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Autore: Rory Drakon    31/05/2016    5 recensioni
Alucard ha alle sue spalle un passato oscuro e doloroso, che l'ha profondamente segnato nel cuore e nell'animo, per tutti gli anni che ha passato al servizio dell'Organizzazione Hellsing.
Che cosa accadrebbe se nella sua vita entrasse qualcuno in grado di penetrare la corazza che ha costruito tra sé e la sua umanità perduta, i suoi sentimenti più profondi?
Anche i mostri hanno un cuore e sono capaci di amare.
Anche il Re Immortale, il Conte.
(ST0RIA SOSPESA)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Alucard, Nuovo Personaggio, Seras Victoria
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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«MA COME SI FA A FERMARE QUESTO AFFAREEEEEEEEEEEEEEE!!!!» urlò Seras mentre, assieme a Joshua, Christ, Subaru, Luke e Alucard, scendeva lungo un tortuoso e ripido scivolo nero che non accennava a voler smettere di scendere giù e sempre più giù, nell’oscurità.
Poi finalmente, lo scivolo finì, e i sei amici vennero scagliati in aria, per poi precipitare a terra. Alucard si librò nell’aria come un trapezista e vi indugiò troppo a lungo, e atterrò con troppa leggerezza e Christ fece una capriola in aria e atterrò a ginocchia piegate per attutire la caduta, assieme a Subaru.
Luke, invece, atterrò per terra di faccia, in malo modo, vomitando alcune parolacce molto creative, in inglese e in dialetto americano, massaggiandosi il viso.
Joshua fece un volo di metri e cadde malamente di schiena, ma non fece nemmeno in tempo a rialzarsi che Seras finì sopra di lui, prona. Le loro labbra si toccarono senza che nessuno dei due potesse impedirlo: entrambi sgranarono gli occhi, rossi come un peperone.
Seras si staccò quasi subito, rimanendo però prona sopra Joshua, che la fissava dritto negli occhi.
I poveretti avevano l’espressione di due che avevano ricevuto un brutto colpo e ancora non riuscivano a capire cosa stesse succedendo.
Luke e Christ sghignazzarono senza ritegno, gustandosi la scena.
«Un po’ più vicini, piccioncini!» fischiò Luke.
«Piantala, idiota!» sibilò Subaru, tirandogli un pugno sul braccio che avrebbe steso un bufalo.
«Ahia! Ma sei scemo!?» protestò Luke, massaggiandosi la parte dolorante.
«Subaru! Sei cattivo! Non farlo più!» esclamò Christ, lanciandogli un’occhiataccia.
«Ahia! Porco mondo! Me l’hai praticamente rotto questo braccio!»
«Chiudi il becco, o perlomeno soffri in silenzio, ci farai scoprire!» lo fulminò Alucard, poi si voltò verso Seras e Joshua. «E voi due... allontanatevi subito l’uno dall’altro se non volete farmi diventare diabetico!»
«S-Sì, mio Signore» balbettò Seras, togliendosi da sopra di Joshua, il quale si alzò in piedi, entrambi i visi dei due giovani erano scarlatti, pareva che stessero per morire dall’imbarazzo.
«Dove siamo finiti?» domandò Subaru.
«Questo dev’essere il salone centrale che porta nelle varie stanze» disse Christ.
Si trovavano in una sala immensa, però priva di qualsiasi oggetto decorativo, completamente nera, che dava su un corridoio largo e molto lungo che sembrava non avere fine.
«Mi sembra un film horror» commentò Luke.
«Effettivamente i mostri non mancano» rise Alucard.
«Spero tanto che Alyssa e Sebastian stiano bene» mormorò Seras.
«Stai scherzando? Quei due sono guerrieri! Nervi d’acciaio! Anime di platino! Così tosti tosti da non sentire niente! Boogymen se la farà sotto dalla paura!» esclamò Luke.
«Adesso che cosa facciamo?» domandò Joshua.
«L’idea non mi piace, ma penso che dovremo dividerci» disse Alucard. «Alcuni di noi cercheranno Rory, altri mio fratello e la Strega dei Gioielli, altri gli Apostoli rimanenti».
«Va bene. Allora io vado a cercare mia sorella!» esclamò Joshua, sguainando i sai ninja.
«Allora vengo con te» disse Seras, fissandolo seria.
I due si scambiarono un sorriso dolce.
Luke ridacchiò. «Io potrei andare con i piccioncini e guardarli mentre si mettono a limo… ehm, cioè, andrei con loro per controllare che non facciano cose disdicevoli…»
«No, tu andrai da solo, e cercherai Satella e mio fratello» disse Alucard.
«Ehi! Perché proprio io?»
«Perché, ragazzino stupido, logorroico e petulante, per quanto io detesti oltre ogni dire doverlo ammettere… io… mi fido di te».
Luke strabuzzò gli occhi. «Ripeti un po’…»
«Oltre ad essere incredibilmente stupido sei anche sordo, ragazzo?» sbottò il vampiro. «Io mi fido di te. Sei l’unico amico sincero che abbia mai avuto in entrambe le mie vite. Walter mi ha tradito, Chrono è stato lontano per troppo tempo e tutti gli altri agenti della Hellsing sono intimoriti da me. Per quanto io detesti a morte la tua insopportabile allegria, la tua lingua troppo lunga, la tua incredibile stupidità e i tuoi indegni gusti musicali con cui mi bacchetti sempre, tu sei il mio migliore amico, Luke Ramon».
Luke ci rimase di stucco. «Chi sei tu? Che ne hai fatto di Vlad III?»
«Hai intenzione di continuare a guardarmi con quella faccia da pesce lesso finché non ti entra in testa che ti sto aprendo il mio cuore ora come ora, in questa situazione disperata? Ti ho dato molto materiale con cui rinfacciarmi per l’eternità…»
«Awww, Ally!» Luke abbracciò il vampiro, con grande stupore di tutti, singhiozzando commosso. «Anche io ti considero il mio migliore amico... Sei il mio fratellone! Mi ricordo che in missione ti prendevi cura di me! Ti voglio bene fratellone!»
Christ fischiò, e Alucard allontanò il ragazzo con un gesto brusco.
«Poche smancerie. Io non ho detto nulla di quello che avete sentito, sono stato abbastanza chiaro?»
«Sì certo» sghignazzò Joshua.
Luke si asciugò gli occhi e recuperò il suo solito sorriso scaltro. «D’accordo, fratellone, troverò il tuo… fratellone e l’altra tizia, Patella…»
«Satella» lo corresse Seras.
«Vabbé, come si chiama!»
«Io e Subaru andremo a stanare quel bastardo infame del capo di questi esaltati, mentre tu, Christ, andrai a cercare Rory» disse Alucard.
«Cosa!?» Christ era stupita. «Io… vuoi che vada io a salvare Rory!?»
«Te la sto affidando con tutto me stesso. Trovala e portala in salvo, mentre io e Subaru ci occupiamo del capo di Aion. E se necessario, anche di quest’ultimo… gliela farò pagare cara per avermi portato via Rory…»
«Aion è mio» sibilò Subaru. «Ha bisogno di imparare a non sottovalutare quelli come me e a non osare mai più fare una cosa del genere alla mia ragazza!»
«Che palle, così mi fate rosicare!» protestò Luke. «Anch’io lo voglio fare a fettine! È veramente uno stronzo!»
«Ragazzi!» sbottò Seras. «Capiamo benissimo che tutti lo vorrebbero accoppare perché è un bastardo, ma non possiamo farlo tutti, quindi suggerirei di seguire il piano del mio Signore e di dividerci! Poi al massimo il primo che lo becca lo disintegra!»
«Per una volta hai proposto qualcosa di intelligente, poliziotta» disse Alucard. «E adesso andiamo».
E tutti si divisero proseguendo ognuno per la loro strada, nel corridoio oscuro.


***


Luke era nervoso. Nervosissimo. Nervosissimissimo.
“Dividerci”!? “Dovremo dividerci”!?
Un’idea più cretina Alucard non poteva tirarla fuori. Sarà pure stato il voivoda di Valacchia e via discorrendo, ma in quanto ad idee geniali faceva invidia ad un ermellino!
Okay, vabbé, quella battuta non aveva senso, ma gli sembrava l’unico modo decente per distrarsi.
Quel corridoio sembrava tutto uguale, Luke aveva una fifa assurda di perdersi, ma non poteva certo ritirarsi e tornare indietro. Nossignore! Il suo fratellone Alucard contava su di lui per salvare Chrono e Satella! Awwww, quanto era stato tenero con lui il Puccioso King! Faceva tanto il duro ma aveva un cuore d’oro con gli amici!
Okay, adesso però Luke doveva seriamente concentrarsi sul suo compito. Ma dove andare?
Aveva fatto pochi passi, che gli sembrò di intravedere delle persone attraverso l’uscio di una stanza priva con l’uscio con delle sbarre. D’istinto, Luke decise di entrarvi.
C’era solo un problema: la porta era chiusa con un lucchetto. Pfff, bazzecole.
Estrasse un coltello dalla cintura ed inserì la lama nella fessura del lucchetto, compiendo complicati giri. Dopo qualche minuto si udì un “clic” e il lucchetto si aprì.
Luke esultò mentalmente ed entrò nella stanza. Ma quando vi entrò, si rese subito conto che non era una stanza. Era una prigione, piena zeppa di celle dalle porte e dalle finestre sbarrate.
Le celle erano tutte vuote, tranne una, nella quale erano prigionieri un ragazzo e una ragazza.
Senza esitazione, Luke si diresse verso di loro. «Ehi!»
Luke riconobbe subito il ragazzo, dato che l’aveva già incontrato. Era Chrono, il fratellastro demone di Alucard. E l’altra ragazza, dedusse, doveva essere Satella.
Luke rimase a bocca aperta quando la vide. Era… era… cavolo, era terribilmente bella, con quei lunghi capelli rossi che le scendevano fino ad un sedere a mandolino, quel seno prosperoso e quel bellissimo paio di gambe che…
«Luke! Sei tu!» gridò Chrono, sorpreso e lieto insieme, distraendo Luke da quella beata meditazione.
Il ragazzo decise di fare finta di nulla, rosso d’imbarazzo. «Gabba Gabba Hey, amico! Da quanto tempo che non ci si vede! Mi sembra chiaro che tu e la tua ragazza avete bisogno di una mano ad uscire da questo buco di cella o sbaglio?»
«Hai scoperto l’America, ragazzino!» sbottò Satella. «E comunque io non sono la sua ragazza, e poi ce l’ho un nome! Mi chiamo Satella Harvenheit!»
“Bellissima, ma scontrosa” pensò Luke, con un sorriso smagliante.
«Okay, okay, dolcezza, non ti scaldare!» Il ragazzo alzò le mani in segno di resa. «Ed io non mi chiamo, ragazzino, sai? Sono Luke, Luke Ramon, e sono venuto qui per aiutarvi».
«Per caso conosci questo tizio, Chrono?» domandò Satella.
«È un carissimo amico… Luke, grazie al cielo sei qui! Credi di poter riuscire a liberarci?»
«Amico! Stai parlando con lo scassinatore migliore del West! Come credi che abbia fatto ad entrare, qui, se non avessi scassinato la porta d’entrata?» Luke gli fece l’occhiolino. «Dammi qualche minuto e sarete fuori!»
«Oh, peccato che tu non ce l’abbia, qualche minuto» disse una voce.
L’istinto di Luke ebbe il sopravvento. Prima ancora di capire cosa stesse succedendo, il ragazzo aveva estratto la pistola e l’aveva puntata nella direzione da cui proveniva la voce.
Un ragazzo sogghignante dai capelli verdi e gli occhi ambrati.

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«Dune!» gridarono all’unisono Satella e Chrono.
«Bene. A quanto pare non vi siete scordati di me, miei cari» ridacchiò Dune.
«Chi diavolo saresti!?» esclamò Luke, direzionando la canna pistola verso la fronte del ragazzo. «Vedi di parlare alla svelta o ti brucio le cervella!»
«Oh, come ti scaldi in fretta, piccolo alieno» rise Dune. «Il mio nome è Dune, comunque, l’hanno anche detto i tuoi amichetti che stavi cercando di liberare».
«Ma che razza di nome è, Dune!?» sbottò Luke. «Vabbé, te la faccio breve, amico, togliti dalle palle e non intralciarmi, ho una pistola con proiettili anti-demone e non ho paura di usarla per farti sparire quel fottuto sorriso da deficiente da quella faccia di culo che ti ritrovi!»
Dune lo guardò, divertito. «Un testa calda arrogante e presuntuosa, proprio come tutti quelli della tua specie, eh? Se prima avevo dubbi su chi fossi, adesso non ne ho più, piccolo alieno.»
«Alieno a chi!? Ma guardati allo specchio, razza di moccioso! Tu hai i capelli verdi!»
«Oh, capisco» disse Dune, con un ghigno. «Tu non sai chi sei, vero?»
Luke abbassò la pistola, confuso da quelle parole. «Che intendi? Certo che lo so! Mi chiamo Luke Ramon!»
«È quello che senti… o è quello che ti ha detto Alucard il No Life King?» chiese Dune con un sorriso ambiguo.
«La vuoi piantare con queste domande ambigue!?» sbottò Luke, risollevando la pistola. «Se devi dirmi qualcosa dillo una buona volta, dannazione!»
«Se vuoi che parli, rispondi a questa domanda, Luke Ramon: chi sei tu? Da dove provieni?»
Luke ammutolì. Era questo il problema: non lo sapeva. Era cresciuto a Parigi, in un orfanotrofio, da che aveva memoria.
Non era mai stato il ragazzo più grosso o il più forte. Era sopravvissuto in tutti quegli anni d’inferno usando il cervello. Era il buffone dell’orfanotrofio, il giullare di corte, perché aveva imparato che se scherzavi e fingevi di non avere paura, di solito non le prendevi. Perfino i teppisti peggiori ti sopportavano, ti volevano attorno per farsi due risate. E poi l’umorismo era un buon sistema per nascondere il dolore.
Non sapeva nulla dei suoi genitori, né del suo passato. Nessuno aveva mai voluto adottarlo, tutti avevano sempre preferito gli altri ragazzi a lui, come se avesse sempre e solo qualcosa di sbagliato.
Non ricordava neppure il suo vero nome.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno, aveva afferrato il messaggio: non era desiderato. E così era fuggito, e si era unito alla banda di mercenari Wild Geese. Lì aveva conosciuto Pip Bernadotte, forse l’amico più caro che avesse mai avuto, prima di Alucard.
Era stato Pip a dargli il suo nome, Luke Ramon. Era un grande fan dei Ramones, dei Motörhead, dei Sex Pistols e dei Black Sabbath, e gli aveva trasmesso quella passione. Luke ne andava semplicemente pazzo di quella musica. Era il caos dentro l’ordine; un’armonia di note energiche che si sposavano alla perfezione insieme.
«Non lo sai, vero?» lo stuzzicò Dune, notando che il ragazzo non rispondeva.
«Perché, tu sì?» domandò Luke, con aria di sfida.
«Lascia che ti racconti una storia…» disse Dune con aria solenne, iniziando a camminare avanti e indietro, seguito da Luke con lo sguardo. «Tanto tempo fa esisteva un pianeta, un pianeta simile alla Terra ma distante da essa di alcuni miliardi di anni, abituato da potenti e immense creature: i Saiyan».
Luke, all’udire quel nome, avvertì uno strano fremito, come se l’avesse già sentito da qualche parte, ma non ricordasse esattamente dove.
«Essi erano simili agli esseri umani terrestri, fatta eccezione per varie caratteristiche; possedevano una coda di scimmia, i capelli sempre di colore nero e avevano abilità straordinarie. Erano in gradi di trasformarsi in potentissimi guerrieri dalla chioma dorata e dagli occhi color del cielo: i Super Saiyan».
Luke ascoltava, rapito, quella storia, chiedendosi però dove l’altro volesse andare a parare.
«Ma… il pianeta dei Saiyan venne attaccato e trasformato in un immenso deserto da un singolo demone, contro il quale essi non poterono nulla. E per buona misura, lui li sterminò tutti. O almeno così, credeva…»
Gli occhi color ambra di Dune si posarono in quelli castani di Luke.
«Uno dei più potenti guerrieri Saiyan, Golden Kronos, si era innamorato di un’umana terrestre. Non molto tempo dopo lo sterminio dei Saiyan e la distruzione del pianeta, la donna morì dando alla luce il primogenito di Golden Kronos: Golden Zeus».
Il ragazzo si interruppe, gustandosi l’espressione orripilata e scioccata di Luke.
«Tu…» balbettò il giovane, assolutamente incredulo. «Stai cercando di dirmi che io… che tu… che io sono…»
«Esatto» disse Dune, con un ghigno feroce. «Tu sei Golden Zeus, unico figlio primogenito di Golden Kronos. Tu sei l’ultimo mezzosangue della razza dei Saiyan».
Un silenzio tombale calò nella prigione.


   
 
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