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Autore: LanceTheWolf    05/06/2016    2 recensioni
Korra è tornata a combattere sul fronte del Regno della Terra, con lei alcuni dei compagni di sempre. Una figura sconosciuta è stata in grado di mettere sotto il suo controllo alcuni dei vecchi nemici del passato e questo comporta la necessità di schierare in battaglia vecchi e nuovi amici. A Città della Repubblica continuano le selezioni per i nuovi Furetti di Fuoco.
Genere: Azione, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Iroh, Korra, Lin Beifong, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar: Storia dell’erede perduto'
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Avatar: Storia dell’erede perduto
Libro 3 - Combustione
(Prima Parte)



By SD

Cap. I: Quella mattina che il ‘Capo’ decise di non andare al lavoro!


Faceva freddo quella mattina, ma il piccolo Lune non sembrava sentire nulla oltre l’euforia del momento. Era ben infagottato nel suo cappottino nuovo, comprato apposta per lui da Asami, ma era altro a tenerlo su di giri. Quel pomeriggio si sarebbero svolti i quarti di finale della juniores e loro c’erano arrivati. Accidenti! Per la prima volta da quando avevano cominciato quella avventura si sentiva davvero agitato. Per lui era iniziato tutto come un gioco, non credeva davvero che potessero arrivare fin li. Certo ci aveva sperato, ma… trovarsi ai quarti… beh, era un’altra cosa.
Si allentò la sciarpa che la mamma aveva confezionato per lui. Con l’arrivo della stagione fredda quella brutta tosse che la tormentava era peggiorata e da alcuni giorni si sentiva molto stanca preferendo stare a letto. Per questo motivo Asami l’aveva accompagnato a comprare quel cappottino. Alla mamma era davvero piaciuto molto. Lui ne era stato felice e anche la signorina Asami.
Posata la sciarpa sulla staccionata si tolse anche il soprabito attento a come lo riponeva.
Tahno e le ragazze non si vedevano ancora. Neanche Hikari faceva capolino dalla porta, avrebbe bussato se la mamma non si fosse raccomandata di fare il bravo: ormai era grande, gli aveva detto, aveva compiuto dodici anni e lui voleva troppo bene alla sua mamma per non seguire quel che diceva, soprattutto quando stava male. Sapeva che lo stava osservando da dietro il vetro della sua camera da letto al piano superiore della loro casa. Lo faceva sempre…
Sospirò decidendo che per un dominatore del fuoco scaldarsi era un gioco da ragazzi. Cominciò da solo a eseguire le prime figure.
Incendiò l’aria con la facilità che ormai gli era diventata propria, quasi non rammentava più le difficoltà che trovava nel farlo solo pochi mesi prima. Cominciò dapprima a far roteare lentamente quella fiamma accanto a lui, poi sempre più velocemente accompagnandola con il movimento di tutto il corpo.
Ne aumentò l’intensità e il calore. Ora sapeva come usare il ‘Chi’: il segreto era tutto nel respiro e… “caspita! Respirava da quando era nato, quindi…” ok, il paragone, doveva ammettere a se stesso, non era dei più intelligenti, ma il concetto era chiaro.
Finalmente quella porta si socchiuse.
Lune sperava davvero fosse Hikari, ma ad apparire fu il dominatore del fuoco sbagliato.
Mako uscì sorridendo, mentre la signorina Asami lo baciava sull’uscio di casa.
La signorina Asami gli piaceva ancora, ma aveva cominciato ad apprezzare di più le ragazze della sua età e quell’atteggiamento che un tempo lo avrebbe infastidito al contrario gli intenerì il cuore.
Quel grosso dominatore si voltò sorridente mentre, accennando a mettere il casco della moto, lo vide.
Lune gli sorrise, ma non cessò il suo fare… doveva scaricarsi.
Mako gli si avvicinò rubandogli la fiamma!
Ahhh, prima o poi sarebbe riuscito ad avere un controllo maggiore del suo sull’elemento che gli era proprio, ne era certo! Ma per il momento doveva starci… quell’incendiario era migliore di lui, ma… solo in questo!
Si fermò, sorridendogli a sua volta ormai privato del suo strumento d’allenamento.
-Ehi, moccioso! - Lo salutò l’uomo.
Lui come aveva imparato da Hikari congiunse le mani tra loro e chinò il capo in saluto.
Allargando il suo sorriso, Mako, fece lo stesso, prima di muovere un passo verso di lui, estinguere quella fiamma e dire: -È un po’ presto, sei nervoso? -
Lune annuì appena. Era diventato di poche parole… non se lo spiegava, ma… forse era diventato grande? La mamma diceva così.
-Non dovresti. - Gli disse questo, ancora. –Siete forti! Un peccato per il nome della squadra, ma per il resto…- lasciò cadere la frase senza aggiungere altro.
Il ragazzino si sentì rincuorato da quelle parole. Mako era gentile. Apprezzava davvero quanto aveva fatto, malgrado l’organizzazione dei furetti e il suo lavoro, per aiutarlo a migliorarsi.
-Verrai alla partita? - Domandò finalmente.
Questo annuì. –Non me la perderei per nulla al mondo! -
Lune sentì quel sorriso invadergli il faccino prima di rendersene realmente conto: aveva sperato davvero tanto ci fosse.

Mako si voltò verso la sua moto dopo l’ennesima gentilezza di Asami in quella mattinata. La sua Asami da qualche giorno era particolarmente… non sapeva come definirla… dolce, sì, dolce poteva andare. Si voltò, come detto, e lo vide: quel piccoletto del fuoco. Piccoletto poi, ormai gli arrivava al petto, una stanga per un dominatore del fuoco della sua età.
Gli venne da sorride. “Da che pulpito viene la predica!” pensò lui che ovviamente basso non lo era affatto.
Doveva essere nervoso per la partita di quel pomeriggio e il solo pensarlo lo riempì di tenerezza. In definitiva quel combinaguai era entrato nelle loro vite da anni ormai e da quanto ne ricordava era la prima volta che lo vedeva così ansioso.
Come suo solito si era divertito a rubargli la fiamma, ma non lo aveva visto protestare. Da quando la madre era peggiorata, lui aveva cominciato a comportarsi da ometto e anche il suo ciarlare si era molto ridotto. Non era più il ragazzino chiassoso che si divertiva a correre qua e là durante l’estate passata.
Ricordava bene quando era successo a Bolin: da un giorno all’altro lo aveva trovato più riflessivo, più attento, era sempre un confusionario, ma era diverso… era responsabile! Certo gli dispiaceva che sia il fratellino che quel ragazzino avessero appreso la cosa troppo precocemente per la loro età, ma… “non è possibile fermare il tempo! Rimanere per sempre bambini…”
Lui non ricordava quando aveva fatto i conti con la razionalità…
L’allargarsi di quel sorriso sul musetto di Lune, lo allontanò da quella nostalgia che piano aveva iniziato a invaderlo.
Gli posò una mano sulla spalla… “Si fa così con un vero ometto!” pensò ancora divertito, poi aggiunse: -Senti… e… se mi prendessi un giorno di riposo e ci allenassimo insieme? - Se lo avesse sentito Lin non avrebbe creduto alle sue orecchie, ma quel piccoletto era parte della famiglia.
Quegli occhioni rossi aumentarono di almeno una misura.
-Lo faresti davvero? -
“Ovvio che si!” Pensò, ma si limitò ad annuirgli.
Lo vide esultare saltando sul posto. “Perfetto!” Pensò, era quello il ragazzino che voleva vedere.
Posò il casco sul sellino e appresso lo spolverino di pelle.
-Dai, fatti sotto ragazzino! - Gli intimò allegro e il piccoletto non se lo fece ripetere due volte.

Hikari stava sorbendosi il suo tea caldo dietro la tenda della vetrata.
Sorrise vedendo arrivare Lune così presto.
Non uscì, se pure ne avesse l’istinto. Come le ricordava sempre Mamma Tai, esiste un tempo per ogni cosa, non bisogna correre troppo o si perdono momenti importanti, anche se possono sembrarci sciocchi inizialmente… sorrise ripensando a quelle parole e… quello era il momento del suo tea.
L’osservò muoversi, credendosi non visto, si stava comportando davvero bene!
Sorrise, mentre sorbiva l’ultimo sorso di quel nettare caldo.
“E sì! Era stato davvero un bel momento, aveva ragione la vecchia Taiyo!” Pensò.
Quante volte sarebbe capitato che quel piccoletto si sarebbe presentato agli allenamenti così mattiniero?
Molte altre probabilmente, ma quella era la prima!
Ancora sorrise.
“La prima esperienza è la più importante! Non per chi la vive, no. Non sempre almeno… ma per chi gli stanno intorno. Da quel momento ci rendiamo conto che qualcosa è cambiato, che qualcosa si è lasciato andare via, che altro si è guadagnato…” Scosse la testa ridacchiando a quei pensieri troppo simili a quelli della vecchia signora della casa di Zao.
Si scostò da quella vetrata in tempo per sentire la voce di Asami, dolcissima come sempre: –Lune è già arrivato. -
Si voltò annuendole.
L’amica le sorrise, probabilmente conscia che trovandosi dietro i vetri l’avesse già notato.

Tahno era nervosissimo: ritirò quei due pacchetti sonnacchiosi dalle loro case con talmente tanta frenesia d’arrivare alla villetta dell’amico il prima possibile da non riconoscersi. I genitori non volevano che nessuno dei tre piccoli saltasse la scuola e come dargli torto? Ma quel pomeriggio si sarebbero giocati l’accesso alle semifinali. L’unico momento buono per avere un po’ di tempo da dedicargli era quell’ora e mezza prima di rimetterli in macchina e portarli ognuno alla loro scuola.
Purtroppo però il traffico quella mattina sembrava essere spuntato dal nulla proprio per creargli intralcio!
Clacsonò a quell’imbecille che per poco, inchiodando di colpo, non lo mandava a sbattere contro il guard rail. Ahhh, come gli fremevano le mani, soprattutto quando quell’altro idiota sulla corsia accanto cominciò a dargli contro dicendo che si doveva spostare che lui doveva svoltare, ma accidenti! Lo vedeva o no che era bloccato in coda? Dove voleva che andasse? Stavano per rischiare di fargli saltare del tutto i nervi e finire le loro esistenze in una carneficina di cristalli di ghiaccio e lame di gelo, e… non se ne rendevano neanche conto! Poi…
La cucciolina dell’acqua destatasi per il baccano, lo guardò, strusciandosi gli occhi con la manina.
–Zio, ma questi tizi lo sanno che noi dobbiamo assolutamente allenarci oggi, che è importante! -
“Ehhh no! Al resto del mondo non importava, ma a lui sì, per la miseria!” Pensò, per poi dire dolcissimo a quella creaturina innocente, all’oscuro dei suoi pensieri omicidi verso gli altri automobilisti: -Eh, piccolina, anche se lo sapessero, non potrebbero fare molto, siamo bloccati! -
La piccola della terrà sbuffando e aprendo gli occhi a sua volta: -Zio, allora perché non accosti? Bloccati per bloccati, tanto vale fermarci e andare a piedi. -
La guardò per un attimo quasi fosse pazza, poi… il mare! Quello che vedeva alla sua destra, mentre si voltava verso le bambine sul sedile posteriore, era il mare e lui era uno stramaledetto dominatore dell’Acqua.
-Sai che ti dico Bumbum? Hai perfettamente ragione. -
-Io ‘ho’ sempre Ragione Zio Tahno, lo sai! -
Osservò la situazione: spostarsi era dura, eppure quel posticino libero… proprio lì davanti.
-Bumbum serve un favore allo zio, ti spiace tesoro? - Disse indicandogli il posto vuoto.
La bambina sbuffando: -E che ci vuole, è allenamento e magari questi strilloni se la piantano e mi fanno riposare le orecchie! -
Quando adorava la dolcezza di quella creaturina della terra, si trovò a pensare ironico.
Detto fatto e appena scesi dalla macchina, la bimba, partendo dalla posizione del cavaliere cominciò a dominare il terreno: la vettura davanti a loro venne sollevata da una massa di pietra, scostata proprio sopra le loro teste, mentre un’identica superficie di quell’asfalto spostava la loro macchina proprio nel posto stabilito. Il tutto senza lasciar fuori posto nemmeno un granellino di polvere da com’era quell’ambiente prima che Bumbum usasse il suo potere.
“Ahhh, la mia piccolina!” pensò Tahno orgoglioso, mentre la folla in parte si ammutoliva per l’evento e in parte protestava contro i dominatori in generale. Ma i clamori terminarono immediatamente quando si resero conto che con una macchina di meno quel serpente di metallo si poteva spostare di almeno un altro paio di metri.
-Ticthoc! - squittì l’antifurto mentre, prese le bimbe per mano, Tahno si incamminava attraverso le macchine bloccate fino sulla spiaggia, deserta sul termine dell’autunno.
Tutta quell’agitazione gli aveva fatto dimenticare che la casa dell’amico era sull’oceano… quell’oceano!
“Divertente!” pensò, vedendo quegli automobilisti ancora lì a imprecare contro gli spiriti, mentre lui richiamava le onde con il suo dominio, chiedendogli supporto per giungere a destinazione.
Su come portare poi i marmocchi a scuola ci avrebbe pensato in seguito.

-Come sarebbe a dire? - Protestò il capitano Saikhan. –Ha avuto la nomina da solo una settimana e quel ragazzino già si permette di prendersi la giornata libera? -
L’agente Song non poté non sorridere intimamente a quella sfuriata dall’uomo che il ‘ragazzino’ in questione aveva scavalcato. Certo Saikhan in assenza di Lin Beifong era sempre al comando dell’unità speciale dei dominatori del Metallo, ma a Capo della Polizia di Città della Repubblica era stato designato definitivamente Mako.
“Definitivamente.” Pensò ancora l’agente con una nota di nostalgia, cosciente che malgrado la donna avesse detto altro, già da tempo aveva fatto in modo che quanto gestiva in quella città arrivasse un pezzo alla volta nelle mani del ragazzo.
Lin era sempre più impegnata al fronte e presto avrebbe chiuso con quella vita, molti oltre lui, compreso Saikhan, se ne rendevano conto. Gli dispiaceva perdere il suo vecchio capo, ma Saikhan non era male, anzi, era un ottimo dominatore del metallo e probabilmente se non fosse stato plagiato da Tarrlok all’epoca adesso sarebbe stato lui sul podio più alto. Lui stesso ne era cosciente e proprio questa consapevolezza gli aveva fatto accettare la nomina del giovane Capo senza problemi, ma…
“Concediamogli almeno queste piccole sfuriate!” pensò ancora divertito, mentre i telefoni continuavano a squillare per quell’assurdo incidente a catena che aveva bloccato la città, per quel furto al museo avvenuto proprio approfittando del caos generatosi, per le risse tra i guidatori esasperati per il ritardo al lavoro e per il personale di polizia dimezzato sempre a causa dell’ingorgo.
“Non c’è che dire: Capo Mako ha scelto davvero il giorno migliore per prendersi una vacanza!”
Si fece scappare un risolino divertito, che attivò immediatamente il cipiglio del graduato davanti a lui.
Cercò la compostezza dovuta all’uomo che aveva difronte, ma non gli riuscì di non pensare a come l’avrebbe presa quando anche lui avrebbe disertato quel pomeriggio per andare a vedere la partita di Dominio della maggiore delle sue bambine.
“Oh! Povero capitano Saikhan, ma ha firmato il mio permesso da quattro giorni ormai e non esiste che io mi perda una sola partita della mia Bumbum!”
Ancora ridacchiò sotto i baffi, non poté evitarselo.


   
 
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