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Autore: catoptris    03/06/2016    0 recensioni
"Emma, quel che avete voi va oltre ogni tipo di aspettativa: nessun Nascosto, nessuno Shadowhunter, nessun umano potrà mai provare ciò che provate voi l'uno per l'altra. Se temete di poter far male a qualcuno, trovate un modo per sistemare le cose: ve lo meritate, e ne avete bisogno."
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Emma Carstairs, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Emma Carstairs giaceva sulla sabbia con le gambe leggermente piegate, gli occhi socchiusi e i capelli raccolti in una strana e disordinata crocchia sul capo; le dita affondavano lentamente nel morbido pelo di Church steso sulla suo ventre particolarmente mansueto. Non riusciva ad allontanare troppi pensieri, e pensava che stare lì l’avrebbe distratta ma era impossibile.
Continuava a pensare alle parole di Jem sull’amore tra parabatai, alla proposta di Mark e al perché avesse chiesto una cosa simile: certo, un tempo non ci avrebbe rimuginato un momento in più, ma il pensiero del suo parabatai le impediva di ragionarci lucidamente. A ciò che le avevano detto Alec e Jace prima che se ne andassero nuovamente dall’Istituto; Emma era troppo distratta per comprendere il motivo di tale visita, e i due parabatai sembravano essersene accorti: Emma Carstairs distratta quando si trattava dell’Istituto.

-Emma!- la richiamò Alec. Lei rimase sorpresa dal sentirsi richiamare dal Lightwood, non credeva neppure di stargli simpatico. Poi ricordò che Jace le aveva detto che all’inizio è sempre così, con Alec, ma in realtà ha un gran cuore. Distogliendo lo sguardo da Julian occupato a parlare con Isabelle, raggiunse il fratello di quest’ultima.
-Va tutto bene? Sembravi leggermente sovrappensiero.- le disse mentre riprendeva a camminare verso la cucina. Emma, accigliata, lo seguì.
-Sono solo successe alcune cose di recente, ma nulla di particolarmente strano. Insomma, chi avrebbe mai creduto che uno stregone tentasse di riportare in vita l’amore della sua vita a costo di uccidere un bambino?- ironizzò la biondina, incrociando le braccia contro il petto. In quel momento, Julian avrebbe capito che aveva bisogno di un abbraccio, di calore umano. Le labbra di Alec ebbero un piccolo guizzo divertito, ma nei suoi occhi si scorgeva un velo di preoccupazione e tristezza.
-Credevo fosse per Jules.- rispose, posandosi contro il ripiano della cucina. Emma si bloccò di colpo, smettendo di respirare per qualche secondo prima di impallidire, sollevando lo sguardo in direzione del volto del ragazzo.
-Julian se la sa cavare, io mi preoccupo di guardargli le spalle solo quando è necessario.- mentì la giovane, affondando le proprie dita nella sua stessa carne. Le sembrava di non riuscire a respirare.
Sorprendentemente, Alec sorrise. Un sorriso delicato e comprensivo, uno di quelli che un padre rivolgeva al proprio figlio che iniziava a comprendere le dinamiche del mondo. Emma si sentì soffocare nuovamente.
-Fratello Zaccaria.. Jem. Jem ti ha parlato dei rischi, non è vero?- le domandò, reclinando il capo verso un lato. Alcune ciocche scure di capelli gli ricaddero davanti gli occhi, ma lui le scostò rapidamente, probabilmente abituato a quei gesti. Emma, con la testa che le girava vorticosamente, pensò di mentire, ma poi capì che era inutile: all’Istituto di New York tenere un segreto era impossibile. Annuì, stringendosi nuovamente le braccia al petto.
-Dovrà pur esserci, da qualche parte, un modo per controllarvi.- Alec distese un braccio, facendole segno di avvicinarsi nuovamente. In altre circostanze lei sarebbe stata restia a quel contatto, ma non ci pensò due volte ad andare a nascondere il volto contro il tessuto aggrovigliato del maglione del giovane: profumava di una casa fissa, di spezie, di notti insonni a rincorrere bambini e a ridere con l’amore della propria vita. A Emma si strinse il cuore, poiché lei desiderava che i suoi abiti avessero l’odore pungente delle tempere di Julian, delle loro notti insonni abbracciati, o a tentare di far dormire i ragazzi.
-Seppur ci fosse, nessuno ancora lo conosce.- biascicò la giovane prima di sospirare.
-Sai che prima di conoscere Magnus ero convinto di essere innamorato di Jace?- disse di getto Alec. Emma sollevò lo sguardo in direzione del suo volto con le labbra appena dischiuse: sapeva un sacco di cose su Alec Lightwood e Jace Herondale, ma questa.
-Poi è arrivato quel pomposo stregone ricoperto di glitter e lo ha ricoperto di bava di bambini.- la voce proveniva dalla soglia della porta, e fece sobbalzare Emma. Si voltò, ben consapevole di chi stesse per vedere, e involontariamente storse le labbra, distanziandosi quanto bastava dal corpo di Alec.
-Ti cercava, Jules. Non ti ha più vista ed è andato quasi nel panico: Clary gli ha dovuto fare una runa e restare con lui.- Emma strinse i pugni lungo i fianchi mentre inumidiva le labbra. Jules, il suo Julian.
-Sai di essere pessimo a rassicurare le persone, Jace?- domandò come in un basso borbottio Alec, posando una mano sulla spalla di Emma mentre scuoteva il capo.
-Non era questa la mia rassicurazione, ma credevo dovesse saperlo. Anche se immagino abbia provato le sue stesse sensazioni.- Emma deglutì per poi annuire.
-Credevo fossi io, ma la runa ha iniziato a darmi fastidio.- commentò, andando quindi a sfiorare gli intrecci contro la propria pelle. Era quanto di più prezioso aveva: il suo rapporto con Julian. Non riusciva a immaginare una vita senza di lui. O perlomeno, non una vita felice.
Ma ora siete davvero felici?
-Emma, quel che avete voi va oltre ogni tipo di aspettativa: nessun Nascosto, nessuno Shadowhunter, nessun umano potrà mai provare ciò che provate voi l’uno per l’altra. Se temete di poter far male a qualcuno, trovate un modo per sistemare le cose: ve lo meritate, e ne avete bisogno.- Emma non sapeva come rispondere: non avrebbe mai creduto che parole simili potevano lasciare le labbra di Jace Herondale.
-Ma la Legge..- tentò di dire la giovane.
-Al diavolo la Legge!- esclamò Alec, interrompendola. Jace lo osservò per poco con un sopracciglio inarcato, quindi lasciò un angolo delle labbra sollevarsi in un piccolo sorriso e gli fece un cenno. Emma sapeva che era un modo tutto loro di comunicare, anche Julian e lei ne avevano uno.
-Sai qual è il numero.- disse Jace in direzione della giovane prima di ruotare sui talloni e dirigersi verso l’ingresso dell’Istituto, seguito a ruota da Alec.

Church miagolò, leggermente infastidito, quindi balzò giù dallo stomaco della giovane e si allontanò verso chissà dove, lasciandosi dietro una scia di piccole impronte. Emma riaprì gli occhi, e involontariamente scostò lo sguardo verso la sua sinistra, incontrando lo sguardo di Julian. Aveva una lieve smorfia dipinta sul volto e le mani strette attorno un piccolo blocco scuro.
-Quel gatto mi detesta.- borbottò prima di sedersi sulla sabbia, al fianco della giovane. Lei si tirò a sedere e i capelli le ricaddero sciolti sulle spalle, leggermente aggrovigliati.
-Sai che non c’è molta gente che gli va a genio.- rispose, sollevando gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso. Ogni volta che erano vicini le sembrava che il suo corpo andasse a fuoco, e le estremità le formicolavano, poiché sentiva il desiderio di affondare le mani tra i suoi morbidi capelli, di sfiorargli il volto, il corpo. Scosse la testa per allontanare quei pensieri, ma si ritrovò a irrigidirsi quando le dita del giovane scivolarono tra i suoi capelli, districandoli lentamente e pazientemente; le ci volle ben poco prima di rilassarsi, avvolgendo le braccia attorno le proprie gambe e socchiudendo gli occhi. Il fuoco nel suo corpo iniziò a placarsi, mentre il tremore si intensificava.
-Emma?- la richiamò Julian, interrompendo di colpo il movimento delle proprie mani. Nel richiamare la sua parabatai il tono del ragazzo era mutato repentinamente: era preoccupato, quasi spaventato. Emma aprì di scatto gli occhi, voltandosi verso di lui, ma la figura le apparve lievemente fuori fuoco: lasciò risalire le mani verso il proprio volto, stringendo appena le labbra. Stava piangendo. Girandosi dal lato opposto si asciugò con rapidità gli occhi, scuotendo in maniera appena percettibile il capo, ma le dita di Julian corsero al suo mento, facendola voltare verso di sé.
-È tutto okay, Jules. Non so cosa mi sia preso.- lo precedette lei, tentando di ritrarsi da quel contatto così doloroso, ma la presa del ragazzo non accennava a diminuire.
-Sento ciò che senti anche tu, ricordi?- mormorò, passando a sfiorarle la guancia con il dorso della mano in una lenta carezza. Fu come alla cerimonia parabatai: Julian aveva le unghie mangiucchiate fino al vivo, e lei percepiva la sua carne sfiorarle la pelle. Le si strinse di nuovo il cuore.
-Non doveva andare così.- rispose, sollevando una mano per avvolgerla attorno il polso del ragazzo. Come per lei, il suo cuore batteva in maniera irregolare. Emma credette di star per riprendere a piangere, ma le braccia del giovane le si avvolsero attorno le spalle, tirandola a sé. Ora aveva il capo posato all’altezza del suo cuore, e lo percepiva chiaramente. Si strinse a lui, avvolgendo le mani attorno il tessuto della sua maglia sgualcita, macchiata dal colore, allargata dalle mani dei bambini. Non ne capì il motivo, ma Emma lasciò scivolare il capo fino alla curva del collo del ragazzo, e le sue labbra iniziarono a scivolargli sulla pelle.
-Troveremo una soluzione, Emma. L’abbiamo sempre fatto.- esclamò lui, seppur in tono poco udibile, posando nuovamente la punta delle dita contro il volto della giovane. Le fece sollevare appena il mento, così che potesse portare lo sguardo in direzione del suo; durò poco, prima che le loro labbra si scontrassero. Fu un contatto stranamente delicato, ma urgente e desiderato. Emma scostò le mani fino ad avvolgerle dietro il collo di Julian, tirandosi quanto bastava verso di lui. In un attimo, Julian le fu sopra, mantenendole il capo prima di farlo adagiare sulla sabbia, i morbidi capelli biondi distesi attorno di esso come oro colato. Si teneva posato sui gomiti per non pesarle addosso, ma ogni singola particella del suo corpo desiderava entrare a contatto con quelle della ragazza, sfiorandosi, premendo l’una contro l’altra, quasi fino a fondersi. Le labbra del ragazzo scivolarono lungo la pelle di lei, con lentezza, assaporando ogni piccolo spazio di essa.
-Julian, ti prego.- sussurrò lei, con il cuore che continuava a batterle all’impazzata nel petto, i brividi a percorrerle la pelle, il fiato corto. Le sue dita si intrecciarono tra i morbidi ricci del ragazzo, tirandoli appena, giocandoci, e Julian continuava a tracciare le curve del suo corpo con le labbra, con la punta delle dita, passando da delicate e lente carezze al lasciare il proprio segno impresso sulla sua pelle. Si bloccò solo nel momento in cui sfiorò la punta di una delle cicatrici lasciate dalla Caccia Selvaggia. Le cicatrici che si era procurata per proteggere lui, perché lei percepiva il suo dolore.
-Emma. La mia bellissima Emma.- sussurrò, stringendola contro di sé, mentre riportava il volto all’altezza del suo. Emma riaprì gli occhi, lentamente, e mantenne le labbra dischiuse mentre lo osservava in silenzio. Voleva imprimersi quel momento nella mente per sempre, voleva che l’immagine del suo Julian fosse nitida fino alla fine. Voleva ricordarsi di lui sempre, anche quando lo aveva al fianco, quando combattevano insieme. Voleva lui, in ogni forma del suo essere, in ogni giorno, in ogni momento. E così Julian voleva lei. Voleva dipingerla con i colori più accesi che possedeva, perché lei era la sua luce nell’oscurità. Voleva restare con lei e solo con lei, dimenticandosi del resto del mondo, dei bambini, del loro sangue, del loro legame. Si volevano, si desideravano e si appartenevano. 
   
 
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