Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: The Writer Of The Stars    31/05/2016    4 recensioni
Un lungo minuto di silenzio, pesante come una commemorazione per i caduti di guerra, stretto come la fascia nera a lutto sulle braccia dei superstiti.
“Una volta gli ho detto che l’universo era stato creato solo per essere visto attraverso i suoi occhi.”
Auruo accenna una smorfia dolorosa.
“E’ un bel pensiero.”
“Darei qualsiasi cosa per poterglielo dire ancora.”
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Petra centric. |Accenni Rivetra|
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auruo, Bossard, Petra, Ral
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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**I dreamed that God would be forgiving**
 

Petra ha iniziato a mangiucchiarsi le unghie all’età di sette anni ed è entrata nel Corpo di Ricerca con ancora quell’ orribile vizio addosso. Ci hanno provato davvero tutti, incitandola a mettere fine a quel gesto infantile, chi in maniera più garbata e paterna e chi più duramente e con scortesia, ma Petra, che è un soldato ma prima di tutto è una ragazza troppo testarda, finge ogni volta di non sentire. Non riesce nemmeno lei a spiegarsi il perché, probabilmente è un gesto in grado di placare- o per lo meno attenuare- un poco l’ansia con cui convive dal primo vagito e le sembra quasi che smettere risulti come un rinnego al suo passato e a ciò che era prima di indossare l’uniforme. Sono cose stupide e Petra lo sa, ma non può fare a meno di pensarci.

“Ancora con quel viziaccio?” Alza lo sguardo quel poco che basta per scontrarsi con il volto di Auruo, con quella solita smorfia che dovrebbe risultare seria ma che la fa sempre ridere tanto e gli occhi piccoli e socchiusi che la squadrano con un velo di rimprovero benevolo.

“Non mi ero accorta fossi arrivato.”

“Non ti accorgi di molte cose.” Petra si morde il labbro inferiore che trema pericolosamente e ingoia il principio di un nodo formatosi nell’epiglottide.

“Devo ancora abituarmici.” Auruo sente la freddezza incoerente nel suo tono e se ne dispiace, perché sa che lei non sarà mai in grado di accettare davvero tutto quello.

“Smettila di massacrarti le dita, ormai ti sanguinano le cuticole.” È meschino da parte sua cambiare argomento in maniera così repentina, ma v’è dell’altro che Petra trova di cattivo in quelle parole e la voragine al centro del petto le ricorda che l’incubo non è onirico, ma tangibile più che mai.

“Non ci credo” scuote la testa con un sorriso tanto amaro quanto malinconico, gli occhi persi tra i rivoli di sangue che sgorgano dal mignolo per una pellicina staccata via con troppa foga. “Continui ancora a parlare come lui!” Serra gli occhi con vigore e lotta con i condotti lacrimali per ricacciare indietro quello stupido principio di pianto.

“La finirai mai?”

In verità, Auruo non se n’era nemmeno reso conto, probabilmente non ci sarebbe arrivato subito, ma quella stilla salata che brilla sulla guancia diafana di Petra gli grida che così non la aiuterà, che non potrà mai aiutarla, se perfino lui non sa come salvare se stesso.

“Probabilmente no.”
Petra sa che una scusa sarebbe stata la cosa giusta da dire, ma di certo non la più sincera. E per orror del vero, quell’avverbio gettato al vento con freddezza, è l’unica risposta che Auruo è in grado di darle. La mano lattea corre a cercare il mantello verde e stringe compulsivamente il tessuto, carezzando le tracce di sangue raggrumato con la delicatezza di una madre nei confronti del proprio bambino. Non dovrebbe avere freddo, eppure è gelo quello che le scorre nelle vene.

“Sai cosa ho fatto quella notte?”
Auruo la osserva incerto e scuote il capo, percorrendo con lo sguardo il profilo di porcellana ma al tempo stesso fiero- da vero soldato- della giovane.

“Ho fatto un sogno.”

“Eri ancora capace di sognare?” Petra vorrebbe sorridere per l’incredulità insolita nella voce di Auruo ma non ce la fa, perché quella domanda innocua racchiude in sé l’epicentro del loro mondo, dove i giganti popolano gli incubi degli uomini e la morte sussurra alle orecchie dei giovani ogni notte.

“Ho sognato un altro tempo.”

“Qualcosa di diverso?” Petra annuisce.

“In questo sogno, le mie speranze erano così alte che sembravano quasi ridicole e la vita era davvero degna d’essere vissuta. Ho sognato che l’amore sarebbe durato per sempre.”
Si ferma perché ora le lacrime sono giunte e sono prepotenti, cattive e se insinuano nelle sue iridi senza che lei possa combatterle; le attanagliano il cuore e la gola si ostruisce di utopie.

“Pensa, ho addirittura sognato che Dio sarebbe stato misericordioso e mi avrebbe salvata! Proprio stupida, eh?”
Auruo percepisce un brivido correre per la colonna vertebrale quando un singhiozzo arrabbiato lascia le labbra di Petra, un singulto che cova disperazione, delle lacrime che celano la delusione.

“Da piccola credevo che i sogni fossero inutili; si facevano, si usavano e si buttavano via come se niente fosse e non c’era alcun riscatto da pagare né alcun gigante da uccidere!” grida e batte con violenza un pugno in terra, rannicchia le gambe contro il suo petto fremente che si alza e abbassa a ritmo spasmodico.

“Ma poi arriva qualcosa e di colpo il tuo unico interesse è arrivare al domani e in qualche modo i sogni diventano una vergogna da sotterrare, lontano dagli occhi indiscreti.”
Auruo non se la ricordava così rancorosa, così riflessiva, così amara. L’ha sempre vista come la mamma chioccia del gruppo, la ragazza da proteggere e coccolare, la fiamma che riportava vitalità e speranza all’interno della squadra dopo ogni spedizione; eppure non si era mai accorto di come piangesse davanti alle pire, durante la cremazione dei corpi, e non sapeva che ogni lacrima versata era un tributo per quelle ossa sconosciute che un tempo avevano la vita attaccata ad esse.

Lui c’era in questo sogno?” azzarda timoroso, spaventato da un’eventuale reazione incontrollata, ma Petra annuisce semplicemente e chiude gli occhi, come se stesse carezzando mentalmente la sua figura, come se temesse di dimenticare la sua voce e ne stesse riascoltando l’eco nei timpani.

“Continuo ancora a sperare che torni da me e che possiamo vivere le nostre vite insieme.”

“Ci sono sogni che non possono realizzarsi.”

“Me ne sono resa conto.”

Un lungo minuto di silenzio, pesante come una commemorazione per i caduti di guerra, stretto come la fascia nera a lutto sulle braccia dei superstiti.

“Una volta gli ho detto che l’universo era stato creato solo per essere visto attraverso i suoi occhi.”

Auruo accenna una smorfia dolorosa.

“E’ un bel pensiero.”

“Darei qualsiasi cosa per poterglielo dire ancora.”

Petra tira su col naso e ora non sembra più furibonda, ma solo stanca e scarnificata nell’animo, come se una fiera le avesse azzannato il cuore e fatto a brandelli la carne, sporcandosi il manto folto col suo sangue.

“Come continuava il sogno?”

“C’era la spedizione, perciò era già finito.”

Auruo la osserva e riflette, mescola realtà e componente onirica in una corteccia insanguinata e due occhi color del miele con la dolcezza fredda della morte riflessa in loro.

“Vorrei solo che la mia vita non fosse così, la vorrei diversa da questo Inferno in cui viviamo.”

Auruo distoglie lo sguardo, sospira pesantemente.

“Petra?”

Lo guarda con un luccichio di curiosità nelle iridi, e lui sa che sta per distruggere quell’utopico velo di speranza con cui continua a coprirsi e a
cui si aggrappa con tutta se stessa.

“Sì?”

Chiude gli occhi, non vuole vedere di nuovo la distruzione di un essere umano.

“Dovresti imparare a parlare al passato.”
 

Nota autrice:
Quando l’autrice che predilige l’angst incontra un brano esclusivamente angst, l’autrice che predilige l’angst viene sottomessa irrimediabilmente. (-semicit)
“I dreamed a dream”, perché amo i musical di Broadway, Les Miserables e perchè sto leggendo il suddetto libro. E perché sì, quella è la canzone di Petra.
Dialogo post mortem tra Petra e Auruo in una dimensione indefinita, se non si fosse capito.
 
Letizia

 
   
 
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