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Autore: Illidan    27/05/2016    3 recensioni
“Tu dovrai sorvegliare questo ingresso giorno e notte fino a nuovo ordine, sotto Orchetto semplice di seconda categoria Pirlakh!” A volte alcuni ordini apparentemente futili si rivelano non essere tali.
Breve storia di come Pirlakh trasgredì un simile ordine, e di ciò che ne seguì.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riflessioni di un Orchetto solitario

Pirlakh contemplava affascinato le nuvole nere che si muovevano nel cielo sopra di lui. Dopo averne individuate una che assomigliava ad una bestia alata, una che sembrava proprio Lugburz fatta di melma allo zenzero e un’altra che gli sembrava una scritta nel linguaggio nero, ‘Torna al tuo posto, pirla!’, decise che era giunto il momento di tornare alla propria noiosa postazione di guardia.
Trotterellando tranquillamente tra le rocce e i lapilli si accorse però che c’era qualcosa che non andava: infatti sentiva dei suoni che non potevano essere il solito soffiare del vento o il monotono gorgogliare e ribollire del vulcano.
‘Qualcuno è venuto a trovarmi!’ pensò, e per la gioia si mise a correre. Una volta che fu giunto vicino all’ingresso senti chiaramente delle urla confuse provenire da dentro il monte.
‘Certo, l’essere entrati senza chiedere il permesso è proprio da maleducati, ma che importa? Finalmente una visita!’ pensò felice correndo verso l’ingresso. Poi gli venne in mente che suo fratello Grishnakh gli aveva detto più volte che gli Orchi non sono mai felici e allora cercò di sentirsi malvagiamente compiaciuto, ma, a parte lo sfregarsi le mani, sentì che non gli stava riuscendo proprio bene.
Ma tutti questi pensieri svanirono quando arrivò all’ingresso e vide, attraverso i vapori e la polvere delle rocce che cadevano dal soffitto, due figure a terra e un esserino scheletrico danzare felice proprio sul bordo della piattaforma. Dopo qualche attimo riuscì a mettere a fuoco meglio la scena e riconobbe la creaturina pallida che rideva sguaiatamente rivolta a qualcosa che teneva in mano.
‘Quello è il prigioniero psicopatico che mi avevano dato da torturare!’ pensò ‘E sembra che sia felice: chissà, forse è merito anche della mia breve serie di sedute psicanalitiche. Avevo cercato di convincerlo a lasciarsi alle spalle il fantomatico ‘tesoro perduto’ di cui parlava tanto ed aprirsi alla vita nuovamente, cercando di farsi dei nuovi amici e di essere felice anche senza bisogno del possesso di qualcosa di materiale.’
Osservò le figure per terra. ‘Forse si è fatto degli amici, anche se non capisco come mai non stiano danzando con lui. Sono davvero strani, anche nell’aspetto… Mah. Però sono contento che sia così felice, quasi quasi gli farò uno sconto. Eh, dopotutto non mi ha ancora pagato: devo pur mangiare anch’io, no?’
In quell’istante Gollum mise un piede in fallo e cadde giù nella voragine del Fato.
‘Oh… non pensavo avesse delle tendenze suicide…’ rifletté Pirlakh ‘Questo d’altronde spiegherebbe meglio il suo strano desiderio di danzare sul bordo di una piattaforma su un lago di lava. Forse questi altri due volevano fermarlo… Credo che dovrei interrogarli. In ogni caso, addio parcella: è uno degli inconvenienti del mestiere, suppongo…’ pensò Pirlakh e fece per avvicinarsi a Frodo e Sam.
Ma in quel momento un atroce suono acuto squarciò l’aria e il monte fu scosso fin dalle fondamenta. Pirlakh corse fuori d’istinto per cercare la sorgente di quella specie di grido e vide in lontananza Lugburz piegarsi su se stessa e crollare.
-Oh-oh…- mormorò sudando freddo –Non ho capito cosa sia successo, ma mi sa che l’ho fatta grossa nel momento in cui ho scelto quando fare la pausa oggi.-
Con un ultimo atroce grido la luce rossa che prima era sul pinnacolo della Torre Nera si estinse e la torre crollò del tutto. In aria gli Spettri dell’Anello che stavano volando verso il monte urlarono all’unisono e svanirono, mentre le bestie alate precipitavano al suolo, le loro ali accartocciate e appassite.
-Non so chi, ma qualcuno me la farà pagare cara…- mormorò Pirlakh, mentre il terrore in lui cresceva.
Infine il monte tuonò e dalle viscere un fiume di lava salì verso la cima. Pirlakh non stette certo a godersi lo spettacolo pirotecnico: all’inizio del primo rombo cominciò a correre disperatamente giù dalla montagna, verso sud, lontano da Lugburz e dai confini occidentali.
 
Corse tutto il giorno e la notte, poi si rese conto di non sapere o non aver mai saputo con precisione come distinguere il giorno e la notte per via di quelle nuvole. Immediatamente però gli tornò in mente quello che aveva visto e un pensiero scacciò tutti gli altri: ‘Devo nascondermi il più lontano possibile, prima che qualcuno venga a cercarmi!’
Tuttavia, ad un certo punto anche il terrore non riuscì più a sospingere il suo corpo stremato e si accasciò sul terreno pietroso. Dormì, ma non fu un sonno tranquillo.
Sognò di venire sottoposto ad un processo per quello che aveva fatto.
Vide l’Occhio del Padrone furibondo con un cerotto enorme sopra l’iride rossa e i Nove tutti ingessati sotto i mantelli neri in seguito alla caduta delle loro cavalcature.
La Bocca di Sauron elencava con voce terribile tutte le ovvie torture e punizioni corporali che avrebbe subito, ma fin lì nulla di strano. Poi lo condannò anche a pulire le stalle delle bestie alate una volta alla settimana fino alla fine dei suoi giorni e ad offrirgli una visita odontoiatrica gratuita ogni mese.
Pirlakh tentò di difendersi, ma invano: infatti comparve lo Snaga letterato che si era appropriato della sua opera letteraria (con lenta e atroce condanna a morte annessa) e testimoniò che era tutta colpa di Pirlakh per aver spinto quella creaturina scheletrica al suicidio in seguito ad aver esercitato il mestiere di psicanalista senza alcun titolo di dottore.
Infine aggiunse:- E poi quelle tue barzellette erano una noia mortale!-
Al sentire queste parole, tutto il pubblico del processo vociò in segno di approvazione e Pirlakh si svegliò sudato.
 
Nei giorni successivi continuò a camminare verso oriente, mentre cercava di ricostruire l’accaduto.
Le sue provviste scarseggiavano, ma per fortuna era un Orco: poteva mangiare più o meno di tutto senza problemi, tanto aveva sempre dolori alla pancia. E le radici secche erano una novità, rispetto alla carne marcia dei mesi precedenti. Anzi, stava anche cominciando a considerare l’idea di classificare le radici e le rade erbette per studiare qualche nuovo tipo di piatto vegetariano per Orchi. Ma oggettivamente al momento era un’altra la vera priorità.
Una sera giunse infine sulle rive del Mare di Nùrnen. Si sedette su un masso e cominciò a tracciare un diagramma nella nera sabbia mista a cenere per fare il punto della situazione.
-Dunque, io mi sono assentato per un po’ e nel frattempo quei due folletti e lo psicopatico scheletrico sono entrati nella montagna. Poi hanno fatto qualcosa e alla fine lo psicopatico si è messo a danzare sul bordo guardando con gioia qualcosa che aveva in mano, finché è caduto.-
Pirlakh osservò il suo disegno stilizzato che riproduceva la scena.
-In quel momento Lugburz è cominciata a crollare. Qual è il nesso fra queste due cose?- si domandò guardando la freccia che univa i due disegni.
-Purtroppo il Padrone era sempre molto geloso dei suoi segreti… ma una volta avevo sentito Grishnakh bisbigliare nel sonno a proposito di un oggetto importante per il Padrone. Possibile che fosse finito nelle mani della creaturina psicopatica e fosse il suo ‘tesoro’?-
Pirlakh si sedette su un masso con la testa fra le mani.
-Ah, troppo difficile, sembra materiale per un romanzo! Quello che è certo è che la torre del Padrone è crollata, e Lui è sparito assieme agli Strilloni.-
Pirlakh rimuginò un attimo sul soprannome dato ai Nazgul: aveva tentato anche lui di inventarne uno, ma ‘sotto il vestito niente’ non aveva mai fatto presa.
-Dunque,- riprese –questo significa molto probabilmente che il Padrone è stato sconfitto… di nuovo. E quindi anche gli altri Orchi e gli eserciti degli Uomini andati al Nero Cancello potrebbero non essere finiti bene. Quindi probabilmente nessuno verrà a punirmi per la mia piccola mancanza. Ma non solo: potrei essere l’ultimo Orco a Mordor.-
Si alzò in piedi, esibendo un sorriso malvagio perfettamente riuscito.
-Allora posso ritenermi il nuovo Signore di Mordor!- Saltò sulla pietra. –Pirlakh I, re della montagna di fuoco, delle pianure desolate e del mare morto di Nùrnen!-
In quel momento notò una lucertola strisciare fra le rocce.
-Tu! Rendi omaggio al nuovo re di Mordor!-
La lucertola non lo degnò di uno sguardo.
-Ah, è così? Allora ti condanno a morte.-
E sguainò una corta lama ricurva arrugginita.
-Però in effetti non so quanti altri sudditi potrei avere, escluse le rocce, la lava, l’acqua salmastra e le nuvole nere. Quindi, ti concedo il perdono regale e ti comando di continuare a strisciare sulle rocce come hai sempre fatto.-
La lucertola nel frattempo si era tranquillamente allontanata.
-Non è così difficile essere re, dopotutto.- riflettè Pirlakh –Basta dare ai propri sudditi solo quegli ordini ai quali si sa che obbediranno.-
A quel punto gli tornò in mente quello che aveva pensato poco fa: ossia che non avrebbe avuto molti sudditi, visto che probabilmente non c’erano molti Orchi rimasti a Mordor. Anzi, lui poteva essere l’ultimo. Passata l’euforia precedente, questo pensiero lo colpì duramente, Il senso di solitudine provato nei mesi precedenti si acuì ancora di più e si sedette sulla roccia.
‘Forse dopotutto potrei non essere del tutto l’ultimo. In ogni caso, siamo di certo una specie a rischio. Se solo ci fosse una qualche associazione per proteggere le specie a rischio nella Terra di Mezzo! Quei tark si sentono tanto valorosi e fighi, ma ci hanno forse mai pensato? Se non è egoismo questo… Comunque, se ci fosse un’altra decina di Orchi maschi e femmine potremmo allontanare il rischio dell’estinzione ricominciando a riprodurci.’
Quest’ultima parola tuttavia rappresentava ancora un grande interrogativo nella mente di Pirlakh.
Suo padre purtroppo non era vissuto abbastanza da fargli il ‘discorsetto sul sesso’, e sua madre non era mai stata abbastanza presente, da quando era stata promossa a capitano del Cancello. Carica ereditata dal consorte, dopo che lei lo aveva ucciso.
Suo fratello maggiore, lui avrebbe dovuto aiutarlo, spiegargli quanto necessario. Invece tutto ciò che aveva ricevuto era stato alquanto confuso.
 
-Vedi Pirlakh…- aveva borbottato Grishnakh visibilmente a disagio –quando… quando un papà e una mamma si vogliono tanto tanto male… cioè si picchiano, si mordono, si saltano addosso di continuo e si fanno tanto male da urlare durante la notte… ehhhr… poi qualche mese dopo arriva una bestia alata con una nidiata di orribili marmocchi urlanti e sporchi in una cesta che regge con le zampe…-
-Ma ne sei sicuro, fratellone?- aveva interloquito Pirlakh un po’ confuso. –Ce ne sono abbastanza di quegli animali alati? E poi non ho ancora ben capito cosa di preciso devono fare mamma e papà Orco per farli venire. Ma i cuccioli di Orco non si trovavano sotto le foglie di quelle piante fetide e marce che crescono nella valle di Morgul e dove c’è un po’ d’acqua? Io avevo sentito dire così…-
-Ehhhr… Oh, insomma Pirlakh, te lo spiegherò di nuovo quando sarai più grande!- aveva concluso Grishnakh.
-Ma io sono grande! Almeno credo… quanti anni fa sono nato? Ehi, ma ora che ci penso: quando sono nato? Perché non abbiamo mai festeggiato il mio compleanno? E il tuo Grishnakh?- A quel punto Grishnakh si era preso la testa fra le mani, aveva ruggito ferocemente e poi sbottato:- Noi siamo Orchi! Non facciamo certe cose come feste per i compleanni! Facciamo la festa ai nostri nemici, ma è un’altra cosa, te l’ho spiegato! E non chiamarmi ‘fratellone’ in pubblico! Mi fai sempre perdere la pazienza!- Dicendo questo, aveva sguainato la lunga scimitarra nera e aveva sbudellato uno Snaga disgraziatamente troppo vicino.
 
Pirlakh però non si era dato per vinto: origliando i discorsi del fratello con alcuni superiori aveva saputo di una pietra magica nella torre di Lugburz con la proprietà di permettere di conoscere delle cose. O almeno così aveva capito.
Allora una notte si era intrufolato nella torre e, dopo aver distratto le guardie con una delle poche copie rimaste del suo libro di barzellette su enormi bulbi oculari che danno ordini dalla cima di una torre, aveva finalmente raggiunto la stanza dove veniva custodita la pietra. Indubbiamente vi era riuscito così facilmente poiché mai Sauron si sarebbe aspettato che qualcuno dei suoi servi fosse così sfrontato e stupido da cercare di usare il palantìr.
Pirlakh mise quindi le mani sulla pietra rotonda al cui centro brillava un fuoco pallido e pose mentalmente la sua domanda: come si riproducono gli Orchi?
Una voce bassa e minacciosa gli rispose:- Tu sai come gli Orchi sono venuti al mondo?-
-No che non lo so, te lo sto chiedendo.- ribatté Pirlakh un po’ scocciato.
-Erano Elfi una volta. Catturati dai poteri oscuri, torturati e mutilati. Una forma di vita rovinata e terribile. E ora…- continuò la voce.
-Ah, sì? Parecchio interessante, ma non ho chiesto una lezione di teoria dell’evoluzione orchesca, a me basta sapere come ci riproduciamo.- disse Pirlakh sovrastando l’ultima parte del discorso.
In quel momento nel globo si formarono delle immagini: una caverna sotterranea, un vecchio vestito di bianco con barba e capelli bianchi con alcune sfumature nere e un bastone nero in mano attorniato da alcuni Snaga e una pozza di fango dove altri Snaga rimestavano con dei bastoni. Poi dalla pozza era emerso un Orco più alto e muscoloso del normale, già completamente formato, e arrabbiato al punto da strangolare lo Snaga più vicino.
Pirlakh aveva allora allontanato le mani dalla pietra, conscio di non poter restare molto a lungo.
Tuttavia quell’incursione gli aveva solo confuso le idee, alla fine: quindi né la storia della bestia alata né quella delle foglie marce erano vere, e invece gli orchi nascevano da strane pozze di melma grazie ad un qualche tipo di intervento da parte di un vecchio vestito di bianco? Oppure anche questa era una baggianata mostrata da quella stupida pietra (che comunque non doveva funzionare poi molto bene visto che non aveva risposto direttamente alla sua domanda)?
Pirlakh proprio non sapeva cosa pensare.
Certo, avrebbe sempre potuto provare a cercare un’Orchessa con cui fare quello che gli aveva vagamente descritto il fratello, ma gli scarsi tentativi di approccio erano finiti con lui immerso in una pozza del suo stesso sangue.
 
Immerso in questi pensieri e sdraiato sulla sabbia, con il lento mormorio di piccole onde in sottofondo, Pirlakh si sentì ancora più solo di prima.
 
La mattina dopo una tenue luce smorta sfiorava le oscure acque del mare. Pirlakh si alzò e si avvicinò alla riva per bere qualcosa e sciacquarsi la faccia.
Mentre era chino sull’acqua vide un’altra immagine riflessa oltre alla sua. Fece appena in tempo a girarsi che la creatura sconosciuta gli saltò addosso e lo sbatté giù nell’acqua poco profonda.
 
 
 
 
Non pensavo che avrei scritto un seguito delle disavventure di Pirlakh. L’idea di un ‘dopo’ si è formata da sé, mettendo assieme una serie di spunti comici, ma anche grazie alla simpatia che Pirlakh ha suscitato, almeno stando ai commenti (per i quali ringrazio ancora tutti).
Spero che questo secondo capitolo non risulti inferiore al primo. In ogni caso, a questo punto è chiaro che ho già in mente un terzo. Ma oltre quello non so.
Ringrazio ancora Suikotsu per aver letto in anteprima questo capitolo ed avermi dato il suo parere e qualche consiglio per migliorarne l’impaginazione.
 
‘tark’ è un termine usato dagli Orchetti per indicare gli uomini di Gondor. Nùrnen è il mare interno di Mordor.
La scena che Pirlakh vede nel palantìr invece viene dalla versione cinematografica della Compagnia dell’Anello: quel monologo di Saruman mi sembrava scritto apposta per questa serie di gag sulla riproduzione orchesca.
   
 
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