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Autore: Vera_Davvero    04/06/2016    0 recensioni
Quando smarrisci la via, e perdi te stessa lungo il cammino, che cosa ti resta?
Dimmi il tuo nome, straniera.
Oppure preparati a diventare una di noi.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio di soprassalto quando un alito di vento gelido mi sfiora la spalla. Sembra quasi una carezza tangibile, anche se non lo è. Apro gli occhi e rizzo immediatamente a sedere.
Quando mi sono addormentata? Non me ne sono nemmeno resa conto. La testa mi gira, non è mai stata così pesante.
Ma dove sono? Mi guardo attorno e sento il sangue gelare nelle vene.
Che posto è questo?
Una spiaggia. Sono coricata in mezzo alla sabbia …
Vedo tutto sfocato, i miei sensi si confondono. Ci metto qualche secondo, qualche momento in cui tutto ondeggia instabile davanti ai miei occhi.
E’ buio. E’ l’unica cosa che capisco immediatamente. E c’è il mare.
Pian piano torno in me. Batto le palpebre un po’ di volte.
Il vento continua a soffiare, sollevando nuvole di sabbia. Devo stare attenta, se mi entra negli occhi è la fine.
Mi alzo in piedi, traballo un po’, ma riesco a stare in equilibrio. E finalmente realizzo dove mi trovo.
Lo scenario è tetro, cupo, illuminato solo dalla luce di una luna color latte, così grande e pallida da fare paura. Colora la spiaggia di un tenue color argento, e dona alle foglie della foresta che confina direttamente con la spiaggia stessa l’aspetto di tante dita scheletriche.
Il mare è scuro ed agitato. La spuma delle onde si deposita sulla sabbia umida e brilla, gelida e salata.
Ma il vento è la cosa più brutta. Freddo, penetrante. Sfiora l’acqua e muove le foglie e la sabbia. Regna incontrastato in questo posto spettrale. Agita i miei capelli in continuazione, ed anche il mio vestito.
Mi sfrego le braccia per scaldarle, e le scopro impregnate di sabbia e salsedine. Ora che ci faccio caso, anche i miei capelli ed il vestito color porpora che indosso sono sporchi di sabbia bagnata.
Perché mi trovo in queste condizioni? Sono confusa, ed ho paura.
Si, ho paura. Chi non ne avrebbe al mio posto? Sono sola, fa freddo, è notte e sono in un posto che non conosco.
Cosa faccio? Che devo fare?
Un tuono esplode sopra la mia testa. Sussulto dallo spavento, e mi scappa un gemito. Dove sono? Perché sono qui?
Perdo il controllo del mio corpo e dopo qualche istante mi rendo conto di non essere più sulla spiaggia. Sto correndo a perdifiato nella foresta.
Rametti sottili come lame di un rasoio mi sfregiano le braccia ed il viso, ma non sento il dolore. Penso solo a correre.
Dal cielo arriva qualche goccia. Ci mancava solo il diluvio …
 L’acqua inizia improvvisamente a scrosciare, violenta. La terra inizia a bagnarsi.
Metto giù male il piede. Scivolo, cadendo rovinosamente nella malta. Mi tiro su, ed alla luce della luna vedo un ombra rossa sul mio gomito. Sangue. L’odore metallico si mescola con quello della pioggia e ritorna ai miei sensi, causandomi una nuova vertigine.
Mi rialzo in piedi, goffamente. Mi guardo attorno. Oddio. Non ricordo più da dove sono venuta.
Fermi tutti! Quella è una grotta.
Una grotta! Benissimo, non è esattamente quello che mi aspettavo, ma è un buon inizio. Posso ripararmi la sotto.
La raggiungo e mi accomodo all’asciutto. Mi strizzo i capelli e ci passo in mezzo le dita, per liberarli dalla sabbia che ancora li riempie. Braccia e gambe ormai sono quasi completamente pulite. Il viso anche.
Mi abbraccio le ginocchia ed affondo il viso nel vestito porpora che indosso. Ha una consistenza morbida e mi arriva fino alle caviglie. Un po’ vecchio, ma mi piaceva così tanto quando …
Quando …
 
Apro gli occhi. Ancora una volta sono scivolata nel sonno senza essermene accorta.
Mi stiracchio. Davanti a me c’è sempre la foresta, ma lo scenario è diverso.
La tempesta è passata. Deve essere mattino. Sento alcuni uccelli lanciare il loro grido al giorno che viene. Il mio sguardo si perde nelle mille sfumature di verde della foresta.
Mi alzo, ancora un po’ stordita dal freddo e dalla paura ed esco titubante dal mio rifugio di roccia.
Mi sistemo il vestito. Alcuni laccetti del corpetto sono rotti, altri anneriti, ma per fortuna tutto è rimasto intatto. Meglio, se mi capita di incontrare qualcuno, se qualcuno verrà a salvarmi avrò un aspetto decente.
Muovo qualche passo nella foresta.
Si, qualcuno verrà a salvarmi.
Ogni persona ha qualcuno che tiene a lei, che la cercherebbe quando si perde … come è successo a me.
Verranno, posso stare tranquilla.
I miei piedi affondano nella terra madida. Le scarpette sono ormai ricoperte di fango, ma fa lo stesso. Non ho certo intenzione di togliermele.
Cammino per una decina di minuti. Intanto mi guardo in giro. Il posto è esotico e piacevole. Non è così male. Lo potrei quasi definire affascinante.
Un grido di un uccello mi fa trasalire. Acuto, stridulo, intenso. Proprio sopra la mia testa. Poi un fruscio di ali. Il tempo di vedere una macchia rossa e qualche piuma stagliarsi contro il cielo nuvoloso, ed ecco che il volatile era sparito.
E’ tutto così strano qui. I colori, l’umidità, l’odore della natura.
Mi fermo.
Laggiù! Laggiù fra le fronde! E’ un sentiero!
Si! Un sentiero sterrato, una sottile striscia di terra che deve portare per forza da qualche parte.
Evvai!, esulto. Un colpo di fortuna, finalmente.
Lo raggiungo. Il sentiero si fa strada attraverso il bosco, serpeggiando fra gli alberi e i cespugli. Una volta arrivata in un centro abitato potrò … informare qualcuno della mia presenza. E allora qualcuno verrà a riprendermi, verrà a salvarmi.
Cerco di non pensare, e continuo a camminare. Intanto libero i capelli da rametti e foglie secche. E’ un lavoraccio. Ho i capelli mossi e lunghi, e districarli sembra un impresa.
Cammino per un’oretta buona. Ancora nessuna traccia di un villaggio, di una città. Per quanto ancora dovrò vagare senza meta prima di trovare riparo?
Il tempo pare dilatarsi. Più vado avanti, più sento affievolirsi in me la speranza di arrivare davvero da qualche parte.
E se non trovassi nulla? Se non ci fosse nessuno a cui chiedere aiuto? Se mi trovassi … che so, in un’isola deserta?
Lentamente, come un fuoco che inizia a consumare piano a piano le sterpaglie, e si prepara ad esplodere in un incendio rumoroso e devastante, così sento arrivare il panico. Lo sento ardere dentro di me, e di colpo sento la necessità di correre. Non importa se non ho le forze per farlo, perché non ho mangiato da … da … non importa, anche se sono stanca, dolorante, priva di energia … devo correre, devo scappare, devo …
I miei piedi pestano con violenza il suolo ad ogni falcata. Mi ritrovo ad odiare questo posto, sono confusa, spaventata, terrorizzata dall’assenza di risposte.
Ma poi rallento, mi fermo, tossisco con violenza. Ci metto qualche momento per riprendermi, per far tornare i miei polmoni a gonfiarsi con regolarità, senza far male.
La gola mi brucia come se avessi dentro di essa centinaia di spilli, ma il bruciore passa in secondo piano.
Laggiù, dietro quella curva … poco più avanti di dove mi trovo …
Sono impronte quelle che vedo?
  
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