Don't let go.

«Allora ci vediamo», asserii, con la mia solita indifferenza stampata sul viso; non sapevo cos'altro dire esattamente, o meglio, pensavo non ci fosse bisogno di dire altro, non era un addio e, di certo, uno struggente "arrivederci" mi avrebbe solo irritato.
Di rimando, lei fece un semplice cenno col capo.
Potevo quasi percepire le sue iridi che, a mano a mano, si inumidivano.
Il capo chino, le mani congiunte al petto, quello sguardo colmo di malinconia e, in parte, da angoscia: era ciò che caratterizzava Lucinda al momento della mia partenza.
Potei vedere chiaramente come si mordicchiava il labbro inferiore, forse per ansia, o forse perché stava disperatamente cercando di comunicarmi qualcosa che, da parte mia, non riuscivo semplicemente a comprendere.

«Niente da aggiungere?» chiesi, squadrandola da capo a piedi; titubante, lei alzò lievemente il capo sussurrando un impercettibile «Farò il tifo per te da casa» le sue parole erano quasi sospirate, sembrava quasi si stesse trattenendo.
«Tsk, ovvio, per chi mi hai presso, ragazzina patetica?»

La sentii sussultare nell'udire quel "nomignolo" che le avevo affibiato tempo addietro.
Non riuscii mai a capire se le desse fastidio meno ~~-personalmente, penso che qualunque persona normale ne sarebbe infastidita~~-, quindi continuavo a chiamarla così senza troppi problemi.

Sentii il fischio del treno, il quale rimbombò nelle mie orecchie. Probabilmente avevo perso l'uso dell'udito.
«Quanto è fastidioso...» sbottai, leggermente nervoso.

«Uhm...» mi sentii afferrare la manica della felpa, una stretta dolce, le mani morbide di Lucinda non avrebbero mai potuto averne una salda. Sapeva bene che avrei potuto strattonarla via in ogni momento.
«Devi partire per... forza?» domandò, mentre cercava di portare il mio braccio a sé.

Sospirai, fissandola con aria di sufficienza.
«Lo so che è egoista ed infantile da parte mia... però, anche a Sinnoh, con me, potresti allenarti e diventare più forte, no?»

Non era abbastanza.

Sapeva bene che i suoi sforzi di convincermi nel restare erano del tutto vani; ma, nonostante ciò, continuava imperterrita, da buona testarda qual era.
«Ne abbiamo già parlato» risposi, scocciato. «Non è abbastanza, lo sai, non essere ripetitiva, Hoenn è il posto migliore per allenarmi»
«Bene, e allora--»
«No, non verrai con me. Te l'ho già detto, mi saresti solo d'intralcio. E poi hai le gare ed i tuoi amici, che sono qui, a cui pensare.»
Per un attimo, la sua presa si fece traballante. «Ahh, fai come ti pare!» sbraitò, riprendendosi completamente dallo stato di "depressione" che aveva fino a qualche minuto prima.
«Ma non prima di essermi presa il mio premio di consolazione!»
«Cosa vai dicen--»

Le bastò un secondo.
Scattò subito in punta di piedi e si avvicinò pericolosamente al mio viso.
Mi feci distrarre troppo facilmente.
Non che me ne pentii, sia chiaro.
Ma questo sarà troppo da ammettere persino per me.

Delle soffici e dolci labbra andarono a congiungersi alle mie.
Fu per qualche secondo, ma entrambi riuscimmo a bearci della "magia" del momento; che stranezza.
Lucinda scattò nuovamente all'indietro, lasciandomi ad occhi spalancati, ed un viso incredulo.
Se la rise, portando l'indice sul labbro inferiore e sfiorandolo appena, quasi come per rinfacciarmi la sua "vittoria".

[...]

«Paul.»
«Mh?» istintivamente, mi scappò un sorriso.
«Ti amo»
«Mh» mugugnai sottovoce.
«Anche io, Lucinda», le porte del treno si chiusero, dividendoci. «Anche io.»