Anime & Manga > Kinnikuman
Ricorda la storia  |      
Autore: _Cthylla_    25/05/2016    1 recensioni
Warsman accetta una bambina di sei anni come propria allieva, finendo anno dopo anno col trovarsi più coinvolto nella sua vita di quanto potesse prevedere.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Warsman/Lord Flash
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti!
Prima di qualsiasi altra cosa, ci tengo ad avvisarvi che Warsman è il solo personaggio di Kinnikuman che vedrete qui, e che l'uinverso stesso in cui si trova non è quello di Kinnikuman. Quindi vi chiederete: "perché l'hai pubblicata qui"?
La risposta è: "non potevo fare altrimenti: tutto quanti qui conosciamo Warsman, e il resto dei personaggi che compaiono sono per il 99% miei OCs".
OCs di un'AU di un prequel dei libri dai quali è tratto il film "Le 5 Leggende". Follia pura, in breve :'D non sono neppure certa che convenga mettere l'avviso "crossover", viste le premesse.
La buona notizia è che non è necessario conoscere suddetta AU per leggere questa one shot, che come vedrete è incentrata principalmente sul rapporto maestro/allieva.
Chi conosce "Occhi di Smeraldo" coglierà alcuni riferimenti :D
Sistemiamo in credits:

- la famiglia Lunanoff non è una mia creazione, rientra nel canon dei libri di cui sopra. Mi sembra giusto informarvi, anche se questa viene solo brevemente citata e nulla di più.

- Alya, anch'essa brevemente citata, è un personaggio di vermissen_stern.

Buona lettura :)


“voglio che mi insegni”.

 
Un ordine dato in tono così deciso da una bambina di sei anni a un uomo fatto avrebbe potuto suscitare ilarità nel suddetto -specialmente se l’uomo in questione era un lottatore alto due metri e dieci, mezzo uomo e mezzo robot, tanto feroce da essere visto da alcuni come un animale- ma non in quel caso.
Non era sicuro di cosa lo stesse inducendo a prenderla seriamente. Forse era per la sua espressione, tanto severa da risultare innaturale su un viso così giovane, o per il tono che aveva usato, privo di quegli accenni di lagnosità che avrebbero lascito presagire una scenata da bimba capricciosa a un suo rifiuto. A dirla tutta, quella bambina aveva l’aria di chi era certa sin dall’inizio che avrebbe ottenuto ciò che voleva, arrivata in fondo.

 
“non so se ti sia chiaro quel che ti aspetta. Se accettassi di diventare il tuo maestro di combattimento gli addestramenti sarebbero tutt’altro che leggeri. Quanto di più brutto ti è successo fino ad ora sarebbe niente, rispetto a quel che ti aspetterebbe, e non credere che titolo, sesso ed età mi indurranno ad essere più gentile con te. Non si raggiunge la gloria senza dolore e sofferenza”.

 
Voleva che il concetto le fosse ben chiaro, perché solitamente le persone di un certo lignaggio non avevano idea di cosa fossero l’uno o l’altra, non sul serio: bastava pensare a quanto una famiglia di certi marchesi di sua conoscenza viziasse l’unica figlia, che in futuro sarebbe certo diventata una pupattola cresciuta a pane e zucchero.

 
“lo so”.

 
L’uomo si concesse un’espressione scettica. “non so se ti è giunta voce che il duca Taurus, che so essere tuo coetaneo e amico, è stato avvertito allo stesso modo, ha voluto ugualmente provare, e ha finito per mollare dopo poco tempo perché trovava troppo duro l’addestramento cui era sottoposto”.
 

“non so se ti è giunta voce che ho scartato il maestro Alexandria dopo poco tempo, anche se era una brava persona, perché trovavo l’addestramento a cui mi ha sottoposta meno duro di quanto avrebbe dovuto essere”.
 

Aveva sei anni ed era già era in grado di rispondere a tono. Non sapeva dire se desse da pensare più questo, o l’informazione che gli aveva appena dato. “sembri più motivata rispetto al tuo amico”.

 
“lo sono”.

 
“cosa ti spinge ad esserlo? Cosa vuoi ottenere?”

 
La bambina sorrise, e Warsman si chiese dove fosse finita l’innocenza tipica dei fanciulli.

 
“quello che si raggiunge attraverso dolore e sofferenza, lo hai detto tu prima: la gloria”.  

 

 

 

[…]

 

 

 

Era passato poco più di un anno da quando aveva accettato Nahema come sua allieva, e doveva ammettere che era ancora ben lungi dal pentirsi. Lei lavorava duro, faceva quel che lui le ordinava di fare senza proteste -se mai si limitava a chiedergli a cosa servisse un determinato esercizio quando non arrivava a capirlo da sola- ed eseguiva ogni compito che le veniva assegnato senza lamentarsi. Non si lamentava mai  di niente , a essere onesti. Era resistente, apprendeva bene, e la determinazione che gli aveva mostrato il giorno in cui si erano conosciuti non aveva ancora vacillato.

Il solo problema con lei risiedeva nel fatto che era una bambina strana, completamente  snaturata , secondo la sua modesta opinione. Era come se avessero trapiantato nel suo corpo il cervello di una ragazza più grande, o qualcosa del genere. Nella famiglia di Nahema doveva esserci qualcosa di insano, se a una bambina non era permesso essere tale: se a sette anni sua figlia Alya fosse stata in quel modo, lui avrebbe iniziato a farsi qualche domanda, ma alla madre di Nahema le cose sembravano andare benissimo così.

 Ebbene sì, dopo un lungo periodo d’indecisione si era azzardato a parlare della “stranezza” della sua allieva alla madre Iyra, giusto cinque giorni prima.

 
“Nahema è conscia delle responsabilità presenti e future…quando non si diverte a disobbedirmi per farmi venire l’emicrania. Nella mia famiglia tendiamo a crescere in fretta, ma se per voi questo rappresenta un problema potete sempre lasciarci. Fosse per me, gli addestramenti si sarebbero già conclusi: ha imparato i rudimenti della lotta, non le servirebbe altro, ma lei insiste a volervi tenere e, se non altro, mentre è con voi non dà grattacapi a me”.

 
Non era andata molto bene, e quel che aveva sentito non gli era piaciuto affatto. Sembrava che in tra madre e figlia non ci fosse particolare calore, e non era in grado di capire se la capofamiglia -perché quello era- provasse veramente amore per la creatura che aveva generato, o se invece la vedesse solo come uno strumento da utilizzare per chissà cosa.
Quella conversazione non aveva fatto altro che dargli un ulteriore motivo per non muoversi di lì. C’era un’atmosfera che gli ricordava vagamente quella che c’era in casa del suo maestro, e ricordando com’era andata a finire in quell’occasione si era detto che non avrebbe lasciato quella bambina senza supporto. Nell’anno trascorso avevano imparato a conoscersi e a fidarsi quanto bastava per portare avanti gli allenamenti, anche perché Nahema stessa non aveva mai manifestato la volontà di parlare d’altro, ma si ripromise d’impegnarsi a costruire qualcosa di più.
 

«eccomi».

 
Già, eccola lì, puntuale come sempre. «bene. Puoi cominciare con il riscaldamento, mentre sistemo dei dettagli del programma di oggi».

 
Lei annuì ma, appena gli diede le spalle, Warsman notò un dettaglio che gli fece dimenticare dettagli e programmi. «Nahema, fermati. Quei segni sulla schiena…?»

 
Sotto alla specie di reggiseno sportivo che portava erano visibili tre brutti segni rossi, uno vicino all’altro, che sembravano in tutto e per tutto quelli di una frusta. Non erano stati tanto forti da ferirla, non le avrebbero causato un danno permanente, ma il punto era che non avrebbero proprio dovuto esserci.
 

«se scappi dal palazzo -anzi, dal pianeta- e quando torni vieni scoperta prendi tre frustate: due per la fuga, una per non essere riuscita a nasconderla bene» fece spallucce «le regole sono queste, lo so da sempre».

 
La noncuranza con cui ne parlava lo fece quasi gelare, ma non lo diede a vedere. Anche lui aveva preso la sua parte di frustate in passato, ma era stato un periodo in cui si era ridotto  veramente  a uno stadio di semi bestia, pericoloso e quasi incontrollabile. Di Nahema non si poteva certo dire lo stesso. «e questo non ti…diciamo, preoccupa?»

 
«no, tanto tra qualche giorno se ne vanno. Mamma non mi rovina  per davvero , perché se no magari il principe non mi sposerà. Ha programmato tutto per arrivare al fidanzamento e al matrimonio da quando ero ancora nella sua pancia e ha saputo che sono femmina».

 
«questo a te sta bene?»

 
«sì, sposare il futuro re e diventare la futura regina non mi impedisce di diventare High General of the Galaxies. Mamma non vorrebbe» aggiunse «lei vorrebbe che fosse Aladohar a farlo, ma io sono convinta di poter fare sia quello che vuole la mia famiglia che quello che voglio io. Le due cose insieme, mi capisci? Finché farò bene le due cose insieme, lei non potrà dire proprio niente».

 
Follia pura. Come altro chiamare una cosa del genere? Vero, in certe culture simili usanze si ostinavano ancora a permanere, ma fino ad ora non aveva ancora capito di trovarsi davanti uno di quei casi. Warsman aveva avuto una vitaccia, ma quando era bambino aveva potuto più o meno ragionare come tale, e non era cresciuto in un mondo in cui i matrimoni combinati e le frustate erano la regola. «non avrebbe il diritto di dire nulla né sulla carriera che vuoi scegliere né su chi dovresti sposare».

 
«ce l’ha, è a capo della famiglia, e io comunque ho sette anni».

 
«sentendo discorsi del genere a volte tendo a dimenticarlo. Ho una figlia» le disse, senza sapere bene perché «quando aveva sette anni non era come te, la sola cosa a cui pensava era…essere una bambina di sette anni» questo perché anche se le Deva maturavano prima non significava che venissero private dell’infanzia «cose del genere erano…inconcepibili».

 
«erano inconcepibili perché tu e la tua famiglia non siete Aldebaran» replicò lei. Dopo questo rimase a guardarlo in silenzio, come studiandolo. «come si chiama tua figlia?»

 
«Alya».

 
Nahema sorrise, e per un attimo parve quasi una bambina normale. «è un bel nome».

 
«è vero. Lo ha scelto sua madre» aggiunse «io avevo tirato fuori delle proposte che non erano proprio granché. Tipo “Galina”. Alya è molto meglio, non trovi?...ci avrei scommesso» commentò, quando la vide annuire «penso che lei ti piacerebbe».


«però mi troverebbe strana come fai tu».

 
Questa frase lo zittì. Avrebbe dovuto immaginare che si fosse accorta di qualcosa, ma non pensava che avrebbe tirato fuori l’argomento. «non sei veramente “strana”. A questo punto penso che tu sia semplicemente una bambina intelligente che è stata fatta crescere molto in fretta, e non ha molte persone con cui parlare. Persone adulte, intendo».

 
«io ho delle cose da fare e loro ne hanno ancora di più, ma è normale».

 
Forse era il momento giusto per tentare di fare un passo avanti. Non era sicuro che avrebbe avuto un’occasione migliore, quindi tanto valeva provare. «io però ho un po’meno cose da fare di loro».

 
«una bambina non ha molte cose interessanti da dire».

 
All’improvviso si sentì un certo fracasso, e quando i due si voltarono verso i pesi caduti a terra poterono vedere con chiarezza una creaturina volante dai molteplici tentacoli che non era stata abbastanza lesta a mimetizzarsi.

 
« Annihilus!...  Quelli per te sono ancora troppo grossi!»

 
«direi che la bambina di cui stavamo parlando ne abbia, di cose interessanti da dire» commentò l’uomo, vedendo la creatura volare a nascondersi dietro al collo di Nahema e fare capolino ogni tanto.

 
«l’ho trovato quando sono uscita di nascosto. Era congelato, e volevo portarlo a mio padre per farglielo studiare. A lui piace studiare le cose, e non fa domande sulla provenienza» aggiunse «solo che poi, appena è stato portato in un punto un po’più caldo, si è scongelato ed era ancora vivo! Alla faccia di quello che diceva Kitah, voglio dire, a te Annihilus sembra morto?»

 
Ah, quindi era fuggita per incontrare lui. Chissà perché la cosa non lo stupiva troppo ricordando quando spesso, in quel breve lasso di tempo in cui lo aveva preso come allievo, aveva sentito il piccolo duca nominarla. “Nahema qui, Nahema là, Nahema è così, Nahema è cosà, anche Nahema si allena”, e così via. Si era fatto l’idea che quel bambino avesse preso una bella cotta per lei, ed era un altro motivo per cui lui e Kitah erano incompatibili come maestro e allievo: anche se infantile, una cotta così grossa era una distrazione troppo grande per fare qualcosa di concreto -o almeno, lo era seguendo il suo metodo-. «direi proprio di no. Quindi hai deciso di tenerlo».

 
«sì, anche se non potrei portare animali in casa e lui mi ha punto una mano, non so con cosa né perché. A proposito: non una parola a mamma» gli intimò, serissima «sarebbe capace di schiacciarlo sotto il tacco».

 
Warsman non riusciva a contraddirla, vedeva fin troppo bene Iyra  fare cose come schiacciare un polipetto -questo sembrava- grande poco più di trenta centimetri, con nove occhioni gialli che ora lo guardavano incuriositi e l’epidermide che, al naturale, ricordava una nebulosa. Come fare del male a un esserino così adorabile? «hai la mia parola che non dirò niente».

 
Nahema gli sorrise di nuovo.
Pareva che avesse deciso che poteva fidarsi, dopotutto.

 

 

 

[…]

 

 

 

«…te lo avevo detto, era inevitabile, stava diventando troppo grande.  Tre metri in tre anni , Nahema! Si è mangiato un comodino d’oro zecchino a morsi!»

 
«fino ad ora io e i miei fratelli eravamo riusciti a tenerlo nascosto, e lui si sa mimetizzare, avevo creduto che le cose avrebbero potuto continuare così. Mi sa che sono stata ingenua».

 
Lo era stata eccome, e quel che aveva ottenuto era stato un reticolato di segni rossi sulla schiena. Segni che Warsman ormai aveva visto fin troppe volte -gli seccava ammetterlo, ma si era quasi abituato- ma mai così tanti. Urgeva indagare su cosa fosse successo di preciso, perché lei finora gli aveva soltanto detto che Annihilus era stato scoperto ed era scoppiato un mezzo caos. «come sono andate le cose? Tutto questo solo perché avete portato un animale in casa?»

 
«un po’di colpi per questo motivo sono toccati a tutti, ma devo ammettere che c’è una ragione valida se io ne ho presi di più…»

 
Iniziò a raccontare.
Pareva che Iyra fosse entrata all’improvviso nella stanza di Aladohar, dove lui e Rerazara stavano giocando con Annihilus. Sembrava che a quella specie di piovra di tre metri piacesse giocare a palla, oltre che divertirsi con i manubri lì in palestra -e a volte mangiarli-.

 
«quando ha visto Annihilus deve aver pensato che potesse fare del male ai miei fratelli, quindi ha chiamato i ghoul. Io ero vicina» continuò Nahema «sentendo il rumore che c’era sono andata a vedere. Quando sono arrivata, lui aveva sollevato i miei fratelli con due tentacoli e aveva già gettato tre ghoul giù dalla finestra. Ho cercato di fermare tutto e di far capire a mia madre che Annihilus è buono e che stava  proteggendo  Aladohar e Rerazara pensando che i ghoul fossero diventati loro nemici, ma non mi è stata a sentire. La sola cosa che è riuscita a fare è stata gridarmi contro, avendo capito che posso essere stata solo io a portarlo in casa, dirmi che lo avrebbe fatto uccidere, e accusarmi di tutto quello che secondo lei Annihilus avrebbe fatto a breve ai miei fratelli».

 
Tutto molto chiaro, ma Warsman non aveva ancora capito la “ragione valida” dietro quelle frustate. «poi cos’è successo?»

 
Curiosamente, l’espressione di Nahema divenne sia divertita che soddisfatta. «mi sono arrabbiata e ho detto ad Annihilus di mangiarla!» gli rivelò, aggiungendo una breve risata.

 
Warsman per qualche istante non riuscì a trovare niente da dire, ancora incredulo. «e lui…?»

 
« ci ha provato davvero ! Non ci potevo credere, ti giuro. In quel momento io ho cercato di spiegargli che non dicevo sul serio, e a quanto pare ha capito nonostante le urla isteriche di mia madre. Non so come abbia fatto a capire quel che dicevo, insomma, aveva una persona che gli urlava in bocca. Poi è arrivato mio padre, penso che lo abbiano chiamato i ghoul, e ha steso Annihilus con un dardo di…non so cosa. Ha detto che voleva studiarlo. Quando l’ha tirata fuori, mamma era ancora isterica» assunse un’aria pensierosa «col senno di poi mi è venuto il dubbio che forse avrei dovuto lasciargliela mangiare veramente».

 
La cosa assurda era che raccontata così faceva quasi ridere anche lui. «Nahema, io direi proprio di no! Fermandolo hai fatto quello che dovevi».

 
«sì, ma Annihilus non ha fatto una bella fine. Noi abbiamo detto a papà che non doveva ucciderlo, ma lei» Iyra, ovviamente «era di tutt’altra opinione».

 
Warsman pensò un po’a cosa dire. «forse lo lascerà andare, alla fine, o lo ha già fatto. Se così non fosse dispiacerebbe un po’anche a me. Però devi ammettere che Annihilus non era poi così innocuo, è normale che tua madre si sia preoccupata per i tuoi fratelli» a dirla tutta era una dimostrazione di “umanità” quasi inaspettata da parte di Iyra.

 
«se però lei fosse stata disposta a farci tenere gli animali avrebbe potuto conoscerlo e capire che non c’era bisogno di essere preoccupata» ribatté Nahema «a questo punto comunque è troppo tardi, ed è inutile anche parlarne».

 
Magari non aveva torto, ma dopo quattro anni di conoscenza Warsman rientrava tra i pochi eletti che avevano imparato a riconoscere i momenti in cui lei, in realtà, aveva bisogno di qualche parola in più. «se non altro col suo tentativo di mangiare tua madre ha lasciato in tutti i presenti un ricordo indelebile».

 
Nahema annuì con aria solenne. «dopo questo, lei non vorrà più vedere un polipo neppure dipinto».

 

 

 

[…]

 

 

 

«…è stato in grado di procurarti dei lividi? Questo mi stupisce, Nahema!»

 
«sono certa che se il combattimento fosse durato più a lungo avrei avuto ottime possibilità di batterlo» minimizzò lei «era forte, veloce e ben allenato, ma si vedeva che non ha un maestro di lotta vero e proprio, tendeva a fare tutto un po’ d’istinto. Mi sono accorta dell’arrivo di sua madre prima che lo facesse lui, ed è stato lui a fare la figura di quello a cui piace picchiare le ragazzine e a doversi scusare in ginocchio. Non si vince solo col KO».

 
Pura verità: che a volte si dovesse giocare di strategia era qualcosa che lui stesso aveva contribuito a insegnarle, ma non l’aveva fatto perché lei la usasse contro il primo che le capitava a tiro. «è vero, ma mi sembrava di non averti insegnato ad andare in giro a picchiare il primo che passa, e dubito che il maestro Alexandria lo abbia fatto con tuo fratello Aladohar. Avete undici e nove anni, e credo siate entrambi abbastanza intelligenti da capire certe cose».

 
«avevo restituito io stessa il giocattolo che quel deficiente di mio fratello aveva preso al bambino, avrebbe dovuto farla finita, e invece no…Super Naso doveva per forza fare l’eroe davanti alla sua amichetta non-ricordo-come-si-chiama!» Nahema alzò gli occhi al soffitto «è stato lui a cercarsela, ed è finita com’è finita».

 
«anche approfittare della tua posizione per ottenere delle scuse da uno sciocco ragazzino è qualcosa che avresti potuto evitare» la rimproverò Warsman «ci sono cose per cui vale la pena giocare certe carte, ed altre per cui invece non è così».

 
«se fosse stato per me non avrebbe nemmeno saputo che siamo Aldebaran. È venuto via il correttore, sua madre ha visto la mia voglia, e il resto è venuto da sé» gli spiegò Nahema «a quel punto non potevo fare nulla di più che dire a  mia  madre che mi sono procurata i lividi con una caduta. Ovviamente non ci ha creduto» com’era evidente dai quattro segni di frusta -due per la fuga, uno perché la suddetta era stata scoperta, e l’ultimo per aver detto una bugia che non stava proprio in piedi- sulla schiena «ma non ha nemmeno fatto troppe domande. Piuttosto, vuoi sapere una cosa divertente? Anche Super Naso vuole andare all’Accademia Militare! Comincia il mese prossimo».

 
«e tu l’anno prossimo».

 
Già, l’Accademia. Nahema avrebbe iniziato con un anno d’anticipo, ossia a dodici anni invece che a tredici. Se si fosse trattato delle sole capacità che erano necessarie per farlo avrebbe potuto entrare anche subito -aveva iniziato a fare diverse simulazioni d’esame già da un po’, e con risultati eccellenti- ma purtroppo le regole erano categoriche: che una dodicenne entrasse in Accademia era già un’eccezione di per sé, che lo facesse un’undicenne non era proprio possibile.
Ne era orgoglioso, perché se lei era riuscita ad ottenere quel vantaggio era grazie alle ore che avevano passato ad allenarsi insieme, ma al contempo non poteva negare di provare un po’di malinconia all’idea di lasciare quella ragazzina senza il suo sostegno. D’accordo, era cresciuta molto in fretta e tutto quanto, ma avrebbe praticamente passato dieci mesi l’anno chiusa in un istituto, e sua madre non era una persona che potesse esserle di qualche conforto nei due mesi in cui sarebbe stata a casa.

 
«è vero» annuì la ragazzina, per poi rivolgergli uno dei suoi rari sorrisi sinceri, uno di quelli che le illuminava gli occhi e la rendeva più “normale”, oltre che più graziosa. «spero che gli insegnanti siano bravi almeno un quarto di quanto lo sei tu. Certo, so già da ora che le cose saranno diverse, perché…insomma, loro sono lì soltanto per insegnare, dubito che si mettano a parlare con gli allievi».

 
Sorrise anche lui, con quel taglio inquietante che compariva sulla sua maschera quando lo faceva, ma era tranquillo perché ormai sapeva che Nahema non era tipo da impressionarsi per certe cose. «sono felice di sentirti parlare bene del nostro rapporto. Ho sempre provato a essere un’ulteriore figura cui potessi fare riferimento, dopo i tuoi genitori, ovviamente» disse in un moto di “ politically correctness ” «che fanno quel che devono fare…a modo loro» non riuscì a evitare di aggiungere, e tanti saluti alla “politically correctness”.

 
«sul lato pratico mi danno quel che mi serve, mia madre in particolare. Il compito di un genitore è questo e nient’altro, per cui va bene così».

 
Al di là di addestramenti, schemi e strategie da insegnarle, aveva fatto tutto ciò che aveva potuto per curare il lato “umano” di quella ragazzina, e a volte si convinceva di essere riuscito a fare la propria parte, come quando la vedeva insieme ad Aladohar e Rerazara, o ancor di più le volte in cui l’aveva vista con Kitah Taurus, che era la persona a cui sorrideva più spesso in  quel  modo; poi però le conseguenze della realtà distorta in cui era stata cresciuta tornavano a mostrarsi in lei, e si ricordava quanto l’influenza di un maestro di combattimento fosse limitata. «io comunque pensavo di rimanere ancora per un po’, dopo che sarai partita. Ho sempre un appartamento di mia proprietà qui in città, in fin dei conti…e non ho alcuna fretta di tornare nel posto da cui provengo» aggiunse, quasi tra sé e sé.

 
«deve esserci sotto qualcosa di serio, se ti tiene lontano da tua figlia» disse Nahema «sei un tipo di genitore diverso dai miei. C’è qualcuno che ti minaccia?»

 
Dire “che ti dà la caccia” sarebbe stato più preciso. «è per altri motivi che non ho fretta di tornare».

 
«sicuro? Perché a me basterebbero dei nomi».

 
«no. Non ho nomi da dirti» mentì. Non aveva intenzione di coinvolgerla nei suoi problemi.

 
«…e se anche ne avessi non me li diresti ugualmente, vero?»

 
Intuitiva come al solito. «ti sono grato per l’offerta, ma posso gestire da solo le cose, davvero».

 
Ma se anche non avesse potuto gestirle -ed in effetti le cose stavano più o meno così- era un’altra di quelle cose che non le avrebbe mai detto.

 

 

 

[…]

 

 

 

Quella sera Nahema era inquieta, riusciva a vederlo bene, e Warsman dubitava seriamente che fosse perché cinque giorni dopo sarebbe partita per il fronte: non si prova  quel  tipo di nervosismo quando si sta per ottenere qualcosa che si desidera da molto tempo. «non posso offrire un bicchiere di vodka a una quindicenne, quindi dovrai accontentarti di un cioccolatino».

 
«cos’è la vodka? È una bevanda delle tue parti?»

 
«da, ehm, volevo dire…sì. Allora» si sedette sul divano «cos’è successo? Ti vedo un po’agitata, e per te è strano».

 
La ragazzina, che col suo metro e settantasette d’altezza e forme che gli allenamenti non le avevano impedito di sviluppare sembrava più una diciotto/diciannovenne o giù di lì, non sembrava avere intenzione di occupare una delle due poltroncine lì accanto. Evidentemente stare in piedi l’aiutava a controllare il nervosismo. «niente. In realtà non sarebbe niente, è solo una stupidaggine, e a quindici anni se ne dicono tante, sbaglio?»

 
«dipende da chi è il quindicenne che le dice, in che contesto le dice, e soprattutto se si tratta davvero di stupidaggini» disse Warsman «… Kitah? »

 
«è successo due giorni fa. Era quasi notte, noi eravamo in un’oasi poco lontana dalla città. Sembrava tutto normale, ma a un certo punto lui se n’è uscito con “se ce ne andassimo via?”»

 
Avrebbe dovuto sentirsi sorpreso, ma in verità non era così. Già da qualche anno aveva intuito che era solo questione di tempo perché si giungesse a un epilogo simile: al giovane duca non era mai passata la cotta per Nahema, e quest’ultima non aveva fatto nulla perché gli passasse. Warsman si era fatto l’idea che anche lei considerasse il suo coetaneo qualcosa più di un amico -forse di letto, o forse no-  ma per vari motivi non aveva intenzione di agire di conseguenza. Sia come sia, per il momento evitò di dire qualsiasi cosa, determinato a lasciarle finire il discorso.

 
«inizialmente ho pensato che intendesse propormi un breve viaggio da fare prima della mia partenza, e l’avrei accettato, ma non era questo che intendeva. Lui parlava proprio di  andarcene, capisci? Andare via per sempre!» esclamò, con aria ancora leggermente incredula «ha detto che insieme, lontani dal regno, potremmo cavarcela!... d’accordo, quest’ultima cosa è vera, ma la sua proposta resta sempre follia pura. Andare via  dove?  A fare  cosa?  Vista da un lato strettamente pratico non ha senso rinunciare a quel che qui ci garantisce il nostro status, solo per andare incontro a chissà cosa e chissà dove. Per non parlare del fatto che abbiamo entrambi dei doveri: lui tra tre mesi sposerà la prima e unica figlia dei marchesi Eagle, e io dovrò sposare il futuro re. È assurdo che abbia tirato fuori una cosa del genere, specialmente adesso».

 
Finito il discorso lo guardò, aspettando che dicesse la sua su tutta la faccenda. Oh sì, senza dubbio lui ne aveva, di cose da dire, ma doveva sperare di trovare la maniera giusta per farlo.

 
«la proposta di fuggire è assurda per i motivi che hai elencato, su questo non ho niente da eccepire, ma dovresti riflettere sul fatto che non ti ha lasciata indifferente, se dopo due giorni sei venuta a raccontarmelo e sei  ancora  agitata» le disse.

 
«non sono proprio-proprio agitata, ed è ovvio che non mi abbia lasciata indifferente capire che, dei due, sono la sola ad avere la testa sulle spalle» ribatté lei.

 
«Nahema, non prendiamoci in giro ed evitiamo di nasconderci le cose. Non è per questo che ciò che ha detto ti ha colpita, e da persona intelligente quale sei presumo che lo sappia anche tu. Ovviamente non dico che avresti dovuto accettare, abbiamo già assodato che una fuga non è una soluzione conveniente» specificò Warsman «ma se aggiungi questo al fatto che da tempo stai facendo di tutto per procrastinare il momento in cui conoscerai “quello che un giorno dovrebbe diventare tuo marito”, al posto tuo inizierei a farmi qualche domanda su cosa vuoi davvero. Sarò più conciso: tu sei sicura che un matrimonio fatto solo per interesse ti stia bene?»

 
«certo. Un interesse reciproco e durevole è il motivo più valido per sposarsi, da che mondo è mondo. Lui diventerà re, la mia famiglia è più ricca della sua, e un matrimonio conviene a tutti e due: queste sono delle costanti. La cotta che Kitah ha per me non lo è, perché i sentimenti possono sempre cambiare. Un matrimonio fondato sui sentimenti è come una fortezza priva di fondamenta, e sappiamo tutti che fine fanno le fortezze senza fondamenta, prima o poi».

 
«allora perché tu e il futuro re non vi siete conosciuti e sposati già un anno fa, dal momento che qui la legge ve lo permette?» incalzò l’uomo, a cui quei discorsi -seppur non privi di senso- facevano accapponare la pelle, specialmente in bocca a una quindicenne. «non sembri avere tutta questa voglia di seguire le tue convinzioni, sbaglio?»

 
«se rimando è per la mia futura carriera militare. Sai benissimo quanto è importante per me, mi hai preparata per anni proprio a questo, e la mia paura è che impegnarmi adesso col principe Lunanoff significherebbe concluderla prima ancora che inizi» disse Nahema «rimandare per Kitah non avrebbe senso».

 
«intanto però sei venuta qui a parlarmi  di lui. Ascoltami, l’unica cosa che vorrei è che riuscissi ad ammettere che c’è di mezzo un’altra persona che per te ha una certa importanza. Penso che fare chiarezza su questo potrebbe aiutarti a capire se vuoi  veramente  agire in un certo modo» disse Warsman. Nahema prese un altro cioccolatino, e non fece commenti, apparentemente più interessata a scartare il dolcetto che a guardare lui. «tieni a mente che poi sarai tu a trovarti in determinate situazioni» continuò il russo «non i tuoi fratelli, non i tuoi genitori: tu. Mi capisci?»

 
«sì. Ma stavolta forse sei tu a non capire delle cose» sollevò lo sguardo, un po’più cupo del solito, su di lui «se Kitah ha una certa importanza per me? Sì, ce l’ha sempre avuta, prima come amico, e ora… lo sai. Quanto conta questo in tutto il quadro generale?  Zero» affermò con totale convinzione «ci sono e ci saranno sempre delle cose che non posso e non voglio dirgli, e ci sarà sempre il dubbio che lui mi ronzi intorno solo perché gli conviene. Sposando Lunanoff se non altro sarò sempre sicura dei motivi che ci sono dietro, ed è quel che mi serve».

 
Gli Aldebaran avevano oro da buttar via e tutto il potere che serviva, ma Nahema e i suoi fratelli non avrebbero potuto comprare per nessuna cifra la spensieratezza che non avevano mai avuto.

 

 

 

[…]

 

 

 

Attraversò i corridoi quasi di corsa, visibilmente in ansia.

 
Le parole che aveva sentito riecheggiavano ancora nel suo cervello robotico: “esplosione, fuoco amico, ustioni”. Nahema era in quelle condizioni  e loro lo avevano avvertito solo dodici giorni dopo, maledizione!

 
Vero, le avevano indotto il coma fino a quattro giorni prima, ma lui avrebbe comunque voluto essere a conoscenza dei fatti. Fosse stato per la famiglia di Nahema lui non sarebbe mai stato informato, ci aveva pensato il giovane duca Taurus, che a sua volta era venuto a saperlo da Aladohar.

 
D’accordo, doveva riconoscere che probabilmente la famiglia di Nahema non si era resa conto del legame che c’era tra loro due, e se Kitah lo sapeva era perché… perché lo sapeva?  Evidentemente Nahema doveva avergliene parlato, non c’era altra spiegazione.

 
Nella sua avanzata incontrò nientemeno che Iyra Aldebaran, pallida e visibilmente irritata…

 
«per gli Dei,  ancora voi?  Pensavo che ormai, dopo sei anni che avete lasciato il palazzo, aveste dimenticato anche il nome di mia figlia».

 
…che ovviamente non riuscì a trovare nulla di carino da dirgli. Lui non le era mai piaciuto granché, e la cosa era reciproca. «invece no, sorpresa!...come sta?»

 
«abbastanza bene da farmi venire un’emicrania, purtroppo, ma è la prima e l’ultima volta che mi vedrà al suo capezzale.  Addio ».

 
Iyra se ne andò senza degnarlo di un ulteriore sguardo, e Warsman continuò a camminare avanti, già molto più tranquillo. Se era riuscita a far imbestialire sua madre significava che anche ora che era ridotta un cencio ed era in un letto d’ospedale, Nahema aveva mantenuto tutta la sua… nahemitudine .

 
«...c’è già mio padre. Vagola per la clinica, ma  c’è . Tu non dovevi venire, non dovevano nemmeno dirtelo. Vai via! Non voglio che tu stia qui!»

 
Eh sì, pareva proprio che in quattro giorni le fosse tornata abbastanza forza da poter gestire eventuali visite indesiderate, almeno a parole. Ciò indusse Warsman ad aspettare ancora qualche istante fuori dalla stanza, prima di entrare.

 
«perché?»

 
Non era sorpreso di sentire la voce del duca,  chissà come mai .

 
“sì, lo so, origliare è una brutta cosa, ma se lo faccio saprò se è veramente il caso che io entri oppure no” pensò.

 
A Warsman faceva piacere sapere che non la stavano lasciando sola. Che poi il padre di Nahema si fosse mosso dal suo laboratorio, nel quale da quanto sapeva lui era sempre rinchiuso intento a fare chissà cosa, era un fatto straordinario quasi quanto aver incontrato Iyra in quella clinica.

 
«non ho bisogno di uno che stia qui a compatirmi, e poi non…non sono in buone condizioni. Il viso è salvo, ma è la sola parte senza ustioni, e questo non è il peggio. Non avresti dovuto vedermi così».

 
Tanta fragilità in una frase così breve…e dover accostare la parola “fragile” a Nahema era qualcosa d’incredibile. Era cresciuta com’era cresciuta, e la sua carriera nell’esercito poteva indurre i più a credere che fosse una specie di Wonder Woman, ma in fondo restava sempre una ragazza di diciotto anni che aveva avuto un gran brutto incidente in battaglia, e a cui risultava molto difficile lasciare che gli altri assistessero ai suoi momenti di debolezza  umani e del tutto normali .

 
«sono venuto a trovarti la prima volta quando eri ancora in coma. Non sarà questo incidente a far sì che ti ami di meno».

 
« scemenze ».

 
«no, è la verità, anche se non ti va a genio che io la dica».

 
Ok, Warsman iniziava a sentirsi veramente indiscreto. Un conto era capire se era il caso di fare quella visita, un altro ascoltare dichiarazioni d’amore varie.

 
«se anche fosse la verità sai benissimo che non è il momento. Devo pensare a riprendermi, devo pensare alla carriera e anche al mio futuro matrimonio, che purtroppo non finirà presto com’è finito il tuo. Il futuro re Lunanoff dovrà vivere felicemente e  a lungo ».

 
«non ti vedo come regina consorte senza un vero potere decisionale, non è cosa per te, non te ne fai nulla di un titolo inutile come questo, e tantomeno di un eventuale re fantoccio. La Nahema che conosco io è fatta per governare, e in prima persona».

 
«e magari con te vicino, no?»

 
Sembrava che Kitah avesse colto i sottintesi, a giudicare dal silenzio che seguì.
Ma non durò molto.

 
«ti sarei stato vicino anche se fossimo fuggiti insieme tre anni fa e avessimo vissuto lontani da qui, da plebei e senza soldi a profusione. Mi domando solo se tu stia facendo finta di non averlo capito, o se non riesci a farlo perché non senti quel che sento io».

 
A quel punto Warsman decise di togliere le castagne dal fuoco alla sua ex allieva, giusto perché forse affrontare discussioni del genere nelle sue condizioni non era molto salutare. Quindi bussò. «Nahema, sono io» sarebbe stato divertente se lei avesse risposto “io chi?”, ma contava sul fatto che lei l’avrebbe riconosciuto «posso entrare?»

 
«Warsman?…sì, certo, entra pure!»

 
Figurati se non avrebbe preso la palla al balzo!
Vederla fu un po’traumatico, era visibilmente pallida e debole come non l’aveva mai vista, ma meglio di come aveva pensato. Probabilmente era perché le parti ferite del suo corpo erano coperte dalle bende o dal lenzuolo. «come stai?»

 
«come una che ha ustioni di secondo e terzo grado su un buon trenta per cento del corpo, e ringrazia il cielo sia di avere un padre che fa strani intrugli alchemici con effetti che hanno quasi del miracoloso, sia di potersi permettere buoni chirurghi. Per il resto tutto bene! Mi chiedo solo come sapevi che io…»

 
«mi ha informato questo giovanotto».

 
Il quale molto probabilmente adesso gli stava lanciando in media quindici maledizioni al secondo per aver interrotto quella conversazione, ma  dettagli . A lui importava più di Nahema che dei sentimenti di un diciottenne.

 
«sapendo che sei legata a lui ho pensato che avrebbe potuto farti piacere vederlo. Spero che anche questo gesto non venga  male interpretato ».

 
“non tirare la corda, Taurus, non è questo il modo” pensò Warsman, che comunque poteva capire che si sentisse offeso. Doveva essere stato brutto sapere che la ragazza che amava, e probabilmente aveva continuato ad amare anche durante il suo breve matrimonio, non era ancora sicura delle sue intenzioni. Probabilmente non lo sarebbe mai stata del tutto, a meno di un miracolo.

 
«quando si è sotto antidolorifici e si ha un aspetto orribile può capitare di dire cose che non vanno prese sul serio. Sia come sia, è impossibile interpretare male il tuo gesto…quindi grazie».

 
Nahema voleva tenerlo buono, o avrebbe con un’altra frecciata, invece di cercare di minimizzare l’accaduto. Forse era tardi, o forse no, se Kitah avesse deciso di volerle credere per forza.

 
«non c’è di che. Vi lascio soli, così potrete parlare in pace» disse il duca, raggiungendo la porta. «tornerò dopo».

 
Sì, aveva deciso di crederle. Meglio per lei, un po’meno per lui.

 
«ustioni così estese non sono uno scherzo» disse Warsman, quando Kitah abbandonò la stanza.

 
«il peggio è aver perso praticamente tutto il seno, e ci vorrà tempo per ricostruirlo. Potrei lasciare le cose come stanno, così da poter tornare operativa prima, ma rivoglio il mio corpo com’era. Mi piaceva».

 
«secondo me è la scelta giusta. Vorrà dire che ti impegnerai di più quando tornerai al fronte».

 
«ma sì dai, sono abituata a “impegnarmi di più”» sorrise Nahema «me l’ha insegnato il mio maestro».

 

 

 

[…]

 

 

 

«mi è ancora difficile credere che tu voglia andartene davvero».

 
L’inizio di un’alba che stava tingendo il cielo di Thanoushiradryas con una bella sfumatura rosata era lo spettacolo che si parava dinanzi agli occhi di ex allieva ed ex maestro, per i quali quello era il giorno dell’addio. Avevano passato l’intera notte insieme, andando in giro per la città e scambiando le ultime chiacchiere, le ultime confidenze.

 
«sì. È tempo che io lasci questa città e torni sul mio pianeta…ci sono delle cose che devo fare laggiù. Ho un debito enorme nei confronti di una persona, ed è tempo che venga saldato. Il mio compito qui è finito» affermò il russo, con un leggerissimo accenno di malinconia «non c’è più nulla che possa insegnarti, e non c’è bisogno che stia qui a darti consigli. Sei diventata una ragazza di vent’anni abbastanza forte e sveglia da cavarsela in ogni tipo di situazione…e a giorni ti fidanzerai con il re».

 
«se gli piacerò».

 
«ne dubiti?»

 
«onestamente? No».

 
Warsman rise. La mancanza di falsa modestia di quella ragazza era una delle cose di lei che gli piacevano di più. «quindi è praticamente fatta. Sembra che man mano tu stia ottenendo tutto quello che desideri, nonostante alcuni brutti momenti».

 
«mi è stato detto che “non si raggiunge la gloria senza dolore e sofferenza”. Ti suona familiare?»

 
Ovvio, era una delle prime frasi che le aveva rivolto quando lei era solo una bambina di sei anni, che però era riuscita a impressionarlo.
Gli sarebbero mancati quei momenti, gli sarebbe mancata la città di Thanoushiradryas, e di sicuro gli sarebbe mancata lei. Non avrebbe trovato un’allieva così da nessun’altra parte.

 
«grazie per avermi scelto come tuo maestro» disse, porgendole la mano destra «non ti dimenticherò».

 
«grazie per avermi accettata come allieva, e per esserci sempre stato quando avevo bisogno di te» arrivò a dire Nahema, stringendogli la mano «non ti dimenticherò neppure io, e se un giorno vorrai tornare di nuovo qui verrai accolto a braccia aperte».

 
«ti auguro ogni bene. Arrivederci, Nahema».

 
«arrivederci».

 
Mancava ancora qualcosa.
Riuscirono a capire cosa qualche secondo dopo, anche se non erano tipi da abbracci.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kinnikuman / Vai alla pagina dell'autore: _Cthylla_