomalo...» sospirò.

«Quindi non vieni da un'altra dimensione?» chiese Minako, chiuse il libro e ne prese un altro.

«Temo di no.» sospirò Ami. «Non so più cosa pensare.» ammise sconsolata, si scostò gli occhiali e massaggiò la fronte, «È potente, molto potente.» sospirò.

«Se uniamo le nostre forze...» pigolò Minako, «La sconfiggeremo.» disse anche se non sembra del tutto convinta.

«Già.» disse Makoto, «Noi siamo in nove, lei è da sola.» esclamò, «Basta coglierla di sorpresa.»

«Ci sono i suoi amici vampiri.» borbottò Rei, «E se sono immuni al sole lo saranno anche per altre cose.» sbuffò.

«E se avesse ragione? E se Starkard dicesse la verità?» mormorò Usagi passandosi una mano sugli occhi e asciugandosi le lacrime. Era stanca, stanca di combattere e la nuova nemica sembrava molto forte, più di tutte loro. Come potevano sconfiggere un essere che non poteva neanche essere graffiato perché riusciva a rigenerarsi? Cosa potevano fare contro un nemico che usava i loro poteri contro di loro?

«Non dire così,» Rei le strinse la mano «la sconfiggeremo, vedrai.» sorrise, «Andrà tutto bene, dobbiamo solo essere fiduciose.» disse e Usagi la fissò, capendo che neppure lei ci credeva molto, ma le faceva piacere che dicesse tutto ciò, così sorrise e ricambiò la stretta.

«Ho trovato qualcosa.» esclamò Ami, seduta a capotavola. Immediatamente le altre quattro si alzarono e andarono alle sue spalle.

Il sito aveva uno sfondo marroncino e trattava di mitologia. Il sito era in inglese, ma la maggior parte delle pagine era stata tradotta in francese, italiano e tedesco. Solo un paio di pagine erano in giapponese.

"Si narra degli Antichi del Consiglio Celeste, esseri nati insieme all'Universo. Loro hanno creato tutto quanto, su tutti i pianeti di tutte le galassie esistenti.

Loro sono i "padri" degli Dèi e Dee Superiori, dei Vampiri originali, dei lupi mannari, dei mutaforma, dei Dèi e Dee Inferiori di tutte le creature — normali o no.

Gli Dèi e le Dee Superiori sono esseri nati da genitori normali e sono potenti, un gradino sotto agli Anziani nella scala gerarchica. Sono esseri dotati di grande fascino, in grado di ammaliare qualsiasi persona o animali e piegarli al loro volere. Hanno grandi ali bianche, che sanno far apparire quando vogliono — non serve un evento o condizione particolare —, hanno molti poteri, sono molto forti e immortali. Niente e nessuno può ucciderli o ferirli gravemente poiché dotati del potere della rigenerazione dei tessuti.

Si accompagnano o a due Vampiri Originali o a due Mutaforma, immortali anche loro. I primi sono immuni dal sole, dai paletti di faggio, dalle croci e l'acqua santa.

Eseguono gli ordini degli Antichi, mantenendo l'Ordine Cosmico.

Sono assetati di sangue e molto violenti."

«Oh.» commentò Minako portando una mano alle labbra, «Come possiamo sconfiggerli se sono immortali?» pigolò.

Makoto deglutì, «Quindi... quei due ragazzi possono essere vampiri o mutaforma?» domandò in un sussurro.

Ami sospirò e scostò gli occhiali dal viso, «Sì, Mako.» rispose, «Possono essere uno dei due.»

Rei scosse la testa, «C'è scritto che è immortale... come facciamo?» bisbigliò.

«Non ci riusciremo, questa volta.» soffiò Usagi tormentandosi le mani, «Non riusciremo a sconfiggerla.» continuò tenendo lo sguardo rivolto al pavimento, «È troppo forte, persino per noi.»

«Non dire così!» esclamò Minako afferrandole le mani, «Ce la faremo, vedrai.» sorrise, anche se non ne era del tutto sicura, «Potremmo usare il potere planetario.» annuì, «E poi... non sempre quello che scrivono è giusto.» aggiunse, «Vero, ragazze?» domandò voltandosi verso le altre, che si affrettarono ad annuire.

«Informiamo Haruka e le altre.» esclamò Ami.

«Non possiamo chiedere a Setsuna di andare nel futuro e chiedere se sanno di questa cosa?» domandò Makoto, «Se lo sanno vuol dire che hanno combattuto anche loro contro Starkard e che l'hanno sconfitta!»

«Possiamo provare.» sospirò Ami, non del tutto convinta. Avevano avuto un assaggio di quello che Starkard sapeva fare ed era una nemica molto forte. Per attimo, per un singolo istante, ebbe la certezza che quella storia sarebbe finita in tragedia. E questa volta per sempre.

✩✩✩

Ami era sul balcone, quella sera, e sorseggiava una tazza di tè accompagnata dalla brezza serale.

Makoto era appena uscita da un corso serale di cucina Sud-Americana e ripensava alla ricetta imparata quella sera, decidendo di rifarla a casa quel sabato e farla assaggiare alle altre.

Minako era sdraiata sul suo letto, rivolta verso la finestra, un romanzo rosa fra le mani e le lacrime agli occhi — Tom, il protagonista, aveva appena detto addio a Jasmine — e singhiozzava rumorosamente.

Rei era seduta sui gradini fuori dalla sua stanza, Phobos e Demon erano appollaiati poco distanti da lei.

Usagi era seduta sul suo letto e parlava al telefono con Mamoru.

Haruka e Michiru erano appena scese dall'auto, di ritorno a casa.

Erano tutte impegnate quando il cielo scuro si illuminò e il viso di Starkard apparve. «Guerriere Sailor.» esclamò, la voce dolce a dispetto dell'espressione severa del suo viso. «Vedo che siete in alto mare per quanto riguarda le ricerche su di me...» disse e rise, «Per cui ho deciso di raccontarvi la verità perché sto iniziando ad annoiarmi in questa città, senza contare che c'è un lettino che mi attende sulle spiagge della Florida...» continuò, «Fra un'ora, dove ci siamo incontrate l'altro giorno.» disse, «Vi aspetto!»

✩✩✩

«Bene, bene, bene.»

Le guerriere Sailor guardarono in alto, fissando Starkard seduta sul ramo di un albero. La ragazza si sporse in avanti, fece una capriola per aria e atterrò in piedi.

«Siete puntuali.» continuò Starkard, «Amo le persone puntuali.» disse facendo un passo in avanti e sfilò nel suo abito arancio chiaro davanti alle guerriere. «Denota rispetto per gli altri, una qualità che apprezzo molto.» esclamò, «Uh, ma c'è anche Tuxedo Kamen... avente chiamato la cavalleria...» sorrise.

«Dicci cosa vuoi da noi!» urlò Sailor Jupiter, superò le altre arrivando davanti alla Dea.

«A cuccia.» replicò l'altra con una risatina. «Spiegarvi un paio di cosette...» disse guardando per un attimo la falce di luna che brillava nel cielo nero. «Uno.» delle eleganti poltroncine rosse da teatro apparvero dietro le guerriere Sailor, «Due.» le guerriere furono costrette a sedersi e delle solide manette apparvero dai braccioli, intrappolando i loro polsi, «Tre.» un grosso telone apparve dietro le spalle di Starkard, mentre nella sua mano destra faceva bella mostra di sé un lungo bastone in argento, con la sommità ricoperta da dodici gemme preziose. «Pronte a scoprire la verità?» esclamò e sorrise nel guardare le figure sedute davanti a lei.

«Non ti agitare, Sailor Uranus.» continuò la Dea, «ALtrimenti quelle manette si stringeranno sempre di più, fino a penetrarti nella carne, arrivare all'osso e tagliarlo in due.»

Per un paio di secondi ci fu solo silenzio, rotto dal grido di Starkard: «Damian! Jack!»

I due uomini arrivarono e le Sailor Venus gemette quando vide Jack.

«Jack... quante volte ti ho detto che è maleducazione portarsi lo spuntino in giro?» lo riprese Starkard indicando la figura che l'altro portava sulla spalla, «Buttala in mezzo agli alberi!» ordinò.

Jack lanciò la donna, con il collo squarciato e sporco di sangue, nel mezzo di una macchia di alberi, come se pesasse quanto una scatola di scarpe.

«Va-va-vampiri...» balbettò Sailor Mercury.

«Oh, sei intelligente.» commentò Starkard. «Damian.»

Il ragazzo le porse un alto bicchiere di cristallo. «Sangue di gruppo AB negativo, vodka, una spruzzata di lime, succo di pesca e tre cubetti di ghiaccio.»

Starkard sorrise e prese il bicchiere. «Prima di tutto un paio di spiegazioni su chi sono io.» disse dopo aver preso un lungo sorso, «Io sono Starkard, Dea Superiore.» si presentò, «Discendo direttamente dagli Anziani del Consiglio Celeste, ho quasi cinquemila anni e sono una delle persone più potenti dell'intero cosmo.»

«Non è vero!» gridò Sailor Mars.

«Oh, sì, tesoro.» replicò la Dea. «Sì che è vero.» sorrise e sorseggiò la bevanda. «Delizioso.» commentò leccandosi le labbra. «Loro sono Damian e Jack, Vampiri originali.» disse e passò il bicchiere a Damian. «Ma parliamo di cose serie, ora.» esclamò, «Del perché io sono qui.» 

Sailor Mars distese le dita della mano destra, «Fire...»

«Non ci provare.» esclamò Starkard, «Almeno che tu non voglia dar fuoco alle tue amiche...» sorrise e bevve ancora. «Circa tremila anni fa, in questa parte del mondo, c'era una donna che si faceva chiamare Queen Serenity.» esordì, «Aveva la pelle diafana e lunghi capelli argentati e andava in giro dicendo che era la discendete della dea Selene. Era una donna molto bella e carismatica, capace di attrarre a sé le persone, convincendole che erano degli abitanti della Luna, finiti sulla Terra per un'antica maledizione. Oggi una persona del genere la si chiamerebbe Santone, e quella era una setta fatta e finita.» continuò, «Così disse ai suoi sudditi di pregare, pregare tutto il giorno gli Dèi, per poter tornare sulla Luna e, alla fine, il Consiglio Celeste, stanco di tutto quel trambusto, acconsentì a mandarli a vivere sulla Luna ma a un paio di condizioni.» disse e si girò verso il telone, lo colpì con il bastone e apparve una grossa scritta rosa: "Leggi infrante", «La prima era niente contatti con i Terrestri.» esclamò, «Per un po' la regola fu rispettata, ma quando la nostra piccola principessina Serenity compì sedici anni sua madre, Queen Serenity, la figlia di quella Serenity che convinse il Consiglio Celeste a mandarla sulla Luna, organizzò un ballo e invitò una coppia di sovrani Terrestri.» disse e sbatté il bastone contro il telone e, sotto il grosso titolo rosa comparì il numero "uno" e una scritta nera: "Niente contatti con i Terrestri."

«Prima legge violata!» gridò la Dea, «Il principe Endymion e la principessina Serenity s'innamorarono.» disse e sul telone comparve un'altra scritta. «Seconda legge violata.» urlò Starkard. «Ma prima la cara Queen infranse altre leggi, convincendo otto ragazze terrestri, nate da madri terrestri, che provenivano dai pianeti del nostro sistema solare, e ne mandò una alle porte del tempo, costringendola a una vita di solitudine.» spiegò, «Ben altre otto leggi infrante!» urlò mentre sul telone apparivano le leggi violate in una lista ordinata.

«Stai mentendo!» urlò Sailor Uranus, «Non è vero!»

Starkard osservò le guerriere mentre beveva il suo cocktail di sangue e vodka, «Io c'ero, tu no.» replicò, «Ma veniamo alla coppietta.» disse, «Dovete sapere che il principe era stato promesso in sposa a Beryl, che si arrabbiò molto quando scoprì che il ragazzo che amava preferiva una ragazzina lunare. Così si fece plagiare da Metaria, convinse i Generali di Endymion che lui li avrebbe abbandonati e anche loro vennero plagiati e poi il resto lo sapete...» alzò le spalle e finì la sua bevanda. «C'è stata la battaglia, voi siete morte, la principessina si è uccisa...»

«Non è vero! Menti!» squittì Sailor Moon.

Starkard roteò gli occhi, «Certo, come no.» sbuffò, «Comunque, con le ultime forze, Queen Serenity fece rinascere le guerriere Sailor, i due gatti, la principessina e Endymion.» disse, «Una legge violata per ogni persona, compresi i gatti.» continuò, «A quanto siamo?» chiese voltandosi verso jack mentre gli passava il bicchiere ormai vuoto.

«Ventidue leggi infrante.» rispose il vampiro, il mento ancora sporco di sangue.

Starkard si voltò verso le guerriere. «Capite, ora?» chiese.

«Tu menti!» ringhiò Sailor Uranus, «Ma aspetta che mi liberi...» sibilò agitandosi sulla poltroncina.

«Senza mani, con il sangue che gronda e due vampiri assettati non credo che tu possa fare molto.» la prese in giro Starkard, «E già che ci siamo...» si voltò a destra, «Sailor Pluto, che onore.» cinguettò, «C'è spazio anche per te.» disse.

La guerriera di Plutone avanzò con fare regale, la chiave del tempo in mano. «Dead scream!»

Starkard osservò il colpo correrle incontro e si limitò ad alzare una barriera contro cui il colpo s'infranse, evitando di colpirla. «Adesso siediti.» disse e agitò il suo bastone. Sailor Pluto si ritrovò, in un battito di ciglia, seduta accanto a Sailor Venus. «Te lo hanno mai insegnato che è maleducazione rimanere ad origliare?» domandò piegando la testa di lato. «Pazienza.» sospirò, «Riprendiamo il discorso.» esclamò camminando davanti alle guerriere, lisciandosi pieghe inesistenti dal suo abitino in stile impero.

La Dea inspirò a fondo e sorrise, «Altre leggi violate quando vi siete risvegliate, altre leggi quando tu, Sailor Moon, dopo aver sconfitto Queen Metaria, hai desiderato riavere una vita normale.» continuò a parlare, ignorando gli insulti delle guerriere Sailor. «Poi avete scoperto il vostro futuro e lo avete anche visitato.» esclamò. «Questa è, insieme alla prima legge infranta, una delle più gravi.»

«Cosa vuoi?» sibilò Sailor Uranus agitandosi sulla poltrona mentre i suoi guanti bianchi si macchiavano di rosso.

«Punirvi in nome del Consiglio Celeste, mi pare ovvio.» rispose l'altra. «Ma non adesso, mi sono stancata.» disse, «Voglio andare a ballare, ora.» schioccò le dita e le guerriere Sailor e Tuxedo Kamen vennero liberati, le poltroncine sparirono insieme al telone e al bastone di Starkard. «A presto, guerriere Sailor.» disse la Dea prima di svanire in una nuvola di vapore dai colori dell'arcobaleno.

«Stai bene?» mormorò Sailor Neptune avvicinandosi a Sailor Uranus e sfiorandole i polsi, ritrovandosi con i guanti macchiati di sangue.

«Sì.» rispose la guerriera di Uranio, «Sono solo graffi.»

«Ma cosa vuole?» pigolò Sailor Moon, «Perché ha raccontato tutte quelle bugie sul nostro passato?» mormorò.

«Perché è una nostra nemica.» rispose Tuxedo Kamen abbracciandola, «Ha raccontato solo bugie.»

«Dobbiamo scoprire quello che vuole.» disse Sailor Mercury.

«E sconfiggerla.» finì Sailor Mars.

✩✩✩

Starkard entrò nel Crown, da sola, e si diresse verso il tavolo dove erano sedute Rei, Ami e Makoto. Posò una mano sul tavolo, mostrando le unghie dipinte di un azzurro brillante — in tinta con il suo vestito — e si tolse gli occhiali da sole, «Ciao.» esclamò e quasi rise nel vedere le altre tre sobbalzare, «Stasera, alle undici, al solito posto.» esclamò, agitò una mano in segno di saluto, rimise gli occhiali e uscì dal locale sorridendo.

«Fatto?» le domandò Damian quando lei li raggiunse.

«Ah, ah.» fece lei, «Andiamo da Starbucks, il cappuccino di 'sto posto è peggio del topicida e dell'antigelo messi insieme.» sbottò.

Il vampiro le posò un braccio sulle spalle e le scoccò un bacio sulla nuca, «Stanca, Star?»

«Già.» soffiò Starkard e guardò l'amico, «Che ne dici se dopo Starbucks ce ne torniamo in albergo e...?» 

Damian sorrise, «Molto volentieri.» soffiò nell'orecchio di lei, «Jack!» esclamò e l'altro vampiro, due passi davanti a loro, si voltò, «Trovati qualcuno, per questo pomeriggio.»

Jack sorrise, «Oh, certo.» annuì, «E dopo posso?»

Starkard sorrise, «Ovviamente.»

✩✩✩

Starkard avanzò piano, fissando le guerriere davanti a lei. Mancava solo Mamoru. Sbuffò, infastidita. Doveva dire tutto, raccontare perché era stanca di stare in Giappone — prima finiva, prima poteva tornarsene in Florida, ad ammirare bagnini muscolosi e abbronzati.

«Manca la cavalleria.» commentò con un risolino.

«Jupiter! Oak evolution!»

«Mercury! Aqua Mirage»

«Venus "Love me" chain!»

La Dea rimase ferma mentre una dopo l'altra le guerriere Sailor scagliavano i loro colpi contro di lei. «Siete stupide.» commentò facendo un passo in avanti, «I vostri colpi sono come acqua fresca, per me.» rise e si appoggiò con il sedere allo schienale di una panchina, «Sentite, mi sono rotta di stare qui.» sbuffò, infastidita, «Quindi finiamola qui, per piacere, che ho un mucchio di cose più interessanti da fare che stare qui dietro a un branco di mocciose» sputò.

«Dead Scream!»

Starkard si limitò ad agitare la mano destra e il colpo di Sailor Pluto si infranse contro un cespuglio, distruggendolo. «Ho detto che i vostri giochetti non mi fanno nulla.» cantilenò, «Nulla, nulla, nulla.» 

«Perché sei qui?» domandò Sailor Mercury.

«Vedete,» esclamò Starkard staccandosi dalla panchina e avanzando di qualche passo «io devo mantenere l'equilibrio dell'universo.» disse.

«Stai mentendo.» esclamò Sailor Uranus.

Starkard sbuffò e roteò gli occhi chiari, «Sei noiosa.» disse, «Ripeti sempre le stesse cose.» ridacchiò coprendosi le labbra con le dita, «Questa è la mia missione.» pronunciò, «Ognuno ha la sua... e la mia è punire tutte voi.» disse, «Sopratutto tu, mia cara principessina.» rise fissando Sailor Moon, «E non c'è modo migliore per farlo se non eliminare la persona che ami di più.» disse e piegò la testa di lato. «La piccola e dolce Chibiusa.»

«No!»

L'urlo della guerriera della luna risuonò nel parco, «No! Non puoi.» disse, superò Sailor Mars e Sailor Jupiter e andò di fronte alla Dea, «Perché fai così?» domandò, «Perché il tuo cuore è così... così pieno di cattiveria?» chiese dolcemente, «Apri il tuo cuore. Io ti aiuterò.» disse e il cristallo d'argento apparve nelle sue mani, una luce dorata si espanse dal centro della pietra e avvolse le due. Sailor Moon sorrise sentendo il calore, la calma e l'amore avvolgerla.

La luce si diradò piano piano e Sailor Moon impallidì quando vide la nemica. Starkard sbadigliò, visibilmente annoiata, «Hai finito?» sbottò, «Io non sono cattiva.» disse, «Io sono umana... per quanto una come me può essere umana.» rise, «Non si può sempre essere buoni e credere che la giustizia sia sempre rose e fiori e unicorni che vomitano arcobaleni...» sospirò, «Gli umani sono anche cattivi, bugiardi e tante altre cose, senza le quali l'amore che tanto ami non esisterebbe.» disse, fissando l'altra negli occhi. «E chi sbaglia paga.» aggiunse, «E tu pagherai.» esclamò, «Mi hanno dato un compito e lo porterò a termine, come ho sempre fatto.» sibilò, «E non ho mai fallito, mai, in cinquemila anni.» disse.

«Tu non toccherai la Piccola Lady.» esclamò Sailor Uranus, scansando Sailor Moon e mettendosi davanti alla Dea.

«E infatti non voglio toccarla.» rise Starkard e si voltò, avanzò un paio di passi e si fermò, per poi girarsi di nuovo.

«Ma...» esclamò Sailor Pluto.

«Ma mi pare che siete un po' sceme.» sbuffò Starkard. «Se voglio eliminare la persona che la cara Usagi ama di più, ma allo stesso tempo non voglio toccare la piccola peste perché sia chiaro: i bambini non si toccano... secondo voi chi voglio ammazzare?» domandò e si chiese come le guerriere Sailor avessero sconfitto così tante minacce se non riuscivano a comprendere quello che aveva in mente. Le guardò una a una e si diede la risposta: per pura fortuna. «Allora?» fece, ottenendo solo una sequela di insulti da parte di Sailor Uranus. «E va bene.» sbuffò, alzò le mani, i gomiti vicino al corpo, e le mani a coppa, una scia di luce dorata si formò sulle sue mani, in un forma dai tratti grossolani e irregolari, diventando sempre più chiara e nitida.

«È una pistola!» strillò Sailor Venus, afferrò Sailor Moon e la strattonò, portandola lontano dal pericolo.

«E già.» rise la Dea. «Una Desert Eagle, calibro quarantuno Magnum.» disse afferrando la pesante arma con la mano destra. «Se ti sparano in faccia con questa ti distrugge completamente il viso.» esclamò con un risolino e alzò il braccio, puntando l'arma contro il gruppo di guerriere,

Sailor Uranus non perse tempo e si scagliò contro di lei. A Starkard bastò un battito di ciglia per far apparire le ali e alzarsi da terra di qualche metro, ritornò a terra e rise.

«Oggi non puoi usarla.» esclamò Damian, apparendo da dietro un albero, seguito da Jack che si puliva la bocca ancora sporca di sangue.

«Già.» sbuffò Starkard, «È un vero peccato.» disse e la pistola scomparve. «Se non l'avete ancora capito...» esclamò sorridendo e guardò le guerriere Sailor, si leccò le labbra e sorrise. «Io voglio uccidere Mamoru.» disse sempre sorridendo e sparì insieme ai due vampiri, mentre l'urlo disperato di Sailor Moon risuonava nel parco. 

✩✩✩

Mamoru fissò Usagi, seduta sul suo divano, che singhiozzava mentre gli raccontava tutto quanto. «Vuole uccidermi?» soffiò e sui accucciò davanti a lei, prendendole le mani, «La sconfiggeremo, Usako.» le disse, «Non morirò, te lo prometto.» disse e le sfiorò il viso con due dita, prima di baciarla dolcemente sulle labbra.

«Ma lei è forte.» pigolò Usagi, «Lo hai visto! Evita i nostri colpi, li usa contro di noi... è immortale.» mormorò tirando su con il naso.

Mamoru strinse le labbra e deglutì, dicendosi che Usagi aveva ragione ma che forse c'era una speranza. Forse c'era un modo per risolvere quella situazione. «Parlare, Usagi.» disse, «Parlale e convincila a cambiare, a non fare nulla.»

Usagi lo fissò, «Ci ho provato!» strillò, «Ci ho provato ma non ha funzionato.» disse.

«Prova ancora, Usako.» disse Mamoru, «Provaci, riuscirai a convincerla.»

Usagi sospirò, non del tutto convinta, «Proverò.» disse e lasciò che Mamoru la stringesse. Non voleva che lui morisse, non voleva combattere di nuovo.

Non era sicura che quella storia finisse bene.

✩✩✩

Starkard le aveva avvertite un'altra volta — due giorni dopo l'incontro precedente —, nel solito modo. Anche questa volta erano al parco, nel solito posto.

«Scusate il ritardo, ma stavamo preparando i bagagli.» esclamò la Dea.

Sailor Moon avanzò piano, superando le altre che si erano messe davanti a loro per proteggerla. «Ascoltami, Starkard.» disse fermandosi davanti alla Dea, «Posso aiutarti a liberarti dal male che ti ha soggiogato.» esclamò e afferrò le mani dell'altra, sentendo la pelle calda anche sotto la stoffa dei guanti. «Ascoltami, lascia che ti aiuti.» mormorò e chiuse gli occhi, lasciando che il potere del Cristallo d'Argento avvolgesse lei e la Dea.

«Lo senti questo calore? È il potere dell'amore e dell'amicizia.» continuò Sailor Moon.

«Boom.» rise l'altra liberandosi dalle mani della guerriera e il potere del cristallo si dissolse. «Io sento solo una gran noia e la voglia di finire il mio compito.» disse e saltò, atterrando dall'altra parte del gruppetto, «Damian, Jack.» chiamò e i due vampiri apparvero alle sue spalle, «Sapete cosa fare.» I due vampiri si mossero così velocemente che solo Starkard riuscì a vederli: un attimo dopo le guerriere erano radunate in un angolo fra due muri e Starkard fissava Mamoru. Alzò una mano e una barriera trasparente si alzò davanti alle guerriere. «Portatemi la principessa.» ordinò.

Damian afferrò il braccio di Sailor Moon — oltrepassando la barriera come se non lo sfiorasse nemmeno, invece alle guerriere Sailor regalava una scarica elettrica ogni volta che la sfioravano — mentre Jack snudava i denti e ringhiava contro le altre. Damian trascinò Sailor Moon accanto a Starkard mentre la guerriera piangeva e lo supplicava di non farle male. Jack si materializzò dietro a Tuxedo Kamen e gli afferrò le braccia, immobilizzandolo.

«Oh, smettila di piangere, frignona!» sbottò Starkard voltandosi verso di lei, «Sei noiosa.» borbottò e allungò le mani davanti a sé e sorrise quando vide il viso dell'altra.

Sailor Moon aveva capito e urlò quando vide la pistola apparire fra le mani della Dea. «No, ti prego, non farlo!» gridò, «Per favore...» la supplicò.

«Le tue suppliche non servono a nulla.» sbuffò la Dea sfiorando la canna dell'arma, «È quello che devo fare.» sospirò, come se stesse spiegando una cosa semplicissima a una bambina di cinque anni.

«Ti prego, non farlo.» mormorò Sailor Moon piangendo e fissò il ragazzo che amava che cercava di divincolarsi ma la presa del vampiro era forte. Gemette quando Tuxedo Kamen gridò.

«Si è lussato la spalla.» sbuffò Jack sfiorandogli il collo con i canini appuntiti, «E se l'è fatto sotto.» ridacchiò.

Starkard alzò gli occhi al cielo e stese il braccio destro — quello che stringeva la pistola — e sfiorò il grilletto con l'indice. «Che cagasotto.» disse e rise.

«E nel vero senso della parola.» rise Jack.

«Finiamo questa pagliacciata.» esclamò Starkard, «Principessina, guerriere Sailor... siete pronte a vedere il vostro principe con un proiettile, ma anche due o tre o tutto il caricatore, nell'addome?» domandò, allegra, fissando prima Sailor Moon che non smetteva di piangere, poi il gruppo di guerriere che si gettavano contro la barriera, incuranti delle scosse, degli attacchi che ritornavano contro di loro, «Tre...» esclamò, «Due.» sorrise, «Uno.»

I quattro spari risuonarono forte nella notte silenziosa, accompagnati dal grido rauco di Sailor Moon.

Starkard fece sparire la pistola mentre Jack lasciava le braccia di Tuxedo Kamen, il cui corpo scivolò a terra, il sangue che macchiava lo smoking e successivamente l'erba.

Damian lasciò la guerriera, che cadde a terra e gattonò fino al ragazzo e lo abbracciò, supplicandolo di svegliarsi. 

«Vi consiglio di tornare in abiti civili.» esclamò Starkard componendo un numero di telefono dal cellulare che aveva preso dalla tasca dei jeans, «Perché sto chiamando i soccorsi.» disse, «Sì, salve, buona sera. Sono Stella e sono al parco a sud della città... ho sentito degli spari e delle urla, credo che abbiano sparato a qualcuno.» continuò parlando al cellulare, «Venite in fretta.» disse e chiuse la chiamata, schioccò le dita e la barriera cadde, frantumandosi come una finestra rotta da un sasso.

In un attimo, Starkard e i suoi amici erano scomparsi.

✩✩✩

L'ambulanza era arrivata in fretta ed era ripartita a sirene spiegate. Haruka, Michiru, Hotaru, Usagi e Rei si erano strette nelle macchina della prima, mentre le altre erano andate in taxi, pagato da Setsuna.

Arrivarono in ospedale in fretta, pochi istanti dopo che Mamoru fu trasportato in una delle sale emergenza. Arrivarono anche i poliziotti, a cui il gruppo raccontò la stessa storia: erano nel parco per una passeggiata, tutto procedeva bene fino a quando un gruppo di tre persone, due uomini e una donna, non li aveva aggrediti, minacciandoli con una pistola. Poi la donna aveva sparato.

Arrivò anche Motoki, chiamato da Makoto.

«Per favore, non morire.» mormorò Usagi sottovoce, «Mamoru... ho bisogno di te. Ce la farai, lo so.» continuò a sussurrare, lo sguardo fisso sulle porte dietro le quali i medici si stavano occupando di Mamoru.

«Dobbiamo sposarci, Mamo-chan.» sussurrò Usagi, «E avere la nostra Chibiusa» soffiò, «Riprenditi, amore mio.»


Starkard, Damian e Jack apparvero nelle scale dell'ospedale, ridacchiando, scesero i gradini, entrando nel pronto soccorso. Videro subito il gruppetto: Usagi era seduta, alla sua destra Minako, a sinistra Rei, davanti a loro erano accucciate Makoto e Ami. Tutte abbracciavano Usagi, sussurrandole parole di conforto. Motoki, accorso lì subito dopo la chiamata di Makoto, era in piedi dietro di loro e continuava a muoversi, come se l'attesa gli impedisse di stare fermo; Hotaru era in piedi, accanto a Setsuna e fissava la sala dove i medici stavano cercando di mantenere in vita Mamoru.

Michiru cercava di calmare Haruka, che voleva trovare Starkard e spararle in mezzo agli occhi, la Dea poteva sentire tutta la sua rabbia, la furia e l'ira della guerriera di Uranio.

«Vuole ucciderti.» soffiò Damian.

«Lo so.» ridacchiò la Dea, «Mi piace, la cosa.» disse e annuì. «La ragazzina ha le palle.» aggiunse, «Jack... dove vai?» domandò senza voltarsi.

«Star, siamo in ospedale, c'è una stanza piena di sangue...» rispose il vampiro e la guardò, tirando fuori il suo sguardo più seducente.

«Dopo.» sospirò la Dea, «Prima ho una cosetta da fare...» ghignò e fece qualche passo avanti, sorridendo quando Haruka alzò gli occhi su di lei. Sfiorò il muro con la punta delle dita e delle saette argentate partirono, muovendosi sul muro velocemente ma con la sinuosità di un serpente. I raggi arrivarono davanti alle porte della sala d'emergenza numero uno, avvolsero le porte, rendendole per qualche secondo iridescenti, poi sparirono, inghiottite dalla stanza.

Bastarono pochi secondi e si creò il panico: si sentivano i medici sbraitare ordine, infermiere uscire e rientrare come se non sapessero cosa fare.

«Cosa hai fatto?» ringhiò Haruka, avvicinandosi a Starkard.

«Chi?» domandò lei, portando una mano al petto. «Niente,» rispose «ho finito quello che dovevo finire.» sorrise.

Haruka digrignò i denti, «Tu meriti di morire, non Mamoru.» sibilò e spinse Starkard, «Non puoi far soffrire la Principessa.» disse e spinse di nuovo la Dea, «Lei non lo merita.»

Starkard toccò il muro con la schiena e sorrise, «Pensi di farmi paura?» domandò piegando la testa di lato e osservandola come se fosse un buffo animaletto, «Sbaglio ho vi ho dimostrato che sono più forte, più brava, invincibile e, sopratutto, immortale?» sorrise, afferrò il polso di Haruka e strinse, «Posso continuare a stringere fino a spezzati l'osso, se vuoi.» bisbigliò, lasciò il braccio dell'altra e la scansò, fissò il medico uscire e guardò Haruka ritornare dalle altre.

«Signor Furuhata?» esclamò il medico.

«Io sono la fidanzata di Mamoru.» pigolò Usagi alzandosi in piedi.

Il medico la fissò e deglutì, «Il signor Chiba ha lasciato la procura al signor Motoki Furuhata.» spiegò.

Motoki lo raggiunse e posò le mani sulle spalle di Usagi, «Mi dica.» esclamò, «Usagi è la fidanzata di Mamoru, può sentire.» disse.

Il medico annuì piano e prese un profondo respiro. «Mi dispiace.» disse, «Abbiamo fatto il possibile.» sospirò, «Ma la ferita era troppo grave.» continuò, fissando con dispiacere Usagi che, mano a mano recepiva il significato di quelle parole, sbiancava sempre di più, «Mi dispiace» ripeté «ma Mamoru non ce l'ha fatta.»

Usagi scivolò a terra e scoppiò in singhiozzi e subito le sue amiche corsero da lei, stringendola in un abbraccio che non le avrebbe mai dato conforto.

Haruka si girò, pronta per dare un pugno alla persona che aveva causato tutto quanto ma Starkard e i suoi amici non erano più lì, «Dove sono andati?» sibilò.

«Non lo so.» le rispose Michiru e le posò una mano sulla spalla, «Usagi ha bisogno di noi.» disse e l'altra annuì.

«Posso vederlo?» mormorò Usagi alzandosi in piedi, si strofinò gli occhi e fissò il medico, «Per favore.» lo implorò.

«Mi dia dieci minuti.» rispose l'uomo e tornò nella sala per uscirne qualche minuto dopo, dicendo a Usagi che poteva entrare e chiedendo a un'infermiera di chiamare l'obitorio. 

Usagi entrò, seguita dalle sue amiche e si sforzò di non piangere, di non scoppiare in lacrime perché, forse poteva risolvere la situazione: avrebbe rinunciato a un po' della sua energia per donarla all'uomo che amava.

Rei, Ami, Minako e Makoto la seguirono, fissandola con gli occhi pieni di lacrime. "Cosa accadrà, adesso?" sembravano chiedersi mentre guardavano la loro principessa e futura regina — Usagi sarebbe diventata Queen Serenity dopo tutto ciò?

«No!»

Tranne Usagi le altre si voltarono, allarmate dell'urlo di Haruka: Starkard, Jack e Damian erano appena entrati. Le porte si chiusero e benché Haruka e le altre cercassero di buttarle giù quelle rimanevano lì, senza cedere di un millimetro.

Setsuna si morsicò le labbra, sapeva che non poteva fare nulla se non rivelando la loro identità agli altri e causando il panico, si guardò attorno ma gli altri sembravano non accorgersi di quello che stava succedendo. Non sentivano i colpi dei pugni di Haruka, le suppliche di Michiru e i singhiozzi di Hotaru. I medici e gli infermieri passavano davanti a loro senza guardarle, senza fissare l'ingresso della sala emergenza, come se non esistesse.

Setsuna vide una madre coccolare il figlio, accarezzandogli la schiena e sussurrandogli parole dolci, vide un ragazzo che si lamentava di un dolore allo stomaco, una ragazza premeva con dolcezza una garza sul braccio del fidanzato.

«È una magia!» esclamò Setsuna.

«Non possiamo fare nulla?» domandò Michiru, il viso pallido.

«No.» sospirò Setsuna, «Provo a fermare il tempo.» mormorò, conscia di quello che sarebbe accaduto: sarebbe morta. Lo sapeva me non le importava, tutto pur di salvare la piccola Chibiusa.

«Non te lo consiglio.»

La voce di Starkard risuonò forte e chiara, come se fosse lì accanto a loro, «Moriresti tu e tutti quelli che presenti nel raggio di mezzo isolato... vuoi avere tutte queste vite sulla coscienza?» rise la Dea.

Haruka sferrò un pugno alla porta, facendosi solo male: la porta era ancora integra.

«Perché non guardate anche voi?» rise Damian, «Sarà davvero un bellissimo spettacolo!» ghignò.

Le quattro fissarono l'interno della sala attraverso gli oblò presenti sulle porte, sentendosi impotenti.

Usagi era riuscita a richiamare il Golden Crystal da Mamoru. Lo prese in mano, fissandolo: l'oro era spento, come se fosse opaco e lei si sentì male mentre fissava il viso pallido del ragazzo che amava. Sfiorò la superficie del cristallo con la punta delle dita, pronta a trasmettergli un po' di energia, decisa a risvegliare Mamoru.

«Questo è mio!» ridacchiò Starkard, saltò, oltrepassando Makoto e Ami, afferrò il cristallo e atterrò dall'altra parte della barella con una capriola perfetta; alzò le braccia come se fosse un'atleta che aveva finito un esercizio alla sbarra mostrando un sorriso luminoso.

«Jack.» trillò e lanciò il cristallo al vampiro, che lo preso al volo, lo sventolò davanti a Minako e lo lanciò a Damian.

I tre si lanciarono la pietra un paio di volte, fino a quando Damian non si avvicinò alla Dea, che aveva le mani a coppa e iniziò a stringere il cristallo nel pugno, riducendolo a polvere grigia, polvere che cadeva nelle mani di Starkard.

«Perché?» esclamò Rei avanzando e Starkard si accorse che li avevano circondati, fece un cenno della testa e Jack snudò le zanne, impaurendo le ragazze, che arretrarono di un passo.

«Fate le brave.» rise Starkard, «Ho quasi finito.» disse; Damian aprì la mano e la scrollò dalla polvere rimasta attaccata alla pelle, Starkard soffiò e il fuoco divampò nelle sue mani, bruciando quello che una volta era il cristallo di Mamoru, ma lasciando intatta la pelle della ragazza.

«No!» urlò Usagi e la raggiunse, «No!» esclamò e le afferrò i polsi, «Smettila, smettila.» pianse, lanciò un'occhiata al corpo — cadavere, si rese conto e pianse ancora di più — di Mamoru e guardò la Dea, «Perché?»

«Perché andava fatto.» replicò l'altra e guardò Jack e Damian che spingevano le altre quattro in un angolo, le facce atterrite di Setsuna, Haruka e Michiru e sorrise. «Finito.» gongolò e il fuoco si spense, si avvicinò a un piccolo lavabo, premette il pedale e l'acqua iniziò a scorrere, mise le mani sotto al getto e osservò le ceneri scivolare nel lavabo di acciaio e finire nello scarico. «Andiamocene.» esclamò, andò alle porte e le spalancò, incurante che dietro di esse ci fossero delle persone. Jack e Damian le andarono dietro, inseguiti dalle minacce di Haruka e dalle urla e dai singhiozzi sempre più rauchi di Usagi.

«Usa, tesoro...» mormorò Makoto e aiutò l'amica ad alzarsi in piedi, «Andiamo, non c'è...» trattenne un singhiozzo, «Non c'è più nulla che tu possa fare.» soffiò mentre le lacrime scorrevano sulle sue guance.

Usagi annuì debolmente e si aggrappò a lei, fissò Mamoru e singhiozzò ancora, stringendo la stoffa della maglia dell'altra fra le dita, sentendo il mondo crollare sotto di sé. Cosa avrebbe fatto senza Mamoru? E il loro futuro già scritto, in cui aveva creduto fin dal primo istante in cui l'aveva saputo? E...

«Chibiusa!» strillò, «Chibiusa.» pianse mentre Makoto l'abbracciava e guardava le altre. Rei stringeva i pugni, con forza, le unghie che graffiavano la pelle del palmo fino a farle sanguinare; Ami era sbiancata, la bocca aperta, e le mani sul petto, dietro di lei Minako non era messa meglio: ormai aveva rinunciato ad asciugarsi le lacrime perché era tutto inutile, non riusciva a smettere di piangere.

Makoto si girò verso le Outer, fissando Haruka che sembra sul punto di esplodere e dare un cazzotto a qualcosa, Michiru la fissava tormentandosi le mani, Setsuna sembrava calma mentre cercava di calmare Hotaru, che piangeva disperata fra le sue braccia.

«Guerriere.»

Le ragazze sobbalzarono, fissando la palla argentata che era apparsa dal nulla e il viso di Starkard che sorrideva con cattiveria, «So che vorreste uccidermi... peccato che sia immortale.» ridacchiò, «Ma se volete scambiare quattro chiacchiere o essere sconfitte un'altra volta,» esclamò assottigliando gli occhi «sono nel parcheggio, all'ultimo piano.» disse e la sfera sparì.

«Andiamo.» esclamò Haruka, «Ora.»

Rei annuì e si avvicinò a Usagi, «Usagi, rimani qui con Motoki.» disse dolcemente.

L'altra scosse la testa e si asciugò le lacrime, «No, vengo con voi.» esclamò.

«Rimani qui.» le disse Makoto accarezzandole la schiena.

Usagi la fissò e scosse la testa, «No, io vengo con voi.» ripeté, «Vengo con voi.»


«Dov'è?» esclamò Sailor Uranus girando su se stessa, «Dove sono?»

«Calmati.» disse Sailor Neptune.

«Non mi calmo!» replicò l'altra e si voltò di scatto quando le porte dell'ascensore si aprirono, rivelando Starkard, Jack e Damian, che avanzarono, il sorriso sulle labbra.

«Scusate il ritardo, ma stavamo facendo uno spuntino.» disse Starkard e gettò una sacca di sangue vuota sul pavimento, «Il nostro compito è finito, ce ne torniamo a casa.» continuò, «Siamo qui per salutarvi.»

«Voi non ve ne andate.» ringhiò Sailor Uranus avanzando e fermandosi davanti alla Dea, «Ti rendi conto di cosa hai fatto?» sibilò mentre l'altra la osservava senza smettere di sorridere, «Avete rovinato in nostro futuro!»

Starkard rise, «Ho fatto quello che andava fatto.» replicò, «Cosa credi, che gli Anziani siano stupidi?» domandò, «Ne sanno più di te.»

Sailor Uranus l'afferrò per il collo della maglia e strinse, forte, «Ti ucciderei.» soffiò mentre l'altra la fissava senza smettere di sorridere, «Hai rovinato tutto.»

«Sei noiosa.» replicò l'altra e mosse piano la testa: Jack e Damian sparirono, per riapparire subito dopo dall'altra parte del parcheggio, «Ripeti sempre le stesse cose.» sbadigliò.

L'altra la strattonò e fissò Sailor Mars che si avvicinava piano alla Dea.

«Fire soul bird!»

Starkard sorrise, colpì i pugni di Uranus e si abbassò di scatto, evitando di essere colpita da Sailor Mars. L'attacco della guerriera si infranse contro Sailor Uranus, che cadde a terra gemendo.

«Stupido giochetto.» commentò la Dea avvicinandosi a Sailor Moon, «Sai, ho ancora un paio di cosette da dire prima di andarmene a prendere il sole.»

«Cosa?» mormorò l'altra, «Cosa?»

«Che... bhe,» Starkard scrollò le spalle «eravamo qui durante tutte le vostre battaglie.» ghignò, «Contro il Dark Kindom, contro Black Moon, contro il Death Circus, contro Galaxia...» snocciolò e sorrise vedendo i visi sbigottiti delle altre, «Mi sarebbe bastato così poco, ma così poco per aiutarvi...» sorrise e fece un passo indietro, «Ma non mi andava, era più divertente vedere voi in difficoltà!» rise.

«Perché?» esclamò Sailor Moon, «Perché sei così... cattiva?» chiese, «Non ce l'hai un cuore?»

Starkard sorrise piegando di lato la testa, «Oh, certo che ho un cuore, con ventricoli e tutto il resto.» rispose, «E batte come il tuo, solo che io sono realista, a differenza tua. Non cerco il buono in ogni cosa o persona, non fremo per avere pace, amore e felicità sempre e comunque.» disse.

Sailor Moon deglutì, «Saresti più felice se fossi meno...»

«Cattiva?» fece la Dea con un risolino, «Io sono felice.» esclamò, «Sono bella, posso avere quello che voglio e quando voglio, ho due amici meravigliosi e poteri che voi potete solo sognarvi.» disse e si piegò in avanti, sfiorando con le labbra l'orecchio dell'altra. «E ho avuto anche Mamoru.» soffiò.

«Cosa?» fece l'altra indietreggiando di un passo, «Cosa?»

Starkard sbuffò e fissò Damian dietro Sailor Jupiter, «Sono andata a letto con lui, cocca.» esclamò, «Sei tonta forte, eh?» commentò e sorrise, «Non sai quant'è bello fare sesso con una persona e sentirla urlare il tuo nome...» disse, «O sentirti potente mentre lo torturi con la lingua e le labbra.» continuò piegando la testa di lato, «Tu queste cose non le hai mai fatte con lui, lo so.» scrollò le spalle, «E non le farai più.» rise. «Bene, fanciulle, noi andiamo.» disse, «È stato un piacere avere a che fare con voi, anche se un po' noioso.» esclamò, «Andiamo, ragazzi.»

«Dove vai?» gridò Sailor Uranus avanzando verso la Dea.

«In Florida.» rispose la Dea e un attimo dopo fu spinta contro una colonna dall'altra.

«Non puoi andare via, devi pagare per quello che hai fatto.» ringhiò Sailor Uranus tenendola bloccata con il braccio sinistro all'altezza delle spalle, «Hai ucciso Mamoru!» gridò e la schiaffeggiò con la mano libera.

Starkard sorrise, «Pensi di farmi del male?» domandò e basto un'istante per ribaltare situazione: Sailor Uranus si trovò spinta contro la colonna il braccio destro ritorto dietro la schiena. «Chiedimi scusa.» ordinò Starkard stringendole il polso.

«Mai.» replicò l'altra.

«Chiedimi scusa.» ripeté la Dea e sentì la stoffa del guanto di Sailor Uranus venire lacerata dalle unghie e la pelle sotto di esse, «Adesso!» gridò premendo con forza, sentendo le unghie conficcarsi nella pelle dall'altra. Sailor Uranus tacque, stringendo i denti per via del dolore. «Jack.» esclamò, «La violinista.» esclamò e sorrise nel vedere gli occhi sbarrati di Sailor Uranus.

Jack afferrò Sailor Neptune e la strinse da dietro, bloccandole le braccia e sfiorandole il collo con labbra e la lingua.

«Ascoltami, cocca.» disse Starkard, «Se non vuoi che Jack usi la tua amichetta come spuntino serale ti conviene chiedermi scusa.»

«Lasciala stare.» urlò l'altra, «Scusa.» disse.

Starkard la strattonò ancora, poi la spinse verso Sailor Neptune e Jack si spostò, lui e Damian tornarono al fianco della Dea. «Ora possiamo andarcene o volete offrirci un tè?» domandò Starkard, «Anche se una birra doppio malto sarebbe meglio.» disse e rise, «Ora ce ne andiamo sul serio.» esclamò, «Addio, guerriere.» disse, fece un piccolo inchino, afferrò le mani dei vampiri e sparirono con un luccichio colorato, senza lasciare il tempo alle guerriere di fare qualsiasi cosa.

«Sono andati via?» pigolò Sailor Venus.

«Sì.» ringhiò Sailor Uranus, assicurandosi che Sailor Neptune.

«E adesso?» mormorò Sailor Mars. Mentre raggiungevano il parcheggio avevano deciso di usare il potere planetario Sailor, ma non ce ne era stato il tempo: Starkard le aveva sorprese e sconfitte.

«Aspettiamo.» disse Sailor Moon, «Aspettiamo e preghiamo.» soffiò alzando gli occhi al cielo, gli occhi pieni di lacrime. Tutto era perduto. Mamoru era morto, loro due non sarebbero più stati eletti King Endymion e Queen Serenity. Chibiusa non sarebbe mai nata. Si sedette sul cemento del parcheggio, abbracciò le ginocchia e sentì il cuore rompersi in mille pezzi.

Mamoru.

Mamoru non c'era più.

«È tutto finito.» singhiozzò. 

E il suo cuore era stato spezzato per sempre.

✩✩✩

Alcuni anni dopo.

Starkard, Damian e Jack erano tornati a Tokyo. Erano già passati per l'hotel per portare i loro bagagli e fare il check-in ed in quel momento erano diretti al Crown. La Dea era sicura che le persone che stessero cercando fossero in quel locale.

Entrarono nel locale e si sedettero a uno dei tavoli e Starkard sorrise quando vide Rei, Ami, Minako, Makoto e Usagi a un tavolo poco lontano. Le ragazze sorridevano e scherzavano ma i loro visi era sciupati, invecchiati prima del tempo.

«Sono ancora vive.» commentò Jack.

«È il loro destino.» disse Starkard osservandole. «E comunque abbiamo fatto quello che dovevamo fare, come sempre.» sorrise.

Una cameriera arrivò per prendere le ordinazioni e Starkard tornò ad osservare il gruppetto. Rei, Minako e Ami erano sedute di fronte a Usagi e Makoto.

Usagi aveva delle brutte occhiaie, come se dormisse pochissimo e la cosa fece sorridere la Dea, «Un po' mi dispiace, per loro.» disse, posò i gomiti sul tavolo, intrecciò le dita e posò il mento su di esse, «Poverine, non hanno neppure ventitré anni e hanno l'aspetto di quarantenni tenute male.» disse fissando i vampiri seduti davanti a lei, «Dovrebbero divertirsi, andare al mare, al parco divertimenti, in discoteca... invece passano tutto il loro tempo a studiare.» continuò, «La loro vita è noiosa.» sbuffò.

Damian sorrise alla cameriera che portò loro i caffè, «Bhe, non tutti sono giovani dentro come noi.» esclamò versando dello zucchero nel caffè.

«Loro sono decrepite.» rise Jack.

Starkard annuì, «Oh, sì.» fece  e guardò le ragazze che non si erano ancora accorte della loro presenza. «Finiamo qui, facciamoci notare e andiamo Los Angels.» esclamò.

I tre finirono i loro caffè, pagarono e si avvicinarono a una bacheca in sughero appesa al muro accanto al tavolino delle ragazze. «Quanti eventi.» commentò Starkard, «Andiamo.» disse e si voltò, portò la mano destra al polso sinistro e sganciò la chiusura del bracciale in argento, che fece cadere a terra nell'esatto momento in cui stava passando davanti al tavolo delle guerriere.

«Questo è tuo.» commentò Makoto dopo essersi chinata e aver raccolto il monile.

«Grazie.» disse Starkard afferrando il bracciale.

«Ci conosciamo?» domandò Makoto.

Starkard sorrise, «Oh, sì.» annuì, «Guerriere Sailor.» disse e sorrise di più.

«Tu...» ringhiò Rei alzandosi, «Cosa vuoi?»

«Dimostrarvi che il mondo funziona senza che voi diventiate re e regina e protettrici dell'umanità.» rispose Starkard, «Addio.» continuò, «Per sempre, questa volta.» disse, «La città  degli Angeli ci attende.» esclamò.

Damian e Jack agitarono le mani in segno di saluto e seguirono la Dea fuori dal locale.

«Ci seguono?» commentò Starkard svoltando in un vicolo cieco.

«Sì.» rispose Jack senza voltarsi.

«Cosa volete, ancora?» gridò Rei raggiungendoli di corsa, «Avete rovinato la nostra vita!» gridò mentre le altre quattro la raggiungevano.

Starkard rise per poi scrollare le spalle, «Se non sapete divertirvi non è colpa mia.» disse, «Volevamo solo vedere come stavate, perché è quello che facciamo sempre dopo una missione.» spiegò, «Adesso possiamo anche andare, dobbiamo sistemare una cosuccia in California... e ne approfitto per vedere qualche bel surfista!» rise. «È stato un piacere.» aggiunse, afferrò le mani dei vampiri, fecero un piccolo inchino e svanirono nel nulla.

Fine


Bene, eccoci alla fine di questa oneshot, un po' più corta di quello che pensavo. Anche se alla fine sono più di 11k parole...
Comunque ringrazio chi ha letto e chi commenterà. So che il finale vi ha un po'... un po'... mollate i forconi, pasticcini.
Come ho scritto all'inizio, il pezzo finale è stato scritto quasi subito, immediatamente dopo l'arrivo dei nemici. Può non piacere — e non piacerà, lo so! — ma ho deciso così, quindi...
Perché ho scritto questa storia? Bella domanda, vorrei saperlo anche io!
No, in realtà sono anni che volevo scrivere qualcosa su Sailor Moon e finalmente ci sono riuscita. Però non volevo un AU e non volevo una storia con l'happy end, così ho optato per questa versione. Un po' l'ho fatto perché non mi piace Mamoru, lo ammetto. Avrei potuto farne una long, ma ho preferito di no, anche perché doveva essere tutto "veloce".
Credo sia tutto.
Se vi va leggete altre mie storie, non sono (sempre) così cattiva, giuro!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: BebaTaylor