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Autore: Miss One Direction    02/06/2016    2 recensioni
- No, ragazze, no! Non lo voglio conoscere! - urlai in preda alla disperazione.
- Tu lo conoscerai e basta! - risposero in coro.
- E se poi è un secchione, asociale, con gli occhialoni, i brufoli, i peli e passa le giornate a mangiare schifezze e leggere libri di fantascienza che si capiscono solo loro? - chiesi terrorizzata, rabbrividendo al solo pensiero.
- Tu non stai bene ma non fa niente. Lo conoscerai, vi metterete insieme e vivrete felici e contenti - esclamò Daniela, con aria sognante.
E poi ero io quella che non stava bene...
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- No, ragazzi, no! Non la voglio conoscere! - urlai, preso dalla disperazione.
- Non fa niente, la conoscerai e basta! - urlarono loro a tono.
- E se poi è una racchia con i brufoli, gli occhialoni, asociale oppure una snob con un carattere orribile? - chiesi terrorizzato, schifandomi al solo pensiero.
- No! È bellissima, dolcissima... forse un po' strana, ma perfetta per te quindi, caro il mio Harold Edward Styles, dimostra di avere le palle e conoscila! - alzò la voce Louis, afferrandomi per le spalle.
E poi ero io quello strano...
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TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=RVqNKUOLIAQ
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Qui nella nostra classe abbiamo un gruppo di ragazzi - iniziai a canticchiare, cercando di ricordarmi le parole esatte. - che trattan gli insegnanti come fossero pupazzi -.
- Ragazze, state buone, altrimenti la pagate - si aggiunse Louis, ormai esperto. - perché a noi piace far così, perciò non v’impicciate -.

Cercai di non scoppiare a ridere con tutte le mie forze, mordendomi il labbro inferiore, e proseguii quasi subito: - No, noi non stiamo zitte e prendiamo la parola... per dire a tutti quanti che non vi vogliamo a scuola -.
Anche il mio migliore amico stava cercando seriamente di trattenersi ma, prima di poterlo fare realmente, pronunciò la sua ultima battuta: - Potete dirlo e poi ridirlo ma noi continuiamo... sì, continuiamo a fare in classe quello che vogliamo -. Mi poggiò un braccio intorno alle spalle, con uno sguardo complice, mentre io sorrisi anche più di prima: mancava ormai poco. Osservai le immagini alla TV, in attesa del nostro momento e, non appena arrivò, quasi saltammo sul letto.

- Rossana, dai, pensaci un po’ tu! Perché così non se ne può più! - urlammo entrambi come matti, alzando i pugni in aria. - Sappiamo che non ti arrendi mai e provi e riprovi finché ce la fai! -.

Non riuscimmo ad arrivare alla fine del ritornello che crollammo entrambi sul letto, l'una sopra l'altro, in preda a risate isteriche e decisamente imbarazzanti. Eppure, nonostante tutto, mi sentii completamente viva: riuscivo a sentire i polmoni in cerca d'aria, gli addominali in trazione per le risate, le mani battere più volte tra loro, gli zigomi tirare per l'enorme sorriso che mi stava adornando il viso, il sedere a contatto con la gamba di Louis e tutto il resto. Ero tornata un essere umano, a differenza dello zombie in cui mi ero trasformata in soli sette giorni.
E tutto grazie a quel bambinone sotto di me.
Tornammo seduti solo alla fine della sigla del cartone trasmesso dalla mia TV e non perdemmo un solo istante ad infilarci sotto le tre coperte caldissime che avevo tanto voluto e preteso: se d'estate ero capace di sudare anche solo respirando, d'inverno sviluppavo l'incredibile capacità di diventare un ghiacciolo nell'arco di pochi minuti. Era sempre stato così: motivo per cui, già da Ottobre, prenotavo in anticipo ben tre coperte, senza dover correre il rischio che le ragazze potessero acciuffarsele prima di me.
Io e il mio migliore amico ci accoccolammo d'istinto, trasmettendoci calore a vicenda, prima che mi chiedesse: - Stai comoda? Calda? -. Gli sorrisi subito, annuendo, prima di affondare tra le sue braccia e volgere di nuovo lo sguardo verso la televisione insieme a lui. Il nostro primo ‘pomeriggio riparatore’ risaliva, più o meno, ai tempi di un difficile periodo nella storia con Nick: Louis era rimasto lì, sul mio letto, a sorbirsi tutta la mia frustrazione per ben tre ore di fila, prima di agire sul serio e ripescare dalla cantina tutte le puntate registrate su vecchie cassette di Rossana in inglese, con sottotitoli in italiano. Quell'anime aveva rappresentato la mia infanzia (insieme ai Teletubbies, Heidi, i Pokemon, Dragon Ball, i Puffi, i Power Rangers e la buon vecchia Disney) e le parole della sigla iniziale mi erano rimaste marchiate nel cervello; per Louis era stato un po' più difficile: in fondo, era un cartone quasi interamente femminile e impararsi una canzoncina per bambini all'età di vent'anni suonati gli era risultato leggermente più arduo. Ma, dopo una numerosa serie di pomeriggi passati in quel modo, lo avevo sorpreso a canticchiare quasi tutte le parole e, mai come in quel momento fino ad allora, mi ero sentita fiera del mio bambino. I particolari che tra i due io fossi la più piccola e fosse quasi impossibile scegliere il più infantile erano, appunto, solo particolari insignificanti.
Mi infilai un paio di popcorn in bocca, masticando con gli occhi incollati al televisore, prima di infilarne una manciata anche nella bocca di Louis. Continuammo la maratona di episodi per tutto il pomeriggio, con qualche pausa intermediaria per spiegargli tutte le mie preoccupazioni e perplessità riguardo alla partenza dei miei e il distacco da Harry: lui, dall'altra parte, mi fissò interessato tutto il tempo, lasciandomi sfogare. Alla fine, nel bel mezzo di un bacio tra Rossana e Eric, Louis mi strinse ancora più forte a lui e: - Coglioncella, non voglio usare frasi fatte e rifatte perché sai anche tu quanto entrambi le odiamo, ma... sappi che Harry ti ama, più di quanto immagini. Le cose andranno per il meglio, ne sono certo - affermò. Sorrisi come una bambina, guardandolo, prima di lasciarmi tranquillizzare maggiormente da un dolce bacino sulla fronte.
Una cosa era certa: non avrei davvero saputo come fare senza Louis al mio fianco.

- I don't want this moment to ever end - risposi, intonando le parole di una delle mie canzoni preferite in assoluto. - Where everything's nothing without you -.
- I'd wait here forever just to, to see you smile - continuò Louis, sorridendo, prima che lo interrompessi. - 'Cause it's true, I am nothing without you -.

Con lui potevo lasciarmi andare, confessare tutto, essere me stessa e, soprattutto, concedermi sdolcinatezze senza il timore di venir giudicata, o peggio, incompresa: Louis era il mio punto di riferimento, la mia roccia. Se fossi caduta, lui sarebbe caduto con me, per poi aiutarmi a rialzarmi. In passato avevo persino creduto di essermi innamorata di lui e di essere ricambiata, ma il tempo mi aveva rimesso in ordine le idee: lui amava Giulia con un'intensità quasi indescrivibile, a me era stata concessa una seconda possibilità, con Harry. Non eravamo destinati a stare insieme ma ciò non significava che potessimo stare separati: le cose si sarebbero sistemate, tutto sarebbe tornato alla normalità e l'equilibrio generale si sarebbe ripristinato.

Deve andare così per forza.

In quel momento, però, mi resi conto di una cosa di vitale importanza: con Louis dalla mia parte, il futuro o le conseguenze delle mie azioni non mi avrebbero provocato nessun tipo di paura o timore. Non più. E una sensazione del genere avevo avuto il privilegio di provarla solo con Harry, fino ad allora.
 
 
 


 
 *****
 


 
 
La partenza dei miei genitori sembrava essere arrivata decisamente troppo presto; oppure ero stata io che, fino a poco prima, non ero ancora riuscita ad entrare nell'ottica dell'idea. Sapevo solo che, una volta aver parcheggiato vicino all'aeroporto ed essermi avviata verso l'entrata, una strana sensazione si stava impossessando del mio stomaco in una maniera fin troppo veloce ed egoistica. Mi superarono di corsa parecchie persone, alcune senza nemmeno chiedermi scusa per avermi urtata di poco, lungo il mio percorso all'interno dell'edificio così gremito di gente e valige.
Girai lo sguardo un po' ovunque, cercando i miei, prima di intravedere un braccio alzato e una mano sventolante nella mia direzione. Sentii gli angoli della bocca alzarsi, quasi come se si fosse appena innescato un comando del tutto istintivo e genuino, e le gambe iniziarono a muoversi quasi da sole: se mi madre non mi avesse fatto segno di rallentare, le sarei di sicuro saltata addosso di slancio. Ci abbracciammo fortissimo non appena fummo l'una davanti all'altra e il profumo che mi invase le narici in quel momento mi sembrò il più buono e confortevole che avessi mai avuto il piacere di sentire. Le strette della mia mamma erano assolutamente insuperabili, e non ne ero convinta solo per il fatto che fossi sua figlia: la potenza e la dolcezza che riusciva a trasmettere in quegli istanti non riuscivo ad attribuirle a nessun'altra persona di mia conoscenza. Non avrei mai voluto staccarmi, forse per la consapevolezza che non avrei potuto più farlo per parecchio tempo, ma fui costretta: in fondo, c'era anche mio padre da salutare. Strinsi anche lui, leggermente meno rispetto a quanto strinsi mia madre, prima di domandare: - Sono in ritardo? Cazzo, avrei dovuto immaginarlo - nel più completo panico.
La donna accanto a me ridacchiò, accarezzandomi dolcemente una guancia, prima di rispondere: - Non sei affatto in ritardo: abbiamo ancora tre quarti d'ora buoni per parlare un po', salutarci per bene e poi sbrigare tutto per partire - con una calma che non mi sembrò nemmeno sua. Annuii semplicemente, con un sorriso persino maggiore di quello precedente, prima di invitare i miei genitori a sedersi con me da qualche parte.
Parlammo di un bel po' di cose davanti alle cioccolate calde che avevamo deciso di consumare nell'attesa: mia madre mi raccontò di quello che avevano fatto insieme ad Anne e Robin dopo la partenza mia e di Harry, racconto nel quale mio padre aggiunse la madornale figuraccia di Anne in città, caduta di sedere per terra per colpa del ghiaccio sul marciapiede. Tra tutti i loro aneddoti e la mia determinazione a godermi ogni singolo istante con i miei genitori, riuscii a ridere per davvero: in qualche occasione dovetti persino cercare di trattenermi, per non disturbare altre persone con la mia risata fin troppo rumorosa. Continuammo a ridere e scherzare per un bel po' di tempo, finché mia madre non prese la decisione di sganciare la bomba: - Va bene, ora basta: che è successo? -.
La guardai interrogativa, sperando con tutta me stessa di non dover aprire la parentesi 'Harry' per delle continue domande, e nascosi la bocca dietro la tazza di cioccolata che stavo portando alle labbra. Se da un lato avevo sempre ammirato il sesto senso che avevo ereditato proprio da lei, in quel momento lo stavo maledicendo: non avrebbe potuto, solo per una volta, semplicemente ignorami come tutti gli esseri umani di cui ero circondata?

- Manu, sei mia figlia, fino a prova contraria; e no, ho le prove fotografiche che non sei stata adottata - aggiunse, precedendo la mia abituale battuta al riguardo, e lasciandomi con un dito alzato e le labbra socchiuse.

La mia espressione si trasformò in una sorta di broncio, che sostituii subito dopo con un sorriso, ma ero fin troppo consapevole che l'argomento non si sarebbe concluso lì. Incassai la testa nelle spalle, cercando di farmi leggermente più piccola, prima di risponderle per davvero: - Sinceramente? Non lo so -. Ero convinta che sarebbe stato abbastanza, almeno per quel poco di tempo che ci rimaneva da trascorrere insieme prima della chiamata del volo, ma l'espressione di mia madre sembrava dire tutt'altro.

- Io e Harry ci siamo, come dire... leggermente allontanati in questo periodo - cedetti, pulendomi gli angoli della bocca con un tovagliolino. - Sì, insomma... sembra già tanto che dormiamo nello stesso letto -.

O, almeno, questo è quello che sembra alla sottoscritta.

- Fammi indovinare - rispose mia madre, sospirando leggermente. - Dormite culo contro culo, vero? -.
- No, ed è proprio questo il punto! Lui mi tiene stretta ogni singola notte, prima di addormentarsi pacificamente e ronfare come la Bella Addormentata - spiegai, alquanto afflitta. - Questa cosa mi ha sempre fatto sentire protetta e felice, ma ora... sento come se fosse tutto sbagliato o forzato. Sarebbe molto meglio se, invece, dormissimo culo contro culo: almeno anche lui si accorgerebbe che qualcosa non va, potremmo affrontare il problema e risolverlo. Invece, continuando così... sento che rimarremo sempre allo stesso punto, girando in tondo inutilmente -.

Seguì un silenzio leggermente pesante per i minuti successivi, prima che mi decidessi a guardare in viso i miei genitori. Sembravano leggermente dispiaciuti per me, cosa che mi fece quasi ridere: loro, che erano sempre stati l'opposto della classica coppia sposata e follemente innamorata, in quel momento si erano intristiti per la storia d'amore smielata della figlia.
Non volevo provassero compassione per me, né pena o tenerezza: non ero più quel tipo di ragazza commossa dalle attenzioni sinistre degli altri. Non ero solita chiedere nulla a nessuno, tanto meno parlare con qualcuno dei miei sentimenti o dei miei problemi: motivo per cui, non appena mi ritrovavo davanti a quelle espressioni così compassionevoli, sentivo il sangue ribollirmi nelle vene ogni volta.
Poggiai la tazza sul tavolino un po' troppo forte di proposito, in modo da far sobbalzare leggermente i miei genitori: li guardai con un sopracciglio alzato, forzando un sorriso, prima di incitarli a sbrigarsi a finire le loro cioccolate calde. Mia madre, intuendo al volo, cercò di riprendere tutta la sua vitalità, affermando: - Com'è tardi! Dobbiamo davvero sbrigarci, o ci ritroveremo a rincorrere l'aereo! -.
Ci alzammo tutti e tre insieme, camminando vicini fino all'enorme schermo con tutte le informazioni sulle partenze.

- Da Roma prenderete il pullman o il treno? - chiesi, cercando di calcolare quanto tempo ci avrebbero messo in tutto con entrambe le alternative.
- Credo il pullman: non so se il nostro orario di arrivo coincida con quello della partenza del treno - rispose mio padre. - Da Roma fino a Campobasso ci metteremo poco più di tre ore -.

Annuii, guardandolo allungare le braccia verso di me, e capii fin troppo rapidamente: era arrivata l'ora di salutarci per davvero. Lo strinsi a me fortissimo, lasciandogli un bacio su una guancia stranamente priva di barbetta brizzolata, e gli permisi di tenermi stretta fino a quando non mi lasciò spazio per farmi salutare anche mia madre. Cercai in tutti i modi di reprimere delle lacrime che stavano facendo capolino all'angolo dei miei occhi ma, non appena notai lo stesso sforzo da parte della donna davanti a me, mi scappò un risolino spontaneo e sincero. Respirai il suo profumo per tutto il tempo, cercando di stamparlo a marchio nel cervello, prima di sentire una leggere pressione sulla fronte per via delle sue labbra; chiusi gli occhi, respirando profondamente, prima di guardarla in viso e sorriderle.

- Stai attenta, amore mio - sussurrò, sorridendo, commossa. - Per qualsiasi cosa, qualsiasi, noi non ci metteremo nulla a tornare da te-.

Annuii più volte, cancellando la scia di una lacrima ribelle lungo una guancia, prima di vederla cercare qualcosa all'interno della sua borsa. Restai a guardarla, convinta che stesse per prendere dei fazzoletti, ma sentii il cuore perdere un battito quando, invece, mi porse una busta beige leggermente rigonfia. Capii al volo di cosa si trattasse e scossi subito la testa, ma la percepii comunque tra le dita, avvolte in quelle di mia madre.

- Li abbiamo tenuti da parte per te - mi spiegò, continuando a reggere la busta tra le mie mani. - Ci fidiamo della nostra bambina, ed è per questo che te li lasciamo -.

Sussurrai un ‘Grazie’ appena udibile, ma che sembrò arrivare comunque alle orecchie dei miei, e strinsi di nuovo mia madre, lasciandomi sfuggire un singhiozzo. Avrei voluto stringerla ancora e ancora, fino ad addormentarmi tra le sue braccia come quando ero piccola, ma fu la sua voce a farmi tornare alla realtà: - Ricorda sempre che sei una forza della natura: nessuno vale così tanto da poterti mettere i piedi in testa -.
Annuii di nuovo, staccandomi, prima di salutarli un'ultima volta e guardarli dirigersi verso la fitta folla di persone davanti a noi.
Restai all'interno dell'aeroporto a lungo, seduta su una sedia, senza un motivo particolare: forse perché, da quando mi ero divisa dai miei genitori, non ero più riuscita a capire cosa stesse succedendo all'interno del cuore e del cervello. O forse perché non ero pronta a tornare a casa ed affrontare, di nuovo, Harry alle prese con il suo telefono. Osservai per diverso tempo tanta gente, tutta impegnata in attività diverse: c'era chi parlava al cellulare, chi cercava di tenere a bada i figli piccoli e scalmanati, chi cercava di trasportare valige nel procinto di scoppiare e chi faceva tutto insieme. Provai a concentrarmi sulla dinamicità davanti ai miei occhi, sperando che il mio umore migliorasse e il senso di vuoto sparisse. Ma sembrò tutto inutile.
Una volta fuori, sbloccai il telefono per un messaggio appena arrivato.


Coglioncello:
Coglioncella, tutto bene?
 

Abbozzai un sorriso, intenerita del fatto che il mio migliore amico si fosse preoccupato per me, e gli inviai un semplice ‘Sì, tutto okay’ a cui però, dopo pochi minuti, non ricevetti risposta. Ero consapevole del fatto che non ci avrebbe creduto nemmeno sotto corruzione, ma, in quel momento, non mi importò.
Osservai il cielo, notando un aereo in volo da poco, e non potei fare a meno di mormorare: - Buon viaggio, mamma... -. Non ero sicura fosse proprio quello dei miei genitori, ma una piccola parte di me lo sperò con tutta sé stessa.
 
 
 
 

 
  *****
 
 


- Sono a casa! - urlai, poggiando le chiavi nel davanzale, prima di togliermi il cappotto e lanciarlo sul divano.

In tutta onestà non ero esattamente certa di chi, tra i miei amici, fosse stato a conoscenza della mia assenza fino ad allora, ma, forse per la prima volta nella mia vita, mi lasciai scivolare addosso anche quel particolare. Mi sentivo stanca: non una stanchezza di tipo fisico, ma una di quelle che ti si attacca comunque addosso e ti fa pesare qualunque cosa tu faccia. Se in quel momento fossi stata parte di un cartone animato, ero convinta che attorno a me ci sarebbe stata un'aura grigia, o una nuvola sopra la testa.
Avevo voglia solo di una cioccolata calda piena di marshmellow, panna e caramello, e sarei anche riuscita a prepararmela, se la voce di Harry non mi avesse preceduta: - Amore! Finalmente! -.
Mi stupii del fatto che, proprio lui, fosse venuto incontro al mio rientro, ma non riuscii comunque ad essere sopraffatta: non volevo nessuno attorno, tanto meno lo spilungone e il suo dannato cellulare.
Entrò in cucina tutto sorridente, raggiungendomi con le braccia spalancate, e lo avvisai un momento prima che potesse avvolgermi completamente con la sua figura: - Harry, evita -. Non si fermò comunque, infastidendomi ancora di più: era forse più di una settimana che non mi stringeva e in quel momento, dal nulla, ero stretta al suo petto caldo senza una particolare ragione; non sapeva nemmeno della partenza dei miei genitori. Mi staccai quasi subito, avendone abbastanza, prima di prestare attenzione alla cioccolata che avevo intenzione di consumare; lui, accanto a me, sembrò finalmente cogliere qualche segnale. - Hey... che succede? -.
Mi sembrò quasi inusuale sentire la pienezza della sua voce, senza qualche suono di notifica che la sovrastasse, e decisi di rispondergli solo per educazione: - I miei sono tornati in Italia -.
Non percepii movimenti provenienti dalla sua direzione, ragione che mi portò a immaginare il suo stupore. Non avevo intenzione di sganciare la bomba 'Mi hai deliberatamente ignorata e non te ne sei nemmeno accorto', sapevo di non avere la forza necessaria per affrontare quell'argomento.

- Cosa? Perché? - domandò Harry, con un velo di stupore.
- Famiglia in Italia, vera casa in Italia - risposi indifferente. - È stata una decisione presa da un po' -.

La cioccolata iniziò a bollire, motivo per cui spensi il gas e la versai in una tazza; dopodiché, la guarnii con tutti gli ingredienti che avevo bramato fino ad allora.

- Presa da un po'? - continuò Harry, sempre più vicino. - Perché non me lo hai detto? Avrei potuto accompagnarti e salutarli -.

Mi girai verso di lui, con gli occhi fiammeggianti di rabbia, e alzai un sopracciglio, prima di rispondergli: - Dirtelo? E quando? Mentre scrivevi battute insulse al cuoricino? -. 
La sua espressione mutò nell'arco di un attimo, accompagnata da un leggero pallore, ma la situazione non si evolse come avevo immaginato io, magari con una scenata a livelli da Oscar, o una scazzottata rigenerante. Si limitò a scrollarsi i capelli, prestandomi attenzione subito dopo: - Manu, per favore, non ora -.
Alla sua risposta fu la mia, di espressione, a cambiare: alzai entrambe le sopracciglia, alquanto scioccata dalla sua richiesta di stare zitta, prima di posare tutto ciò che avevo in mano per fronteggiarlo per bene.
Avevo già la risposta pronta, riuscivo persino a sentire la vena sul collo pulsare all'impazzata, se una voce femminile sconosciuta non mi avesse preceduta: - Hazza, tutto okay? -.
Mi si parò davanti una ragazza bionda, leggermente più alta di me, con uno sguardo incuriosito. Sentii le gambe cedermi, mentre il cervello iniziava già ad annebbiarsi, fino a farmi perdere la sensibilità di tutto.
Chi diavolo era quella?
 











                                                                                         'You ignored me all week, and you don't even know it!'








Spazio Autrice: Popolo di EFP!
No, non sono morta!
No, non ho intenzione di cancellare la storia!
Sì, mi merito tutti gli insulti di questo mondo!
Hello, it's me.

Non aggiorno da dicembre, credo, e sto facendo finta che non sia successo niente, ma okay! Seriamente, people, mi reputo una cacchina da sola: non aggiorno da mesi e mesi, sono sparita letteralmente. Tu, lettrice convinta che non avresti più letto il seguito di questa storia... sappi che io avrei pensato la stessa cosa.
Ho avuto una perdita familiare ad aprile devastante, da cui sono ancora reduce, ma non ho intenzione di utilizzare questo fatto per giustificarmi in qualche modo: ho voluto farvelo sapere solo per rispondere alla domanda 'Hey, stronza, che fine hai fatto?'. (Nessuno mi ha mai scritto un messaggio del genere, era solo per far capire la situazione). 
Anyway, questa è la bomba ad orologeria che è rimasta a marcire nel mio computer da tempo immemore, e spero seriamente che sia di vostro gradimento. Diciamo che, nello scrivere questo malloppo di undici pagine di Word, ho descritto quasi a pieno il mio umore attuale. 
Manuela è frustrata, Harry non fa che frustrarla ancora di più, ed è comparsa questa cugina di campagna da non si sa dove. L'unica palla di sole che fa sempre scoppiare il cuore a tutti - specialmente il mio - è Louis.
Domande del giorno:
1) Marry o Louela, e perché?
2) Litigata o scazzottata epica tra Manu e Harry?
3) Come reagirà Manu alla nuova arrivata?

Mi fermo alle tre domande perché ora ho fame e devo andare a nutrirmi. 
Fatemi sapere tutto quello che pensate con una recensione, se vi va, e non dimenticate di seguirmi su tutti i miei social che trovate nel mio profilo, sempre e solo se vi va. 
Peace and Love
Xx Manuela.



P.S: Mi sono tagliata i capelli - un frutto coltivato per tre interi anni - e ora non voglio più uscire di casa, per quanto mi faccio schifo: sembro un fungo, e non di quelli carini. 
So che non ve ne può fregar di meno, ma, dal momento che anche Harry si è tagliato i capelli: WHO CUTS HAIR TOGHETER, STAY TOGHETER. 

 
   
 
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