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Autore: Ilarya Kiki    26/05/2016    4 recensioni
...soprattutto al lettore.
Attenzione, si tratta di una parodia. In questa storia potrete trovare:
-ROMANCE!!!
-Diciassettenni in tempesta ormonale
-Cani
-Disagio
-Scheletri senza i vestiti
-Altro Disagio!!!
Attenzione: la storia è sconsigliata a chi ha livelli di serietà troppo alti, in caso di bruciature rivolgersi a Grillby (lui sì che è un esperto).
Dal testo: "Papyrus, ma secondo te perché gli esseri umani sono così attratti da noi?" - "Non so Sans, forse perché siamo come loro... ma più nudi."
Genere: Comico, Parodia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Papyrus, Sans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Caro diario,
    mi chiamo Sousy, sono una ragazza di diciassette anni e ho gli occhi grigio chiaro e i capelli rossi, non sono molto alta e infatti tutti pensano sempre che io sia più piccola e questo spesso mi fa arrabbiare uff. Non so perché ma ho sentito il bisogno incontenibile di descrivere me stessa nella prima pagina di questo diario, anche se ovviamente io so benissimo come sono fatta e probabilmente lo sapranno anche i guardoni che potrebbero leggerlo per farmi i dispetti hihihi.
Dato che ci sono continuo nella descrizione: sono una ragazza normale ma mi piace vestirmi con colori allegri, infatti indosso dei jeans strappati sulle ginocchia, una maglietta viola e una felpa bianca di Di-e-ggì. Porto i miei cappelli sempre raccolti in una coda sulla testa perché se no mi entrano negli occhi.
Sono una ragazza piuttosto socievole e infatti ero salita a farmi una passeggiata in montagna insieme a quelli del centro anziani per andare in cerca di funghi, prima di cadere nel buco.
Sì insomma, i vecchietti mi adorano e comunque tutti gli altri miei amici mi avevano dato buca pure loro (hehehe che simpa).
Insomma, avevo visto un bellissimo boletus edulis nascosto in una grotta, e dato che mi pareva che i miei amici novantenni mi avessero ormai distanziato da un buon quarto d’ora – non è colpa mia se non trovavo i funghi e loro si sono offesi, dovevo aggiornare Istagram! – ho deciso di prendere almeno quel funghetto per riconquistarmi la loro fiducia. Solo che sono inciampata e sono finita nel buco.
Ed è così che è cominciata la mia storia.
Ora vorrei continuare ma ho troppo sonno e mi si è stancata la mano ciao.

 

Questo fu quello che lesse Toriel nei fogli sparsi che trovò sul pavimento della camera da letto dove aveva condotto quella strana ragazzina che aveva detto di chiamarsi Sousy, che aveva trovato all’ingresso delle rovine a vagare senza una meta. Si rendeva conto che non era stato proprio educato sbirciare, ma non aveva potuto resistere alla tentazione, una volta entrata per portarle una bella fetta della torta alle lumache che aveva appena sfornato.
La dolce capra scosse lentamente la testa, leggendo: quella ragazzina aveva decisamente bisogno di un paio delle sue lezioni, e soprattutto quello che aveva trovato scritto non corrispondeva assolutamente a ciò che le aveva raccontato Sousy. La ragazzina, infatti, aveva affermato di essere giunta al monte Ebbot da sola perché voleva vincere il record regionale di bird watching, ed era inciampata all’ingresso della caverna mentre osservava intenta un beccaccino alpino col suo binocolo.
Toriel rimise a posto i fogli e la lasciò da sola a dormire, decisa a mettere dei lucchetti al frigo per evitare che, al risveglio, Sousy continuasse a depredarlo senza chiedere il permesso.
Certo che gli umani non ne sfornavano più di bambini a modo come una volta.

 

Dieci minuti dopo, al piano di sotto, una porta stava venendo aperta di soppiatto, grattando contro il terreno innevato che stava dall’altra parte. Toriel si era appisolata ignara di fronte al camino, e Sousy – che aveva solo finto di dormire – era riuscita a sgattaiolare nel corridoio sotto la casa senza svegliarla, dato che la sua mamma caprina sembrava volerle nascondere qualcosa là sotto.
Con un calcio riuscì finalmente a spalancare abbastanza i battenti da passarci attraverso, si infilò nella fessura e si lanciò in corsa al di fuori, ansimando per la fatica.
Finalmente era libera.

 

L’AMORE FA MALE.

*tuuuuummmmmm*

 

 

 

 

Sousy era terrorizzata.
Correva nella neve seguendo quello che sembrava un sentiero tra alti alberi neri, in una grotta da qualche parte sotto la montagna in cui filtrava una luce lugubre e moribonda; gli unici suoni che sentiva erano i suoi passi che affogavano nella neve scrocchiante e i suoi ansimi di fatica, che lasciavano strisce di vapore nell’aria fredda.
L’unica cosa che desiderava era uscire da quel cesso di posto. Correva e correva fino a consumarsi i polmoni e poi, all’improvviso, cadde.
Non capì nemmeno come, semplicemente il suo corpo finì inesorabilmente schiacciato a terra da una forza inspiegabile, non era nemmeno inciampata – cosa che in effetti le accadeva spesso.
Non riuscì a rialzarsi.
Un’ombra la sovrastò, coprendo la luce già fioca, con quello che sembrava un inquietante occhio azzurro elettrico spalancato incastrato nella testa.
“Ehi, umano.”
L’ombra parlò, con una profonda voce che pareva essere uscita direttamente dagli antri dell’oltretomba.
“…ti intrufoli nel nostro regno senza nemmeno presentarti? Non le conosci le buone maniere? Sai, di solito un uccellino mi dice di fare il bravo con i ragazzini come te che oltrepassano quella porta, ma oggi non è passato… sai cosa vuol dire, vero?”
Fece un passo in avanti, e Sousy riuscì a vederlo bene in faccia.
Contrariamente a ciò che ogni essere umano dotato di buon senso avrebbe fatto in una situazione del genere, e trovarsi davanti uno scheletro con un ghigno inquietante stampato in faccia che ti sta intrappolando con la sua magia assassina di solito genera un tipo ben specifico di reazioni, Sousy arrossì.
“Wow.” Mormorò, a mezza voce.
“…wow?”
“Cioè, figata.”
“…sto per ucciderti, umana. Capish?”
“Sì sì, lo so…”
Sousy tentò di rotolare dalla sua posizione a tappeto nella neve, ma la magia dello scheletro continuava a tenerla immobile e schiacciata al suolo, e non ci riuscì.
“…scusami, è che questa situazione è dannatamente… emh… senti ho bisogno di sfogarmi, okay? Ero convinta che sarei morta nel momento stesso in cui sono caduta in quella buca schifosa, ma invece incontro questa specie di…caprona gigante che mi riempie di torta alle lumache e mi minaccia di tenermi lì con lei in quel postaccio per sempre, e io penso OH MIO DIO MORIRÓ DI NOIA MEGLIO FILARSELA PRIMA CHE QUESTA MI CUOCIA IN UNA TORTA e così bam! Sono scappata qui. E poi niente arrivi tu e mi immobilizzi a terra così come se niente fosse e poi mi minacci in quel modo sexy e quindi niente, uccidimi pure se vuoi. Tanto se devo proprio morire, preferisco essere uccisa in modo fico.”
Lo scheletro era rimasto a fissarla a bocca aperta per tutto il discorso.
“Emh…” iniziò, ma decise di lasciar perdere.
“Tanto la mia vita fa schifo comunque. I biglietti per il concerto di Rihanna sono finiti ieri e non ci sarei potuta andare in ogni caso.”
Lo scheletro sembrò riprendersi. Strinse la presa sul cuore dell’umana e la spiaccicò al suolo con ancora più forza. Lei gemette.
“Bene allora. Ti dirò una cosina che ti farà sentire ancora meglio: quando ti avrò trasformato in un mucchietto di ceneri fumanti, la tua anima sarà usata per liberare il nostro popolo dal sottosuolo, e avvererai i sogni di centinaia di mostri. Carino eh?”
Alle spalle dello scheletro apparvero quelli che sembravano tre enormi teschi di cane, con le fauci brucianti di un poco rassicurante bagliore blu, che strillavano omicidio violento da ogni ossuto centimetro.
“Ehi…ehi aspetta… non vorrai ammazzarmi sul serio, eh…? Cioè io pensavo… uno scheletro così carino in felpa non vorrà davver…”
Sousy si sentì spingere la faccia nella neve, e per un attimo percepì solo cuore che le batteva all’impazzata nelle orecchie e il tepore dei vicini laser che stavano per cuocerla come un tacchino ripieno.
Per un attimo, infatti.
Due secondi dopo, la voce di qualcuno che urlava a squarciagola, giungendo di lontano, le perforò i timpani già ovattati dal nevischio.
“SAAAAAAANS! – urlò la voce – MA CHE STAI FACENDO!? PERCHÉ NON TI TROVO MAI ALLA TUA STAZIONE!?”
Il tepore dei laser svanì all’istante e con esso anche la presa sull’anima di Sousy, che finalmente ricominciò a respirare ma non ebbe il coraggio di sollevare la faccia dalla neve.
“DIMMI COME MAI STAI SEMPRE A BIGHELLONAREEEEEEEEEEOOOOOOOOOOOOH MIO DIO MA QUELLO È UN UMANOOOOO!?!?!?”
Sousy si sentì rinascere, realizzando di essere ancora viva, e finalmente si risollevò: era apparso un secondo scheletro, più alto e più rumoroso del primo. Il suo attentatore, adesso, aveva perso tutta la sua aura di pericolosità e se ne stava con le mani in tasca e un sorriso scemo a fissare l’altro, che sembrava felicissimo di averla incontrata.
“UMANO! – urlò il secondo scheletro, abbigliato come una sorta di supereroe con una sciarpa rossa stracciata a fargli da mantello – LASCIA CHE TI PRESENTI COLUI CHE TI CATTURERÁ, LA FUTURA GUARDIA REALE, L’IMPAREGGIABILE ARCHITETTO DI PUZZLE, L’INIMITABILE CHEF, IL GRANDE PAPYRUS!”
Ma Sousy, lei non aveva occhi che per colui che meno di due minuti prima aveva tentato di friggerla coi suoi cannoni-scheletro-laser.
“Mi…mi hai risparmiato la vita.” Mormorò, con voce tremolante.
“Eh? Non ho idea di cosa tu stia parlando.” Rispose lui, sollevando le spalle.
“EHI UMANO, CHE FAI, MI IGNORI???” Protestò il grande Papyrus, piccato.
“Io comunque mi chiamo Sousy, Mary Sousy.”
“PIACERE SOUSY, IO COME TI HO GIÁ ACCENNATO SONO IL GRANDE PAPYRUS, E QUESTO QUI È MIO FRATELLO, SANS!”
“Piacere Sans.” Sussurrò Sousy, sempre in preda a tremori.
Sans sollevò gli occhi al cielo, divertito.
“BASTA CON LE CHIACCHIERE, SOTTO CON I PUZZLES!”

 

***

 

“…e comunque guarda che se ho flirtato con te, è stato solo perché ne avevo piene le scatole di tutti quei puzzles del menga!”
Sousy e Papyrus erano nella camera da letto dello scheletro, in quello che doveva essere un appuntamento romantico ma che poi si era rivelato di fatto essere una specie di scontro finale, un pettine che raccoglieva tutti i problematici nodi di una testa più spettinata di quella dell’umana dopo aver attraversato tutta Snowdin, considerato come era andato a finire.
Papyrus incrociò le braccia, offeso e dispiaciuto.
“…oh insomma, sei la seconda persona che minacciava di farmi del male oggi, che avrei dovuto fare me lo spieghi? Ho ricorso all’unica arma che avevo a disposizione per salvarmi, la seduzione femminile! Che poi, voialtri, non fate altro che attaccarmi senza sosta. Che dovrei pensare io, ti sembra una cosa carina!? Come pensavi che io volessi sul serio provarci con te! Guarda come ti vesti poi! Siamo seri!”
Lo scheletro sollevò un’arcata sopraccigliare. Sousy ebbe quasi paura che si sarebbe messo a piangere, da tanto gli stava riversando addosso tutto il suo nervoso – a volte la gente lo faceva quando a lei giravano le scatole – e allora avrebbe deciso che proprio non ne poteva più di lui e lo avrebbe piantato lì, dato che non poteva sopportare i piagnistei altrui.
E invece no. Papyrus si piantò le mani sui fianchi e le lanciò un’occhiata innervosita.
“Senti tesorino. – iniziò lo scheletro – Sarò schietto, dato che ci tieni così tanto. Ho accettato di concederti questo appuntamento solo per cortesia, dato che ti sei messa a flirtare con me in modo così plateale, perché pensavo che ci fosse un valido motivo sotto. Forse davvero le piaccio, ho pensato, forse dovrei darle una possibilità. E invece vieni qui e mi prendi in giro per le mie action figures e il mio letto su quattro ruote, e purtroppo l’idea che avevo su di te si è confermata: sei una maleducata. Hai mangiato i miei spaghetti e li hai sputati apposta, e io che pensavo che quell’espressione fosse per una intensa emozione!”
“Facevano schifo!” protestò Sousy.
“L’unica cosa che posso pensare di te è che tu non capisca come sono fatto, e ci può stare. Posso darti una mano a raggiungere la fine di questa galleria se tanto ci tieni, e posso anche darti qualche lezione di bon ton, lo faccio con piacere. Ma se vuoi piantarmi qui, non te lo permetto. Sono io che ti scarico. E non chiedermi di darti il mio numero, di solito mi piace aiutare la gente ma non so quanta voglia ho di sentire la tua voce dietro un ricevitore.”
Sousy rimase interdetta con la bocca spalancata, e Papyrus si diresse con decisione verso la porta. Prima di uscire, però, si voltò un’ultima volta e disse:
“…e comunque, non è stato carino chiedermi un appuntamento dopo che hai continuato a fare gli occhi dolci per tutto il tempo a mio fratello. Guarda un po’ cosa mi hai fatto fare solo perché volevo farti un piacere!”
Uscì, e sbatté la porta.
Sousy sentì le lacrime bruciarle contro le palpebre, moleste.

 

Mentre la ragazza scendeva rabbiosamente le scale di corsa per andarsene da quella casetta opprimente, tentando di trattenere i singhiozzi, una frase tranquilla raggiunse le sue orecchie all’improvviso, paralizzandola.
“Wow. Giuro che non ho mai visto mio fratello così tanto arrabbiato in vita mia.”
Era Sans. Era apparso dal nulla alla fine della scala, appoggiato col gomito al parapetto nel suo solito atteggiamento menefreghista, e la guardava di sottecchi dal basso.
Sousy si sentì invasa nella sua intimità, si era fatta beccare in un momento di fragilità, in lacrime: la cosa le mandò in fiamme le guance. Affondò la faccia tra le mani e si asciugò gli occhi con le maniche della felpa bianca, cercando di ricomporsi almeno un pochino.
“…è tuo fratello che è impossibile. Mi ha scaricata urlandomi contro.”
“Ah.” Commentò Sans, aspettando che Sousy scendesse al piano terra dove stava lui.
“…in realtà io nemmeno volevo uscirci, cercavo solo di salvarmi la pelle.”
“…certo che mio fratello è un po’ strano, lo ammetto. Ma di solito non si comporta così, chissà che gli è preso, eh?”
“…già.”
La ragazza rallentò significativamente il passo mentre passava di fianco allo scheletro, immaginando – e sperando – che lui non fosse apparso lì solo per prenderla in giro sull’esito del suo ultimo appuntamento. In effetti, non si sbagliava.
“Senti… - iniziò Sans, guardando da un’altra parte - …per caso hai da fare, adesso?”
Sousy si paralizzò.
“No. Perché…?”
“Ti andrebbe di pranzare con me? Devo parlarti.”
Per un breve attimo gli ormoni di Sousy impazzirono, poi si calmarono e poi impazzirono di nuovo. Sì, insomma, non che Sans le piacesse o cosa… cioè, lui non aveva dimostrato verso di lei il benché minimo interesse fino a quel momento, se non forse qualcosina sottoforma di un paio di consigli per puzzle e qualche allusione a quanto fosse figo suo fratello… e di certo a lei aveva sempre fatto piacere vederlo. Sperava che volesse dirle qualcosa, ma di certo non si aspettava un invito così esplicito. Non così in fretta, almeno. O forse no, ci stava sperando… okay il suo cervello era diventato una frittura mista di neuroni e aveva perso qualsivoglia capacità di ragionare lucidamente.
“S-SÍ! Khem… cioè sì! Sì volentieri!” rispose, faticando a orchestrare il lavoro di lingua e denti per articolare le parole.
“Bene. Seguimi allora, conosco una scorciatoia.”
In meno di un battito di ciglia Sousy si ritrovò nell’ingresso di Grillby’s, il pub di Snowdin.
Si sedettero in un tavolino appartato, e ordinarono una porzione di patatine e un’insalata – lei era a dieta.
“Cosa… cosa volevi dirmi, Sans?” chiese la ragazza, presa talmente in contropiede dalla velocità che avevano preso gli eventi negli ultimi due minuti da non riuscire bene a realizzare che era davvero seduta ad un tavolo, da sola, con colui che le aveva dato una bella batosta (di che tipo, poi, lo decideranno solo i posteri).
Lui sollevò le spalle.
“Riguardo a quando sei entrata dalle rovine, e io ti ho… khem riservato una certa accoglienza. Vorrei chiederti di non accennare nulla a Papyrus riguardo a quella faccenda. Sai, lui sarà anche un tipo un po’ bizzarro, ma è molto buono e ingenuo, forse troppo. Non sa che gli umani che cadono nel Sottosuolo devono essere uccisi per ordine del re, e non voglio che stia male sapendo la verità.”
“Ah, okay. Se vuoi, va bene.” rispose la ragazza, un po’ delusa dal fatto che Sans sembrava avere in testa solo quel cretino di suo fratello minore.
“Grazie.”
Sans prese la bottiglia del ketchup e se ne bevve metà in un sorso solo, quasi come se fosse stata acqua oligominerale. Sousy lo osservava ipnotizzata.
“Ah un’altra cosa. Per caso…hai per caso mai sentito di un fiore parlante?”
“Oh sì.”
Lo scheletro spalancò gli occhi.
“…quando sono caduta da quello schifo di buco, ho fatto un macello terribile coi fiori che crescevano là sotto. Erano tutti spiaccicati. Uno tra loro, in effetti, si stava lamentando, con una vocina flebile flebile: io mi sono avvicinata e l’ho sentito farfugliare una cosa tipo uccidere o essere uccisi, uccidere o essere uccisi… stavolta mi è andata maleeeeeeeeeeeeeeee e poi è morto.”
Il fatto sembrò rendere Sans particolarmente felice.
“Oh – commentò, sorridendo soddisfatto – questa sì che è una buona notizia.”
“Dici? La caprona sembrava arrabbiatissima per quello che avevo combinato con la sua aiuola. Avevo paura che volesse incornarmi senza pietà e fare tramezzini di Sousy con olive e lumache.”
Sans ridacchiò.
“…non credo che dovresti pensare così male di lei, una signora a modo che cura i suoi fiori con amore e si preoccupa dei ragazzini che precipitano in questa fogna di posto, preparando loro gustose torte e offrendo alloggio, non può essere una cattiva persona, no?”
“…io però avevo paura lo stesso, oh.”
Sousy arrossì, imbronciata, e incrociò le braccia in un gesto che voleva essere a metà tra il tenero e lo stizzoso. Sans scosse la testa, infilandosi tre patatine in bocca.
“Senti.” Proseguì lo scheletro, con tono un po’ più serio. La ragazzina si riscosse subito con gli occhi pieni di stelline luccicanti.
“Ti ho spiegato perché è successo quello che è successo, no? Non hai otto anni, sei grande abbastanza per capire. Per ordine del re ogni umano che cade qui deve essere ucciso. Io stavo per… raccogliere la tua anima, prima che arrivasse mio fratello. Ormai lui ti conosce, e ti hanno vista tutti i cittadini di Snowdin, per cui non preoccuparti, non proverò più a farti del male. Però… presto arriverai alla capitale, se non ti ci condurrà prima Undyne, e ci sono solo due modi in cui questa storia potrebbe andare a finire se vuoi uscire da qui: o il re prenderà la tua anima personalmente, o tu prenderai la sua, uccidendolo, e potrai attraversare la barriera per tornare da qualunque posto tu sia venuta. Questione animosa, lo so.”
Sans sollevò lo sguardo per capire come Sousy stava prendendo tutta quanta la questione, e vide che lo stava ancora fissando a occhi spalancati, senza il minimo cambio di espressione.
“…non starò a giudicare la scelta che farai, sappilo. Chi non vorrebbe avere la possibilità di scappare? Però…mi sento in dovere di dirti anche un’altra cosa. Non…devi per forza andare via. Tu non vuoi morire, ma nessuno vuole che tu uccida il nostro re. Se non vuoi trovarti in uno scontro all’ultimo sangue, potresti anche lasciar perdere, e restare qui con noi. Potremmo anche trovare un’altra soluzione per rompere la barriera che ci intrappola qui sotto. Capisci ciò che intendo dire?”
Sousy sbatté le palpebre. Oh, certo, aveva capito benissimo ciò che intendeva dire, e le sembrò di sentire dei corni angelici risuonarle nelle orecchie.
Mi stai chiedendo di rimanere qui con te per sempre perché non vuoi che io resti uccisa???
“Emh…”
“No perché se è così va bene! D’accordo! E chi ve lo tocca il vostro re! Pfff, è ovvio che non voglio morire, mi hai persino risparmiato la vita!”
Sans scoppiò a ridere, vedendo tanto entusiasmo: “Eheheheheh sì okay okay, diciamo così. Bene allora, fantastico!”
Lo scheletro fece per alzarsi e porre fine al pranzo ma Sousy gli afferrò una manica della felpa. Lo stava guardando fisso, ancora, più rossa della bottiglia del ketchup.
“Era un appuntamento, questo?” chiese, trepidante.
“Come scusa?”
“Dai non fare lo scemo… hai capito, no? Era un appuntamento-appuntamento?”
Sans si guardò attorno. Doggo e il Cane piccino, a un paio di tavoli di distanza, si erano infilati le zampe in bocca nel tentativo di non scoppiare a ridere, e Grillby sembrava badare ai fatti suoi, ma pareva parecchio divertito pure lui. Qualcosa si smosse nella testolina del piccolo scheletro, e si voltò di nuovo verso la sua ammiratrice diciassettenne, sorridendo in modo furbetto.
“Umh… sì, perché no.”
“Oh!”
Sousy all’improvviso avvampò peggio del gestore del locale, mollò la manica di Sans, si guardò attorno in preda al panico e poi corse fuori, eccitata e imbarazzata come non mai. Da oltre i muri e la porta chiusa del locale la si sentì strillare un acuto spacca finestre, che sembrò recitare qualcosa tipo sei uno scemooooooooooooooooooo.
Sans ridacchiò.
“Qui finirà molto male.” Pensò Grillby tra sé e sé, finendo di ripulire il suo bancone.



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*Angolo autrice*

*Scusate.
*Dovevo troppo farlo.
*In realtà, questa doveva essere solo una shot, ma sta diventando parecchio lunghina e quindi, di conseguenza, sarà una piccola long. Magari di due, o tre capitoli.
*Naturalmente, questa fiction non intende prendere in giro nessuna storia o autore in particolare, ma solo un genere parecchio usato, che però non sempre ha molto senso (sanso, ehehehe).
*Spero vi sia piaciuta.
*Bye

Kiki

 

 

 

 

 

 

  
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