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Autore: AliceInWonderbook    27/05/2016    2 recensioni
[WORKING!AU]
Octavian x Rachel, in cui Octavian è dolcissimo, per favore dategli una chance!
Dalla storia:
Aggiustò un pochino la realtà, togliendosi molti difetti e attribuendosi pregi che non aveva, stravolgendo la sua vita e rendendola un insieme di sogni suoi e di esperienze degli altri.
L’unica cosa realmente sua in quel profilo era il nome, ma non gli interessava, voleva soltanto vivere un po’ di quei momenti emozionanti che stava spacciando per suoi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Octavian, Rachel Elizabeth Dare
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Meetic
 
Octavian era seduto alla sua scrivania, intento a controllare per l’ennesima volta i conti della casa editrice, che, come al solito, non tornavano.
Il documento di Excel era pieno di cifre e, in basso a destra, il totale dello scoperto sembrava voler saltare addosso al povero Octavian, che sospirò, massaggiandosi le tempie.
Sconsolato, chiuse la finestra di dialogo e andò su Internet, digitando velocemente la password per accedere a Facebook.
Iniziò a scorrere svogliatamente la bacheca, perdendosi nella vita degli altri, festeggiando compleanni a cui non era stato invitato, passando le vacanze in posti in cui non sarebbe mai andato e conoscendo gente che non aveva mai visto.
Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui si era divertito, né tantomeno l’ultima volta in cui era uscito con qualcuno.
Era un uomo solo con i suoi amici di Facebook, che vivevano la vita che lui aveva sempre sognato.
Tra una piscina illuminata, un paesaggio di montagna e un piatto di spaghetti, i suoi occhi furono catturati da un post sponsorizzato.
 
Meetic – Incontri per single
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Senza neanche rendersene conto, si ritrovò a cercare una sua foto da usare come immagine del profilo. Alla fine optò per uno scatto di molti anni prima, vicino alla gabbia dei panda, risalente ad una gita allo zoo. Quando ancora aveva amici.
‘Che sarà mai’ si disse ‘Va bene anche se non è recente’.
Si stava giusto chiedendo se fosse il caso di ritoccarla un pochino, quando sentì un lieve bussare alla porta.
“Avanti. È aperto” disse stancamente.
La chioma riccia di Rachel, la sua assistente, la precedette, come ogni volta che entrava in una stanza.
“Signor Doe… Octavian” esordì lei, esitante.
Non era abituata a chiamare il suo capo con il nome di battesimo, ma lui le aveva chiesto di farlo e lei eseguiva, sebbene le sue guance diventassero dello stesso rosso acceso dei suoi capelli ogni volta che il nome usciva dalle sue labbra.
“Dimmi pure, Rachel” disse gentilmente Octavian, abbassando lo schermo luminoso del portatile.
“Sono le sette. Io andrei, se non è un problema” disse timidamente la donna, lisciandosi la salopette sporca di vernice colorata.
Da che Octavian ricordava, Rachel aveva sempre indossato vestiti coperti di pittura, ma non si era mai soffermato a chiederle cosa dipingesse. Stava per farlo, ma poi si fermò, con la paura di risultare inopportuno.
Annuì semplicemente e le rivolse un sorriso stanco. Lei indugiò sull’uscio, come se stesse aspettando qualcosa, poi se ne andò, portando con sé il tocco di colore che aveva invaso il pallore della stanza.
Si chiuse la porta alle spalle, lasciando Octavian nella penombra della stanza, in compagnia dello schermo che illuminava il suo viso, dandogli un’inquietante sfumatura azzurrina, in un gioco di luci e ombre danzanti.
Octavian sospirò – sospirava molto nell’ultimo periodo – e tornò all’attività interrotta poco prima, decidendo di lasciare la foto senza effetti. Quando arrivò alla parte in cui era richiesto di compilare una presentazione, si fermò: era una persona normale, noiosa anche, e non sapeva quanto potesse interessare alla gente di conoscere uno come lui.
Dopo averci rimuginato sopra per qualche minuto, prese una decisione, dicendosi che tutti lo facevano, quindi se lo avesse fatto anche lui non ci sarebbe stato niente di male. Aggiustò un pochino la realtà, togliendosi molti difetti e attribuendosi pregi che non aveva, stravolgendo la sua vita e rendendola un insieme di sogni suoi e di esperienze degli altri.
L’unica cosa realmente sua in quel profilo era il nome, ma non gli interessava, voleva soltanto vivere un po’ di quei momenti emozionanti che stava spacciando per suoi.
Cliccò ‘Conferma’ e restò a fissare il vuoto, pensieroso, poi tornò a cercare un modo di pareggiare i conti.
L’ora di cena era ormai passata da un bel pezzo, quando Octavian uscì dall’ufficio, tirandosi su il bavero della giacca, per proteggersi dalle folate gelide del vento notturno di Boston.
Camminò per le strade buie e semideserte con le mani in tasca, fino a casa, una casa vuota, in cui non c’era nessuno che lo aspettasse.
Fino a qualche mese prima, la completa solitudine che era derivata dalla morte dei suoi genitori avvenuta tre anni prima, non gli aveva dato fastidio, anzi, trovava piacevole non avere nessuno intorno e non dover sottostare alle regole di nessuno. Gli amici che aveva allontanato non gli mancavano per niente, gli mancavano i suoi genitori.
Poi qualcosa era cambiato e un senso di nostalgia per quel mondo che si era lasciato alle spalle, ma era troppo orgoglioso per ricontattare qualcuno di quegli amici che aveva chiuso fuori dalla sua vita.
Salì i gradini che lo separavano dalla sua tana e ci si nascose dentro, ciabattando fino in cucina per mettere sul fuoco qualche rimasuglio della sera precedente.
Mangiò in silenzio, poi prese il telefono che aveva lasciato spento tutto il giorno e lo accese, restando sorpreso di trovare un SMS.
La sorpresa svanì quando si rese conto che era un messaggio dal sito di incontri a cui si era iscritto, che gli consigliava di scaricare l’app ‘per restare sempre aggiornato’.
Indugiò prima di andare nell’App Store, perché aveva paura che avere l’applicazione sempre a portata di mano potesse distrarlo dal lavoro, ma alla fine decise di avere abbastanza autocontrollo per non diventare dipendente.
Fece il login e stavolta il suo stupore durò, perché la casella dei messaggi di Meetic era piena, un numerino rosso che indicava che tre persone volevano parlare con lui.
Ne scelse una, dopo aver guardato tutti e tre i profili, quella che gli sembrava più adatta a lui. Si chiamava Melanie, era carina, interessata alla lettura, secondo quanto aveva scritto nella presentazione, e il suo libro preferito era Jane Eyre, esattamente come Octavian.
Lei gli aveva scritto un semplice ‘Ciao’ accompagnato da una faccina sorridente e Octavian si tormentò su cosa risponderle. Aveva paura di essere inopportuno, come quella sera con Rachel. Sorrise immaginandosi la ragazza tutta presa a dipingere, poi tornò a concentrarsi sul messaggio.
Scrisse ‘Ciao’ anche lui, con una faccina sorridente e aspettò.
La risposta arrivò poco dopo e diede inizio ad una lunga chat che durò per più di una settimana, prima che decidessero di uscire insieme, per conoscersi di persona.
Si erano accordati per un venerdì sera, perché il giorno dopo lei non doveva lavorare. L’appuntamento era davanti all’entrata del North End Park, da cui poi avrebbero raggiunto a piedi il Mother Anna’s Restaurant, consigliato da Melanie, perché lì cucinavano piatti vegetariani e italiani, in modo da unire la sua convinzione con l’amore di Octavian per il Bel Paese.
Alle otto meno venti Octavian era già nel luogo dell’appuntamento, stringendo in mano un piccolo mazzo di fiori. Si stava ripetendo mentalmente da quella mattina cosa avrebbe dovuto dirle, quali battute avrebbero potuto farla ridere, quali argomenti evitare.
Alle otto meno dieci, iniziò a sudare freddo, preoccupandosi che lei non si sarebbe presentata.
Alle otto in punto, si trovò davanti una donna sorridente, che somigliava molto a quella dell’immagine che aveva guardato in quella settimana, ma che aveva qualche anno in più. Non si scompose, le porse i fiori e la salutò gentilmente, seppur con fare impacciato, non sapendo bene cosa dire.
“Ci incamminiamo?” chiese alla fine.
“Si, il ristorante è qui vicino, ma abbiamo la prenotazione per le otto e mezza, sarà meglio andare” disse lei, con una vocina stridula, che poco si addiceva alla sua figura ben piazzata.
Percorsero la strada che li separava dal ristorante in silenzio, provando ad iniziare qualche frase ogni tanto, per intavolare un discorso, ma con scarso successo.
Quando arrivarono al ristorante, Octavian cercò di portare il discorso su Jane Eyre, ma ben presto si accorse che lei non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo e lasciò perdere anche quello.
A fine serata, entrambi si salutarono con la promessa di sentirsi al più presto per accordarsi per una seconda uscita, consapevoli che nessuno dei due l’avrebbe mantenuta.
Avevano parlato di nulla tutta la sera e la conversazione più lunga era stata uno sproloquio di Octavian su quanto fosse buona la vera pizza, che aveva assaggiato una volta in Italia. Lei non si era mostrata particolarmente interessata, ma aveva annuito cordialmente.
Melanie fu la prima di una lunga serie: Elizabeth, Kath, Isabelle, Emma, Allison, Camille… una lista di facce che si confondevano sempre di più nella testa di Octavian. Nessuna di loro era come appariva dal profilo e lui sapeva di non essere da meno.
All’ennesimo appuntamento miseramente fallito, conclusosi con una promessa vuota, prese coraggio e andò sul suo profilo, stravolgendo ogni cosa e rimettendo tutto come sarebbe dovuto essere dall’inizio.
Era in ufficio e fissava la casella dei messaggi, guardando le foto delle varie donne e facendo caso a quanto fossero false. Guardò la sua e gli fece lo stesso effetto, quindi si precipitò a chiamare Rachel.
Senza sapere perché, le raccontò tutta la storia, i suoi innumerevoli fallimenti e la sua idea di cambiare tutto.
“Mi faresti una nuova foto, per favore?” chiese infine, vergognandosi un po’.
Lei accettò, ma gli disse che andava contro i suoi principi scattare una foto con un telefono cellulare e che aveva bisogno della sua attrezzatura.
“Facciamo così, oggi usciamo prima e passiamo a casa mia a prendere la macchina fotografica, poi andiamo al parco e le… ti faccio una nuova foto, ok?” propose lei, con un sorriso scintillante.
“Va bene, ci sto” acconsentì Octavian.
Passò la giornata a contare i minuti che mancavano alle quattro, scattando in piedi non appena la lancetta fu al suo posto.
Trovò Rachel ad aspettarlo davanti alla porta, una fascia verde che teneva indietro i suoi capelli indomabili, facendole risaltare gli occhi.
Fecero il tragitto fino a casa sua confabulando sul nuovo progetto editoriale e su quel libro tanto brutto che erano stati costretti a rifiutare il giorno prima.
Rachel era un fiume in piena e cominciava ad abituarsi a chiamare Octavian per nome, senza dargli del lei.
“Aspettami qui, corro su a prendere la macchina fotografica e torno. La casa è un caos e non vorrei fartela vedere” disse allegramente Rachel, prima di precipitarsi su per le scale.
Octavian si stupì di quanta vitalità sprizzasse quella donna così minuta, che era capace di riempire una stanza semplicemente sorridendo.
Scosse la testa e si mise le mani in tasca.
“Eccomi qua!” annunciò la donna, agitando la macchina fotografica.
Mentre si dirigevano verso il parco, lui finalmente le chiese cosa dipingesse e lei iniziò a raccontargli la sua carriera artistica che non riusciva a decollare, nonostante tutti le dicessero quanto fosse brava.
“Ho un’idea – disse all’improvviso Octavian – Che ne dici di illustrare la copertina del prossimo libro in pubblicazione? Magari i clienti verranno attirati e lo compreranno più volentieri”.
“Ma se non sai nemmeno come disegno!” disse Rachel sbigottita.
Octavian fece spallucce.
“Mi fido degli altri”.
Il pomeriggio passò in un lampo, parlarono di tutto e di niente, si divertirono come Octavian non si divertiva da anni e a fine serata avevano riso così tanto che entrambi avevano i crampi allo stomaco.
“Ti mando le foto per e-mail” disse Rachel, quando arrivò il momento di congedarsi.
Lui la ringraziò e se ne andò fischiettando.
Quella sera stessa, sul tardi, lui cambiò la sua immagine del profilo, scegliendo fra le centinaia di foto – gli artisti fanno tantissimi scatti anche se gliene chiedi uno solo – una in cui sorrideva, che Rachel doveva avergli fatto di nascosto, perché sembrava così naturale e in pace con il mondo.
Impostata la foto, cambiò la descrizione e scrisse la verità. Pregi e difetti, anche se questi ultimi erano nettamente di più.
Era passato un mese da quando aveva resettato il profilo e nessuno più gli scriveva per conoscerlo. Octavian constatò amareggiato quanto quel sito fosse alimentato da illusioni e si chiese per quale motivo fosse caduto anche lui nella trappola.
Una sera di giugno, un bip riscosse Octavian dalla sua lettura. Afferrò il telefono e guardò le notifiche: aveva un nuovo messaggio su Meetic da una certa ‘X Girl’, che non aveva alcuna foto, né descrizione.
Timoroso, cominciò a parlare con lei, conversazione che si protrasse fino agli inizi di luglio, quando finalmente lui le chiese una foto.
La risposta fu lapidaria. Se voleva vederla, doveva essere di persona e non doveva crearsi aspettative, perché lei sapeva di non essere bella.
Octavian, prima di prendere una decisione, lo raccontò a Rachel, che gli raccomandò soltanto di essere prudente, ma non tentò di dissuaderlo dalla sua idea di incontrare la misteriosa ragazza, anzi, sembrava curiosa quanto lui.
Ansiosissimo, il giorno dell’appuntamento, arrivò con un’ora di anticipo e si sedette su una panchina ad aspettare, leggendo distrattamente ‘Demian’ di Herman Hesse.
All’ora dell’appuntamento, un bambino si avvicinò a lui e gli porse una busta rossa, firmata X Girl, che lui prese e aprì, dopo aver ringraziato il piccoletto.
 
Sei ancora sicuro di volermi incontrare?
Octavian era sicurissimo e lo scrisse sul retro del cartoncino, con una penna gentilmente fornita dal bambino che lo fissava con i grandi occhi verdi spalancati.
Prese la busta e scappò in un bar lì vicino, da cui uscì poco dopo, porgendogli un’altra busta, stavolta arancione.
 
Ho un segreto.
 
Octavian le rispose che ognuno ne aveva almeno uno e lasciò che lo strano postino facesse il suo lavoro.
 
Ho un figlio. Sei ancora in tempo per andartene.
 
Queste parole si impressero nella mente di Octavian, balzando fuori dal cartoncino giallo. Era spaventato, si, ma anche stranamente euforico. Aveva sempre voluto un figlio e se le cose con la ragazza misteriosa fossero andate bene… Non finì il pensiero, ma compilò il retro del cartoncino. Non se ne sarebbe andato.
L’ultimo cartoncino era verde e diceva semplicemente:
 
Prendi per mano il piccolo ed entra nel bar, ti guiderà lui.
 
Octavian eseguì e si ritrovò in un bar affollato. Il bambino lo condusse nel seminterrato adibito a ristorante e lo fece sedere ad un tavolo apparentemente vuoto. Si sedette accanto a lui e aspettò, senza dire una parola.
Dopo qualche minuto, che ad Octavian sembrarono ore, una nuvola di capelli rossi fece la sua comparsa, con un sorriso timido stampato in faccia.
“Rachel?” chiese Octavian, perplesso.
“Ciao, Octavian” mormorò lei, sedendosi su una delle due sedie libere rimaste.
“Cosa ci… - cominciò lui, poi capì – Oh”.
Lei non disse nulla, si limitò a guardarlo, gli occhi verdi velati di preoccupazione.
Il bambino, che aveva gli stessi occhi di lei, continuava a spostare lo sguardo da uno all’altra, spazientito.
“Parlate o mangiamo?” chiese infine, con la superiorità che un bambino di cinque anni possiede per dote naturale.
Scoppiarono a ridere entrambi, beccandosi lo sguardo assassino del piccolo, che voleva essere preso sul serio.
Quella risata segnò l’inizio della nuova vita di Octavian, una vita veramente sua, finalmente.


NdA: Salve! Intanto, se siete arrivati fin qui, grazie, perché so che Octavian non è un personaggio molto amato, quindi so che trovarsi davanti una storia in cui lui è il protagonista (per quanto OOC) non deve essere molto incoraggiante.
La storia nasce come compito di letteratura, in cui bisognava attualizzare il palazzo di Atlante di Ariosto, in un testo di qualsiasi genere. Io ho scelto il racconto, utilizzando i personaggi di Rick come protagonisti e trasformando il palazzo in un computer, in questo caso, o il mago in uno spacciatore, in un'altra storia che pubblicherò a breve (si spera), dopo averla revisionata e aver modificato il finale.
Informazione di servizio, che può o non può esservi utile. Sto lavorando su una long Solangelo, che dovrebbe venire di almeno cinque capitoli, sempre che io riesca ad uscirne viva.
E niente, spero che abbiate amato almeno un pochino Octavian, buona *qualsiasi parte della giornata stiate vivendo*.
Un bacio e un biscotto della fortuna,
Alice In Wonderbook

 
  
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