Caro
diario,
mi
chiamo Sousy, sono una ragazza di
diciassette anni e ho gli occhi grigio chiaro e i capelli rossi, non
sono molto
alta e infatti tutti pensano sempre che io sia più piccola e
questo spesso mi
fa arrabbiare uff. Non so perché ma ho sentito il bisogno
incontenibile di
descrivere me stessa nella prima pagina di questo diario, anche se
ovviamente
io so benissimo come sono fatta e probabilmente lo sapranno anche i
guardoni
che potrebbero leggerlo per farmi i dispetti hihihi.
Dato che ci sono
continuo nella descrizione: sono una ragazza normale ma mi piace
vestirmi con
colori allegri, infatti indosso dei jeans strappati sulle ginocchia,
una
maglietta viola e una felpa bianca di Di-e-ggì. Porto i miei
cappelli sempre
raccolti in una coda sulla testa perché se no mi entrano
negli occhi.
Sono una ragazza
piuttosto socievole e infatti ero salita a farmi una passeggiata in
montagna
insieme a quelli del centro anziani per andare in cerca di funghi,
prima di cadere
nel buco.
Sì insomma, i
vecchietti mi adorano e comunque tutti gli altri miei amici mi avevano
dato buca
pure loro (hehehe che simpa).
Insomma, avevo visto un
bellissimo boletus edulis nascosto in una grotta, e dato che mi pareva
che i
miei amici novantenni mi avessero ormai distanziato da un buon quarto
d’ora –
non è colpa mia se non trovavo i funghi e loro si sono
offesi, dovevo
aggiornare Istagram! – ho deciso di prendere almeno quel
funghetto per
riconquistarmi la loro fiducia. Solo che sono inciampata e sono finita
nel
buco.
Ed è così che è
cominciata la mia storia.
Ora vorrei continuare
ma ho troppo sonno e mi si è stancata la mano ciao.
Questo fu quello che lesse
Toriel nei
fogli sparsi che trovò
sul pavimento della camera da letto dove aveva condotto quella strana
ragazzina
che aveva detto di chiamarsi Sousy, che aveva trovato
all’ingresso delle rovine
a vagare senza una meta. Si rendeva conto che non era stato proprio
educato
sbirciare, ma non aveva potuto resistere alla tentazione, una volta
entrata per
portarle una bella fetta della torta alle lumache che aveva appena
sfornato.
La dolce capra scosse lentamente la testa, leggendo: quella
ragazzina aveva decisamente bisogno di un paio delle sue lezioni, e
soprattutto
quello che aveva trovato scritto non corrispondeva assolutamente a
ciò che le
aveva raccontato Sousy. La ragazzina, infatti, aveva affermato di
essere giunta
al monte Ebbot da sola perché voleva vincere il record
regionale di bird watching,
ed era inciampata all’ingresso della caverna mentre osservava
intenta un
beccaccino alpino col suo binocolo.
Toriel rimise a posto i fogli e la lasciò da sola a dormire,
decisa a mettere dei lucchetti al frigo per evitare che, al risveglio,
Sousy
continuasse a depredarlo senza chiedere il permesso.
Certo che gli umani non ne sfornavano più di bambini a modo
come una volta.
Dieci minuti dopo, al piano di
sotto, una
porta stava
venendo aperta di soppiatto, grattando contro il terreno innevato che
stava
dall’altra parte. Toriel si era appisolata ignara di fronte
al camino, e Sousy –
che aveva solo finto di dormire – era riuscita a sgattaiolare
nel corridoio
sotto la casa senza svegliarla, dato che la sua mamma caprina sembrava
volerle
nascondere qualcosa là sotto.
Con un calcio riuscì finalmente a spalancare abbastanza i
battenti da passarci attraverso, si infilò nella fessura e
si lanciò in corsa
al di fuori, ansimando per la fatica.
Finalmente era libera.
L’AMORE
FA MALE.
*tuuuuummmmmm*
Sousy era terrorizzata.
Correva nella neve seguendo quello che sembrava un sentiero
tra alti alberi neri, in una grotta da qualche parte sotto la montagna
in cui
filtrava una luce lugubre e moribonda; gli unici suoni che sentiva
erano i suoi
passi che affogavano nella neve scrocchiante e i suoi ansimi di fatica,
che lasciavano
strisce di vapore nell’aria fredda.
L’unica cosa che desiderava era uscire da quel cesso di
posto. Correva e correva fino a consumarsi i polmoni e poi,
all’improvviso,
cadde.
Non capì nemmeno come, semplicemente il suo corpo
finì
inesorabilmente schiacciato a terra da una forza inspiegabile, non era
nemmeno
inciampata – cosa che in effetti le accadeva spesso.
Non riuscì a rialzarsi.
Un’ombra la sovrastò, coprendo la luce
già fioca, con quello
che sembrava un inquietante occhio azzurro elettrico spalancato
incastrato
nella testa.
“Ehi, umano.”
L’ombra parlò, con una profonda voce che pareva
essere
uscita direttamente dagli antri dell’oltretomba.
“…ti intrufoli nel nostro regno senza nemmeno
presentarti?
Non le conosci le buone maniere? Sai, di solito un uccellino mi dice di
fare il
bravo con i ragazzini come te che oltrepassano quella porta, ma oggi
non è
passato… sai cosa vuol dire, vero?”
Fece un passo in avanti, e Sousy riuscì a vederlo bene in
faccia.
Contrariamente a ciò che ogni essere umano dotato di buon
senso avrebbe fatto in una situazione del genere, e trovarsi davanti
uno
scheletro con un ghigno inquietante stampato in faccia che ti sta
intrappolando
con la sua magia assassina di solito genera un tipo ben specifico di
reazioni,
Sousy arrossì.
“Wow.” Mormorò, a mezza voce.
“…wow?”
“Cioè, figata.”
“…sto per ucciderti, umana. Capish?”
“Sì sì, lo so…”
Sousy tentò di rotolare dalla sua posizione a tappeto nella
neve, ma la magia dello scheletro continuava a tenerla immobile e
schiacciata
al suolo, e non ci riuscì.
“…scusami, è che questa situazione
è dannatamente… emh…
senti ho bisogno di sfogarmi, okay? Ero convinta che sarei morta nel
momento
stesso in cui sono caduta in quella buca schifosa, ma invece incontro
questa
specie di…caprona gigante che mi riempie di torta alle
lumache e mi minaccia di
tenermi lì con lei in quel postaccio per sempre, e io penso
OH MIO DIO MORIRÓ
DI NOIA MEGLIO FILARSELA PRIMA CHE QUESTA MI CUOCIA IN UNA TORTA e
così bam!
Sono scappata qui. E poi niente arrivi tu e mi immobilizzi a terra
così come se
niente fosse e poi mi minacci in quel modo sexy e quindi niente,
uccidimi pure
se vuoi. Tanto se devo proprio morire, preferisco essere uccisa in modo
fico.”
Lo scheletro era rimasto a fissarla a bocca aperta per tutto
il discorso.
“Emh…” iniziò, ma decise di
lasciar perdere.
“Tanto la mia vita fa schifo comunque. I biglietti per il
concerto di Rihanna sono finiti ieri e non ci sarei potuta andare in
ogni
caso.”
Lo scheletro sembrò riprendersi. Strinse la presa sul cuore
dell’umana e la spiaccicò al suolo con ancora
più forza. Lei gemette.
“Bene allora. Ti dirò una cosina che ti
farà sentire ancora
meglio: quando ti avrò trasformato in un mucchietto di
ceneri fumanti, la tua
anima sarà usata per liberare il nostro popolo dal
sottosuolo, e avvererai i
sogni di centinaia di mostri. Carino eh?”
Alle spalle dello scheletro apparvero quelli che sembravano
tre enormi teschi di cane, con le fauci brucianti di un poco
rassicurante
bagliore blu, che strillavano omicidio violento da ogni ossuto
centimetro.
“Ehi…ehi aspetta… non vorrai ammazzarmi
sul serio,
eh…? Cioè io
pensavo… uno scheletro così carino in felpa non
vorrà davver…”
Sousy si sentì spingere la faccia nella neve, e per un
attimo percepì solo cuore che le batteva
all’impazzata nelle orecchie e il
tepore dei vicini laser che stavano per cuocerla come un tacchino
ripieno.
Per un attimo, infatti.
Due secondi dopo, la voce di qualcuno che urlava a
squarciagola, giungendo di lontano, le perforò i timpani
già ovattati dal
nevischio.
“SAAAAAAANS! – urlò la voce –
MA CHE STAI FACENDO!? PERCHÉ
NON TI TROVO MAI ALLA TUA STAZIONE!?”
Il tepore dei laser svanì all’istante e con esso
anche la
presa sull’anima di Sousy, che finalmente
ricominciò a respirare ma non ebbe il
coraggio di sollevare la faccia dalla neve.
“DIMMI COME MAI STAI SEMPRE A
BIGHELLONAREEEEEEEEEEOOOOOOOOOOOOH MIO DIO MA QUELLO È UN
UMANOOOOO!?!?!?”
Sousy si sentì rinascere, realizzando di essere ancora viva,
e finalmente si risollevò: era apparso un secondo scheletro,
più alto e più
rumoroso del primo. Il suo attentatore, adesso, aveva perso tutta la
sua aura
di pericolosità e se ne stava con le mani in tasca e un
sorriso scemo a fissare
l’altro, che sembrava felicissimo di averla incontrata.
“UMANO! – urlò il secondo scheletro,
abbigliato come una
sorta di supereroe con una sciarpa rossa stracciata a fargli da
mantello –
LASCIA CHE TI PRESENTI COLUI CHE TI CATTURERÁ, LA FUTURA
GUARDIA REALE, L’IMPAREGGIABILE
ARCHITETTO DI PUZZLE, L’INIMITABILE CHEF, IL GRANDE
PAPYRUS!”
Ma Sousy, lei non aveva occhi che per colui che meno di due
minuti prima aveva tentato di friggerla coi suoi
cannoni-scheletro-laser.
“Mi…mi hai risparmiato la vita.”
Mormorò, con voce
tremolante.
“Eh? Non ho idea di cosa tu stia parlando.” Rispose
lui,
sollevando le spalle.
“EHI UMANO, CHE FAI, MI IGNORI???”
Protestò il grande
Papyrus, piccato.
“Io comunque mi chiamo Sousy, Mary Sousy.”
“PIACERE SOUSY, IO COME TI HO GIÁ ACCENNATO SONO
IL GRANDE
PAPYRUS, E QUESTO QUI È MIO FRATELLO, SANS!”
“Piacere Sans.” Sussurrò Sousy, sempre
in preda a tremori.
Sans sollevò gli occhi al cielo, divertito.
“BASTA CON LE CHIACCHIERE, SOTTO CON I PUZZLES!”
***
“…e
comunque guarda
che se ho flirtato con te, è stato solo
perché ne avevo piene le scatole di tutti quei puzzles del
menga!”
Sousy e Papyrus erano nella camera da letto dello scheletro,
in quello che doveva essere un appuntamento romantico ma che poi si era
rivelato di fatto essere una specie di scontro finale, un pettine che
raccoglieva tutti i problematici nodi di una testa più
spettinata di quella
dell’umana dopo aver attraversato tutta Snowdin, considerato
come era andato a
finire.
Papyrus incrociò le braccia, offeso e dispiaciuto.
“…oh insomma, sei la seconda persona che
minacciava di farmi
del male oggi, che avrei dovuto fare me lo spieghi? Ho ricorso
all’unica arma
che avevo a disposizione per salvarmi, la seduzione femminile! Che poi,
voialtri, non fate altro che attaccarmi senza sosta. Che dovrei pensare
io, ti
sembra una cosa carina!? Come pensavi che io volessi sul
serio provarci con te! Guarda come ti vesti poi! Siamo
seri!”
Lo scheletro sollevò un’arcata sopraccigliare.
Sousy ebbe
quasi paura che si sarebbe messo a piangere, da tanto gli stava
riversando
addosso tutto il suo nervoso – a volte la gente lo faceva
quando a lei giravano
le scatole – e allora avrebbe deciso che proprio non ne
poteva più di lui e lo
avrebbe piantato lì, dato che non poteva sopportare i
piagnistei altrui.
E invece no. Papyrus si piantò le mani sui fianchi e le
lanciò un’occhiata innervosita.
“Senti tesorino. – iniziò lo scheletro
– Sarò schietto, dato
che ci tieni così tanto. Ho accettato di concederti questo
appuntamento solo
per cortesia, dato che ti sei messa a flirtare con me in modo
così plateale,
perché pensavo che ci fosse un valido motivo sotto. Forse
davvero le piaccio,
ho pensato, forse dovrei darle una possibilità. E invece
vieni qui e mi prendi
in giro per le mie action figures e il mio letto su quattro ruote, e
purtroppo
l’idea che avevo su di te si è confermata: sei una
maleducata. Hai mangiato i
miei spaghetti e li hai sputati apposta, e io che pensavo che
quell’espressione
fosse per una intensa emozione!”
“Facevano schifo!” protestò Sousy.
“L’unica cosa che posso pensare di te è
che tu non capisca
come sono fatto, e ci può stare. Posso darti una mano a
raggiungere la fine di
questa galleria se tanto ci tieni, e posso anche darti qualche lezione
di bon
ton, lo faccio con piacere. Ma se vuoi piantarmi qui, non te lo
permetto. Sono
io che ti scarico. E non chiedermi di darti il mio numero, di solito mi
piace
aiutare la gente ma non so quanta voglia ho di sentire la tua voce
dietro un
ricevitore.”
Sousy rimase interdetta con la bocca spalancata, e Papyrus
si diresse con decisione verso la porta. Prima di uscire,
però, si voltò un’ultima
volta e disse:
“…e comunque, non è stato carino
chiedermi un appuntamento
dopo che hai continuato a fare gli occhi dolci per tutto il tempo a mio
fratello. Guarda un po’ cosa mi hai fatto fare solo
perché volevo farti un
piacere!”
Uscì, e sbatté la porta.
Sousy sentì le lacrime bruciarle contro le palpebre,
moleste.
Mentre la ragazza scendeva
rabbiosamente
le scale di corsa
per andarsene da quella casetta opprimente, tentando di trattenere i
singhiozzi, una frase tranquilla raggiunse le sue orecchie
all’improvviso,
paralizzandola.
“Wow. Giuro che non ho mai visto mio fratello così
tanto
arrabbiato in vita mia.”
Era Sans. Era apparso dal nulla alla fine della scala,
appoggiato col gomito al parapetto nel suo solito atteggiamento
menefreghista,
e la guardava di sottecchi dal basso.
Sousy si sentì invasa nella sua intimità, si era
fatta
beccare in un momento di fragilità, in lacrime: la cosa le
mandò in fiamme le
guance. Affondò la faccia tra le mani e si
asciugò gli occhi con le maniche
della felpa bianca, cercando di ricomporsi almeno un pochino.
“…è tuo fratello che è
impossibile. Mi ha scaricata
urlandomi contro.”
“Ah.” Commentò Sans, aspettando che
Sousy scendesse al piano
terra dove stava lui.
“…in realtà io nemmeno volevo uscirci,
cercavo solo di
salvarmi la pelle.”
“…certo che mio fratello è un
po’ strano, lo ammetto. Ma di
solito non si comporta così, chissà che gli
è preso, eh?”
“…già.”
La ragazza rallentò significativamente il passo mentre
passava di fianco allo scheletro, immaginando – e sperando
– che lui non fosse
apparso lì solo per prenderla in giro sull’esito
del suo ultimo appuntamento.
In effetti, non si sbagliava.
“Senti… - iniziò Sans, guardando da
un’altra parte - …per
caso hai da fare, adesso?”
Sousy si paralizzò.
“No. Perché…?”
“Ti andrebbe di pranzare con me? Devo parlarti.”
Per un breve attimo gli ormoni di Sousy impazzirono, poi si
calmarono e poi impazzirono di nuovo. Sì, insomma, non che
Sans le piacesse o
cosa… cioè, lui non aveva dimostrato verso di
lei il benché minimo interesse
fino a quel momento, se non forse qualcosina sottoforma di un paio di
consigli
per puzzle e qualche allusione a quanto fosse figo suo
fratello… e di certo a
lei aveva sempre fatto piacere vederlo. Sperava che volesse dirle
qualcosa, ma
di certo non si aspettava un invito così esplicito. Non
così in fretta, almeno.
O forse no, ci stava sperando… okay il suo cervello era
diventato una frittura
mista di neuroni e aveva perso qualsivoglia capacità di
ragionare lucidamente.
“S-SÍ! Khem… cioè
sì! Sì volentieri!” rispose, faticando
a
orchestrare il lavoro di lingua e denti per articolare le parole.
“Bene. Seguimi allora, conosco una scorciatoia.”
In meno di un battito di ciglia Sousy si ritrovò
nell’ingresso di Grillby’s, il pub di Snowdin.
Si sedettero in un tavolino appartato, e ordinarono una
porzione di patatine e un’insalata – lei era a
dieta.
“Cosa… cosa volevi dirmi, Sans?” chiese
la ragazza, presa
talmente in contropiede dalla velocità che avevano preso gli
eventi negli
ultimi due minuti da non riuscire bene a realizzare che era davvero seduta ad un tavolo, da sola, con colui che le aveva dato una
bella batosta (di che tipo, poi, lo decideranno solo i posteri).
Lui sollevò le spalle.
“Riguardo a quando sei entrata dalle rovine, e io ti
ho… khem riservato una
certa accoglienza.
Vorrei chiederti di non accennare nulla a Papyrus riguardo a quella
faccenda. Sai,
lui sarà anche un tipo un po’ bizzarro, ma
è molto buono e ingenuo, forse
troppo. Non sa che gli umani che cadono nel Sottosuolo devono essere
uccisi per
ordine del re, e non voglio che stia male sapendo la
verità.”
“Ah, okay. Se vuoi, va bene.” rispose la ragazza,
un po’
delusa dal fatto che Sans sembrava avere in testa solo quel cretino di
suo
fratello minore.
“Grazie.”
Sans prese la bottiglia del ketchup e se ne bevve metà in un
sorso solo, quasi come se fosse stata acqua oligominerale. Sousy lo
osservava
ipnotizzata.
“Ah un’altra cosa. Per caso…hai per caso
mai sentito di un
fiore parlante?”
“Oh sì.”
Lo scheletro spalancò gli occhi.
“…quando sono caduta da quello schifo di buco, ho
fatto un
macello terribile coi fiori che crescevano là sotto. Erano
tutti spiaccicati.
Uno tra loro, in effetti, si stava lamentando, con una vocina flebile
flebile:
io mi sono avvicinata e l’ho sentito farfugliare una cosa
tipo uccidere o essere uccisi, uccidere o
essere
uccisi… stavolta mi è andata maleeeeeeeeeeeeeeee
e poi è morto.”
Il fatto sembrò rendere Sans particolarmente felice.
“Oh – commentò, sorridendo soddisfatto
– questa sì che è una
buona notizia.”
“Dici? La caprona sembrava arrabbiatissima per quello che
avevo combinato con la sua aiuola. Avevo paura che volesse incornarmi
senza
pietà e fare tramezzini di Sousy con olive e
lumache.”
Sans ridacchiò.
“…non credo che dovresti pensare così
male di lei, una signora
a modo che cura i suoi fiori con amore e si preoccupa dei
ragazzini
che precipitano in questa fogna di posto, preparando loro gustose torte
e
offrendo alloggio, non può essere una cattiva persona,
no?”
“…io però avevo paura lo stesso,
oh.”
Sousy arrossì, imbronciata, e incrociò le braccia
in un
gesto che voleva essere a metà tra il tenero e lo stizzoso.
Sans scosse la
testa, infilandosi tre patatine in bocca.
“Senti.” Proseguì lo scheletro, con tono
un po’ più serio.
La ragazzina si riscosse subito con gli occhi pieni di stelline
luccicanti.
“Ti ho spiegato perché è successo
quello che è successo, no?
Non hai otto anni, sei grande abbastanza per capire. Per ordine del re
ogni
umano che cade qui deve essere ucciso. Io stavo per…
raccogliere la tua anima,
prima che arrivasse mio fratello. Ormai lui ti conosce, e ti hanno
vista tutti
i cittadini di Snowdin, per cui non preoccuparti, non
proverò più a farti del
male. Però… presto arriverai alla capitale, se
non ti ci condurrà prima Undyne,
e ci sono solo due modi in cui questa storia potrebbe andare a finire
se vuoi
uscire da qui: o il re prenderà la tua anima personalmente,
o tu prenderai la
sua, uccidendolo, e potrai attraversare la barriera per tornare da
qualunque
posto tu sia venuta. Questione animosa,
lo so.”
Sans sollevò lo sguardo per capire come Sousy stava
prendendo tutta quanta la questione, e vide che lo stava ancora
fissando a
occhi spalancati, senza il minimo cambio di espressione.
“…non starò a giudicare la scelta che
farai, sappilo. Chi
non vorrebbe avere la possibilità di scappare?
Però…mi sento in dovere di dirti
anche un’altra cosa. Non…devi per forza andare
via. Tu non vuoi morire, ma
nessuno vuole che tu uccida il nostro re. Se non vuoi trovarti in uno
scontro
all’ultimo sangue, potresti anche lasciar perdere, e restare
qui con noi. Potremmo
anche trovare un’altra soluzione per rompere la barriera che
ci intrappola qui
sotto. Capisci ciò che intendo dire?”
Sousy sbatté le palpebre. Oh, certo, aveva capito benissimo
ciò che intendeva dire, e le sembrò di sentire
dei corni angelici risuonarle
nelle orecchie.
“Mi stai chiedendo di
rimanere qui con te per sempre perché non vuoi che io resti
uccisa???”
“Emh…”
“No perché se è così va
bene! D’accordo! E chi ve lo tocca
il vostro re! Pfff, è ovvio che non voglio morire, mi hai
persino risparmiato
la vita!”
Sans scoppiò a ridere, vedendo tanto entusiasmo:
“Eheheheheh
sì okay okay, diciamo così. Bene allora,
fantastico!”
Lo scheletro fece per alzarsi e porre fine al pranzo ma
Sousy gli afferrò una manica della felpa. Lo stava guardando
fisso, ancora, più
rossa della bottiglia del ketchup.
“Era un appuntamento, questo?” chiese, trepidante.
“Come scusa?”
“Dai non fare lo scemo… hai capito, no? Era un
appuntamento-appuntamento?”
Sans si guardò attorno. Doggo e il Cane piccino, a un paio
di tavoli di distanza, si erano infilati le zampe in bocca nel
tentativo di non
scoppiare a ridere, e Grillby sembrava badare ai fatti suoi, ma pareva
parecchio divertito pure lui. Qualcosa si smosse nella testolina del
piccolo
scheletro, e si voltò di nuovo verso la sua ammiratrice
diciassettenne,
sorridendo in modo furbetto.
“Umh… sì, perché
no.”
“Oh!”
Sousy all’improvviso avvampò peggio del gestore
del locale,
mollò la manica di Sans, si guardò attorno in
preda al panico e poi corse
fuori, eccitata e imbarazzata come non mai. Da oltre i muri e la porta
chiusa
del locale la si sentì strillare un acuto spacca finestre,
che sembrò recitare qualcosa
tipo sei uno scemooooooooooooooooooo.
Sans ridacchiò.
“Qui finirà molto male.”
Pensò Grillby tra sé e sé, finendo
di ripulire il suo bancone.
*Angolo autrice*
*Scusate.
*Dovevo troppo farlo.
*In realtà, questa doveva essere solo una shot, ma sta
diventando parecchio lunghina e quindi, di conseguenza, sarà
una piccola long. Magari di due, o tre capitoli.
*Naturalmente, questa fiction non intende prendere in giro nessuna
storia o autore in particolare, ma solo un genere parecchio usato, che
però non sempre ha molto senso (sanso, ehehehe).
*Spero vi sia piaciuta.
*Bye
Kiki