La prima volta
che Rogue l'ha visto era in una gabbia dalle sbarre d'acciaio; dopo
d'allora, la gabbia è rimasta. Diversa, fatta di tutto ciò che
circonda Logan, delle pareti di una stanza, delle regole di una
scuola, degli ordini del Professor Summers – diversa, invisibile,
eppure sempre presente.
Anche ora che Wolverine esce dalla doccia, un asciugamano alla vita
e un sigaro acceso tra i denti.
È un animale che dilata le narici e cerca odori nemici, scoprendo
immediatamente chi ha invaso il territorio. Gli occhi di lupo la
scrutano e dalla bocca si leva una zaffata di fumo e un mezzo
grugnito che funge da saluto. Nessuna sorpresa.
«Potevi aspettare che almeno mi vestissi, kid.» La voce è
ruvida e, se le sue mani non possono toccarla, basta quella a
graffiarne la pelle, come artigli che le scorrono addosso, le
strappano i vestiti e lasciano marchi sul suo corpo.
Logan inarca un sopracciglio, sbuffa dal naso e non smette di
guardarla, di farla sentire una preda braccata, intrappolata nella
sua stessa gabbia. Ghigna. Non è il più recettivo quando si parla di
sentimenti – specialmente se femminili (o di Cyclops, ma siamo
sempre lì) – ma gli odori, quelli li conosce e riconosce tutti. E
Rogue profuma di eccitazione.
Nemmeno si accorge del modo in cui avanza verso di lei, le spalle
incurvate e i denti digrignati intorno al sigaro, sin quasi a
tranciarne la punta morsa, con cui la lingua gioca, spingendolo da
un lato all'altro. Quando la raggiunge, è un bestione curvo su di
lei che ingoia il profumo dolce della sua pelle: bagnoschiuma alle
mandorle, deodorante alla vaniglia, shampoo alla camomilla e il
tutto condito da vampate di eccitazione. Dio solo sa se quella
ragazzina poteva rendersi più appetibile!
«Dio, Rogue.» ringhia, il sigaro accartocciato nella mano e
spento contro il palmo a combattere con il dolore l'impulso
primordiale di saltarle addosso.
Rogue si tira indietro con le spalle al muro, piccata.
«Non… non ho nemmeno ancora parlato, Logan!»
«Non ne hai bisogno, te l'assicuro.»
«Mi stai… annusando?» inizia a capire (a rendersi conto)
soltanto ora e, al grugnito d'assenso di lui, arrossisce,
consapevole «Non… non puoi dare la colpa a me! Ti sei visto? Hai un
asciugamano addosso, Logan. Solo. Un. Asciugamano.»
E non è solo quello, è anche il modo in cui Wolverine se ne frega di
essere più nudo che vestito, dà sfoggio dei suoi muscoli contratti,
di una forza brutale che Rogue vede gonfiare le vene e, come un
animale affamato, la bracca spingendola in un angolo.
Le dita le formicolano, nervosa le incrocia, sente i guanti tirare e
mai più di ora l'idea di una cura per la sua malattia le
sembra così buona. Una cura per poter toccare Logan, una cura per
poter essere toccata da lui.
«Tu mi uccidi.»
Una cura per impedirlo.
Logan si tira indietro, anche se il suo pugno chiuso (Rogue sente
odore di carne bruciata e fumo di sigaro) si è sollevato e poggia
vicinissimo alla nuca di lei.
«Forza, vai prima che ti mangi.»
E una cura per poter diventare il dessert di Wolverine. |