Salve a tutti!
Prima di qualsiasi altra cosa, ci tengo ad avvisarvi che Warsman
è il solo personaggio di Kinnikuman che vedrete qui, e che
l'uinverso stesso in cui si trova non
è quello di Kinnikuman. Quindi vi chiederete:
"perché l'hai pubblicata qui"?
La risposta è: "non potevo fare altrimenti: tutto quanti qui
conosciamo Warsman, e il resto dei personaggi che compaiono sono per il
99% miei
OCs".
OCs di un'AU
di un prequel dei
libri dai quali è tratto il film "Le 5 Leggende". Follia
pura, in breve :'D non sono neppure certa che convenga mettere l'avviso
"crossover", viste le premesse.
La buona notizia è che non è necessario conoscere
suddetta AU per leggere questa one shot, che come vedrete è
incentrata principalmente sul rapporto maestro/allieva.
Chi conosce "Occhi di Smeraldo" coglierà alcuni riferimenti
:D
Sistemiamo in credits:
- la famiglia Lunanoff non è una mia creazione, rientra nel canon dei libri di cui sopra. Mi sembra giusto informarvi, anche se questa viene solo brevemente citata e nulla di più.
- Alya, anch'essa brevemente citata, è un personaggio di vermissen_stern.
Buona lettura :)
“voglio
che mi
insegni”.
Un ordine
dato in tono
così deciso da una bambina di sei anni a un uomo fatto
avrebbe potuto suscitare
ilarità nel suddetto -specialmente se l’uomo in
questione era un lottatore alto
due metri e dieci, mezzo uomo e mezzo robot, tanto feroce da essere
visto da
alcuni come un animale- ma non in quel caso.
Non era
sicuro di cosa
lo stesse inducendo a prenderla seriamente. Forse era per la sua
espressione,
tanto severa da risultare innaturale su un viso così
giovane, o per il tono che
aveva usato, privo di quegli accenni di lagnosità che
avrebbero lascito
presagire una scenata da bimba capricciosa a un suo rifiuto. A dirla
tutta,
quella bambina aveva l’aria di chi era certa sin
dall’inizio che avrebbe
ottenuto ciò che voleva, arrivata in fondo.
“non
so se ti sia
chiaro quel che ti aspetta. Se accettassi di diventare il tuo maestro
di
combattimento gli addestramenti sarebbero tutt’altro che
leggeri. Quanto di più
brutto ti è successo fino ad ora sarebbe niente,
rispetto a quel che ti aspetterebbe, e non credere che titolo, sesso ed
età mi
indurranno ad essere più gentile con te. Non si raggiunge la
gloria senza
dolore e sofferenza”.
Voleva che
il concetto
le fosse ben chiaro, perché solitamente le persone di un
certo lignaggio non
avevano idea di cosa fossero l’uno o l’altra, non
sul serio: bastava pensare a
quanto una famiglia di certi marchesi di
sua conoscenza viziasse l’unica figlia, che in
futuro sarebbe certo
diventata una pupattola cresciuta a pane e zucchero.
“lo
so”.
L’uomo
si concesse
un’espressione scettica. “non so se ti è
giunta voce che il duca Taurus, che so
essere tuo coetaneo e amico, è stato avvertito allo stesso
modo, ha voluto
ugualmente provare, e ha finito per mollare dopo poco tempo
perché trovava
troppo duro l’addestramento cui era sottoposto”.
“non
so se ti è giunta
voce che ho scartato il maestro Alexandria dopo poco tempo, anche se
era una brava
persona, perché trovavo l’addestramento a cui mi
ha sottoposta meno duro di
quanto avrebbe dovuto essere”.
Aveva sei
anni ed era
già era in grado di rispondere a tono. Non sapeva dire se
desse da pensare più
questo, o l’informazione che gli aveva appena dato.
“sembri più motivata
rispetto al tuo amico”.
“lo
sono”.
“cosa
ti spinge ad
esserlo? Cosa vuoi ottenere?”
La bambina
sorrise, e Warsman si chiese dove
fosse finita
l’innocenza tipica dei fanciulli.
“quello
che si
raggiunge attraverso dolore e sofferenza, lo hai detto tu prima: la
gloria”.
[…]
Era passato poco più di un
anno da quando aveva accettato
Nahema come sua allieva, e doveva ammettere che era ancora ben lungi
dal
pentirsi. Lei lavorava duro, faceva quel che lui le ordinava di fare
senza
proteste -se mai si limitava a chiedergli a cosa servisse un
determinato
esercizio quando non arrivava a capirlo da sola- ed eseguiva ogni
compito che
le veniva assegnato senza lamentarsi. Non si lamentava mai di
niente , a essere onesti. Era resistente, apprendeva bene, e
la
determinazione che gli aveva mostrato il giorno in cui si erano
conosciuti non
aveva ancora vacillato.
“Nahema
è conscia delle
responsabilità presenti e future…quando non si
diverte a disobbedirmi per farmi venire l’emicrania. Nella
mia famiglia
tendiamo a crescere in fretta, ma se per voi questo rappresenta un
problema
potete sempre lasciarci. Fosse per me, gli addestramenti si sarebbero
già
conclusi: ha imparato i rudimenti della lotta, non le servirebbe altro,
ma lei
insiste a volervi tenere e, se non altro, mentre è con voi
non dà grattacapi a
me”.
Non era andata molto bene, e quel che
aveva sentito non gli
era piaciuto affatto. Sembrava che in tra madre e figlia non ci fosse
particolare calore, e non era in grado di capire se la capofamiglia
-perché
quello era- provasse veramente amore per la creatura che aveva
generato, o se
invece la vedesse solo come uno strumento da utilizzare per
chissà cosa.
Quella conversazione non aveva fatto
altro che dargli un
ulteriore motivo per non muoversi di lì. C’era
un’atmosfera che gli ricordava
vagamente quella che c’era in casa del suo maestro, e
ricordando com’era andata
a finire in quell’occasione si era detto che non avrebbe
lasciato quella
bambina senza supporto. Nell’anno trascorso avevano imparato
a conoscersi e a
fidarsi quanto bastava per portare avanti gli allenamenti, anche
perché Nahema
stessa non aveva mai manifestato la volontà di parlare
d’altro, ma si ripromise
d’impegnarsi a costruire qualcosa di più.
«eccomi».
Già, eccola lì,
puntuale come sempre. «bene. Puoi cominciare
con il riscaldamento, mentre sistemo dei dettagli del programma di
oggi».
Lei annuì ma, appena gli
diede le spalle, Warsman notò un
dettaglio che gli fece dimenticare dettagli e programmi.
«Nahema, fermati. Quei
segni sulla schiena…?»
Sotto alla specie di reggiseno
sportivo che portava erano
visibili tre brutti segni rossi, uno vicino all’altro, che
sembravano in tutto
e per tutto quelli di una frusta. Non erano stati tanto forti da
ferirla, non
le avrebbero causato un danno permanente, ma il punto era che non
avrebbero
proprio dovuto esserci.
«se scappi dal palazzo
-anzi, dal pianeta- e quando torni vieni
scoperta prendi tre frustate: due per la fuga, una per non essere
riuscita a
nasconderla bene» fece spallucce «le regole sono
queste, lo so da sempre».
La noncuranza con cui ne parlava lo
fece quasi gelare, ma
non lo diede a vedere. Anche lui aveva preso la sua parte di frustate
in
passato, ma era stato un periodo in cui si era ridotto veramente
a uno stadio di semi
bestia, pericoloso
e quasi incontrollabile. Di Nahema non si poteva certo dire lo stesso.
«e
questo non ti…diciamo, preoccupa?»
«no, tanto tra qualche
giorno se ne vanno. Mamma non mi
rovina per davvero , perché se no
magari il principe non mi sposerà. Ha
programmato tutto per arrivare al fidanzamento e al matrimonio da
quando ero
ancora nella sua pancia e ha saputo che sono femmina».
«questo a te sta
bene?»
«sì, sposare il
futuro re e diventare la futura regina non
mi impedisce di diventare High General of the Galaxies. Mamma non
vorrebbe»
aggiunse «lei vorrebbe che fosse Aladohar a farlo, ma io sono
convinta di poter
fare sia quello che vuole la mia famiglia che quello che voglio io. Le
due cose
insieme, mi capisci? Finché farò bene le due cose
insieme, lei non potrà dire
proprio niente».
Follia pura. Come altro chiamare una
cosa del genere? Vero,
in certe culture simili usanze si ostinavano ancora a permanere, ma
fino ad ora
non aveva ancora capito di trovarsi davanti uno di quei casi. Warsman
aveva avuto
una vitaccia, ma quando era bambino aveva potuto più o meno
ragionare come
tale, e non era cresciuto in un mondo in cui i matrimoni combinati e le
frustate erano la regola. «non avrebbe il diritto di dire
nulla né sulla
carriera che vuoi scegliere né su chi dovresti
sposare».
«ce l’ha,
è a capo della famiglia, e io comunque ho sette
anni».
«sentendo discorsi del
genere a volte tendo a dimenticarlo.
Ho una figlia» le disse, senza sapere bene perché
«quando aveva sette anni non
era come te, la sola cosa a cui pensava era…essere una
bambina di sette anni»
questo perché anche se le Deva maturavano prima non
significava che venissero
private dell’infanzia «cose del genere
erano…inconcepibili».
«erano inconcepibili
perché tu e la tua famiglia non siete
Aldebaran» replicò lei. Dopo questo rimase a
guardarlo in silenzio, come
studiandolo. «come si chiama tua figlia?»
«Alya».
Nahema sorrise, e per un attimo parve
quasi una bambina
normale. «è un bel nome».
«è vero. Lo ha
scelto sua madre» aggiunse «io avevo tirato
fuori delle proposte che non erano proprio granché. Tipo
“Galina”. Alya è molto
meglio, non trovi?...ci avrei scommesso» commentò,
quando la vide annuire
«penso che lei ti piacerebbe».
«però mi troverebbe strana come fai tu».
Questa frase lo zittì.
Avrebbe dovuto immaginare che si
fosse accorta di qualcosa, ma non pensava che avrebbe tirato fuori
l’argomento.
«non sei veramente “strana”. A questo
punto penso che tu sia semplicemente una
bambina intelligente che è stata fatta crescere molto in
fretta, e non ha molte
persone con cui parlare. Persone adulte, intendo».
«io ho delle cose da fare e
loro ne hanno ancora di più, ma
è normale».
Forse era il momento giusto per
tentare di fare un passo
avanti. Non era sicuro che avrebbe avuto un’occasione
migliore, quindi tanto
valeva provare. «io però ho un po’meno
cose da fare di loro».
«una bambina non ha molte
cose interessanti da dire».
All’improvviso si
sentì un certo fracasso, e quando i due si
voltarono verso i pesi caduti a terra poterono vedere con chiarezza una
creaturina volante dai molteplici tentacoli che non era stata
abbastanza lesta
a mimetizzarsi.
« Annihilus!...
Quelli per te sono
ancora troppo grossi!»
«direi che la bambina di
cui stavamo parlando ne abbia, di
cose interessanti da dire» commentò
l’uomo, vedendo la creatura volare a
nascondersi dietro al collo di Nahema e fare capolino ogni tanto.
«l’ho trovato
quando sono uscita di nascosto. Era congelato,
e volevo portarlo a mio padre per farglielo studiare. A lui piace
studiare le
cose, e non fa domande sulla provenienza» aggiunse
«solo che poi, appena è
stato portato in un punto un po’più caldo, si
è scongelato ed era ancora vivo!
Alla faccia di quello che diceva Kitah, voglio dire, a te Annihilus
sembra
morto?»
Ah, quindi era fuggita per incontrare
lui. Chissà perché la
cosa non lo stupiva troppo ricordando quando spesso, in quel breve
lasso di
tempo in cui lo aveva preso come allievo, aveva sentito il piccolo duca
nominarla. “Nahema qui, Nahema là, Nahema
è così, Nahema è cosà,
anche Nahema
si allena”, e così via. Si era fatto
l’idea che quel bambino avesse preso una
bella cotta per lei, ed era un altro motivo per cui lui e Kitah erano
incompatibili come maestro e allievo: anche se infantile, una cotta
così grossa
era una distrazione troppo grande per fare qualcosa di concreto -o
almeno, lo
era seguendo il suo metodo-. «direi proprio di no. Quindi hai
deciso di
tenerlo».
«sì, anche se
non potrei portare animali in casa e lui mi ha
punto una mano, non so con cosa né perché. A
proposito: non una parola a mamma»
gli intimò, serissima «sarebbe capace di
schiacciarlo sotto il tacco».
Warsman non riusciva a contraddirla,
vedeva fin troppo bene
Iyra fare cose come
schiacciare un
polipetto -questo sembrava- grande poco più di trenta
centimetri, con nove
occhioni gialli che ora lo guardavano incuriositi e
l’epidermide che, al
naturale, ricordava una nebulosa. Come fare del male a un esserino
così
adorabile? «hai la mia parola che non dirò
niente».
Nahema gli sorrise di nuovo.
Pareva che avesse deciso che poteva
fidarsi, dopotutto.
[…]
«…te lo avevo
detto, era inevitabile, stava diventando
troppo grande. Tre metri in tre anni , Nahema! Si
è mangiato un comodino d’oro
zecchino a morsi!»
«fino ad ora io e i miei
fratelli eravamo riusciti a tenerlo
nascosto, e lui si sa mimetizzare, avevo creduto che le cose avrebbero
potuto
continuare così. Mi sa che sono stata ingenua».
Lo era stata eccome, e quel che aveva
ottenuto era stato un
reticolato di segni rossi sulla schiena. Segni che Warsman ormai aveva
visto
fin troppe volte -gli seccava ammetterlo, ma si era quasi abituato- ma
mai così
tanti. Urgeva indagare su cosa fosse successo di preciso,
perché lei finora gli
aveva soltanto detto che Annihilus era stato scoperto ed era scoppiato
un mezzo
caos. «come sono andate le cose? Tutto questo solo
perché avete portato un
animale in casa?»
«un po’di colpi
per questo motivo sono toccati a tutti, ma
devo ammettere che c’è una ragione valida se io ne
ho presi di più…»
Iniziò a raccontare.
Pareva che Iyra fosse entrata
all’improvviso nella stanza di
Aladohar, dove lui e Rerazara stavano giocando con Annihilus. Sembrava
che a
quella specie di piovra di tre metri piacesse giocare a palla, oltre
che
divertirsi con i manubri lì in palestra -e a volte
mangiarli-.
«quando ha visto Annihilus
deve aver pensato che potesse
fare del male ai miei fratelli, quindi ha chiamato i ghoul. Io ero
vicina»
continuò Nahema «sentendo il rumore che
c’era sono andata a vedere. Quando sono
arrivata, lui aveva sollevato i miei fratelli con due tentacoli e aveva
già
gettato tre ghoul giù dalla finestra. Ho cercato di fermare
tutto e di far
capire a mia madre che Annihilus è buono e che stava proteggendo
Aladohar e Rerazara
pensando che i ghoul
fossero diventati loro nemici, ma non mi è stata a sentire.
La sola cosa che è
riuscita a fare è stata gridarmi contro, avendo capito che
posso essere stata
solo io a portarlo in casa, dirmi che lo avrebbe fatto uccidere, e
accusarmi di
tutto quello che secondo lei Annihilus avrebbe fatto a breve ai miei
fratelli».
Tutto molto chiaro, ma Warsman non
aveva ancora capito la
“ragione valida” dietro quelle frustate.
«poi cos’è successo?»
Curiosamente, l’espressione
di Nahema divenne sia divertita
che soddisfatta. «mi sono arrabbiata e ho detto ad Annihilus
di mangiarla!» gli
rivelò, aggiungendo una breve risata.
Warsman per qualche istante non
riuscì a trovare niente da
dire, ancora incredulo. «e lui…?»
« ci
ha provato
davvero ! Non ci potevo credere, ti giuro. In quel momento io
ho cercato di
spiegargli che non dicevo sul serio, e a quanto pare ha capito
nonostante le
urla isteriche di mia madre. Non so come abbia fatto a capire quel che
dicevo,
insomma, aveva una persona che gli urlava in bocca. Poi è
arrivato mio padre,
penso che lo abbiano chiamato i ghoul, e ha steso Annihilus con un
dardo di…non
so cosa. Ha detto che voleva studiarlo. Quando l’ha tirata
fuori, mamma era
ancora isterica» assunse un’aria pensierosa
«col senno di poi mi è venuto il
dubbio che forse avrei dovuto lasciargliela mangiare
veramente».
La cosa assurda era che raccontata
così faceva quasi ridere
anche lui. «Nahema, io direi proprio di no! Fermandolo hai
fatto quello che
dovevi».
«sì, ma
Annihilus non ha fatto una bella fine. Noi abbiamo
detto a papà che non doveva ucciderlo, ma lei»
Iyra, ovviamente «era di tutt’altra
opinione».
Warsman pensò un
po’a cosa dire. «forse lo lascerà
andare,
alla fine, o lo ha già fatto. Se così non fosse
dispiacerebbe un po’anche a me.
Però devi ammettere che Annihilus non era poi
così innocuo, è normale che tua
madre si sia preoccupata per i tuoi fratelli» a dirla tutta
era una
dimostrazione di “umanità” quasi
inaspettata da parte di Iyra.
«se però lei
fosse stata disposta a farci tenere gli animali
avrebbe potuto conoscerlo e capire che non c’era bisogno di
essere preoccupata»
ribatté Nahema «a questo punto comunque
è troppo tardi, ed è inutile anche
parlarne».
Magari non aveva torto, ma dopo
quattro anni di conoscenza
Warsman rientrava tra i pochi eletti che avevano imparato a riconoscere
i
momenti in cui lei, in realtà, aveva bisogno di qualche
parola in più. «se non
altro col suo tentativo di mangiare tua madre ha lasciato in tutti i
presenti
un ricordo indelebile».
Nahema annuì con aria
solenne. «dopo questo, lei non vorrà
più vedere un polipo neppure dipinto».
[…]
«…è
stato in grado di procurarti dei lividi? Questo mi
stupisce, Nahema!»
«sono certa che se il
combattimento fosse durato più a lungo
avrei avuto ottime possibilità di batterlo»
minimizzò lei «era forte, veloce e
ben allenato, ma si vedeva che non ha un maestro di lotta vero e
proprio,
tendeva a fare tutto un po’ d’istinto. Mi sono
accorta dell’arrivo di sua madre
prima che lo facesse lui, ed è stato lui a fare la figura di
quello a cui piace
picchiare le ragazzine e a doversi scusare in ginocchio. Non si vince
solo col
KO».
Pura verità: che a volte
si dovesse giocare di strategia era
qualcosa che lui stesso aveva contribuito a insegnarle, ma non
l’aveva fatto
perché lei la usasse contro il primo che le capitava a tiro.
«è vero, ma mi
sembrava di non averti insegnato ad andare in giro a picchiare il primo
che
passa, e dubito che il maestro Alexandria lo abbia fatto con tuo
fratello
Aladohar. Avete undici e nove anni, e credo siate entrambi abbastanza
intelligenti da capire certe cose».
«avevo restituito io stessa
il giocattolo che quel
deficiente di mio fratello aveva preso al bambino, avrebbe dovuto farla
finita,
e invece no…Super Naso
doveva per
forza fare l’eroe davanti alla sua amichetta
non-ricordo-come-si-chiama!»
Nahema alzò gli occhi al soffitto «è
stato lui a cercarsela, ed è finita
com’è
finita».
«anche approfittare della
tua posizione per ottenere delle
scuse da uno sciocco ragazzino è qualcosa che avresti potuto
evitare» la
rimproverò Warsman «ci sono cose per cui vale la
pena giocare certe carte, ed
altre per cui invece non è così».
«se fosse stato per me non
avrebbe nemmeno saputo che siamo
Aldebaran. È venuto via il correttore, sua madre ha visto la
mia voglia, e il
resto è venuto da sé» gli
spiegò Nahema «a quel punto non potevo fare nulla
di
più che dire a mia madre
che mi sono
procurata i lividi con una caduta. Ovviamente non ci ha
creduto» com’era
evidente dai quattro segni di frusta -due per la fuga, uno
perché la suddetta
era stata scoperta, e l’ultimo per aver detto una bugia che
non stava proprio
in piedi- sulla schiena «ma non ha nemmeno fatto troppe
domande. Piuttosto,
vuoi sapere una cosa divertente? Anche Super Naso vuole andare
all’Accademia
Militare! Comincia il mese prossimo».
«e tu l’anno
prossimo».
Già,
l’Accademia. Nahema avrebbe iniziato con un anno
d’anticipo, ossia a dodici anni invece che a tredici. Se si
fosse trattato
delle sole capacità che erano necessarie per farlo avrebbe
potuto entrare anche
subito -aveva iniziato a fare diverse simulazioni d’esame
già da un po’, e con
risultati eccellenti- ma purtroppo le regole erano categoriche: che una
dodicenne entrasse in Accademia era già
un’eccezione di per sé, che lo facesse
un’undicenne non era proprio possibile.
Ne era orgoglioso, perché
se lei era riuscita ad ottenere
quel vantaggio era grazie alle ore che avevano passato ad allenarsi
insieme, ma
al contempo non poteva negare di provare un po’di malinconia
all’idea di
lasciare quella ragazzina senza il suo sostegno. D’accordo,
era cresciuta molto
in fretta e tutto quanto, ma avrebbe praticamente passato dieci mesi
l’anno
chiusa in un istituto, e sua madre non era una persona che potesse
esserle di
qualche conforto nei due mesi in cui sarebbe stata a casa.
«è
vero» annuì la ragazzina, per poi rivolgergli uno
dei
suoi rari sorrisi sinceri, uno di quelli che le illuminava gli occhi e
la
rendeva più “normale”, oltre che
più graziosa. «spero che gli insegnanti siano
bravi almeno un quarto di quanto lo sei tu. Certo, so già da
ora che le cose
saranno diverse, perché…insomma, loro sono
lì soltanto per insegnare, dubito
che si mettano a parlare con gli allievi».
Sorrise anche lui, con quel taglio
inquietante che compariva
sulla sua maschera quando lo faceva, ma era tranquillo
perché ormai sapeva che
Nahema non era tipo da impressionarsi per certe cose. «sono
felice di sentirti
parlare bene del nostro rapporto. Ho sempre provato a essere
un’ulteriore
figura cui potessi fare riferimento, dopo i tuoi genitori,
ovviamente» disse in
un moto di “ politically correctness
”
«che fanno quel che devono fare…a modo
loro» non riuscì a evitare di aggiungere,
e tanti saluti alla “politically correctness”.
«sul lato pratico mi danno
quel che mi serve, mia madre in
particolare. Il compito di un genitore è questo e
nient’altro, per cui va bene
così».
Al di là di addestramenti,
schemi e strategie da insegnarle,
aveva fatto tutto ciò che aveva potuto per curare il lato
“umano” di quella
ragazzina, e a volte si convinceva di essere riuscito a fare la propria
parte,
come quando la vedeva insieme ad Aladohar e Rerazara, o ancor di
più le volte
in cui l’aveva vista con Kitah Taurus, che era la persona a
cui sorrideva più
spesso in quel modo; poi però le
conseguenze della realtà
distorta in cui era stata cresciuta tornavano a mostrarsi in lei, e si
ricordava quanto l’influenza di un maestro di combattimento
fosse limitata. «io
comunque pensavo di rimanere ancora per un po’, dopo che
sarai partita. Ho
sempre un appartamento di mia proprietà qui in
città, in fin dei conti…e non ho
alcuna fretta di tornare nel posto da cui provengo» aggiunse,
quasi tra sé e
sé.
«deve esserci sotto
qualcosa di serio, se ti tiene lontano
da tua figlia» disse Nahema «sei un tipo di
genitore diverso dai miei. C’è
qualcuno che ti minaccia?»
Dire “che
ti dà la
caccia” sarebbe stato più preciso.
«è per altri motivi che non ho fretta di
tornare».
«sicuro? Perché
a me basterebbero dei nomi».
«no. Non ho nomi
da dirti» mentì. Non aveva intenzione di
coinvolgerla nei suoi problemi.
«…e se anche ne
avessi non me li diresti ugualmente, vero?»
Intuitiva come al solito.
«ti sono grato per l’offerta, ma
posso gestire da solo le cose, davvero».
Ma se anche non avesse potuto
gestirle -ed in effetti le
cose stavano più o meno così- era
un’altra di quelle cose che non le avrebbe
mai detto.
[…]
Quella sera Nahema era inquieta,
riusciva a vederlo bene, e
Warsman dubitava seriamente che fosse perché cinque giorni
dopo sarebbe partita
per il fronte: non si prova quel tipo
di nervosismo quando si sta per ottenere
qualcosa che si desidera da molto tempo. «non posso offrire
un bicchiere di
vodka a una quindicenne, quindi dovrai accontentarti di un
cioccolatino».
«cos’è
la vodka? È una bevanda delle tue parti?»
«da,
ehm, volevo
dire…sì. Allora» si sedette sul divano
«cos’è successo? Ti vedo un
po’agitata,
e per te è strano».
La ragazzina, che col suo metro e
settantasette d’altezza e
forme che gli allenamenti non le avevano impedito di sviluppare
sembrava più
una diciotto/diciannovenne o giù di lì, non
sembrava avere intenzione di
occupare una delle due poltroncine lì accanto. Evidentemente
stare in piedi
l’aiutava a controllare il nervosismo. «niente. In
realtà non sarebbe niente, è
solo una stupidaggine, e a quindici anni se ne dicono tante,
sbaglio?»
«dipende da chi
è il quindicenne che le dice, in che
contesto le dice, e soprattutto se si tratta davvero di
stupidaggini» disse
Warsman «… Kitah?
»
«è successo due
giorni fa. Era quasi notte, noi eravamo in
un’oasi poco lontana dalla città. Sembrava tutto
normale, ma a un certo punto
lui se n’è uscito con “se ce ne
andassimo via?”»
Avrebbe dovuto sentirsi sorpreso, ma
in verità non era così.
Già da qualche anno aveva intuito che era solo questione di
tempo perché si
giungesse a un epilogo simile: al giovane duca non era mai passata la
cotta per
Nahema, e quest’ultima non aveva fatto nulla
perché gli passasse. Warsman si
era fatto l’idea che anche lei considerasse il suo coetaneo
qualcosa più di un
amico -forse di letto, o forse no-
ma
per vari motivi non aveva intenzione di agire di conseguenza. Sia come
sia, per
il momento evitò di dire qualsiasi cosa, determinato a
lasciarle finire il
discorso.
«inizialmente ho pensato
che intendesse propormi un breve
viaggio da fare prima della mia partenza, e l’avrei
accettato, ma non era
questo che intendeva. Lui parlava proprio di andarcene, capisci? Andare via per
sempre!» esclamò, con
aria ancora leggermente
incredula «ha detto che insieme, lontani dal regno, potremmo
cavarcela!...
d’accordo, quest’ultima cosa è vera, ma
la sua proposta resta sempre follia
pura. Andare via dove? A
fare cosa?
Vista da un lato
strettamente pratico
non ha senso rinunciare a quel che qui ci garantisce il nostro status,
solo per
andare incontro a chissà cosa e chissà dove. Per
non parlare del fatto che
abbiamo entrambi dei doveri: lui tra tre mesi sposerà la
prima e unica figlia
dei marchesi Eagle, e io dovrò sposare il futuro re.
È assurdo che abbia tirato
fuori una cosa del genere, specialmente adesso».
Finito il discorso lo
guardò, aspettando che dicesse la sua
su tutta la faccenda. Oh sì, senza dubbio lui ne aveva, di
cose da dire, ma
doveva sperare di trovare la maniera giusta per farlo.
«la proposta di fuggire
è assurda per i motivi che hai
elencato, su questo non ho niente da eccepire, ma dovresti riflettere
sul fatto
che non ti ha lasciata indifferente, se dopo due giorni sei venuta a
raccontarmelo e sei ancora agitata»
le disse.
«non sono proprio-proprio
agitata, ed è ovvio che non mi
abbia lasciata indifferente capire che, dei due, sono la sola ad avere
la testa
sulle spalle» ribatté lei.
«Nahema, non prendiamoci in
giro ed evitiamo di nasconderci
le cose. Non è per questo che ciò che ha detto ti
ha colpita, e da persona
intelligente quale sei presumo che lo sappia anche tu. Ovviamente non
dico che
avresti dovuto accettare, abbiamo già assodato che una fuga
non è una soluzione
conveniente» specificò Warsman «ma se
aggiungi questo al fatto che da tempo
stai facendo di tutto per procrastinare il momento in cui conoscerai
“quello
che un giorno dovrebbe diventare tuo marito”, al posto tuo
inizierei a farmi
qualche domanda su cosa vuoi davvero. Sarò più
conciso: tu sei sicura che un
matrimonio fatto solo per interesse ti stia bene?»
«certo. Un interesse
reciproco e durevole è il motivo più
valido per sposarsi, da che mondo è mondo. Lui
diventerà re, la mia famiglia è
più ricca della sua, e un matrimonio conviene a tutti e due:
queste sono delle
costanti. La cotta che Kitah ha per me non lo è,
perché i sentimenti possono
sempre cambiare. Un matrimonio fondato sui sentimenti è come
una fortezza priva
di fondamenta, e sappiamo tutti che fine fanno le fortezze senza
fondamenta,
prima o poi».
«allora perché
tu e il futuro re non vi siete conosciuti e
sposati già un anno fa, dal momento che qui la legge ve lo
permette?» incalzò
l’uomo, a cui quei discorsi -seppur non privi di senso-
facevano accapponare la
pelle, specialmente in bocca a una quindicenne. «non sembri
avere tutta questa
voglia di seguire le tue convinzioni, sbaglio?»
«se rimando è
per la mia futura carriera militare. Sai
benissimo quanto è importante per me, mi hai preparata per
anni proprio a
questo, e la mia paura è che impegnarmi adesso col principe
Lunanoff
significherebbe concluderla prima ancora che inizi» disse
Nahema «rimandare per
Kitah non avrebbe senso».
«intanto però
sei venuta qui a parlarmi di lui. Ascoltami, l’unica cosa
che vorrei è che
riuscissi ad ammettere che c’è di
mezzo un’altra persona che per te ha una certa importanza.
Penso che fare
chiarezza su questo potrebbe aiutarti a capire se vuoi veramente
agire in un certo
modo» disse Warsman.
Nahema prese un altro cioccolatino, e non fece commenti, apparentemente
più
interessata a scartare il dolcetto che a guardare lui. «tieni
a mente che poi
sarai tu a trovarti in determinate situazioni»
continuò il russo «non i tuoi
fratelli, non i tuoi genitori: tu. Mi capisci?»
«sì. Ma stavolta
forse sei tu a non capire delle cose»
sollevò lo sguardo, un po’più cupo del
solito, su di lui «se Kitah ha una certa
importanza per me? Sì, ce l’ha sempre avuta, prima
come amico, e ora… lo sai.
Quanto conta questo in tutto il
quadro generale? Zero» affermò con
totale convinzione «ci sono e ci saranno sempre
delle cose che non posso e non voglio dirgli, e ci sarà
sempre il dubbio che
lui mi ronzi intorno solo perché gli conviene. Sposando
Lunanoff se non altro
sarò sempre sicura dei motivi che ci sono dietro, ed
è quel che mi serve».
Gli Aldebaran avevano oro da buttar
via e tutto il potere
che serviva, ma Nahema e i suoi fratelli non avrebbero potuto comprare
per
nessuna cifra la spensieratezza che non avevano mai avuto.
[…]
Attraversò i corridoi
quasi di corsa, visibilmente in ansia.
Le parole che aveva sentito
riecheggiavano ancora nel suo
cervello robotico: “esplosione, fuoco amico,
ustioni”. Nahema era in quelle
condizioni e loro lo avevano avvertito solo dodici giorni
dopo, maledizione!
Vero, le avevano indotto il coma fino
a quattro giorni
prima, ma lui avrebbe comunque voluto essere a conoscenza dei fatti.
Fosse
stato per la famiglia di Nahema lui non sarebbe mai stato informato, ci
aveva
pensato il giovane duca Taurus, che a sua volta era venuto a saperlo da
Aladohar.
D’accordo, doveva
riconoscere che probabilmente la famiglia
di Nahema non si era resa conto del legame che c’era tra loro
due, e se Kitah
lo sapeva era perché… perché
lo sapeva?
Evidentemente Nahema
doveva avergliene
parlato, non c’era altra spiegazione.
Nella sua avanzata
incontrò nientemeno che Iyra Aldebaran,
pallida e visibilmente irritata…
«per gli Dei, ancora
voi? Pensavo
che ormai, dopo sei anni che avete
lasciato il palazzo, aveste dimenticato anche il nome di mia
figlia».
…che ovviamente non
riuscì a trovare nulla di carino da
dirgli. Lui non le era mai piaciuto granché, e la cosa era
reciproca. «invece
no, sorpresa!...come sta?»
«abbastanza bene da farmi
venire un’emicrania, purtroppo, ma
è la prima e l’ultima volta che mi
vedrà al suo capezzale. Addio
».
Iyra se ne andò senza
degnarlo di un ulteriore sguardo, e
Warsman continuò a camminare avanti, già molto
più tranquillo. Se era riuscita
a far imbestialire sua madre significava che anche ora che era ridotta
un
cencio ed era in un letto d’ospedale, Nahema aveva mantenuto
tutta la sua… nahemitudine
.
«...c’è
già mio padre. Vagola per la clinica, ma c’è .
Tu non dovevi venire, non dovevano nemmeno dirtelo. Vai via! Non voglio
che tu
stia qui!»
Eh sì, pareva proprio che
in quattro giorni le fosse tornata
abbastanza forza da poter gestire eventuali visite indesiderate, almeno
a
parole. Ciò indusse Warsman ad aspettare ancora qualche
istante fuori dalla
stanza, prima di entrare.
«perché?»
Non era sorpreso di sentire la voce
del duca, chissà
come mai .
“sì, lo so,
origliare è una brutta cosa, ma se lo faccio
saprò se è veramente il caso che io entri oppure
no” pensò.
A Warsman faceva piacere sapere che
non la stavano lasciando
sola. Che poi il padre di Nahema si fosse mosso dal suo laboratorio,
nel quale
da quanto sapeva lui era sempre rinchiuso intento a fare
chissà cosa, era un
fatto straordinario quasi quanto aver incontrato Iyra in quella clinica.
«non ho bisogno di uno che
stia qui a compatirmi, e poi
non…non sono in buone condizioni. Il viso è
salvo, ma è la sola parte senza
ustioni, e questo non è il peggio. Non avresti dovuto
vedermi così».
Tanta fragilità in una
frase così breve…e dover accostare la
parola “fragile” a Nahema era qualcosa
d’incredibile. Era cresciuta com’era
cresciuta, e la sua carriera nell’esercito poteva indurre i
più a credere che
fosse una specie di Wonder Woman, ma in fondo restava sempre una
ragazza di
diciotto anni che aveva avuto un gran brutto incidente in battaglia, e
a cui
risultava molto difficile lasciare che gli altri assistessero ai suoi
momenti
di debolezza umani e del tutto normali .
«sono venuto a trovarti la
prima volta quando eri ancora in
coma. Non sarà questo incidente a far sì che ti
ami di meno».
« scemenze
».
«no, è la
verità, anche se non ti va a genio che io la
dica».
Ok, Warsman iniziava a sentirsi
veramente indiscreto. Un
conto era capire se era il caso di fare quella visita, un altro
ascoltare
dichiarazioni d’amore varie.
«se anche fosse la
verità sai benissimo che non è il
momento. Devo pensare a riprendermi, devo pensare alla carriera e anche
al mio
futuro matrimonio, che purtroppo non finirà presto
com’è finito il tuo. Il
futuro re Lunanoff dovrà vivere felicemente e a
lungo
».
«non ti vedo come regina
consorte senza un vero potere
decisionale, non è cosa per te, non te ne fai nulla di un
titolo inutile come
questo, e tantomeno di un eventuale re fantoccio. La Nahema che conosco
io è fatta
per governare, e in prima persona».
«e magari con te vicino,
no?»
Sembrava che Kitah avesse colto i
sottintesi, a giudicare
dal silenzio che seguì.
Ma non durò molto.
«ti sarei stato vicino
anche se fossimo fuggiti insieme tre
anni fa e avessimo vissuto lontani da qui, da plebei e senza soldi a
profusione.
Mi domando solo se tu stia facendo finta di non averlo capito, o se non
riesci
a farlo perché non senti quel che sento io».
A quel punto Warsman decise di
togliere le castagne dal
fuoco alla sua ex allieva, giusto perché forse affrontare
discussioni del
genere nelle sue condizioni non era molto salutare. Quindi
bussò. «Nahema, sono
io» sarebbe stato divertente se lei avesse risposto
“io chi?”, ma contava sul
fatto che lei l’avrebbe riconosciuto «posso
entrare?»
«Warsman?…sì,
certo, entra pure!»
Figurati se non avrebbe preso la
palla al balzo!
Vederla fu un
po’traumatico, era visibilmente pallida e
debole come non l’aveva mai vista, ma meglio di come aveva
pensato.
Probabilmente era perché le parti ferite del suo corpo erano
coperte dalle
bende o dal lenzuolo. «come stai?»
«come una che ha ustioni di
secondo e terzo grado su un buon
trenta per cento del corpo, e ringrazia il cielo sia di avere un padre
che fa
strani intrugli alchemici con effetti che hanno quasi del miracoloso,
sia di
potersi permettere buoni chirurghi. Per il resto tutto bene! Mi chiedo
solo
come sapevi che io…»
«mi ha informato questo
giovanotto».
Il quale molto probabilmente adesso
gli stava lanciando in
media quindici maledizioni al secondo per aver interrotto quella
conversazione,
ma dettagli
. A lui importava più di Nahema che dei sentimenti di un
diciottenne.
«sapendo che sei legata a
lui ho pensato che avrebbe potuto
farti piacere vederlo. Spero che anche questo gesto non venga male
interpretato ».
“non tirare la corda,
Taurus, non è questo il modo” pensò
Warsman, che comunque poteva capire che si sentisse offeso. Doveva
essere stato
brutto sapere che la ragazza che amava, e probabilmente aveva
continuato ad
amare anche durante il suo breve matrimonio, non era ancora sicura
delle sue intenzioni.
Probabilmente non lo sarebbe mai stata del tutto, a meno di un miracolo.
«quando si è
sotto antidolorifici e si ha un aspetto
orribile può capitare di dire cose che non vanno prese sul
serio. Sia come sia,
è impossibile interpretare male il tuo
gesto…quindi grazie».
Nahema voleva tenerlo buono, o
avrebbe con un’altra
frecciata, invece di cercare di minimizzare l’accaduto. Forse
era tardi, o
forse no, se Kitah avesse deciso di volerle credere per forza.
«non
c’è di che. Vi lascio soli, così
potrete parlare in
pace» disse il duca, raggiungendo la porta.
«tornerò dopo».
Sì, aveva deciso di
crederle. Meglio per lei, un po’meno per
lui.
«ustioni così
estese non sono uno scherzo» disse Warsman,
quando Kitah abbandonò la stanza.
«il peggio è
aver perso praticamente tutto il seno, e ci
vorrà tempo per ricostruirlo. Potrei lasciare le cose come
stanno, così da
poter tornare operativa prima, ma rivoglio il mio corpo
com’era. Mi piaceva».
«secondo me è la
scelta giusta. Vorrà dire che ti impegnerai
di più quando tornerai al fronte».
«ma sì dai, sono
abituata a “impegnarmi di
più”» sorrise
Nahema «me l’ha insegnato il mio maestro».
[…]
«mi è ancora
difficile credere che tu voglia andartene
davvero».
L’inizio di
un’alba che stava tingendo il cielo di
Thanoushiradryas con una bella sfumatura rosata era lo spettacolo che
si parava
dinanzi agli occhi di ex allieva ed ex maestro, per i quali quello era
il
giorno dell’addio. Avevano passato l’intera notte
insieme, andando in giro per
la città e scambiando le ultime chiacchiere, le ultime
confidenze.
«sì.
È tempo che io lasci questa città e torni sul mio
pianeta…ci sono delle cose che devo fare laggiù.
Ho un debito enorme nei
confronti di una persona, ed è tempo che venga saldato. Il
mio compito qui è
finito» affermò il russo, con un leggerissimo
accenno di malinconia «non c’è
più nulla che possa insegnarti, e non
c’è bisogno che stia qui a darti
consigli. Sei diventata una ragazza di vent’anni abbastanza
forte e sveglia da
cavarsela in ogni tipo di situazione…e a giorni ti
fidanzerai con il re».
«se gli
piacerò».
«ne dubiti?»
«onestamente? No».
Warsman rise. La mancanza di falsa
modestia di quella
ragazza era una delle cose di lei che gli piacevano di più.
«quindi è
praticamente fatta. Sembra che man mano tu stia ottenendo tutto quello
che
desideri, nonostante alcuni brutti momenti».
«mi è stato
detto che “non si raggiunge la gloria senza
dolore e sofferenza”. Ti suona familiare?»
Ovvio, era una delle prime frasi che
le aveva rivolto quando
lei era solo una bambina di sei anni, che però era riuscita
a impressionarlo.
Gli sarebbero mancati quei momenti,
gli sarebbe mancata la
città di Thanoushiradryas, e di sicuro gli sarebbe mancata
lei. Non avrebbe
trovato un’allieva così da nessun’altra
parte.
«grazie per avermi scelto
come tuo maestro» disse,
porgendole la mano destra «non ti
dimenticherò».
«grazie per avermi
accettata come allieva, e per esserci
sempre stato quando avevo bisogno di te» arrivò a
dire Nahema, stringendogli la
mano «non ti dimenticherò neppure io, e se un
giorno vorrai tornare di nuovo
qui verrai accolto a braccia aperte».
«ti auguro ogni bene.
Arrivederci, Nahema».
«arrivederci».
Mancava ancora qualcosa.
Riuscirono a capire cosa qualche
secondo dopo, anche se non
erano tipi da abbracci.